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Autore: destroyvhvyre    27/10/2016    1 recensioni
Frank e Gerard si incontrano per la prima volta a causa di una situazione non del tutto normale e soprattutto felice; ma è da lì che inizia qualcosa che nessuno dei due può fermare.
Perchè Frank ha bisogno della presenza di Gerard.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Passai a prendere Frank la sera, quando il cielo stava per scurirsi, tinto  di viola e rosa.
Bussai alla porta di casa sua, e mi aprì una donna, con i capelli scombinati e il trucco sbavato.
Era sua madre, dedussi.
-Sì?
-Sono qui per Frank.- le dissi, cercando di non fare caso all'aspetto pessimo della donna, che mi faceva uno strano effetto.
-Oh, sì.- lasciò la porta aperta ed entro un po' di più dentro casa. -Frank!- gridò con voce terribilmente instabile. -C'è un ragazzo qui per te.- detto questo, vidi la donna allontanarsi, senza neanche salutarmi, non che a me interessasse, e si mise sdraiata nel divano, sotto una coperta.
Qualche minuto dopo, scorsi Frank scendere dalle scale che portavano al secondo piano, e camminò verso di me.
-Scusa...scusa per mia madre.- mi disse all'istante, guardandosi indietro per un attimo, rammaricato e turbato. Mi spinse più indietro, fuori, e si chiuse la porta alle spalle.
Che brutta situazione. Era normale che Frank stesse male dentro casa con un'atmosfera del genere che aleggiava nell'aria. L'avevo respirata per un secondo e già mi ero sentito male, quindi immaginai quanto stesse male Frank.
Avrei voluto abbracciarlo senza lasciarlo più.
-È okay.- Frank aveva i capelli ordinati, o almeno accettabili, indossava dei skinny jeans neri strappati nelle ginocchia, una semplicissima maglietta nera e sopra essa una giacca di jeans. Non aveva gli occhi rossi o niente del genere, sembrava pulito, almeno per adesso.
-Puoi guidare? Possiamo prendere la macchina di mia madre, tanto non la usa.
-Sì, ho la patente ma non la macchina.- mi scortò verso il garage, e aprì la saracinesca, rivelando una stanza con dentro varia roba e al centro una macchina grigia e vecchia.
Mi sedetti nel posto del guidatore, e Frank si mise accanto me.
Prima di partire guardai come risultava il suo viso quando era pulito da ogni tipo di droga, e sembra dolce e calmo, dovetti constatare che era davvero grazioso, proprio bello.
Accessi la macchina e uscii dal garage, e cercai di ricordarmi mentalmente la strada che mio fratello mi aveva detto di percorrere per arrivare a casa di Ray.
La macchina della madre di Frank era rovinata e vecchia.
I sedili risultavano davvero tanto danneggiati, o meglio, erano molto usurati. In generale dentro quella macchina c'era un gran casino, bottiglie d'acqua vuote qua e là, peluche, proprio così, peluche vecchi e alcuni rotti, nei sedili di dietro. C'erano tante altre cose, su cui non potevo concentrarmi molto, perché dovevo stare attento alla strada, mentre guidavo.
Frank sedeva accanto a me in silenzio, adesso con una sigaretta tra le labbra, l'aria intorno sapeva di tabacco.
-Eccoci arrivati.- annunciai, mentre riconobbi la via che mio fratello Mikey mi aveva detto, in cui c'era la casa di quel Ray.
Mi aveva detto anche il numero civico, quindi riconobbi anche la casa.
Svoltai sulla piccola viuzza della casa e posteggiai la macchina a caso.
Scesi dalla macchina e aspettai che anche Frank scendesse.
Fuori dalla casa incontrai Mikey, che era andato alla festa con qualche suo compagno, non sapevo chi.
-Ciao, Mikey.- gli diedi una pacca alla spalla.
-Hey, Gee.- mi salutò, dopo di che spostò lo sguardo un Frank, che avevo al mio fianco.
Non riuscii a decifrare lo sguardo con cui guardava Frank, ma alla fine mio fratello era pacifico e calmo, non avrebbe mai guardato qualcuno con astio o repulsione.
Invece i tre amici che erano con mio fratello guardarono me e Frank in modo strano, fastidioso.
Come se io fossi stato una specie di domatore di scarafaggi, e in quel caso, Frank era lo scarafaggio.
Sorrisi acidamente a quei mocciosi e passai avanti, stringendo la mia mano attorno il braccio sinistro di Frank, portandolo con me via da lì, via da loro.
Già sentivo la noia scorrermi dentro le vene, fortunatamente avevo con me Frank.
All'entrata della casa incontrammo Ray, che ci venne ad aprire.
-Benvenuti.- sorrise ad entrambi e ci lasciò entrare.
Entrando si passava direttamente al salone, abbastanza spazioso, già pullulante di persone.
Non c'era musica, ed almeno questo era un sollievo.
Frank stava attaccato a me come un bambino timido alla propria madre, era tenero a livelli da diabete.
-Ora cerchiamo un posto calmo dove stare okay?- gli sussurrai, avvicinandomi a lui, con voce premurosa. Lui annuì, e continuammo il nostro giro per la casa. Arrivammo al piano di sopra, e scoprimmo che una delle tante camere da letto, da una finestra, portava ad un balcone.
Non era ampio, ma era abbastanza per stare io e Frank seduti, sulle mattonelle.
Ci sedemmo, mentre il brusio e la confusione del piano di sopra arrivava fino a noi flebile ma udibile.
Improvvisamente Frank mi guardò, e compiaciuto uscì fuori dalla tasca delle giacca due canne perfettamente arrotolate. Me le mostrò con fare vittorioso.
-Vuoi?- mi chiese, uscendo fuori l'accendino. Senza perdere un secondo annuì e presi la seconda. Accese la sua e accese anche la mia, inspirai il fumo, e mi rilassai contro le mattonelle fredde e dure. 
Frank mi sorrise, e rilasciò il fumo dalle sue labbra rosee.
-Dannazione, mi mancava.- commentai, riferendomi alla droga, alla marijuana. -comunque, io e Mikey abbiamo il coprifuoco a mezzanotte. È presto, ma i miei genitori rompono. Andiamo con la macchina di tua madre a casa tua, ti lasciamo e poi andiamo a casa nostra a piedi, io e lui. Va bene?
-Certo, okay.- anche se c'era poca luce, vedevo gli occhi di Frank già rossi e lucidi, e questo faceva risaltare di più il colore cangiante delle iridi.
Durante tutta la festa rimanemmo in quel balcone tutto il tempo, tranne qualche volta in cui io scendevo giù per accaparrarmi qualche bicchierino di vodka per me e Frank.
Eravamo fumati. E anche vagamente ubriachi, in modo quasi impercettibile.
-Prendi anche la mia, di canna.- gli dissi ad un certo punto. Lui aveva già finito la sua. Avvicinò le sue dita alla mia bocca, e prese la canna, fumando e facendo infiammare la sottile cartina e l'erba.
Eravamo uno accanto all'altro, con le gambe un po' piegate visto che non ci entravamo con le gambe completamente distese, e sembrava come se quella festa, tutte quelle persone, non esistessero.
C'eravamo solo noi. Io e Frank.
Avvicinai una mano ai suoi capelli e glieli scombinai teneramente, e lui mi sorrise come un ebete. Continuai a giocare con i suoi capelli scuri, sorridendo anche io, finché non guardai distrattamente il display del mio cellulare e scoprii che erano le dodici meno venti.
Io e Mikey dovevamo rientrare entro il coprifuoco, sennò dovevamo aspettarci una madre o un padre incazzati dietro la porta.
In caso contrario, se rientravamo in orario, loro neanche erano svegli, dormivano nel loro letto tranquillamente.
-È tardi...dio, che palle.- dissi, e vidi Frank mette il broncio. -dobbiamo scendere, devo dire a Mikey che dobbiamo andarcene.- Frank sbuffò come un bambino, così io gli accarezzai per l'ultima volta i capelli morbidi e mi alzai riluttante. Aspettai che anche lui fu in piedi, poi tornammo giù, dove adesso tutti ballavano a ritmo di una musica che non era troppo fastidiosa perché il volume non era esageratamente alto.
Cercai con lo sguardo mio fratello, invano, perchè in mezzo a tutta quella gente era impossibile trovarlo.
Non c'era neanche tanta luce, il che non aiutava minimamente. Mentre cercavo di incontrare con gli occhi la figura di Mikey e mi tenevo vicino Frank, i miei occhi arrivarono ad un'altra figura, che mi fece ribollire all'istante il sangue dentro le vene.
Era il capo di quel gruppetto di bulli che attaccava Frank.
Che ci faceva lì? Era stato invitato anche lui? Non ci credevo.
Nello stesso secondo in cui io stavo distogliendo il mio sguardo, mentre ballava con una ragazza si accorse di me e fra tutta la gente mi guardò. Sorrise, con quel suo sorriso odioso che faceva solo venire voglia di prenderlo a pugni fino a rompergli tutti i denti.
Si staccò dalla ragazza con cui stava ballando e si avvicinò di poco a me. Quando vide che avevo accanto a me anche Frank, il suo sorriso si fece ancora più grande, e rise.
-Sfigato! Ti porti a spasso quella mezzasega di Iero?- tutto quello che usciva fuori dalla sua bocca mi dava fastidio, era oltremodo irritante. La sua stessa presenza era irritante.
Guardai Frank per un secondo, guardava il bullo con occhi fissi e indecifrabili.
-Non mi chiamare sfigato, e l'unica mezzasega qui sei tu!- gli gridai, ringhiando come non avevo mai fatto. Un sacco di persone si girarono per guardare la scena, ma tutti guardavano praticamente solo Frank. 
-Avete visto? È venuto anche Iero, che coraggio!- continuò il bullo, parlando a quelli che si erano girati verso di noi. Tutti si misero a ridere, guardando Frank.
Adesso gli occhi di Frank erano lucidi, e non solo per l'effetto della droga, ne ero sicuro.
Chiusi le mani a pugno.
Vidi arrivare anche Mikey.
-Vai a farti fottere, bullo del cazzo.- attaccai a parole quel ragazzo, ma lui si mise semplicemente a ridere.
-Sì, sì, certo, tu invece occupati di Pansy, mi raccomando.- continuò a ridere come se tutta la faccenda era qualcosa di seriamente divertente.
-Fanculo!- gli dissi ancora, e strinsi Frank per il braccio.
-Mikey, fatti accompagnare da qualcun altro, okay?- avvisai quasi gridando mio fratello, che mi guardò e venne verso di me, facendosi spazio tra le persone. Alcune ridevano, altre semplicemente guardavano.
-Gerard...
-No. Fatti trovare a casa. Io accompagno Frank. Ne ho abbastanza, maledizione.- andai verso la porta di ingresso, tenendo Frank vicino a me. L'aprii, e quando finalmente fummo fuori, all'aria aperta, mi occupai di vedere come stava Frank.
Presi il suo viso tra le mie mani. Lo guardai. Aveva gli occhi estremamente lucidi, e tremava da morire.
Mi si strinse il cuore.
-Frank...- iniziò a piangere nello stesso momento in cui pronunciai il suo nome. Piangeva silenziosamente, le lacrime scendevano giù e segnavano le sue guance pallide.
Stava in silenzio, tremando, lasciando che le lacrime bagnassero i suoi occhi.
Lo abbracciai, forte, quasi da togliermi io stesso il respiro. -Frankie...mi dispiace. È tutta colpa mia. Io ti ho portato qui. Dio, mi spiace così tanto.- smisi di abbracciarlo, ma gli strinsi la mano e andai verso dove avevo posteggiato la macchina. Aprii lo sportello del passeggero e lo feci sedere, poi velocemente mi sedetti al mio posto del guidatore.
Accesi il motore della macchina, e mentre guidavo gli tenevo una mano.
Tremava...tremava tanto.
-Mi dispiace, Frank. - continuavo a ripetere, sentendo il cuore piangermi. Continuavo a guardare prima la strada e poi Frank. Frank e poi là strada.
Con la stessa mano con cui stringevo la sua, cercai di asciugargli le lacrime, gli accarezzai le guance accaldate.
-Stai bene?
-No.- disse finalmente, tra una lacrima e l'altra, singhiozzando.
Era la prima volta che lo vedevo piangere così tanto, ed era terribile. Non volevo vederlo piangere.
-Mi hanno preso ancora in giro...io non ce la faccio.- disse ancora, con la voce tremante. -non ce la faccio più. Tutti ridevano...mi deridono...perchè?- piangeva ancora di più.
È tutta colpa mia. Continuavo a pensare.
-Sono tutti stronzi, Frank.
-Non voglio più stare ad ascoltarli. sono così stanco...- guidai velocemente, ma non andai verso casa sua.
Andai verso la mia.
-Non ti porto a casa tua...va bene?- gli chiesi titubante. Immaginavo che tornare in quella casa non l'avrebbe aiutato affatto. Lui annuì, continuando a singhiozzare, mentre gli stringevo la mano. Con la mia guida veloce, arrivammo subito a casa mia. Posteggiai in un posto a caso la macchina, scesi dall'auto e strinsi tra le mie braccia Frank, come reggendolo, camminando con lui verso casa mia,
Aprii con le chiavi la porta, cercando di fare il meno possibile rumore.
Ero giusto in tempo, i miei genitori non erano svegli. Ringraziai Dio.
Continuai ad abbracciare Frank, mentre salivamo le scale.
Entrammo nella mia stanza, e chiusi la porta a chiave.
Levai da addosso Frank la giacca, lui era letteralmente a pezzi, le lacrime continuavano a rigargli il viso.
-È tutta colpa mia, Frank, perdonami.- lui mi guardò con occhi sofferenti.
Mi levai in fretta la felpa, senza staccargli gli occhi di dosso. -io ti ho portato lì.
-Mai più. Non lo farò mai più, Gerard.- cercò di asciugarsi le lacrime con la manica della sua maglia nera. Aveva gli occhi lucidi e arrossati, anche a causa della droga, e le occhiaie adesso erano ben visibili.
Io mi avvicinai a lui, e lo abbracciai ancora, ancora e ancora.
-Va bene, va bene, Frankie. Io non farò mai più uno sbaglio del genere.- lo guardai di nuovo, gli accarezzai una guancia, e pensai che era l'essere umano più fragile che io avessi mai visto e conosciuto.
Andava subito in pezzi, e ricomporlo era così dannatamente difficile, come un vaso di cristallo.
Lo portai in bagno, lo aiutai a sciacquarsi la faccia, e dopo di che lo feci sdraiare sul mio letto.
Mi misi accanto a lui, anche se il letto era effettivamente piccolo per due persone.
Continuai ad accarezzargli i capelli. -grazie per avermi portato qui.- mormorò con la voce rauca. Aveva smesso di singhiozzare e piangere, ma sembrava tristissimo, e tremava ancora, leggermente.
-Di nulla, Frank. Ho pensato che forse era meglio portarti qui.
-Hai pensato bene.- sussurrò di risposta.
-Posso abbracciarti ancora?- gli chiesi, spegnendo la luce. Adesso eravamo al buio, l'unica flebilissima luce proveniva da fuori dalla finestra semi aperta, da qualche lontano lampione dalla luce bianca.
-Certo.- la sua voce era ridotta ad un debolissimo mormorio. Lo circondai con le mie braccia, e mi tornò in mente quella notte, quando ci eravamo conosciuti.
Era svenuto per terra, e l'avevo abbracciato, anche se non lo conoscevo, l'avevo appena convinto a non buttarsi da quel ponte.
L'avevo abbracciato perché non sapevo cos'altro dovevo fare in quella situazione.
Mi lasciai cullare dal profumo di Frank,
mentre ascoltavo il suo respiro che piano piano andava tranquillizzandosi.
Era colpa mia, io l'avevo portato a quello festa, io l'aveva esposto.
Lo sapevo bene.
E mi dispiaceva così tanto.
Non l'avrei fatto più.
Non volevo vedere più Frank piangere in quel modo, mandava a pezzi anche me.
Sospirai, felice perché adesso si era tranquillizzato, tra le mie braccia, al buio.
Non ci avevo pensato due volte, l'avevo portato con me, e avevo calcolato subito che l'avrei fatto rimanere con me, avrei dormito con lui.
Ed eccoci lì, abbracciati, su un letto stretto per due persone, mentre probabilmente, dedussi da come il suo respiro era diventavo più regolare e lento, lui si era appena addormentato.
Mi lasciai andare anche io, stanco, sentivo come se al posto degli occhi mi avessero messo dei pesi di piombo.
In poco tempo, come non mi era mai successo, mi addormentai, anche io tranquillizzato, stretto forte a quel ragazzo, nel buio,
stretto forte a Frank.
   
 
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