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Autore: Vago    21/10/2016    1 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Il principe dei draghi si avvicinò ai suoi ospiti a passo lento. Il sorriso cercava di trasmettere calma, ma gli occhi di quel drago tradivano una profonda stanchezza.
Hile lo squadrò per un attimo. Non riusciva ancora a capacitarsi che quello fosse un drago. Un pensiero fisso, martellante lo aveva accompagnato da quando erano atterrati nuovamente su quell’isola, i draghi potevano essere il peggior nemico in cui si sarebbe mai potuto imbattere.
Percepiva la loro forza, ma, con quegli aspetti e quelle movenze, l’intera popolazione dell’isola avrebbe potuto invadere le Terre senza che nessuno se ne accorgesse.
Il Lupo ringraziò gli dei che, almeno fino ad allora, quella razza avesse dimostrato quantomeno una sopportazione nei loro confronti.
- Spero che le stanze che i miei servitori vi hanno fornito siano di vostro gradimento. – La voce del quartogenito riscosse il lanciatore di coltelli dai suoi pensieri.
- Si, certo. – gli rispose Mea, cordiale.
- Ottimo. Ne sono lieto. Purtroppo non sono ancora riuscito ad introdurmi nella biblioteca, in quanto quella porzione di città è sotto il controllo della fazione di mio fratello, ma, almeno, permettetemi di scusarmi invitandovi a cena. Avrete modo di conoscere alcune tra le più importati famiglie di questo regno. –
- Non c’è bisogno di scusarsi. – gli rispose Keria sorridendo – E noi saremo lieti di accettare l’invito. –
- Perfetto. Vorrei però chiedervi alcuni favori personali… - Vanenir parve esitare, poi con voce leggermente più bassa e veloce aggiunse – Dovrei chiedervi di lasciare le vostre armi e i vostri… compagni di viaggio qui. Potrebbero mettere non a loro agio gli altri ospiti, sapete, qui a El Terano non siamo abituati a vedere un lupo o un’aquila di quelle dimensioni oppure un drago… di questo genere. Inoltre, saranno presenti draghi in cui ripongo la mia totale fiducia, non credo che possano presentarsi problemi. –
- Non ci saranno problemi. – continuò tranquillamente Mea.
- A questa sera, allora. Vi manderò una delle mie guardie a chiamare. –
Il principe si dileguò velocemente dalla sala, lasciando gli assassini di nuovo soli.

Io sono la stramaledetta ultima musa libera, maledizione. Sono una specie a rischio di estinzione, dovrebbero proteggermi, non sfruttarmi per sciocchezze come queste e mettermi in pericolo.
Giuro che se muoio, in un modo o nell’altro divento un fantasma e li perseguiterò tutti.
Finirà malissimo questa storia.
Cambiando discorso. I draghi mi sembrano indisposti verso il compagno di Keria. Se solo potessi leggere di lui nella Trama del Reale potrei scoprire cosa c’è che non va, ma, ehi, è una creazione divina, quindi niente fato e un bel buco nella Trama.
Stupendo.
Tra l’altro, se quella montagna di cristallo fosse di produzione del demone e Keria fosse quindi la traditrice, mi ritroverei a dover combattere contro un drago. Ottimo.

- Non dovremmo intrometterci negli affari dei draghi. – disse distrattamente Nirghe sedendosi pesantemente su un divano e prendendo ad accarezzare il dorso del gatto nero che gli era salito sulle gambe – Dopotutto abbiamo già sufficienti problemi, non vedo perché dovremmo farci carico anche di quelli di un’altra razza. –
- Vanenir è stato gentile, finora con noi. Non vedo perché dovremmo rifiutare un alleato del suo calibro. – gli rispose Jasno guardandolo indispettito.
- Sentite. – intervenne Mea portandosi al centro del cerchio che si stava formando – Questa non è questione di alleati o problemi. Abbiamo bisogno delle informazioni in possesso di Vanenir, adesso non dobbiamo preoccuparci di altro. –
- Avanti, tu speri di aver bisogno di quelle informazioni. – ribatté Hile scocciato facendo un passo avanti. – Gli dei ci hanno dato dei compagni e dei poteri e noi siamo arrivati qui perché non siamo ancora riusciti ad usarli. Davvero credi che troveremo la soluzione definitiva per eliminare il demone dentro quegli appunti? Avanti, davanti a tutti noi, almeno una volta ammettilo. Siamo disperati, altrimenti non saremmo qui. –
- Abbassa il tono, lupastro. – Gli disse il Gatto alzandosi in piedi, con evidente scontento del suo compagno.
Buio rizzò il pelo, indirizzando un sordo ringhio di gola in direzione dello spadaccino, mentre il corvo, con quattro rapidi battiti d’ala si andò a posare sul dorso del drago di cristallo, lontano dal vivo della discussione.
- Basta! – Una voce rotta riempì la sala.
All’unisono tutti smisero di parlare, voltandosi ammutoliti.
- Basta. – ripeté  a voce un po’ più bassa Keria con gli occhi lucidi. – Ora smettetela tutti. Non ne posso più. Da quando siete diventati così? Guardatevi, non valete la metà di quando siamo partiti, prova o non prova, dei o non dei. Hile, da quando sei diventato così cinico? Davvero credi che non ci rendiamo conto di quanto la nostra situazione sia disperata? Nirghe, quand’è che hai cominciato a guardare solo te stesso? E Mea. Smettila. Smettila ora. Siamo i tuoi compagni, non delle pedine tra le tue mani. Hile l’avrà detto nel modo sbagliato, ma un fondo di verità c’era. Diciamoci le cose in faccia per come sono e cerchiamo una soluzione assieme, altrimenti tanto vale che ognuno vada per la propria strada. –
Il silenzio che seguì a quell’affermazione fu pesante. Le pareti di pietra lavica sembrarono stringersi e farsi più cupe. Mentre ognuno cercava di fare qualcosa per alleviare quella sensazione di imbarazzo che li aveva colpiti.

Finalmente qualcuno glielo ha detto.
Ben fatto ragazza.
Comunque, per il momento, è il caso che io vada a fare un rapido sopralluogo della sala da pranzo.
Non si sa mai e vorrei evitare una “fuga dal porto di Norua, parte seconda”. Sono sufficientemente sfortunato da solo, non ho bisogno di altre complicazioni.

Tre ore dopo, una guardia aprì cautamente la porta della sala in cui erano stati lasciati gli ospiti, insospettita dal silenzio tombale che la riempiva.
Una decina di occhi si puntarono sul drago, che deglutì, visibilmente in soggezione.
- Signori… se voleste lasciare qui le vostre armi e seguirmi… - La guardia deglutì nuovamente, facendo sobbalzare il prominente pomo d’Adamo che spuntava dal collo esile.
Le lame in acciaio tintinnarono, battendo le une contro le altre, per poi raggiungere il pavimento in pietra.
- Sappiamo già che l’invito non è esteso ai nostri compagni. – Disse Mea precedendo qualsiasi cosa volesse dire il drago.
- Bene… allora, se volete seguirmi… -
La guardia guidò i sei assassini per le vie di El Terano, senza mai smettere di scaricare la tensione che quel compito gli provocava torturandosi le mani. Non provò mai a voltarsi in direzione degli ospiti, nonostante percepisse i passi di solo cinque di loro.

Hile guardò il drago che li stava guardando. Sembrava agitato, come se non avesse mai fatto nulla del genere nella sua vita.
La mano destra corse distrattamente a una delle tasche in cui riposavano i coltelli, in cerca di conforto da quel contatto freddo, ma le dita scivolarono sulla tasca vuota.
Avevano deciso di indossare gli abiti da cerimonia per quella serata, ma la pelliccia alchemica nuova gli risultava ancora ruvida e rigida sulla pelle, facendogli rimpiangere la comoda camicia intonsa che aveva lasciato nella stanza che gli avevano lasciato.
In delle piccole nicchie nelle pareti, a intervalli sempre più brevi, comparivano busti scolpiti. Alcuni rappresentavano volti che si sarebbero potuti dire umani, mentre altri, la maggior parte, riportavano musi squamosi dalle fauci spalancate e dallo sguardo fiero.
Un’imponente portone a due battenti ruppe la perfezione della parete.
- Il principe Vanenir II vi aspetta oltra questa porta… - disse fermandosi il drago, senza mai smettere di torturarsi le mani.
- Grazie. – gli rispose Keria gentilmente.
La guardia ebbe un momento di esitazione, come se non sapesse bene come comportarsi, poi sorrise timidamente e se ne andò quasi di corsa per il corridoio.
- Pronti per fronteggiare i nobili? – continuò l’arciere voltandosi verso i suoi compagni, che, in risposta, abbassarono lo sguardo e si ostinarono a non aprire la bocca.
Keria si lasciò scappare un sospiro stanco.
- La smetteranno, prima o poi, vero? – le chiese a bassa voce Seila, accarezzandosi la treccia bionda che le ricadeva sulla spalla sinistra.
- Lo voglio sperare. – le rispose la ragazza dagli occhi verdi, per poi spingere i battenti ed entrare a testa alta nella sala.
Una trentina di fronti si sollevarono dalla candida tovaglia che ricopriva il lungo tavolo di pietra scolpita, per voltarsi in direzione dei nuovi arrivati.
La sala cadde nel più assoluto dei silenzi, facendo credere a Keria di aver addirittura sbagliato stanza.
Fu Vanenir a rompere il ghiaccio, alzandosi in piedi dal suo posto a capotavola e dirigendosi a passo deliberatamente lento verso i suoi ospiti.
- Siete arrivati perfettamente in orario. – disse il quartogenito senza abbandonare il suo sorriso – Mi sono permesso di assegnarvi i posti in modo che possiate avere conversazioni che vi aggradino, durante la cena. –
Non appena il principe arrivò di fronte ai sei assassini fece dietrofront, tornando a dirigersi verso la tavolata e invitando gli ospiti a seguirlo.
- Mea, se non sbaglio sei stata istruita alle arti magiche, la famiglia Revertrof sta svolgendo da decenni studi sull’argomento, sono sicuro che ti troverai a tuo agio. –
Vanenir lasciò che la mezzelfa si sedesse accanto a un uomo dai capelli grigi cenere, sul cui volto era appoggiato un paio di spesse lenti applicate su una montatura di bronzo splendente, per poi spostarsi.
- Jasno, il Direttore mi ha informato che hai vissuto i tuoi primi anni nel Bosco Nero. Il signor Vahe sta redigendo un trattato su quella zona, sono sicuro che gli potrai essere molto utile. –
Di nuovo il principe si mosse intorno al tavolo.
- Seila, vorrei presentarti il signor e la signora Hartuon, voi condividete le conoscenze nell’arte dell’erboristeria. –
Il drago raggiunse il capo del tavolo opposto alla sua sedia.
- Keria, Nirghe, vorrei presentarvi le famiglie Janke e Latar, nonostante siamo in tempi di pace, i componenti di queste famiglie sono anni che collaborano per migliorare le nostre conoscenze in fatto di metallurgia e forgiatura. So che voi siete abili combattenti con la spada e l’arco e credo possiate interessarvi alle nostre versioni di queste armi. –
Vanenir superò il drago che sedeva capotavola piegando il capo in segno di rispetto e proseguì sul lato opposto.
- Infine, Hile, avete passato diversi mesi oltreoceano, sul Continente. Ti vorrei presentare Karver Marja, ho personalmente designato lui come capitano per una squadra di esplorazione su quella terra inesplorata. Sarà sicuramente lieto di ascoltare la vostra storia. –
Hile si sedette accanto al robusto drago dagli occhi azzurri come il ghiaccio mentre il principe, sempre sorridendo, ritornò al suo posto, per poi battere velocemente le mani per richiamare nella sala le serve.
Nel posto di fronte a lui, il Serpente gli lanciò un’occhiata disperata, mentre l’anziana dragonessa che le sedeva a fianco già le parlava delle ricerche che aveva portato avanti.
Tredici bellissimi donne entrarono quasi danzando, portando ingombranti vassoi o caraffe straboccanti ai commensali. Ad ogni loro passo, le vesti dai colori sgargianti svolazzavano alle loro spalle.

E pensare che una volta anche Fariuna era una di loro.
Incredibile dove sia arrivata quella dragonessa, partendo da questo livello. Poco ma sicuro, non era una persona comune.
Ammetto di essermi ispirato ai suoi lineamenti, per questa forma.

Il Lupo ebbe ben poco tempo da dedicare alle pietanze gustose e all’ottimo vino che continuavano a riempire il suo piatto e il calice. Il capitano Marja si era rivelato davvero interessato al suo viaggio, tempestandolo di domande e richieste di chiarimenti su quella terra ancora sconosciuta.
La cena proseguì serenamente, con le serve che volteggiavano attorno ai posti occupati accompagnate dal vociare dei commensali che, nonostante il tempo continuasse a passare, non sembrava aver intenzione di diminuire.
In un attimo accadde qualcosa, Hile se ne rese conto appena. Una serva aveva estratto un coltello da sotto la veste, puntando Vanenir che era impegnato in una discussione con una giovane dragonessa che portava un lucente abito porpora.
La mano del Lupo corse alla prima tasca della veste, di nuovo scoprendola vuota.
- Salema deve regnare! – la voce cristallina della dragonessa riempì la sala, facendo gelare i presenti. Pochi passi separavano quella lama dal corpo del quartogenito.
Non c’era abbastanza tempo per far qualcosa.
Seila e Keria erano disarmate, Mea avrebbe impiegato troppo tempo per disegnare un incantesimo, Jasno e Nirghe erano troppo lontani per poter intervenire.
Lo sguardo di Hile corse al coltello in argento che riposava lì a fianco.
Lo strinse tra le dita, cercando in una frazione di secondo una via libera per un punto vitale della serva, non trovandolo.
Il tempo parve fermarsi, mentre il suo cuore batteva innaturalmente lento. Keria aveva ragione, non doveva essere impulsivo.
Il lanciatore di coltelli guardò di fronte a sé. Seila. Il Serpente, ora, era sempre armata.
- Seila, metti della saliva sul coltello. Ora! –
L’erborista non osò ribattere a quell’ordine, eseguendolo con gli occhi sbarrati.
La lama poté finalmente lasciare le dita dell’assassino, roteando velocemente in aria sopra le pietanze e le teste di quelle alte cariche.
Fu un attimo. Il pugnale della serva non arrivò mai al principe, perché quel pezzo di argenteria colpì la mano che lo impugnava, facendolo cadere tintinnando a terra.
La serva, accortasi di essere in pericolo, scappò velocemente verso la porta.
La stanza, intanto, si riempì di schiamazzi e strilli, mentre i draghi più giovani abbandonavano i loro posti per inseguire l’aggressore.
Hile si precipitò da Vanenir, raggiungendo Mea.
- Grazie mille… - disse il principe tenendosi la mano destra sul petto che si alzava e abbassava velocemente.
- Tu stai bene, vero? – gli chiese la maga.
- Si… non è riuscita a raggiungermi. Ora però dobbiamo trovarla. – continuò il drago alzandosi e facendo ricomparire il suo sorriso sulle labbra sottili.
- Non penso riuscirà ad allontanarsi molto. – gli rispose Hile. – Sul coltello che l’ha ferita Seila ha messo un veleno mortale. Se anche riuscisse a scappare, non potrebbe sopravvivere. –
- Capisco… - Vanenir si lasciò cadere di nuovo sulla sedia, mentre un nugolo di nobili si mobilitò per raggiungerlo e accertarsi delle sue condizioni.
Lì accanto, Mea sembrò indecisa su cosa fare. Dopo alcuni secondi parve prendere una decisione, chiamando a sé i suoi cinque compagni di viaggio.
- Questa situazione sta sfuggendo di mano ai draghi. – disse la mezzelfa a bassa voce. – Da quanto ho capito questo è il primo attentato così evidente nei confronti di Vanenir e lui, sicuramente, non potrà continuare a far finta che non stia succedendo nulla. –
- Quindi siamo finiti nell’occhio del ciclone… - commentò pensieroso il Gatto passandosi il palmo della mano destra sul volto.
Una serie di occhiate truci si puntarono sullo spadaccino, che parve offendersi.
- Ho capito. Dobbiamo aiutarli perché sono bravi, belli e simpatici. Non mi sono lamentato, questa volta. Come volete muovervi? –
- Se davvero il veleno che è contenuto nella saliva di Seila le è entrato in circolo, non può essersi allontanata di molto. Cerchiamola. In ogni caso, tra un’ora ci ritroviamo qui. – continuò la maga, guardando a turno, negli occhi, gli assassini che aveva davanti.
Keria si lasciò scappare un sorriso di sollievo, mentre si dirigeva verso la porta dalla quale era scappata la serva. Era riuscita a farli ragionare, finalmente.

   
 
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