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Autore: Mary P_Stark    21/10/2016    2 recensioni
Per chi ha letto "Honey" e desidera rimanere immerso nel mondo di Hannah, Nick e famiglia, ecco una serie di OS dedicate ai vari personaggi della storia. Tra nuovi amori, vecchi amici e piacevoli incontri, ecco cos'è avvenuto prima e dopo la storia narrata in "Honey".FA PARTE DELLA SERIE "HONEY'S WORLD".
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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Una piacevole trasferta – Parte 5 –

(Dicembre 1975)

 

 

Stringendosi sotto il mento il colletto di morbida lana del cappotto, Gwendolin Ingleton lanciò un’occhiata al figlio maggiore e mormorò: “Non ti sembra che quella giacca sia troppo leggera?”

Scrutando l’impermeabile blu che indossava, Andrew replicò pacifico: “Sei tu a essere freddolosa, mamma. Ci sono solo due gradi sottozero, non venti.”

“Sono già troppi per me” sospirò la donna, avanzando sul marciapiede perfettamente ripulito dalla neve.

Leonard preferì evitare di commentare il battibecco tra moglie e figlio e, quando vide giungere una limousine nera e lucidata a specchio, sorrise appena.

Che i Brown avessero…

Si interruppe subito, quando vide scendere Bart e Grace dai sedili posteriori e, tra sé, assentì.

Quello era un buon inizio, soprattutto per l’esigente moglie.

L’autista li salutò compito e caricò le valige in auto, mentre Bart e Grace li facevano accomodare sulla limo calda e accogliente.

Sospirando di sollievo, Gwendolin sorrise grata a Grace e disse: “Un solo minuto di più su quell’aereo, e avrei urlato disperata. Non so davvero come possiate apprezzarlo, come mezzo di trasporto.”

“E’ stato un viaggio così brutto, Gwendolin?” le domandò preoccupata Grace, un po’ sorpresa.

Leonard ne dissipò subito le paure, replicando: “Quel che vuol dire la mia esigente moglie, cara, è che non le hanno fornito una poltrona reclinabile.”

“Oh” esalò la giovane, ancor più sorpresa.

“Se avessimo saputo per tempo di questo viaggio, avremmo potuto prenotare una prima classe VIP, ma così…” brontolò Gwen, con lesa maestà e aria affranta.

Andrew cercò di non ridere, ma un ghigno pestifero salì sul suo volto affascinante, mentre chiosava: “Sì, è stato orrendo sedersi assieme alla plebe, su poltrone che io mi sognerei la notte, quando giro da un angolo all’altro del globo con la mia Canon.”

Mentre l’auto si metteva in moto con gradevole morbidezza, la madre replicò al primogenito: “Nessuno ti ha mai obbligato a infilarti dietro a quei… quei gruppi di hippies che frequenti abitualmente. Sei un autentico scandalo, lasciatelo dire.”

“Ma Grace mi ama lo stesso, vero?” ironizzò a quel punto Andrew, facendo arrossire di vergogna la madre e sorridere divertito il padre.

Chiamata in causa, Grace gli sorrise e ammise: “Ovviamente, Andrew. Ma mi scuserai se amo più Bart. Niente di personale, è chiaro.”

“Certo, lo so. E’ l’imprinting. Il pulcino lo ha sempre con il primo essere con cui viene in contatto” celiò Andrew, sorridendo furbo al fratello, che nicchiò.

“Mi hai appena dato del pulcino bagnato, Andy?” esalò Grace, facendo tanto d’occhi.

“Credo di sì… ma un pulcino bellissimo” la rassicurò Andrew, facendola ridere.

Gwendolin, per contro, scosse offesa il capo e mormorò: “Giuro, sembra che tu sia stato allevato dai lupi. Mi chiedo davvero da chi tu abbia preso, Andrew.”

“Potrei annoverare diversi nostri avi con un fascino simile al mio, mamma, ma non annoierò Grace con il nostro pedigree d’eccezione.”

“Non siamo cani, Andrew!” sospirò sconvolta Gwendolin. “Cielo, cara… non so davvero cosa gli sia preso. Le troppe ore di volo, credo.”

Grace le sorrise comprensiva sapendo bene quanto, il comportamento irrispettoso del figlio, la mettesse a disagio.

Gwendolin Ingleton non era una cattiva persona, affatto, ma era cresciuta con rigidi precetti a farle compagnia, e in essi lei credeva fortemente.

“Volevo mettervi in guardia su una cosa, ed è per questo che siamo venuti entrambi all’aeroporto…” iniziò col dire Grace. “…mio padre e mio nonno vorranno parlare con lei, Leonard e, suppongo, anche con Andrew. Ci fu un piccolo screzio, ai tempi dell’emigrazione dei Brown dall’Irlanda agli Stati Uniti, tra un membro della mia famiglia e un nobile titolato inglese. Da quel momento, non li vedono di buon occhio, e temo vorranno saggiare le vostre… difese.”

“Sì, me lo avevi accennato, cara, e ammetto di non vedere l’ora di confrontarmi con tuo padre” ammise Leonard, sorprendendo un poco la moglie. “Sono curioso di sentire cosa dirà.”

“Più che altro, sarà come lo dirà. Tendono ad alzare la voce, in casa mia. Siamo tutti piuttosto… caotici” mormorò Grace, sorridendo contrita.

“So già che mi divertirò da matti” sentenziò Andrew, strofinandosi le mani.

“Sarò messa anch’io sotto torchio?” esalò Gwendolin, sinceramente preoccupata.

Grace allora scosse il capo e replicò: “Oh, cielo, no! Lei sarà esentata da simili spettacoli di machismo, mi passi il termine. Starà in compagnia mia, di mia madre e di mia nonna che, come può confermare Bart, non sono pazze.”

Bart sorrise alla madre e quest’ultima, nel sorridere incerta a Grace, mormorò: “Ma siamo sicuri che si tratterà solo di parlare?”

La giovane rise sommessamente, annuendo, e dichiarò: “In casa mia amano competere a parole, non a pugni, stia tranquilla. Oh, e si aspetti una buona dose di confidenza, da parte di mia madre e mia nonna. Spero non le spiacerà.”

“Se posso evitare una lite, apprezzerei anche di passare una giornata a spalare letame di cavalli” sentenziò Gwendolin, facendo ridere tutti.

***

Quando la limo si fermò dinanzi alla porta d’entrata di Walden House, Maggie era già sulla porta di casa per attenderli.

Il cielo si era rischiarato, lasciando uscire un pallido sole che, in quel momento, faceva brillare la neve tutt’attorno.

Gwendolin ammirò il bosco che circondava la villa e il giardino ricoperto di neve e, con un sorriso, si avviò verso la padrona di casa.

Subito, Maggie annullò la distanza tra loro e le strinse la mano con entrambe le sue, asserendo: “E’ un vero piacere vedervi. Lei deve essere la madre di Bart. Gwendolin, giusto?”

“Il piacere è mio, Magdalen. La casa è davvero molto bella. E’… intima. E adoro quel rosone. E’ antico?”

Maggie seguì lo sguardo della donna e annuì, asserendo: “Diciassettesimo secolo, artigianato di Murano, in Italia. Non le so dire di più, ma Bernadette conosce ogni mattone della casa, perciò sarà più esaustiva di me. Mr Ingleton, benvenuto.”

“Mi chiami pure Leonard” asserì l’uomo, stringendo la mano della donna, che sorrise affabile.

“E io sono Andrew” soggiunse il primogenito degli Ingleton, facendole il baciamano.

Maggie sorrise, ammiccando a Bart, e disse: “Non potevi che essere il fratello di Bart. Entrambi così affascinanti ed eleganti. Spero che Grace vi abbia avvisati del piccolo… inconveniente che dovrete affrontare. Me ne scuso in anticipo, ma avere a che fare con un Brown vuol dire, spesso e volentieri, dare testate contro i muri.”

“Ci ha avvisati, non tema e, in tutta onestà, non vedo l’ora” la rassicurò Leonard, entrando in casa assieme all’intero gruppo.

Lì, fece la sua apparizione Edward che, dopo aver salutato Bart con un cenno, si presentò alla famiglia Ingleton e scortò Leonard e Andrew verso lo studio del padre.

“Che dici, devo andare anch’io?” si informò Bart, rivolgendosi a Maggie.

Lei lo prese sottobraccio con naturalezza e, battendogli una mano sul braccio, replicò: “Oh, no, caro! Tu sei già passato sotto il tritacarne dei Brown, e Bernadette ti ha eletto a suo pupillo. Lascia pure che si scannino tra di loro… in senso figurato, ovviamente, Gwendolin.”

“Ma certo” annuì dubbiosa la donna, al fianco di Grace.

Maggie sorrise maggiormente e, quando raggiunsero uno studiolo in legno di ciliegio e ricco di librerie ricolme di tomi, lì trovarono la matriarca di casa Brown.

Bernadette si levò dalla scrivania dove era rimasta assisa in loro attesa e, dopo aver stretto la mano a Gwendolin, dichiarò: “Non si preoccupi, cara, per ciò che succederà. Mio marito e mio figlio sono come tacchini. Gonfiano tanto il petto, ma sono innocui… e un po’ stonati.”

Grace rise divertita di quel commento ben poco lusinghiero e Bernadette, per dare credito alle sue parole, scostò lo schermo che aveva fissato fino a quel momento, mettendo in mostra qualcosa di inaspettato.

Sorridendo sorniona a una sorpresa Gwendolin, la donna asserì: “I miei cari pensano di essere furbi, ma io so sempre tutto quello che succede in questa casa. Questa è una telecamera a circuito chiuso collegata con l’ufficio di mio figlio. Vedremo tutto ciò che succederà, così lei sarà più tranquilla.”

“Nonna, sei diabolica” esalò Grace, neppure lei a conoscenza di quel particolare.

“Lo so, cara. Cosa ti aspettavi, da un’ex spia della CIA?” ironizzò la donna, sorprendendo ulteriormente Gwendolin, in silenziosa ammirazione di ciò che stava avvenendo nello studio dove si trovava il marito.

“Niente di meglio, nonna Bernie” sospirò divertita Grace.

A quel punto, Gwendolin, scrutando speranzosa Bernadette, domandò: “Si può avere anche l’audio?”

Tutte le donne Brown scoppiarono a ridere e, mentre Maggie offriva una poltrona alla loro ospite, Bernadette accese il microfono, lasciando che le voci degli uomini giungessero a loro nitide e chiare.

Bart, divertito a sua volta da quello spettacolo, si accomodò sul divano accanto a Grace e celiò: “E’ vero… sono stonati.”

“Come campane, figliolo. Come campane” rincarò la dose, Bernadette, guardandolo con affetto.

Gwendolin se ne compiacque silenziosamente. Le fece piacere scoprire quanto, le donne Brown, fossero affascinate da suo figlio.

Restava solo da capire se gli uomini Brown fossero altrettanto disponibili a lasciarlo entrare in famiglia.

***

Quando Edward chiuse la porta dello studio alle sue spalle, Oscar si levò dalla sua poltrona di pelle scura e lucida e, possente, avanzò verso Leonard a mano tesa.

“Benvenuti a Boston. Io sono Oscar, il padre di Grace.”

“Grazie per l’invito, Mr Brown, lo abbiamo apprezzato molto. Io sono Leonard, e lui è mio figlio Andrew” replicò Ingleton, stringendo quella mano forte e ruvida.

Una mano che aveva lavorato sodo, anche fisicamente, temprata con l’acciaio, esattamente come il corpo dell’uomo statuario che aveva di fronte.

Grace non aveva esagerato nel definire suo padre un colosso. Non tanto per la statura, che non sovrastava la sua, ma per l’aura che si accompagnava al suo incedere.

Suo padre Willard non era da meno, notò Leonard e, quando il patrono dei Brown gli domandò senza tanti giri di parole se avesse della servitù irlandese alle sue dipendenze, sorrise.

Sì, sarebbe stato divertente avere a che fare con loro.

Edward e Andrew, nel frattempo, si erano spaparanzati sul divano, salatini e birra dinanzi a loro, quasi fossero pronti per una partita di football.

O un match di lotta libera.

“Due contro uno… che dici, dovrei scommettere contro mio padre?” mormorò Andrew all’indirizzo di Edward, che ghignò divertito.

Grace lo aveva messo in guardia; il primogenito degli Ingleton era uno spasso, e niente affatto borioso.

“Non so… mi sembra che tuo padre abbia spina dorsale. Letteralmente. Ha fatto lotta libera, per caso?” gli ritorse contro Edward, curioso.

“Mio padre? Era nell’esercito!” sussurrò per contro Andrew. “Nella seconda guerra mondiale ha fatto parte di una quadra di pazzi che si sono sparpagliati per la Francia per affrontare i tedeschi. Se non erro, aveva sedici anni, o giù di lì.”

“Diciassette” sottolineò Leonard, volgendosi a mezzo verso il figlio con un ghigno divertito.

Andrew gli sorrise spudoratamente, infischiandosene di essere stato ascoltato e Oscar, scrutando curioso il suo ospite, replicò: “In quale reggimento?”

“Special Air Service. La SAS. La conosce?” gli domandò Leonard, ghignando a mezzo nel notare la sorpresa di Oscar.

“Nella Francia del ’44?” si informò allora Oscar, adombrandosi in volto.

Anche Leonard si fece ombroso in viso e, assentendo, dichiarò roco: “Ci spedirono lì per andare a recuperare i tedeschi che uccisero dei nostri commilitoni, durante l’operazione…”

“Bullbasket…” terminò per lui Oscar, vedendo Leonard annuire grave.

“Oh, oh…” borbottò Edward, fissando Leonard con occhi diversi, più seri.

“Che succede?” si informò allora Andrew, comprendendo che non era più il tempo per le buffonate.

Fu Willard a parlare, e la sua voce suonò pesante, strascicata, come riportata fuori dalla tomba.

“Il figlio più grande di mia sorella… faceva parte della SAS. Era amico di Paddy Mayne e… beh, si arruolò a sua volta per fare la festa a Hitler, come era solito dire lui” sospirò l’uomo, infilandosi le mani in tasca, forse per nascondere un tremore rivelatore del suo stato d’ansia.

Oscar terminò per il padre, asserendo: “Faceva parte delle trentuno vittime uccise dai tedeschi, in Francia, facenti parte della missione Bullbasket…”

“Il suo nome?” mormorò Leonard, deglutendo a fatica.

“Cobie O’Reilly” disse Oscar con voce roca, gli intenti bellicosi ormai sepolti.

Leonard sospirò, assentendo, e mormorò stanco: “Non ebbi il piacere di conoscerlo personalmente. Mi ero arruolato da poco, e il gruppo di Cobie era in Francia già da tempo, sulle tracce di alcuni gruppi di tedeschi di stanza nella zona del Massiccio Centrale. Ricevemmo la richiesta di intervenire quando scoprirono il massacro… e non ci fermammo finché non riuscimmo a trovare anche l’ultimo di quei bastardi.”

A quell’ultima parola si lasciò andare a un sorrisino contrito, aggiungendo: “Scusate il francesismo.”

Oscar rise brevemente, scuotendo una mano come se non l’avesse neppure sentito e Willard, nell’osservare cupo il suo ospite, domandò: “Li avete solo processati?”

“No” si limitò a dire Leonard, lasciando che la frase morisse lì.

I due Brown non dissero nulla per alcuni secondi finché Oscar, fissando il figlio, non disse: “Che stai lì seduto a fare? Offri del buon whiskey irlandese al nostro ospite, Edward.”

“Niente rissa” sussurrò a quel punto il giovane Brown all’orecchio di Andrew che, con aria vagamente sorpresa, guardò il padre come se non l’avesse mai visto prima.

Non era insolito che il padre non parlasse del suo breve periodo in guerra – raramente, anche i suoi amici parlavano di quei momenti – ma ora iniziava a capire perché.

E il fatto di sapere che avesse vissuto momenti così tragici e pericolosi, glielo fece rivalutare molto.

Lui si era sempre divertito a prendere la vita molto poco sul serio e, soprattutto, a non dare molto peso al proprio nome altisonante.

In quel momento, comprese di aver sbagliato e, più di tutto, di aver denigrato un nome che, invece, suo padre aveva tenuto alto, e nel momento più basso per la razza umana.

***

Spegnendo l’audio quando Edward servì a Leonard del whiskey, Bernadette sorrise comprensiva a Gwendolin, chiosando: “Direi che la disfida può dirsi conclusa.”

“Leonard non parla mai volentieri di quel periodo, anche se ancora adesso, a volte, si sveglia con degli incubi” mormorò lady Ingleton, sorridendo appena quando sentì la mano di Grace poggiarsi sulla sua spalla.

“Sono sicura che Shemain sarà felice di sapere che suo figlio è stato vendicato da una persona di famiglia” asserì Bernadette, sorridendo a Bart. “Caro, che ne diresti di andare a recuperare gli altri uomini per portarli alla veranda coperta? Penso che ora serva a tutti un po’ di tè con dei pasticcini.”

“Vado subito, Bernadette” assentì Bart, dirigendosi verso la porta.

“Nonna Bernie, caro… nonna Bernie” lo redarguì bonaria la donna, facendolo ridere mentre usciva dallo studio.

Rimaste sole con Gwendolin, le donne Brown la invitarono a prendere una dose generosa di whiskey per riprendersi dallo shock.

Era evidente che, di quella storia in particolare, non avesse mai saputo nulla.

“Non vorrà di certo che suo marito la veda pallida e preoccupata, no?” la incoraggiò Maggie, sorridendole. “Sa, i nostri uomini non sanno di questo piccolo… stratagemma, e non vorremmo di certo che venissero a scoprirlo.”

Lady Ingleton trovò la forza per sorridere divertita e, assentendo, chiosò: “Non sarò certo io a tradire questo segreto.”

Sorridendo alla nipote, Bernadette aggiunse: “Cara, vai anche tu a vedere come se la cava Bart. Non vorrei che Willard facesse il bisbetico con lui, non avendo potuto farlo con suo padre.”

“Corro” ammiccò la giovane, correndo via.

A quel punto, Bernadette scrutò Gwendolin e dichiarò: “Sia chiaro, Mrs Ingleton. Suo figlio non lascerà questa casa senza una fede al dito.”

Quella frase lapidaria, così come lo sguardo adamantino della donna, portarono Gwen a scoppiare a ridere di sgusto. Dignitosamente, ma di gusto.

***

Quando Bernadette, Maggie e Gwendolin raggiunsero infine la veranda coperta, Oscar stava ridendo sguaiato di fronte all’espressione collerica di Grace.

Bart, pacifico e sorridente, la tratteneva gentilmente alla vita perché non aggredisse il padre e Leonard, suo malgrado divertito, esalò: “Spero di non dover intervenire anch’io. Che dici, ragazzo?”

“Io lascerei stare, papà… se la sanno cavare da soli” ironizzò Bart, sorridendo al padre.

“Ecco… cavare è un verbo che non userei ora” deglutì a forza Leonard, quando Oscar prese ancor più in giro la figlia. “Non vorrei che Grace ti prendesse in parola, e cavasse un occhio al padre.”

“Non gli occhi… la lingua!” sbottò Grace, artigliando l’aria proprio mentre Bernadette apriva le porte della veranda.

“Oh cielo” esalarono le tre donne appena giunte, ma con toni diametralmente opposti.

Se per Bernadette fu strascicato e quasi esasperato, per Gwendolin fu sconvolto, mentre per Maggie assai irritato.

Grace si bloccò immediatamente e così pure Oscar che, quasi, si strozzò tra una risata e l’altra, apparendo paonazzo per l’imbarazzo di essere stato colto sul fatto.

“Ah… buongiorno” gracchiò Oscar, tossicchiando per riprendere un contegno.

“Buongiorno” replicò Gwendolin, accennando a un sorriso compito.

“Divergenze d’opinione. Mi scusi, Gwendolin” sospirò Grace, poggiando le mani sul braccio di Bart perché la lasciasse.

Lui ammiccò, allentando la presa e, sorridendo alla madre, disse: “Lascia che ti presenti Oscar e Willard. Sono sicuro che andrete d’accordo.”

Perfettamente padrone della situazione, Bart prese per mano la madre e la presentò a un ancor imbarazzato Oscar – frustrato all’idea di essere stato pizzicato a discutere con la figlia.

Willard venne subito dopo di lui e, imitando Bart con un esemplare baciamano, diede il benvenuto a Gwendolin a Walden House, offrendosi di farle fare un giro per la villa.

Strizzando poi l’occhio alla nipote, informò la loro ospite di essere a conoscenza della sua passione per le arti, dando il via a un dibattito d’opinione sui pittori fiamminghi.

Questo diede il la a lady Ingleton per lanciarsi in una sperticata difesa delle arti di quel secolo, cancellando di fatto le ultime paure residue dovute a quell’incontro.

O almeno, così sperò Grace.

***

Il freddo era intenso, quella notte, complice anche il cielo terso e il vento proveniente dal Labrador.

La luna splendeva brillante, nel manto oscuro di quella nottata dicembrina, ultimo giorno prima di Capodanno, che avrebbero festeggiato tutti assieme a Walden House.

Assieme alla prozia Shemain.

Sarebbe stato interessante come, la vecchia e arzilla irlandese tutta d’un pezzo, avrebbe ringraziato un lord inglese per i suoi meriti di guerra.

Aveva idea che molti loro parenti avrebbero dato di stomaco. Metaforicamente, sperava.

“Pensieri profondi, Grace?” esordì Andrew giungendo sulla terrazza con passo silenzioso.

La giovane si volse a mezzo, sorridendo allo scapestrato primogenito degli Ingleton.

Indossava un pesante maglione blu scuro a coste intrecciate, su un paio di pantaloni bianchi, dalla piega perfetta.

Ai piedi, calzava dei mocassini di fattura elaborata, ma senza marchi in evidenza. Fatti su misura, probabilmente, da un artigiano di fiducia.

Come Bart, anche Andrew portava il suo titolo con innata eleganza, pur se lui sembrava irridere il proprio nome e la propria genia.

Da quando, però, il fattore ‘Bullbasket’ – come lo aveva soprannominato lei nella testa – era venuto a galla, Andrew le era parso assai pensieroso. Quasi contemplativo.

Anche in quel momento, dopo una buona cena a base di crostacei e tanto buon vino californiano, sembrava avere la mente altrove, ma non in senso negativo.

“Temo che tua madre sia rimasta sconvolta dalla mia lite con papà… ma è più forte di me. Certe cose non posso lasciarle correre” ammise Grace, tornando a osservare il profilo scuro del bosco che circondava la proprietà.

Poggiando le mani sul parapetto in pietra della balconata, Andrew si sporse un attimo per scrutare dabbasso, dove si intravedevano le luci provenienti dalla sala da pranzo.

Evidentemente, i domestici non avevano ancora terminato di lavorare.

La pendola nel corridoio segnò la mezzanotte e Andrew, sorridendo a Grace, mormorò: “Trentun dicembre. Ora, mancano poco meno di ventiquattrore ai botti. Letteralmente.”

Sorridendo appena, Grace assentì e, nello stringersi le braccia attorno al corpo, mormorò: “Amo tuo fratello, e non mi è mai capitato prima… ma ho un terrore folle di ferirlo, di fare qualcosa che possa allontanarlo da me.”

“E perché ti sarebbe venuta in mente una sciocchezza simile?” la irrise bonariamente Andrew, passandosi una mano tra la folta capigliatura.

Sì, era bello e forse, per certi versi, aveva più fascino di Bart, ma Andrew non lo aveva colpito come il fratello.

Si trovava bene, con lui, ed era certa che, col passare del tempo, gli avrebbe anche voluto un bene dell’anima – non poteva che essere così, con lui – ma no, non avrebbe mai potuto innamorarsi di Andrew.

“Ho paura che la mia esuberanza, la mia grinta, potranno un giorno dividerci. Siamo così diversi!” sospirò Grace, turbata.

“E così simili, Grace… Bart ha i tuoi stessi timori, pur se in senso inverso. Lui si ritiene troppo tranquillo, e ha paura che tu ti annoierai, con lui.”

“Ma non è noioso! Tutt’altro!” sbottò Grace, trovando assurdo credere che Bart pensasse questo, di sé.

Andrew allora le sorrise e, nel poggiare gli avambracci sul parapetto gelido, mormorò: “E tu non sei un tornado che sta per abbattersi sulla nostra casa, Grace. Sei una donna meravigliosamente briosa, ma non sei maleducata o prevaricatrice. E, per quanto questo possa essere lontano dal nostro stile di vita, non è negativo.”

“Ma tua madre…”

Andrew la interruppe, replicando seriamente: “Ti fai davvero spaventare dai sospiri di mia madre? Lei è melodrammatica per natura, ma non avrebbe accettato di venire qui, se non ti avesse implicitamente accettata in famiglia. Avrebbe inventato mille scuse, e non sarebbe venuta. Lasciatelo dire da uno che convive con lei da una vita.”

“Ah” esalò confusa Grace.

“Quanto a papà, l’hai conquistato. E credimi, non è facile colpirlo. Poi, il fatto che ci sia questo legame indiretto tra le nostre famiglie, smusserà parecchi spigoli. Certe cose uniscono più di mille parole” ammise Andrew, sospirando.

“Non lo sapevi, vero?”

Lui scosse il capo e, fissandosi le mani come se non le conoscesse, asserì: “Ho sempre pensato che mia madre si prendesse troppo sul serio, e mio padre non fosse che un magnate della finanza pronto a mettere la parola ‘conte’ ovunque. Mi hanno sempre insegnato a rispettare il mio nome e io, per contro, lo sbeffeggiavo, fregandomene, e mettendo in imbarazzo la famiglia.”

“A volte è difficile convivere con un simile peso…” lo rabbonì Grace, dandogli una pacca sulla spalla.

“Bart non lo hai mai fatto, pur se neppure lui ha mai apprezzato il nostro titolo nobiliare. Ci teneva a distanza dalle persone e, anche se papà ha tentato di colmare il gap mandandoci alla scuola pubblica, questo piano ha funzionato solo a metà. E io mi sono intestardito a rendere il tutto ancor più difficile” replicò Andrew, sospirando.

“Edward e io litighiamo sempre, pur di primeggiare agli occhi del nonno… o di papà. E’ più forte di noi. Gli voglio bene per il novanta percento delle volte, ma le restanti dieci vorrei strozzarlo” ammise Grace, scrollando le spalle.

“Sentir parlare di ciò che è successo in guerra… e credimi, papà non lo fa mai… mi ha fatto capire quanto poco gli abbia portato rispetto, in questi anni” mormorò contrito il giovane Ingleton, rimettendosi diritto.

“Ho idea che tu voglia redimerti, pur se non lo ritengo necessario. Non sei un cattivo ragazzo, Andrew” sottolineò Grace.

“Ma sono stato superficiale. Ora, vorrei non esserlo più, se possibile” replicò lui, accennando un sorriso. “Tornerò a Katmandu, ma stavolta lo farò per uno scopo meno ludico e più altruistico. C’è tanto da fare, e io comincerò a farlo.”

“Sono sicuro che la mamma ti strapperà i capelli uno a uno… e poi si congratulerà con te per la scelta etica” intervenne a sorpresa Bart, comparendo a sua volta sulla terrazza.

Andrew ammiccò al suo indirizzo e Grace, nell’accoglierlo accanto a sé, mormorò: “Scusa. Non riuscivo a dormire e così sono uscita.”

“Quando non ti ho trovata, mi sono preoccupato. Trovandoti poi assieme ad Andrew, ho pensato di intervenire prima che lui ti abbindolasse con la sua parlantina sciolta” ironizzò Bart, dandole un bacetto sulla tempia.

“Quanto sei idiota, fratello… è la tua donna. Non ci proverei neppure tra cento anni!” sbottò Andrew, pur sorridendo divertito.

“Non si sa mai…” borbottò Bart.

“Sarà meglio se rientriamo tutti. Stiamo straparlando, segno che è ora di chiudere le tende e dormire” ironizzò Grace, sospingendo verso casa il suo fidanzato.

“Posso unirmi a voi?” ghignò allora Andrew, ricevendo per diretta conseguenza due occhiatacce perfettamente identiche.

Il primogenito degli Ingleton, allora, batté in ritirata e, nel rientrare in camera sua, sorrise sornione e mormorò tra sé: “Andrà benissimo, tra loro… non devo più preoccuparmi per Bart.”

 

 

 

 

 Innanzitutto, mi scuso per il tremendissimo ritardo, ma la storia mi si è completamente arenata in testa, non arrivava più niente. Il che, per chi scrive, è un autentico inferno.

Secondariamente, vi prometto un ultimo capitolo col botto, visto che riguarderà Serena... e il suo avvento. Con quel capitolo, penso di chiudere questa breve avventura nel passato degli Ingleton.

Spero di aver risposto ad alcune vostre domande, finora... e ancora scusa per questa attesa, ma sembrava proprio che non volessero più parlarmi. T-T

Un appunto storico: per quel che riguarda Paddy Mayne, la SAS e l'operazione svolta in Francia denominata Bullbasket, è tutto vero, sono notizie storiche reali.

 

 

  
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