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Autore: DarkYuna    25/10/2016    0 recensioni
"Trovate l’Argus Apocraphex.".
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5.
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Il Libro delle Parole Sacre era aperto nella medesima pagina centrale, nell’eguale posizione in cui Ptah l’aveva lasciato sulla cattedra di legno prezioso. Accanto perduravano le numerose ricerche svolte dalla sottoscritta.
Il secondo tentativo, di decrittare il codice matematico astruso dei fogli di pergamena stilati a mano, fallì penosamente. La fiducia incrollabile delle molteplici teorie partorite, si sgretolò come un castello di sabbia in preda ad una vorticosa folata.
 
 
<< Sei certa che l’Argus Apocraphex, siamo noi? >>, chiese per l’ennesima volta Shannon, spaparanzato comodamente sulla sedia al di là dello scrittoio. Teneva le caviglie incrociate, le braccia poderose dietro la testa e scrutava il cielo da cui scendeva la fornita libreria. La spiegazione pervenuta non gli quadrava, affermava che mancava un pezzo fondamentale per capire meglio.
Non era riuscito, invece, a contraddire la deduzione del sogno.
 
 
Tenevo il naso nel volume antichissimo, il corpo appetibile di Shannon era un deterrente persuasivo e mi rallentava nelle analisi. Era impossibile non rammentare la dolcezza e la morbidezza delle labbra, che adesso si mordicchiava, assorto.  
Strano che non vi fosse alcuno imbarazzo, dopo esserci praticamente abbandonati all’istinto più animalesco. Interagivamo come due vecchi amici, che si frequentavano da anni.
 
 
<< Non sono certa neanche se ciò che vedono i miei occhi esista davvero, Shan, come faccio ad essere certa che l’Argus Apocraphex siamo sul serio noi? >>. Sfogliai le pagine del Libro delle Parole Sacre, ma non vi era alcun miglioramento. Se fosse stata la soluzione giusta, avrei dovuto saper leggere le forme geometriche e trovare l’uscita dal labirinto? O almeno, l’avevo pensato, ma, più probabilmente, ero ancora ferma al punto di partenza e non mi ero mossa di un centimetro, mentre avevo creduto di essere già a metà strada.
 
 
Con un guizzo improvviso si sedette composto, l’espressione concentrata.  
<< Facciamo il punto della situazione. >>, disse, snervato dal girare in un cerchio chiuso. Eravamo in un vicolo cieco da un bel pezzo e non scorgevo una fine.
 
 
Una risata di scherno mi rotolò fuori dalla bocca.
<< Tanti auguri, se ci riesci. >>, sostenni acida.
 
 
Curvò le spalle all’ingiù.
<< Andiamo principessa, se ti demoralizzi non mi sei d’aiuto. >>.
 
 
“E come faccio a non demoralizzarmi?!”.
 
 
Sbuffai alterata, mi addossai alla cattedra ed incrociai le braccia.
<< Stiamo rinviando l’inevitabile. Per trovare, dobbiamo cercare e per cercare, dobbiamo uscire dall’unico posto in cui siamo al sicuro… e là fuori non sappiamo cosa ci aspetta. La città può essere cambiata di nuovo, magari c’è l’inferno e tutto il fan club degli psicopatici ad attenderci! >>.
Che cosa avrebbe potuto dirmi? La ragione era dalla mia parte e al contempo avere ragione era una bella fregatura.
 
 
<< Cosa proponi di fare? >>, interrogò stressato. I “se” non ci avrebbero condotti da nessuna parte, se non a prolungare la nostra permanenza nel Limbus.
 
 
<< Dobbiamo uscire dal Partenone e… boh. >>. Scrollai le spalle e lo fissai dritto negli occhi espressivi. << Vediamo cosa c’è da fare. Non abbiamo altra scelta, Shan. >>.  
 
 
Tirò la bocca da un lato, ci stava pensando su.
<< Non è un buon piano, lo sai, vero? >>.
 
 
<< Mi sa che nessuno sarà mai un buon piano, se significa dover uscire dal Partenone, d’altronde che altro possiamo fare? >>.
 
 
Si lasciò andare a smorfie buffe, un po’ divertenti, anche pensierose e con gesti spigliati si alzò dalla sedia.
<< E va bene. >>. Passò una mano sullo stomaco. << Sarà meglio iniziare a pensare a cosa mettere sotto i denti anche: ho una fame da lupi. >>.
 
 
Ripercorremmo la via fatta con Ptah, attraverso l’intero Partenone di Nashville e perlomeno l’arredamento era rimasto identico. Mera consolazione. Avrei rimpianto la scelta di andarcene.
 
 
<< Pronta? >>, chiese Shannon, prima di aprire il mastodontico portone ricamato d’oro.
 
 
Inarcai un sopracciglio, lanciandogli uno sguardo eloquente.
<< No. >>, attestai, ed uscimmo dall’edificio, inabili a tollerare quel che il Limbus offriva. E, come era accaduto in precedenza, il riscontro ai nostri interrogativi, furono disorientanti ed imprevisti.
 
 
<< Merda… >>, boccheggiò Shannon, cercando la mia mano, come se fosse la risposta naturale del suo inconscio.
 
 
La città era scomparsa nel nulla, piombata adesso nell’oscurità totale. Il portone del Partenone si richiuse automatico alle nostre spalle e sparì anch’esso assieme al resto. Eravamo fottuti, anzi, più che fottuti, se gli Obscurum fossero giunti adesso, non ci sarebbe stato alcun luogo dove nascondersi. La fine era inevitabile.  
Nelle ombre tetre del nulla, sorse un cancello sconfinato di pietra, su cui vi era scolpita una X e dalla quale si intravedevano i raggi di un sole perduto, bloccati dal muro stesso.
Su di esso una scritta remota e polverosa, riportava la seguente frase: “Ai guerrieri e custodi del cancello, noi aspettiamo”.
 
 
<< Chi sono i guerrieri e i custodi? >>. Shannon era ormai sbigottito e perplesso.  
 
 
A naso all’insù, leggevo e rileggevo le parole contorte e, per quanto mi sforzassi, nessuna delle mie ipotesi fu sufficientemente brillante da essere presa in considerazione.
Fu mentre scrutavo l’edificazione inesplicabile di fronte a noi che nel cielo spuntò una grossa luna piena, come quella che si era presentata al mio risveglio. Era trascorso un mese o forse più?
Ed accanto ad essa fluttuava una gigantesca penisola di terra, che proiettava fulgori nella calotta corvina. Un senso spiacevole di vertigini mi fece girare più volte la testa.
Dal lato est sbarcò una corda robusta che si interpose tra me e Shannon.
 
 
La sua espressione non era affatto felice, non era piacevole non avere alcun margine di scelta. Si tolse la tuta da motociclista e la gettò a terra.
<< Non è contemplata l’opzione, rifiuto l’offerta e vado avanti? >>.
 
 
“Ah quei bicipiti…”.
 
 
Ridacchiai, si presentava l’occasione di salire lì dove non avevo conoscenza, non sapevo i risvolti e il finale di questo lungo viaggio che non perveniva mai al termine. Forse saremmo morti, forse un destino peggiore ci avrebbe colto.
Non dimenticavo che la meta era raggiungibile dalle singole parti e non insieme… l’avrei perso, era prestabilito.  
 
 
<< Siccome questo, per me, è ancora un sogno. Giuro che se va a finire bene, prendo seriamente in considerazione l’idea di averti qui nel Limbus, dato che non ho voluto altro nemmeno io, da quando ci siamo incontrati. >>, confessai spigliata, libera da ogni vergogna, disagio o imbarazzo. Era maledettamente facile dare sfogo alle fantasie più nascoste, senza aver paura delle conseguenze. Chi se ne fregava della differenza d’età, dove ci trovavamo, chi eravamo, annessi e connessi, in un luogo dove le leggi terrestri non servivano ad un fico secco e le passioni avevano la meglio? Perché opporsi? Perché combattere? Se ne avevo bisogno come l’ossigeno?
 
 
Restò piacevolmente compiaciuto, aveva intuito perfettamente a cosa mi riferissi, ma preferì esserne certo per non prendere cantonate. Ruotò la lingua sui denti, con fare provocante.  
<< “Avermi” nel senso di fare l’amore? >>, replicò licenzioso, calcando di proposito “fare l’amore”, con la voce più erotica e carnale che avessi mai udito. Rabbrividii da capo a piede.
Gli occhi erano due fuochi che mi bruciarono nel profondo, accesero un falò che non era indirizzato a spegnersi e che mi avrebbe divorata, se non avessi dato sfogo alla cupidigia lussuriosa.
 
 
<< Esattamente. >>.
 
 
Shannon non chiedeva di meglio, con una mano mi cinse per un fianco, addossandomi eccitato sul corpo di granito e mi baciò, come se da ciò dipendesse la sua vita e la mia, come se tutto iniziasse e finisse con quel bacio, il resto smetteva di esistere, il pericolo si annullava, il Limbus si fermava di macchinare contro di noi. Esercitava un potere che mi affascinava e conquistava, era alchimia fisica e mistica, mi rendevo conto di essere connessa a lui da un filo invisibile che aveva del soprannaturale.
Staccarci era una dolce tortura che avrei rinviato per secoli, comunque pareva che l’inconscio avesse assunto un nuovo giudizio e che fosse in grado di controllare l’impeto smodato in favore del dovere.
 
 
Shannon afferrò la corda, la strattonò per constatare che fosse sicura.
<< Prima le signore. Facciamo in modo che questa storia finisca al più presto e nel migliori dei modi. >>. Se l’era legata al dito come una promessa a cui non avevo intenzione di tirarmi indietro.
 
 
Cavallerescamente mi issò su per la vita, aiutandomi a salire sulla corda e poco dopo, con un’agile salto, mi fu subito dietro, tallonandomi da vicino, per paura che cadessi o mi capitasse qualcosa di spiacevole.
Durante l’arrampicata ero convinta che avrei avuto complicazioni, le classiche vertigini che ledevano le persone sgomentate da posti alti, specialmente il Limbus che non aveva più pareti in senso figurato, terra al di sotto di noi o punti cardinali di riferimento. Invece affrontai la scalata con audacia, Shannon sotto di me, predisposto a soccorrermi, ed ebbi l’assurda consapevolezza di averlo incrociato prima del risveglio e che l’avrei rivisto una volta usciti da tutti gli ostacoli tortuosi. Ero fiduciosa.
Mancava poco e avremmo identificato un nuovo frammento della vicenda.  
 
 
<< Ehi Jen. >>. Fischiò per ottenere la mia attenzione. << Cerca di non farti uccidere… se riusciremo a ricordarci chi siamo, voglio sapere tutto di te. >>, urlò, senza mai guardare giù, concentrandosi solo su di me. Era il suo modo speciale di farmi intendere che ci teneva.
 
 
<< Idem, Shannon, idem! >>. Afferrai i ciuffi d’erba nati tra gli scampoli di terra morbida ed umida della penisola galleggiante, testa alta, portamento fiero, fiduciosa nella riuscita della missione e battagliera più che mai.
 
 
“Vediamo cos’altro accadrà adesso.”.    











Note:
Il viaggio di Jen e Shannon continua, anche se chiedo umilmente scusa di averci messo 4 mesi per aggiornare dallo scorso capitolo, ma ho avuto un periodo un tantino incasinato, che si sta risolvendo, quindi ricomincerò a pubblicare un po' più spesso del normale, per condurvi nel misterioso viaggio dei due protagonisti all'interno del Limbus, per trovare l'Argus Apocraphex e l'uscita da questo incubo. 

Mi dispiace che sia un capitoletto di passaggio, ma dal prossimo sarà un susseguirsi di episodi particolari, di numerose ricerche fatte da me ed idee bacate del mio cervello poco stabile. 

Continuo a sperare che questa storia possa piacere a qualcuno e che mi venga lasciata qualche recensione.


La storia può contenere errori ortografici. 

Un abbraccio.
DarkYuna. 
 
 
  
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