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Autore: KukakuShiba    24/10/2016    13 recensioni
DESTIEL teen AU
Il mondo del giovane Dean Winchester incontrerà inevitabilmente quello di Castiel Novak, nuovo vicino di casa, affetto da un handicap invisibile. Insieme, i due impareranno qualcosa di prezioso sull'amicizia, sull'amore e sulla vita.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fanart di Naenihl

 
CAPITOLO SETTE
 
“Nessun gesto di gentilezza, per quanto piccolo, è mai sprecato”
 
Esopo
 
 
“Non ci posso credere di essere ancora qui” – borbottò Dean.
“Dean, sembri un condannato a morte” – rise Benny.
“Perché, non è così?” – ribatté affranto l’amico.
Benny continuò a ridere.
“Dai, coraggio, andiamo” – lo incitò infine, con una pacca sulla spalla.
I due ragazzi si incamminarono verso il grande edificio di fronte a loro.
Di stampo decisamente moderno, la struttura presentava una facciata con ampie vetrate scure, delimitate in disegni geometrici da un’intelaiatura bianca. Al centro, proprio in linea con l’ingresso, una parte del tetto modificava la sua linea in una mezza cupola, anch’essa dotata di vetrate, mentre, sulla destra, un largo muro di mattoncini rossi mostrava una scritta bianca a caratteri cubitali: LAWRENCE FREE STATE HIGH SCHOOL. Era il liceo frequentato da Dean e dai suoi amici. E quello era il primo giorno di scuola, dopo le vacanze estive.
 
All’improvviso, due mani si appoggiarono sulla schiena di entrambi i giovani, cogliendoli di sorpresa e facendoli voltare di scatto.
“Ciao, stronzetti” – squittì Charlie, sorniona.
“Maledizione, Charlie! Mi hai fatto prendere un colpo!” – esclamò Dean, portandosi una mano al petto.
“Suscettibile stamattina, eh?” – sentenziò la rossa, rivolgendosi a Benny e indicando l’altro con un cenno del capo.
Charlie e Benny si guardarono per qualche secondo.
“Primo giorno” – dissero entrambi all’unisono, scoppiando poi a ridere.
“Non siete divertenti” – sibilò Dean, contrariato – “Tu, piuttosto, come fai ad essere così allegra di prima mattina? Proprio oggi, poi…”
Charlie ridacchiò.
“Ho ricevuto una mail dal signor Colvin qualche giorno fa” – disse lei.
Dean e Benny socchiusero gli occhi, con aria interrogativa.
La rossa sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
“Il signor Colvin si occupa dei club di letteratura” – spiegò la rossa – “E indovinate quale nuovo club verrà fondato quest’anno?” – trillò poi, saltellando sul posto e battendo le mani.
“Ho paura a chiederlo” – mormorò Benny, avvicinandosi a Dean, che annuì di rimando.
“Il club di Tolkien! Ma ci pensate! Un club solo per Tolkien!” – disse Charlie raggiante, allargando le braccia.
Nel frattempo, intorno a loro, il numero degli studenti che si incamminavano verso l’ingresso, era decisamente aumentato.
“Lo sai che sei pazza, vero?” – sorrise Dean, cingendole le spalle con un braccio e lasciandole un bacio sulla tempia.
“È per questo che mi ami” – ribatté lei.
“No, sei tu che ami me” – puntualizzò lui, ridendo.
 
Quando i tre varcarono l’ingresso, l’atrio principale della scuola era ghermito da una folla di studenti, e il loro vociare si disperdeva come un'eco tra le pareti. Nonostante fossero così numerosi, tra di essi si potevano riconoscere volti noti, quelli meno noti, e infine i nuovi arrivati, le matricole, così piccole e spaurite, che si guardavano in giro con un misto di meraviglia, terrore e smarrimento.
“E Chuck?” – chiese Dean, guardandosi in giro.
“È già al giornale” – rispose Charlie, gli occhi abbassati sul display del cellulare – “Mi ha appena mandato un messaggio. Dice che ci becchiamo in mensa per il pranzo”.
 
I tre ragazzi percorsero poi tutto l’atrio e, varcando un secondo ingresso, si ritrovarono nel cortile interno della scuola. Al centro di esso, su un basamento di pietra, si ergeva una statua di colore nero, raffigurante un rapace con le ali spiegate che prendevano fuoco, e con gli artigli sfoderati: era il simbolo della Free State, il Firebird.
“Quell’uccellaccio è insopportabile, lo odio” – borbottò Dean, poco dopo averlo superato.
“Farà così tutto il giorno?” – sussurrò Charlie a Benny.
“Oh, e non hai ancora visto niente” – ghignò in risposta il ragazzo.
 
Una volta arrivati ai corridoi con gli armadietti, i tre amici si soffermarono a chiacchierare.
“Cosa avete alla prima ora?” – domandò Charlie, dando un’occhiata al suo foglio degli orari – “Io biologia, con la Barah”.
“Francese con la Gipson” – ribatté Benny.
“E tu, Dean?” – riprese la rossa.
Dean sospirò.
“Matematica” – bofonchiò poi.
“Con chi?” – domandò l’amico.
“Credo con la Wagner” – rispose piatto il biondo.
“No, la Wagner è andata in pensione a giugno” – asserì la ragazza.
“Cosa?” – esclamò Dean – “Ma questo vuol dire…”
“A-ah. Ci sarà un professore nuovo” – confermò lei.
Dean si passò una mano sul viso.
“Non ce la posso fare” – disse poi, sospirando, mentre gli altri due ridacchiavano.
All’improvviso due braccia sottili strinsero la vita di Dean, abbracciandolo da dietro.
“Ciao, Dean” – sorrise Lisa.
“Ehi” – rispose lui, ricambiando il sorriso e girandosi nel suo abbraccio.
“Ragazzi, io comincio ad andare, devo ancora cercare il mio armadietto e lasciare giù i libri. Ci vediamo a pranzo!” – disse Charlie, salutando con un gesto della mano.
“Anche io devo andare. Ci si becca dopo, amico” – fece eco Benny, dando all’altro una pacca sulla spalla.
“Ok, a dopo!” – confermò il biondo ad entrambi.
 
“Primo giorno, eh?” – disse Lisa, dolcemente.
“Già…”
Dean si scostò leggermente dalla ragazza per guardarla.
“E questa divisa da cheerleader di prima mattina…” – aggiunse, umettandosi le labbra.
“Cosa?” – sussurrò lei, a fior di labbra.
Lui le scostò delicatamente i capelli dietro ad un orecchio, avvicinandosi poi con le labbra.
“Diciamo che mi fa venire in mente un’ora alternativa a quella di matematica…” – disse lui flebile, facendo ridere la ragazza.
“Winchester” – chiamò una voce alle loro spalle.
I due si voltarono e si trovarono di fronte Michael.
Dean si irrigidì, serrando la mascella.
L’altro si accorse della tensione sul volto del biondo.
“Rilassati, non sono qui per litigare” – disse poi, calmo.
“Cosa vuoi?”
“Vorrei scusarmi di persona con il vostro amico per quella volta in piscina” – rispose – “Mio fratello si fa prendere troppo la mano quando c’è di mezzo qualcosa a cui…” – si interruppe, guardando Lisa.
La ragazza abbassò lo sguardo.
“Comunque” – proseguì lui – “Dove posso trovare questo ragazzo?”
Dean osservò l’altro per un istante, mordendosi una guancia.
“Michael, perché vuoi scusarti? Non sei tu quello che ha sbagliato” – sottolineò il biondo.
Il ragazzo ricambiò lo sguardo.
“È vero, ma sono un fratello maggiore. E mi sento responsabile per Nick. Lui è…diciamo che è una persona un po’ particolare”.
“Me ne sono accorto” – disse sardonico Dean – “Comunque Castiel non è qui, non viene in questa scuola” – spiegò poi.
“Castiel?” – gli fece eco l’altro.
“Sì, Castiel. Il ragazzo con il quale vuoi scusarti”.
“Ah, capisco”.
Il suono della campanella attirò la loro attenzione, ponendo fine a quella conversazione.
“Credo che sia ora di andare. Quando vedrai il tuo amico, digli che Michael si scusa per quanto accaduto”.
Dean si morse un labbro.
“Ok” – annuì, infine.
“Ci si vede, Winchester…Lisa” – e, detto questo, si allontanò lungo il corridoio ormai semi deserto.
 
°°°
 
Quando Dean entrò in classe, i suoi compagni avevano già preso posto. Il biondo si sistemò nel primo banco disponibile. Quando sollevò lo sguardo verso la cattedra, si immobilizzò. Un volto noto lo stava osservando divertito. Era la madre di Castiel.
“Questa poi…” – sussurrò tra sé.
La donna gli rivolse un sorriso, prima di schiarirsi la voce, attirando così l’attenzione dell’intera classe.
“Buon giorno a tutti. Mi chiamo Amelia Novak, e da quest’anno sostituirò la professoressa Wagner che, come saprete, è andata in pensione. Questo per voi sarà l’ultimo anno, e non vi nascondo che sarà anche il più difficile. Ma se vi impegnerete, sono sicura che i risultati arriveranno”.
Amelia fece una pausa e aprì il libro di testo.
“E ora vi mostrerò quali saranno gli argomenti che affronteremo…” – iniziò poi a spiegare.
Dean rimase fermo ad osservare la donna, ancora incredulo. La madre di Castiel era la sua nuova insegnante di matematica. E abitava proprio di fianco a lui.
 
A fine lezione, Dean, insieme agli altri studenti, si accingeva a lasciare l’aula, quando fu richiamato da Amelia.
Dean si voltò e vide la donna fargli cenno di avvicinarsi. Il biondo si diresse verso la cattedra, titubante.
“Ciao, Dean” – sorrise Amelia.
“Buon giorno, signora Novak” – balbettò il ragazzo.
“Sei sorpreso di vedermi qui?” – chiese lei, mentre sistemava i libri sulla cattedra.
“Un po’…” – ammise lui.
La donna sorrise nuovamente.
“Ti prego, non essere imbarazzato perché sono la madre di Castiel, nonché tua vicina di casa” – continuò Amelia.
Dean abbozzò un sorriso.
“Però non devi neanche approfittarne, perché so essere piuttosto imparziale, sai?” – precisò lei, sorridendo.
Dean annuì.
“Dai, ora vai o farai tardi alla prossima lezione”.
“Ok…arrivederci” – disse Dean, congedandosi e dirigendosi verso la porta.
“Ah, Dean?” – lo richiamò lei.
Il ragazzo si voltò e incrociò lo sguardo della donna.
“Grazie. Per Castiel, intendo…”
Il biondo sorrise, per poi uscire definitivamente dall’aula.
 
Mentre si recava nella classe successiva, l’attenzione di Dean venne richiamata da un poster, affisso ad una delle bacheche presenti lungo il corridoio. Il biondo si soffermò a leggere attentamente il manifesto, per poi prendere uno dei volantini, lasciati lì a disposizione. Se lo rigirò tra le mani e sorrise, prima di piegarlo e di metterlo in tasca.
 
°°°
 
“Charlie, cos’hai da ridere così tanto?” – chiese Benny, mentre si accingeva ad addentare un sandwich.
Era l’ora di pranzo e i ragazzi si erano ritrovati, come d’accordo, in mensa.
“Castiel mi ha mandato un’immagine divertente” – ridacchiò la rossa – “Guarda” – disse poi, facendo vedere il cellulare all’amico.
Anche Benny iniziò a ridere.
Dean, che in quel momento si stava scambiando tenerezze con Lisa, si voltò di scatto.
“Cas?” – fece poi eco.
“A-ah” – annuì Charlie.
Dean fissò la ragazza, aggrottando la fronte, perplesso.
“Dean, perché mi guardi così?” – chiese lei.
“Io…non ho il numero di Cas” – mormorò lui.
La ragazza alzò le sopracciglia, sorpresa.
“Non sapevo neanche che avesse un cellulare…” – ammise il biondo.
“Ah sì, è una cosa nuova, ce l’ha da un paio di giorni”.
Dean si scostò di poco da Lisa e sollevò i fianchi per sfilare il cellulare dalla tasca dei jeans.
“Passa qui” – disse poi, facendo scorrere il dito sullo schermo.
“Cosa?” – chiese la rossa.
“Come cosa? Il suo numero, no?” – sottolineò il biondo.
 
Nel frattempo, Chuck raggiunse il loro tavolo e, in silenzio, si lasciò cadere su una sedia.
“Ehi Chuck, finalmente. Che fine avevi fatto?” – chiese Benny, di fonte a lui.
Chuck non rispose, limitandosi a guardare il tavolo con aria assorta.
“Ehi, tutto bene?” – domandò Charlie, punzecchiando il braccio del ragazzo con un dito.
Chuck alzò lo sguardo, tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di lui.
“Io…” – iniziò, per poi interrompersi.
“Amico, ci stai facendo preoccupare” – intervenne Dean.
Il ragazzo sospirò.
“Sono stato nominato direttore del giornale scolastico dalla signora Folsom” – mormorò poi.
Tutto il tavolo si ammutolì, per poi esplodere in risate di gioia.
“Chuck, ma è fantastico!” – trillò Charlie.
“D-davvero?” – balbettò lui, voltandosi verso la ragazza.
“Ma certo!” – confermò lei.
“E…e se non ne fossi in grado?” – domandò il ragazzo, rivolto agli amici.
“Chuck, nessuno meglio di te può fare una cosa del genere” – lo tranquillizzò Dean, sorridendo.
“Dean ha ragione” – intervenne Lisa.
Il ragazzo rimase in silenzio un attimo, per poi abbozzare un sorriso.
“Ok…allora” – espirò forte – “Sono il nuovo direttore del giornale scolastico” – concluse, alzando le spalle e sorridendo.
 
°°°
 
Il display del telefono si illuminò, attirando l’attenzione di Castiel. Il moro era in cucina, e si stava preparando il pranzo. Si asciugò le mani su uno strofinaccio, per poi prendere il telefono. Era arrivato un messaggio.
 
[13:07] – Da Numero Sconosciuto a Cas
Sei una continua fonte di sorprese, Cas.
Dean.
 
Castiel schiuse le labbra, sorpreso.
 
[13.08] – Da Cas a Dean
Ciao, Dean.
 
[13:08] – Da Dean a Cas
Non puoi dirmi ‘ciao Dean’ come se nulla fosse, dopo quello che hai fatto.
 
Il moro aggrottò le sopracciglia, perplesso. E anche un po’ confuso, in realtà.
 
[13:10] – Da Cas a Dean
Perché? Cos’ho fatto?
 
[13:11] – Da Dean a Cas
Uno: hai dato il tuo numero a Charlie e non a me.
 
Il ragazzo arricciò le labbra.
 
[13:12] – Da Cas a Dean
Sì, è vero. Ho il cellulare solo da un paio di giorni. E quando mi sono iscritto a Facebook, ho trovato Charlie e ci siamo scambiati i contatti. Scusa, avrei dovuto dartelo subito.
 
Il ragazzo osservò a lungo lo schermo, dopo aver inviato il messaggio. La sua mente volò a due sere prima, quando il padre si era presentato in camera sua.
 
Quando Castiel aprì la porta della sua stanza, si trovò di fronte il padre. Era appena tornato dal lavoro e indossava ancora il completo, e in una mano reggeva un piccolo sacchetto di carta.
“Ciao. Disturbo?” – chiese l’uomo, sorridendo.
Castiel scrollò la testa, ricambiando il sorriso e scostando maggiormente la porta per fare entrare il genitore.
“Ti ho…portato una cosa” – iniziò James, titubante.
Il moro inclinò il viso, con aria interrogativa.
L’uomo si passò il sacchetto di carta tra le mani, indeciso.
“Ecco” – disse infine, mettendolo tra le mani del figlio.
Castiel aprì il sacchetto e schiuse le labbra, sorpreso. Era un cellulare. Alzò lo sguardo e incrociò gli occhi del padre.
“Io…ecco, ho pensato che…” – arrancò James – “Adesso hai degli amici ed esci…quindi ho pensato che in questo modo puoi metterti in contatto con loro…sai, con i messaggi e…tutte quelle cose moderne che usate voi giovani” – aggiunse poi, gesticolando.
Il ragazzo guardò nuovamente nel sacchetto e, mettendovi dentro una mano, ne tirò fuori una scatola. Se la rigirò tra le mani e poi sorrise.
[…]
“Prego” – disse James, ricambiando il sorriso – “Ti piace?”
Il figlio annuì, raggiante.
“Bene” – asserì l’uomo, compiaciuto – “È quasi ora di cena. Vado a cambiarmi. Ci vediamo giù tra poco?”
Il ragazzo annuì nuovamente.
Quando l’uomo mise mano alla maniglia della porta, si sentì toccare un braccio. Si voltò e all’improvviso si trovò Castiel tra le braccia. James sorrise, ricambiando l’abbraccio.
[…]
“Certo, dopo cena guardiamo insieme le istruzioni” – lo rassicurò il padre, ridendo.
 
 
[13:15] – Da Dean a Cas
Uhm…ok, per questa volta sei perdonato.
 
Castiel sorrise.
 
[13.15] – Da Cas a Dean
E due?
 
[13:17] – Da Dean a Cas
Due cosa?
 
[13:17] – Da Cas a Dean
Hai scritto uno, ci deve essere anche un due.
 
[13.18] – Da Dean a Cas
Ah, già.
 
Il moro aspettò una risposta, ma questa non arrivò. Posò il telefono sul tavolo e si sedette per iniziare a pranzare. Poco dopo lo schermo del cellulare si illuminò di nuovo.
 
[13.25] – Da Dean a Cas
Due: tua madre è la mia nuova insegnante di matematica.
 
Castiel posò la forchetta sul piatto e iniziò a ridere. Conosceva bene l’avversione del biondo per tutto ciò che aveva a che fare con i numeri.
 
[13:26] – Da Cas a Dean
Con il lavoro di mia madre io non c’entro nulla.
 
[13.27] – Da Dean a Cas
Sicuro?
 
[13:28] – Da Cas a Dean
Sicuro.
 
[13:31] – Da Cas a Dean
Comunque, voglio farmi perdonare per non averti dato subito il numero.
 
[13.31] – Da Dean a Cas
 E io so già come puoi farlo.
 
Il moro alzò le sopracciglia, sorpreso.
 
[13.32] – Da Cas a Dean
E come?
 
[13:36] – Da Dean a Cas
Mi aiuterai a fare i compiti di matematica.
 
Castiel sorrise, mentre masticava l’ultimo boccone.
 
[13.37] – Da Dean a Cas
Allora, ci stai?
 
[13.38] – Da Cas a Dean
Sì, ci sto.
 
°°°
 
[20.31] – Da Dean a Cas
Cas, tieniti libero per domenica.
 
[20:35] – Da Cas a Dean
Perché?
 
[20:36] – Da Dean a Cas
Sorpresa.
 
°°°
 
Quando, quella domenica, Castiel si trovò davanti allo sportello di una macchina nera, guardò Dean perplesso.
“Che c’è, Cas?” – chiese Dean dalla parte opposta, appoggiato con le braccia alla cappotta dell’auto.
Usiamo una macchina?
“Beh, per dove dobbiamo andare sì, usiamo una macchina” – spiegò il biondo.
Non mi hai ancora detto dove andiamo”.
Dean sorrise, umettandosi le labbra.
“Ti ho detto che è una sorpresa” – sottolineò poi.
Castiel rimase fermo a guardare ora l’amico, ora l’auto, poco convinto.
“Cas, ho la patente. So guidare” – disse divertito Dean – “Dai, sali” – aggiunse, incoraggiando l’altro con un gesto del capo.
Il moro aprì lo sportello e prese posto sul sedile del passeggero. Si guardò intorno, curioso. Era decisamente una vettura diversa da quelle che usavano i suoi genitori. L’odore della pelle impregnava l’aria dell’abitacolo, e i sedili erano morbidi, sebbene la loro superficie manteneva una lieve ruvidezza al tatto.
“Ti piace?” – chiese Dean, voltandosi verso di lui.
È particolare”.
Il biondo sorrise.
“Eccome se lo è. È una Chevrolet Impala del ’67. È di mio padre. L’ha comprata quando frequentava mia madre, sai?”
Il moro sorrise.
E lui te la lascia guidare?
Dean arricciò le labbra.
“Beh, sì…con le solite raccomandazioni” – ammise il ragazzo.
Un flashback riportò la mente di Dean a qualche sera prima.
 
“Papà?” – chiamò Dean, facendo capolino in salotto.
John era seduto sulla poltrona, con una birra in mano, e con l’occhio pigramente incollato al notiziario in tv.
“Uhm?”
“Senti…domenica mi presteresti la macchina?” – chiese il biondo, cauto.
Il padre sembrò risvegliarsi dal suo torpore e si voltò, aggrottando la fronte.
“Dove devi andare?” – chiese, sospettoso.
Dean si morse un labbro.
“In un posto un po’ distante da qui…” – arrancò poi.
“Mm…” – disse l’uomo, osservando attentamente il figlio – “Esci con Lisa?” – aggiunse poi sornione, e nascondendo un sorrisetto dietro un sorso di birra.
“Veramente…” – tentò Dean, schiarendosi la voce.
“Va bene, va bene” – lo interruppe John, con un gesto della mano – “Prendila pure”.
Dean sospirò, sollevato.
“Grazie” – disse sorridendo, per poi voltarsi e uscire dalla stanza.
“Ah, Dean” – lo richiamò il padre – “Guai a te se me la riporti anche con un solo graffio”.
Il ragazzo deglutì un paio di volte. Sapeva quanto il padre tenesse a quella macchina. Come sapeva che quelle parole somigliassero più a delle minacce che a delle raccomandazioni.
“Sì, signore” – si premurò a rispondere, infine.
 
“Sei pronto?” – chiese Dean, girando la chiave nel quadro e accendendo il motore.
Castiel annuì.
L’auto ruggì un paio di volte, sotto lo sguardo compiaciuto del biondo, prima di immettersi in strada e di allontanarsi tranquillamente.
 
°°°
 
Dopo circa un’ora di viaggio (rigorosamente in silenzio, perché Castiel, prima di partire, mostrò all’altro il block notes, dove era appuntato un lapidario “guarda la strada e basta”), Dean svoltò in un ampio piazzale, dal fondo ghiaioso. Parcheggiò la macchina di fronte ad uno steccato di legno e spense il motore.
Castiel spostò lo sguardo dal finestrino al parabrezza, e viceversa.
Dove siamo?”
Dean lesse e rise.
“Vieni, scendiamo e lo vedrai”.
Quando entrambi scesero dall’auto, il biondo ne approfittò per stiracchiarsi e sgranchirsi le gambe.
Il moro, invece, dopo aver richiuso lo sportello, fece qualche passo in avanti, guardandosi intorno. Il piazzale era occupato anche da altre macchine. La ghiaia bianca, grossolana sotto la suola delle scarpe, sembrava quasi brillare alla luce del sole. Di fonte a lui, alberi altissimi mostravano orgogliosi le loro verdi fronde, svettando verso il cielo. Il tempo era quanto di meglio si potesse desiderare. Il sole era caldo e il cielo era azzurro, limpido, pennellato solo da qualche rada nuvola biancastra. L’attenzione del ragazzo venne ben presto catturata dalla presenza di un cartello in legno, poco lontano, che riportava incisa la scritta: PRAIRIE PARK.
Castiel si voltò di scatto verso Dean, che lo aveva osservato per tutto il tempo.
“Benvenuto al Prairie Park” – disse il biondo, ridendo e allargando le braccia.
Il moro sorrise.
“Aspetta, prima di andare devo prendere una cosa” – aggiunse poi, dirigendosi verso il bagagliaio dell’Impala.
Quando lo aprì, Dean tirò fuori un cesto di vimini e una coperta.
Castiel osservò il cesto, con aria interrogativa.
Dean se ne accorse e, a stento, trattenne un sorriso.
“È il nostro pranzo” – ghignò il biondo, mentre richiudeva il bagagliaio.
Castiel scrollò piano la testa, ridendo.
“Dai, andiamo” – lo incitò Dean.
 
I due ragazzi si incamminarono verso un largo sentiero, che si inoltrava tra gli alberi e che li avrebbe condotti all’interno del parco.
Il sentiero non era completamente pianeggiante, ma si alternava in dislivelli, fatti di piccole salite e discese. Una fitta macchia verde, costituita prevalentemente da alberi e piante del sottobosco, costeggiava il percorso su entrambi i lati. In parecchi punti, gli alberi erano così alti da piegare i loro rami verso quelli del lato opposto, arrivando così ad intrecciarsi tra loro e creando un suggestivo tunnel verde, attraverso il quale la luce del sole riusciva a filtrare solo a sprazzi, disegnando abbaglianti giochi di luce sul terreno.
Castiel continuava a guardarsi in giro, con un sorriso sulle labbra. Mano a mano che si inoltravano nel parco, l’aria diventava più fresca sulla pelle ed era satura dell’odore di erba, di muschio e di terreno umido. Il moro inspirò a pieni polmoni. L’aria era piacevole, pulita, quasi rigenerante. Ogni tanto il ragazzo rallentava il passo, passando una mano sulle piante che costeggiavano il sentiero. In alcune, le foglie avevano una consistenza quasi cerea, in altre sembravano così sottili da solleticare il palmo, e, in altre ancora, la ruvidezza delle venature e delle zigrinature grattava gentilmente i polpastrelli delle dita.
Più di una volta, Castiel si chinò a terra per raccogliere qualche ghianda. Le passava da una mano all’altra divertito, per poi farle vedere a Dean.
 
In un certo punto del sentiero, sulla sinistra, si imbatterono in una piccola costruzione in legno. Accanto ad essa, una donna stava parlando con una famiglia, composta da padre, madre e due bambini piccoli.
Quando la famiglia si allontanò, lo sguardo della donna puntò verso i due ragazzi.
“Ciao, e benvenuti al parco. Io sono Kate e questa è per voi” – disse lei sorridendo, e consegnando a Dean una brochure – “Siete già stati qui?” – chiese poi.
“No” – ammise il biondo.
“Fate parte di un gruppo o siete soli?”
“No, siamo solo noi”.
“Ok. Allora, tutte le aree del parco sono accessibili. Nella piccola guida che vi ho dato, c’è una mappa e un elenco delle attività che possono essere svolte. Se volete visitarlo, il centro natura oggi è aperto fino alle 16. Per il resto, divertitevi, ma mi raccomando: il massimo rispetto, soprattutto per la natura che vi circonda. Nella guida ci sono anche una serie di regole da seguire. Non date da mangiare agli animali e usate i cestini messi a disposizione e disseminati per tutto il parco. Ok?”
I ragazzi annuirono e, congedandosi dalla donna, ripresero il cammino lungo il sentiero.
 
Castiel aprì subito la mini guida e iniziò a leggere.
Il Prairie Park era una riserva verde di oltre cento acri, situata a est di Lawrence. La riserva comprendeva zone palustri, boschi, praterie, e persino un lago di cinque acri, il Mary’s Lake. Il parco offriva programmi speciali per le scuole e organizzava persino i campi estivi. Poteva essere visitato da soli o con programmi ricreativi per giovani, adulti e famiglie. Le attività da svolgere erano diverse: birdwatching, canoa, kajaking, tiro con l’arco, e addirittura pesca controllata presso il lago.
La peculiarità del Prairie Park consisteva nel fatto che esso non era solo un semplice parco, ma ospitava anche un centro per il recupero e la salvaguardia della fauna selvatica: il Prairie Park Nature Center.
Gli occhi di Castiel si soffermarono subito su quest’ultimo particolare. Con un passo si avvicinò a Dean e gli toccò il braccio per attirare la sua attenzione. Quando il biondo si voltò, il moro gli mostrò subito la brochure, e con un dito indicò la parte che presentava il centro natura.
Dean prese la mini guida e lesse attentamente.
“Vuoi visitare il centro?” – chiese poi, sorridendo.
Castiel annuì.
“Va bene” – acconsentì il biondo, facendo così sorridere anche il moro.
Dean non lo disse mai apertamente, ma la presenza del centro natura era uno dei motivi principali per cui, il primo giorno di scuola, aveva preso il volantino pubblicitario del parco dalla bacheca. Sapeva che a Castiel piacevano molto gli animali e che, in quel posto, il ragazzo si sarebbe sicuramente divertito.
 
 
°°°
 
Quando arrivarono al centro, i due ragazzi videro che, oltre a loro, erano presenti anche altre persone, soprattutto coppie di adulti e famiglie con bambini. All’ingresso, furono accolti da un ragazzo, poco più grande di loro, che si presentò come Chris e che li guidò attraverso le diverse sezioni del centro.
“In questo centro sono presenti animali selvatici in cattività” – iniziò a spiegare il ragazzo – “Molti di loro sono stati recuperati quando erano feriti, hanno ricevuto le cure necessarie e riabilitati, ma purtroppo non possono essere rilasciati in natura”.
Castiel abbassò le sopracciglia e mostrò il block notes a Chris.
Perché?
“Perché non sarebbero più in grado di vivere in natura”.
Il ragazzo vide il dispiacere sul volto del moro.
“Il centro comunque, ha creato le condizioni migliori per rendere la loro cattività il meno stressante possibile” – aggiunse poi, rassicurando l’altro.
Chris guidò poi i ragazzi verso la sezione esterna, dedicata esclusivamente a rapaci, aquile, falchi e gufi.
Castiel osservò affascinato l’eleganza e la fierezza che questi animali erano ancora in grado di mostrare, nonostante non fossero più liberi in natura. Si soffermò inoltre su ogni loro singolo particolare: il colore degli occhi, la forma del becco, l’aperura alare, la composizione del piumaggio.
Dean gli si avvicinò.
“Ti piacciono?”
Il moro annuì, sorridendo
“Ragazzi, volete vedere l’animale del mese?” – chiese Chris.
“L’animale del mese?” – fece eco il biondo.
“Sì, ogni mese viene scelto un animale. Solitamente è uno degli ultimi arrivati” – spiegò l’altro – “Venite, seguitemi”.
Dean e Castiel si scambiarono uno sguardo e sorrisero, per poi raggiungere la guida.
“Eccolo, è lì” – fece segno il ragazzo, indicando un piccolo recinto di fronte a loro.
Da una piccola buca situata al centro del recinto, fece capolino un simpatico muso baffuto. Castiel schiuse le labbra, sorpreso. Quando l’animale sgusciò fuori dalla tana e fece i primi passi titubante, il moro si accovacciò per osservarlo meglio. Era un furetto.
“È un furetto dai piedi neri” – confermò la guida – “Si chiama Gyrfalcon, e viene dal centro Nazionale per la Protezione dei Furetti Dai Piedi Neri”.
Ben presto, anche il biondo si accovacciò accanto all’amico per osservare la piccola creatura, appoggiando una mano al recinto e sorridendo. E quando si voltò per guardare Castiel, lo sguardo incantato dell’altro gli face battere più veloce il cuore nel petto.
 
Terminata la visita al centro natura, Dean e Castiel ripresero il cammino lungo il sentiero del parco.
Ad un tratto il biondo si portò una mano allo stomaco, arricciando le labbra. Il moro se ne accorse e prese subito il block notes.
Non stai bene?
Dean si morse un labbro.
“No, a dire il vero ho fame…mi brontola lo stomaco” – ammise poi, ridacchiando.
Castiel rise e scrisse qualcosa sul taccuino, per poi mostrarlo all’altro.
Anche io ho fame”.
“Ok” – sorrise Dean – “Cerchiamo un bel prato dove poter mangiare”.
 
Fortunatamente, secondo la mappa, la maggior parte dei prati erano situati poco dopo il centro natura. Dopo essere passati accanto ad un pittoresco campo di girasoli, i due ragazzi trovarono un posto perfetto per pranzare. Il prato scelto aveva una parte esposta al sole e una parte circondata e protetta dagli alberi del bosco, che offrivano ombra.
Dean stese la coperta sull’erba e vi si sedette sopra a gambe incrociate, imitato da Castiel. Il biondo poi, aprì il cesto di vimini e tirò fuori un paio di sandwich, porgendone uno al moro.
Castiel tolse la pellicola protettiva dal panino e lo osservò, perplesso. Prese il block notes e iniziò a scrivere.
Perché questi sandwich hanno i bordi tagliati?
“Mi piacciono così. Mia madre lo sa e me li prepara in questo modo” – spiegò Dean, con la bocca piena.
Castiel rise.
“Prima di ridere, assaggiali” – ribatté il biondo – “Sono con insalata di pollo”.
Il moro diede un primo morso, e iniziò a masticare.
“Allora, come sono?”
Il ragazzo annuì, convinto.
Sono molto buoni”.
“Che ti avevo detto?” – sorrise Dean, compiaciuto.
 
Finito di pranzare, i due ragazzi si godettero un po’ di sole settembrino.
Castiel sedeva con le gambe incrociate e le braccia appoggiate leggermente dietro di sé. Il sole era accecante e così decise di chiudere gli occhi. I raggi del sole scaldavano piacevolmente il suo viso, mentre una leggera brezza si insinuava sotto le maniche della maglietta, regalandogli una sensazione di freschezza.
Ad un tratto, sentì una mano appoggiarsi sul suo ginocchio. Socchiuse gli occhi e contemporaneamente sollevò una mano per portarsela alla fronte, proteggendo così gli occhi dalla luce.
Dean si era seduto di fronte a lui e gli sorrideva. Castiel ricambiò il sorriso. Il biondo osservò l’altro per qualche secondo, e poi fece un gran respiro.
Lentamente, Dean sollevò la mano destra e piegò le dita ad arco, creando così un semicerchio con il pollice.
Successivamente, con il dorso della mano rivolto verso di sé, chiuse le dita sul palmo, accostando lateralmente ad esse il pollice.
Infine, mantenendo la stessa posizione della mano, sollevò leggermente le nocche dell’indice e del medio, rispetto alle altre, facendo poi appoggiare il pollice sul dito medio.
Castiel schiuse le labbra, e per qualche secondo rimase senza fiato.
Dean aveva appena composto la parola CAS con l’alfabeto della lingua dei segni.
Il biondo osservò attentamente il moro, mordendosi una guancia.
“H-ho forse sbagliato qualcosa?” – chiese allora, titubante.
Castiel agganciò gli occhi verdi di Dean. Non si sarebbe mai aspettato una cosa simile. Quel piccolo gesto dell’amico aveva un valore incredibile. E per il moro significò molto. Infine, Castiel sorrise, scrollando la testa.
Era perfetto”.
Dean abbozzò un sorriso, compiaciuto. Con una mano, tirò fuori dalla tasca posteriore dei jeans un foglio e lo mostrò all’altro.
“Ho chiesto a Sammy di stamparlo”.
Il moro lo prese in mano e lo osservò, non potendo poi fare a meno di sorridere. Sopra, vi erano riportate le posizioni delle mani e delle dita nell’alfabeto della lingua dei segni.
“Cas? Mi insegneresti qualche parola? Se ti va…”
Il ragazzo con gli occhi blu guardò Dean e annuì.
 
Sai tutto l’alfabeto?
“Ehm…a dire il vero ho solo imparato il tuo nome…” – ammise Dean, imbarazzato.
Castiel trattenne un sorriso.
Non importa. Per quello hai il foglio che mi hai fatto vedere prima”.
Il biondo annuì.
Iniziamo con parole semplici”.
Il moro alzò una mano e la chiuse a pugno, con il pollice appoggiato sul dito medio. Infine, piegò il polso in avanti, abbassando così il pugno.
Questo è SI”.
Dean cercò di ripetere il movimento, corretto inizialmente dall’altro nella posizione del pollice.
“Così?” – chiese il biondo.
Castiel annuì.
“Sembra che io stia bussando ad una porta” – ghignò Dean, facendo ridere anche Castiel.
Nuovamente, il moro alzò una mano e ruotò il polso, in modo da trovare il pollice verso di sé. Piegò poi le dita di circa novanta gradi, spostando contemporaneamente il pollice sotto di esse, in modo tale che fosse parallelo alle altre dita. Infine, con un piccolo scatto, fece unire pollice e dita.
Questo è NO”.
Dean iniziò a ridere.
“Ah, questo è facile, sembra il becco di una papera” – asserì, ripetendo più volte il gesto e coinvolgendo anche l’amico nella risata.
Castiel si portò una mano aperta appoggiata al petto, per poi muoverla su di esso a cerchio, in senso orario.
Questo invece è PER FAVORE. Lo stesso movimento ma con la mano a pugno è MI DISPIACE”.
Dean sollevò le sopracciglia.
“Sono quasi uguali” – notò lui.
È vero”.
“Come si dice mangiare?”
Castiel piegò le dita della mano e le unì il pollice sotto di esse. Portò poi la mano in questa posizione alla bocca, facendo aderire le labbra alle dita.
“Credo che questo sia appena diventato il mio segno preferito” – ghignò il biondo.
 
°°°
 
“Caspita, è difficile” – sbuffò dopo un po’ Dean, lasciandosi cadere di schiena sul prato, accanto all’altro.
Castiel sorrise debolmente.
Sì, è difficile”.
“Tu come ci sei riuscito?”
Il moro abbassò lo sguardo.
Non avevo molta scelta”.
Dean rimase in silenzio.
“Cas…” – disse poi, sollevandosi a sedere – “Ti prego, non ti arrabbiare per quello che sto per dire, ma…tu avevi una scelta, e ce l’hai ancora…”
Il biondo sospirò, facendosi coraggio.
“Cas, perché non vuoi parlare?” – proseguì poi – “A me lo puoi dire…”
Castiel si morse una guancia, spostando lo sguardo in lontananza. Socchiuse leggermente gli occhi, per poi iniziare a scrivere sul block notes.
Non sento la mia voce”.
Indugiò un attimo per poi proseguire.
Quando parlo non sento quello che dico. Non riesco a calibrare il tono, il volume della voce…ed è terribile…
Il moro fece una smorfia.
Le prime volte che parlavo, dopo essere diventato sordo, urlavo. In molti me lo facevano notare…qualcuno mi prendeva anche in giro. E io mi vergognavo, mi vergognavo tantissimo. E così ho iniziato a parlare il meno possibile, solo lo stretto necessario. Poi ho iniziato a studiare la lingua dei segni e, alla fine, ho smesso di parlare del tutto. Potevo comunicare in un altro modo e ho preferito quello”.
“Chi ti ha insegnato?” – chiese piano Dean.
Un uomo che vive a Pontiac”.
“Capisco…” – annuì il biondo.
Per qualche minuto, nessuno dei due si mosse.
“Ok” – esordì poi il biondo – “Mi sono riposato. Riproviamo?” – chiese infine, sorridendo.
 
°°°
 
Dopo una buona mezz’ora di insegnamento, Dean e Castiel si ritrovarono sdraiati sul prato, a guardare le nuvole. Il sole si era spostato nel cielo, ma la temperatura rimaneva ancora piacevole. Ogni tanto, una folata di vento più allegra e vivace delle altre, scuoteva le fronde degli alberi alle loro spalle, facendo così danzare qualche foglia nell’aria.
Dean si voltò verso Castiel e si accorse che il ragazzo si era addormentato. Rimase ad osservarlo per un po’. Le ciglia lunghe, gli zigomi alti, il profilo dritto del naso, le labbra leggermente screpolate. Il moro le mosse leggermente e Dean ridacchiò.
“Chissà se sta sognando…” – si chiese il biondo.
All’improvviso, Castiel si mosse e si girò su un fianco, appoggiando la testa sulla spalla di Dean.
Il biondo si irrigidì, colto di sorpresa. Sentì il cuore battere più forte nel petto e la gola farsi secca. Si voltò leggermente, intravedendo i capelli neri dell’altro. Il peso della testa del moro era lieve e il calore che emanava piacevole. Ben presto, un profumo gradevole raggiunse il biondo. Un profumo di vaniglia. Dean si voltò un po’ di più e si rese conto che, a profumare di vaniglia, erano proprio i capelli di Castiel. Decise di non muoversi e tornò a guardare il cielo, fino a quando non si rilassò completamente, chiudendo gli occhi e lasciandosi scivolare anche lui nel sonno.
 
Castiel aprì gli occhi, battendo le palpebre. Percepì la testa appoggiata su qualcosa di morbido e caldo. Si stropicciò un occhio con una mano e sospirò. Si sentì avvolto da un buon odore. Un odore forte, simile a quello del bosco, misto ad un odore di fresco e di pulito. Sollevò leggermente gli occhi e mise a fuoco il collo e il mento di Dean. Con uno scatto si allontanò, mettendosi seduto. Osservò il biondo con apprensione, per poi tranquillizzarsi. Dean stava dormendo. Si guardò un po’ intorno, per poi voltarsi nuovamente verso l’amico. Si sporse leggermente verso di lui, soffermandosi con lo sguardo sulle ciglia bionde, sulla linea della mandibola e sulle lentiggini. E sorrise.
“Chissà quante sono” – pensò Castiel.
 
Poco dopo, Dean si mosse e si svegliò, stiracchiando le braccia e sbadigliando sonoramente. Quando si voltò, vide che Castiel, seduto di fianco a lui, gli sorrideva.
E il biondo ricambiò il sorriso.
 
 
 
 
~ L’Angolo Dell’Autrice Disadattata ~
 
Ciao a tutti!
Finalmente il momento tanto atteso e pronosticato da molti è arrivato! Dean si avvicina alla lingua dei segni in un modo tutto suo, ripagando così la fiducia che Castiel ha riposto in lui nel precedente aggiornamento, fino al punto in cui il ragazzo dagli occhi risponde alla domanda del biondo, confessando il motivo per cui non vuole parlare. Dean forse non lo comprende appieno, ma il suo gesto è stato molto forte e avrà su di loro un impatto che i due neanche immaginano. Un impatto le cui conseguenze arriveranno a tempo debito…
Anche la gita al parco è stato un gesto molto significativo. Dean ha trovato a scuola questo volantino che pubblicizzava il parco e il suo primo pensiero è stato portarci Castiel…chissà cosa vorrà mai dire? ;)
Questa volta l’angolo è breve, perché la sezione “varie ed eventuali” è molto ricca di immagini, spero che vi piacciano.
Leggete, recensite se volete, magari facendomi sapere cosa ne pensate dell’andamento della storia, ma soprattutto divertitevi!
Alla prossima!
Sara
 
 
 
~ Varie ed eventuali ~
 
1) Vi avevo già accennato alla scuola di Dean, ma vediamola più nel dettaglio.
I cognomi dei professori sono veri, così come la materia che insegnano. E poi sì, esiste davvero un club per Tolkien in quella scuola, gestito dal prof. Colvin, e sono rimasta basita nel scoprirlo. Mi piacerebbe che anche nelle scuole italiane ci fossero più iniziative del genere…

  

 
2) Il Prairie Park esiste veramente, ed è un’immensa distesa verde a circa due ore da Lawrence (per esigenze di trama ho magicamente accorciato le distanze). Quello che avete letto nel capitolo è tutto vero: le attività proposte, il lago, la presenza del centro natura, con gli animali selvatici salvati etc. E ogni mese viene scelto un animale per rappresentare il centro. Quando ho scritto questo capitolo, a giugno, l’animale del mese era questo bellissimo e buffissimo furetto dal nome strano.

        

 
3) Nel capitolo ho cercato di spiegare al meglio come fosse la posizione delle dita e delle mani durante la lezione sulla lingua dei segni che Castiel fa a Dean. Non so se ci sono riuscita, perciò vi lascio qualche immagine così potete farvi un’idea e, perché no, provare come ho fatto io.

         


 
   
 
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