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Autore: DonnaBart    28/10/2016    1 recensioni
E se uno sfortunato incidente si rivelasse ciò che aspetti da sempre?
La spumeggiante Magda Liquore è un'artista del pasticcio e dea del danno. Mollata dal fidanzato e licenziata in tronco, vanta un bagaglio più ricco in corna che ex.
Proprio non è un caso che il padre la consideri un talento del fallimento, per non parlare della zia stralunata e sempre allegra, che le affibbia profezie sul futuro rosee in teoria ma disastrose nella realtà.
Insomma, parrebbe che fortuna e amore non fanno rima con Magda Liquore... sino alla svolta: trasferimento in Australia per un lavoro temporaneo ed un incontro tutto testosterone e antipatia; è Nathan Green, un concentrato di erotismo e diffidenza allo stato puro.
E chissà, che la lungimirante zia ci abbia azzeccato, stavolta?
Prepara le valigie e vieni a scoprirlo!
Romance contemporaneo autoconclusivo, un pot-pourRIRE di temi attuali e idee fantasiose racchiuse in un cofanetto romantico e brillante.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Voltandomi per dirigermi ad infastidire la coppietta di scienziati—giusto per non ostentare il fatto che me ne stavo abbarbicata a quel bancone come se non avessi nulla di meglio da fare in una serata piena di musica e gente—non avrei mai pensato di trovarmi di fronte alle iridi del celeste più carico che potessero esistere. Incredibilmente luminose, persino alle luci soffuse del locale riuscivo a scorgere le pagliuzze blu che creavano il netto contrasto col celeste, rendendolo inverosimilmente intenso.
Delirare al primo shottino di tequila.
Considerato il bagliore che quasi emanavano nell'ambientazione opaca, ne approfittai per regalarmi una panoramica che partiva dal suo volto: i capelli di un biondo scuro, piuttosto corti, il setto nasale impercettibilmente frastagliato, le spalle ampie e i pettorali torniti racchiusi in una camicia bianca, a sigillare l'immagine che si insinuò nella mia visuale.
E non solo lì…
Gli effetti dell'alcol muriatico, ecco cos'erano. Non a caso…
"Freccia verde!"
Mi sentii risolvere bruciapelo, come se avessi appena azzeccato la soluzione alla domanda da un milione di euro di un immaginario show televisivo.
Brilla, ero brilla, bono, era bono, la tequila è tequila... ma non mi sbagliavo mica! Quell'uomo era davvero una degna copia del giustiziere del telefilm, forse più affascinante, perché le mie parti basse presero a fremere di gradimento.
Ti va di giustiziare un po' io e te e te, supereroe?...
Come se avesse intuito ognuno dei singoli pensieri libidinosi che turbinavano nella mia mente, la sua espressione venne inondata da malizia pura, plasmandogli le labbra non eccessivamente carnose né scarne in un sorriso degno di cambiale.
"Che hai detto?"
"Niente."
Graffiai a tempo zero, rigirando con uno scatto verso il bancone: mi ci avvinghiai come se di sotto avessi le gole del Grand Canyon, godendo della refrigerante sensazione della superficie in acciaio sulla quale Roxy mi avrebbe impedito di scatafasciarmi—"Hai una vaga idea dei posti in cui quelle cavie da discoteca abbiano posato le manacce, prima di disseminare i loro germi su quel bancone?"—e tutta la faccenda mi risultò indicibilmente irritante: non capivo perché il mio corpo reagiva con febbri da cavallo, terremoti cardiaci 5.5 scala Mercalli e tremori non identificati in zone abbandonate dall'uomo. Dopotutto lui era solo un uomo, ed io non ero mai stata un tipo cedevole, nemmeno alle prese con patrimoni genetici da patrimonio UNESCO. La mia esperienza non imbrattava molte pagine, quella che possedevo mi aveva reso gagliarda abbastanza da non lasciarmi abbindolare da grandiose masse testosteroniche molto spesso combinate a giganteschi inutilizzi di massa grigia.
"Whisky single malt, doppio."
Appresi nel baccano, percependo che non si era nemmeno rivolto al barista: l'uomo aveva parlato fissando me, che non smettevo di scrutare, decifrare e memorizzare la selezione di bottiglie come se avessi dovuto sostenere un esame da bar lady da un momento all'altro.
"Riuscirai a guardarmi questa volta?"
La domanda si librò nell'aria e lì restò sospesa, in attesa che qualcuno esaudisse risposta. Aggrottai le sopracciglia tanto da trasformarmi in Frida: ma, ce l'aveva con me?
“Riuscirai a guardarmi questa volta?”
Rifletti.
“Guarda un po' chi si rivede...”
Ricorda.
Conoscevo quella voce.
“Le ragazzine sbadate dovrebbero avere il coprifuoco, a quest'ora.”
Avevo già sentito quelle parole.
Riflettei, ricordai, il risultato fu che i miei occhi si sgranarono, forse anche la bocca quando gli ultimi neuroni rimasti sobri giunsero alla conclusione che...
Freccia Verde, il caterpillar, tanti nomi, una sola identità.
Lui, era...
Strappai d'impulso il bicchiere che il barman gli aveva servito dalle sue mani, portandolo alla bocca soppesai l'uomo che mi mirava con piglio astratto. E bevvi. Lentamente, assaporai un singolo sorso, lo trattenni sul palato a degustarlo, a ispezionarlo, a interrogarlo silenziosamente, tutto sotto il suo sguardo abbagliante.
Lui era... ilsexyomicidadelgiornoprima!
E a giudicare il modo in cui mi puntava, sembrava non avesse mai visto qualcuno bere...
"Quindi mi stai pedinando."
Debuttai impavida, passando in rassegna l'idea che potesse eventualmente trattarsi di uno stalker.
"O tu stai pedinando me."
La sua risposta fu altrettanto istantanea.
Il bicchiere che stringevo mi venne improvvisamente strappato dalle mani.
"Ehi!"
Composi un muso stizzito, attirandovi istantaneamente la sua attenzione che nella scarsa luce offerta dal locale parve accendersi. Mordicchiai le labbra per reprimere il principio di un sorrisetto immotivato, in fondo mi erano consentite certe idee romantiche: era tequila.
"Parlare non fa per te."
Un moto di energia, irritazione e adrenalina ripristinarono la mia lucidità abbastanza da inveire. "Eri decisamente meglio quando tacevi: almeno avevo solo il dubbio."
"Dubbi su cosa?"
Incalzò la sua voce, a malapena interessata alla risposta.
Un leggiadro movimento della testa mi riportò nei suoi occhi svogliatamente incuriositi, un sopracciglio sollevato, potevo definirlo annoiato.
Non sapevo chi fosse, non sapevo come e perché ci stessi bisticciando col talento di una bambina, ma avevo la certezza che quel tizio conoscesse tutti i segreti per indispettirmi.
"Che fossi uno stronzo."
Beccai senza esitazione, santa tequila muriatica del coraggio.
"Strano."
Il fare da guascone consumato, Freccia incurvò in alto un solo lato delle labbra, accostando la schiena contro l'acciaio del bancone come se fosse il padrone del locale. E del mondo intero.
"La dilatazione delle tue pupille e la pelle d'oca sembravano apprezzare la mia attenzione da stronzo."
Che deficiente presuntuoso!
Ma, in effetti...
Per essere bello, sembrava piuttosto sveglio.
Virai di nuovo verso il bancone ignorando la vampata: la sua voce risuonò irritabilmente suadente.
"Visto? Adesso mi hai tolto ogni dubbio." Saltellai una, due... non smettevo di saltellare sul posto. Dovevo pur mandare l'aria da grande femme alle ortiche col singhiozzo, che gli aveva strappato un sorriso divertito ed una mia occhiata in tralice.
"E anche tirchio. Immagino, che per te sia una pratica amorfa, ma, sai, capita che i ragazzi offrano da bere alle ragazze nei pub. Funziona così" istruii con voce da maestrina, grondando sarcasmo.
Un sarcasmo prontamente ricambiato. "La pratico spesso... ma solo con le ragazze con cui intendo provarci."
Se qualcuno non le fermava, le mie ciglia non avrebbero placato lo svolazzamento inconsulto mentre assimilavo il senso delle sue parole. Touché, Freccia. Il colpo basso con cui sbandierò che non ci avrebbe provato con me mi urtò di sfuggita, quindi optai con una dose di orgoglio condito da indifferenza, ignorando il lieve sogghigno convinto di aver fatto breccia nel muro della mia sicurezza, sgretolandone qualche frammento.
Sbruffone, pure.
"Dì un po', sei con qualcuno? Fidanzato, amici..."
"Non dovrebbe interessarti, alla luce dei fatti."
"Non ho detto che m'interessa, o che m'interessi tu. Alla luce dei fatti, è solo una domanda. Mettila così,"—un braccio sul bordo del bancone, protese il capo in mia direzione, attento a mantenere una certa distanza ondeggiò gli occhi alla sua destra in un guizzo accennato. Sensuale. "Sei... simpatica."
Simpatica.
Un sorrisetto compiaciuto e miscredente mi colse alla sprovvista, la coda dell'occhio lo sorprese a ricambiare quel sorrisetto consapevole, e una domanda proruppe fra i miei pensieri col frastuono di un sasso scagliato contro una finestra: avevo vissuto momenti più accesi di una casuale baruffa con uno sconosciuto, eppure quand'era stata l'ultima volta che mi ero sentita così... viva?
Un inatteso tiro delle somme alcolico mi estraniò dal mondo esterno, insinuandosi bruscamente nel pacioso equilibrio in cui sonnecchiavo da un tempo indefinito: quand'ero scivolata in quell'esistenza grigia come cielo di Londra, slittando di giorno in giorno in una routine priva di colori e sapori?
"Quindi..."
La voce responsabile di tanto scombussolamento riuscì a interrompere le mie elucubrazioni, pretendendo tutta la mia attenzione.
"Quindi non posso dire tu sia altrettanto simpatico. E no, non sono con nessuno."
L'uomo manifestò un sorriso spudorato.
"Cioè, con qualcuno, in effetti sì." Farfugliai in aggiunta, lasciando che i fumi dell'alcol ritrovassero il loro seguito nel mio corpo.
Freccia Verde posò entrambi i gomiti sul bancone contraendo inavvertitamente gli avambracci, la sua mascella virile in bella mostra, il suo sguardo era segnale lampante che non aveva afferrato. A giudicare dal suo cipiglio sembrava anche meno annoiato, vagamente divertito, decisamente incuriosito.
"Non ti sei spiegata."
"Niente ragazzo, ma in compagnia."
Specificai meno piccata, piombando in un silenzio riflessivo, perché stava accadendo qualcosa: non ne avevo idea, ma era impossibile ignorare che avevamo preso a scrutarci troppo e troppo a lungo, troppo intensamente. Poteva essere attribuibile alla quantità di alcol che mi stordiva, l’impressione che quell'uomo mi contemplasse quasi tentasse di scavarmi dentro, ad interrogarmi silenziosamente se fossi stata sincera nella mia replica. Come se importasse, capirlo! Eravamo due perfetti sconosciuti che calpestavano lo stesso pavimento per pura casualità, e che non si sarebbero più rivisti.
"Quindi, ce la farai a guardarmi questa volta, o filerai via di nuovo?"
Pensai che fosse una gran volpe; il suo timbro sapeva toccare le tonalità dell'imperatività e sfumare nel mellifluo, e la strana reazione traditrice del mio corpo suggeriva che riusciva farlo molto bene, almeno quanto sapeva sfiorare il mio mento, finito dal nulla tra il suo pollice e indice, a rotearmi delicatamente a sé.
Mi trovavo in un locale pieno di coetanei, da sola, e lo sapevo che l'abbordaggio era all'ordine della serata. Ero single, ma non avrebbe dovuto piacermi così tanto che mi toccasse il primo che passava. Anche se, c'era da dire, si trattava di un primo molto attraente... sapevo anche che una donna le percepisce, certe cose: l'attrazione. Il mio radar non entrava in azione da parecchio, ma ero sicura che segnalasse il giusto: quel contatto così intimo e gentile si trattava solo di un gesto per reclamare l'attenzione, non di una tattica da flirt in corso.
Già, eppure quel modo di guardarmi...
Galoppavo agitazione, ma equivalevano ad emozioni infondate, perché il radar continuava a segnalare aridità.
Okay, la tequila doveva averlo messo fuori uso, perché... il suo volto si stava portando decisamente verso le mie labbra! E venni catapultata come in un mondo parallelo, fatto solo della sua vista e del suo profumo: fu di nuovo reset. Black-out assoluto.
Socchiudere gli occhi non fu una scelta, ma un istinto naturale. Passarono secondi, forse minuti, quando avvertii il calore del suo respiro caldo, vicino da fondersi col mio.
"Non ho detto nemmeno il contrario" sussurrò con voce calda e carezzevole.
"Su cosa?" Sbirciai appena, lottando per fuoriuscire da quella scia nebulosa che si era impossessata delle mie facoltà cognitive.
"Che non mi piaci".
Divenne cristallino, che stava per baciarmi. Eppure, malgrado le sue parole, il radar non dava alcun segno di vita.
Stava per baciarmi?
Una parte di me era tentata di respingerlo, ma l'altra mi ricordava che ero da Roxy per dare una svolta a quel periodo ridicolmente apatico, fosse stato solo per una piccola vacanza, e che non avrebbe fatto male a nessuno.
Sorrisi, troppo consapevole di me stessa per riservarmi simili giustificazioni: la verità era che mi sentivo tremendamente attratta da quell'uomo con il cielo negli occhi e la tracotanza nelle labbra, un rapimento emotivo che non mi capitava da troppo, per non assecondare certi segnali, le richieste del mio corpo. Non che mi fossi segregata sentimentalmente dopo la rottura col mio ex; mi ero concessa degli appuntamenti, il cui comune denominatore era il risultato: zero passione, nessuna scintilla, addio farfalle nello stomaco. Non si trattava della sfera dell'intimità, ma della passione capace di sorprenderti in un fugace di sguardi, in un gesto casuale, comune, e fu proprio in nome di quella passione che quella sera mossi, andando incontro al volto di quell'uomo.
Il suo respiro mi rimbalzò sull'arco di Cupido, appesantendo le mie palpebre di cieco desiderio. Stavo immaginando il momento in cui avrei sperimentato la morbidezza delle sue labbra sulle mie: l'accenno di barba mi avrebbe irritata o eccitata? Le punte dei nostri nasi si sfiorarono in un contatto sin troppo docile per il luogo e le circostanze in cui stava accadendo, ero pronta a lasciarmi andare, a spegnere la mente e lasciarmi guidare da nient’altro che...—
"BOOM."
Un tuono scosse dolorosamente il mio timpano, la bolla magica esplose bruscamente.
Spalancai gli occhi, atterrita e spaesata, con i battiti convulsi.
Avevo le labbra ancora sporte, incapace di capire cosa fosse successo, mentre lui si... allontanava? Stava tornando al suo posto, e a guardarlo meglio non sembrava esattamente coinvolto, men che meno sconvolto quanto lo ero io.
"Ti ho ordinato dell'acqua."
Il tono militare fu abbastanza per ricompormi, all'istante, proprio come stava facendo lui, senza nemmeno degnarsi di guardarmi. Non sembrava nemmeno volesse evitarmi, agiva come se non fosse successo nulla.
Porco scalogno, ero brilla al punto di avere davvero immaginato tutto?!
Ingrato, dannato e giusto radar dell'attrazione!
"Bevila e va' a casa."
Afferrando la giacca del suo completo, e dandomi le spalle, l'uomo marciò maestoso verso la folla, sparendo al suo interno.
Mi sembrava di essere in trance. Imbambolata, non avevo nemmeno afferrato cosa gli fosse preso, seppi solo che, per la prima volta dopo tanto tempo, il desiderio che aveva acceso e lasciato insoddisfatto aveva un sapore amaro, come mai prima d'ora. Senza riflettere, prima che me ne accorgessi, lo stavo inseguendo nella folla.
"Dove scappi? Siamo qui, olaaa!" Strimpellò allegra Roxy, forse appena brilla.
Continuai a correre, barcollante di passo in passo, mentre avvertivo i primi cerchi alla testa. Molti, moltissimi cerchi alla testa… negli occhi.
Fra un cerchio e l'altro, lo intravidi prossimo all'uscita del locale. In realtà lo vedevo in versione sfocata, ondeggiante e multipla, ma dato che aveva una buona manciata di personalità non lo considerai un problema; con pochi passi incerti riuscii a raggiungerlo, afferrandolo per un braccio, prorompendo con tutto il malcontento che quello sconosciuto era stato capace di provocare.
"Ma che diavolo..."—"Perché?" Inveimmo all'unisono.
"Voglio sapere..."—cosa? Che diritto avevo di placcarlo a quel modo? Di chiedere spiegazioni, solo perché non aveva ricambiato il desiderio che avevo provato per lui? "Perché mi hai spaventata?"
Ovviamente non era ciò che avrei voluto chiedere. Maledetta tequila muriatica del coraggio, dov'era quando serviva?
"Avevi il singhiozzo. Senti, devi essere ubriaca e io devo andare. Torna dentro se hai qualcuno ad aspettarti, o va' a casa."
Detto ciò, si strattonò dalla mia stretta, indifferente e inconsapevole delle reazioni che mi stavano scuotendo come mai mi era capitato.
"Ah!"
Esplosi in una risata per niente divertita, liberandolo, quasi spingendolo. "Hai messo su quell'insulsa scenetta sciogli mutandine solo per farmi passare il singhiozzo? Oh, che spirito nobile!"
Comunicazione flash: avevo perso la brocca.
"E che vigliacco!" Rigirai sui tacchi con grazia da mammut, avviandomi a passo di carica verso l'interno del pub.
La voce di Daniel sembrò alitarmi alle spalle, a deridermi; il mio solo ed unico fidanzato, traditore, a cui erano seguiti flirti talmente inconsistenti che, più che accendermi, avevano avuto il potere di farmi sentire spenta.
Fino a quella sera.
Fino a quell'uomo e al modo in cui i suoi occhi sembravano incatenarsi ai miei, pretendendo tutta la mia attenzione, tutto di me.
Fino alla tequila muriatica, che mi riempiva la bocca di stupidate...
Era già tutto finito.
O almeno fu ciò che credetti, prima di sentirmi torchiata per un gomito, ritrovandomi improvvisamente su un territorio composto da muscoli tesi e caldi, un braccio molto più che sviluppato a cingermi la vita, tenendomi vicina a sé. La sensazione era mica male, ma la rabbia tornò a montarmi come un uragano, quindi tentai di allontanarmi, ma la mia condizione brilla non prevedeva altro che il suo contatto, mentre la musica tuonava energica nelle casse, confondendo i miei sensi già di loro ottenebrati. Eravamo gli unici a ballare musica techno in un lento, isolati a pochi passi dall'uscita, come se non ci fosse altro intorno.
La testa prese a volteggiare leggera e forsennata, in totale anarchia, i timpani vennero assillati dei tonfi delle casse, la ragione cessò di funzionare, impedendomi di recepire e decifrare altro. Per l'equilibrio ormai precario, dovetti aggrapparmi alle sue spalle solide. Marmoree.
"Hai bisogno d'aria."
La sua voce era ormai solo un lontano eco quando l'aria fresca della notte mi investì; fu spontaneo rintanarmi contro il suo petto, che mi sosteneva insieme al braccio avvolto attorno alle mie spalle, conducendomi all'uscita del pub. Forse non aveva avuto tutti i torti a mollarmi lì. Non ero ubriaca, ma nemmeno sobria, e lui decisamente non sembrava avere bisogno dell’aiuto dell’alcol per indurre una donna ad andare a letto con lui. Il dubbio che una donna meno brilla di me potesse far colpo su di lui scivolò di soppiatto tra i miei pensieri. Ah, come se potesse importarmi delle attività di un perfetto sconosciuto!
Infastidita da quel turbinio di sensazioni che avevano trovato il loro ring nella mia mente, presi a divincolarmi.
"Lasciala! Tu, lasciala stare, ho detto!"
L'urlo femminile risuonò come un concerto di pentole, e in meno di quanto realizzai, venni strattonata dal tepore piacevole.
"Maniaco invertebrato, che pensavi di fare?"
L'unica che avrebbe potuto imprecare servendosi di termini scientifici?
Roxy.
Roxy... che lo stava frustando con una borsetta, peggio che un'indemoniata!
"Voleva solo aiutarmi!"
Emisi in un rantolo troppo basso perché lo sentisse. Traballante, tentai di raggiungere il muro più vicino, riconobbi Stefano correre nella nostra direzione.
Dio, per fortuna. Non avrei avuto la forza di placare la crisi isterica di mia cugina. Poggiata con la testa ed un braccio al muro, stavo per tirare un sospiro di sollievo, quando misi a fuoco il braccio di Stefano, che stava caricandosi all’indietro.
"No, Stefano! Fermati!"
Troppo tardi, perché gli aveva mollato un flaccido destro.
E ora...
Oh no!
Stefano ci guardava penzoloni in aria, sorretto dal colletto della camicia. E se solo Freccia Verde lo avesse sfiorato, lo avrebbe probabilmente ridotto in poltiglia data l'imponenza del suo corpo.
"Basta!"
Spremetti le ultime gocce d'energia, ottenendo finalmente la loro attenzione. "Voleva solo aiutarmi." Trattenni un conato, portandomi verso di lui. Un graffio appena sanguinante sul sopracciglio, la furia nei suoi occhi, tutta, solo per me.
Vacillai, mi sembrava di avvertire le sue sensazioni, le sue emozioni. E non sembrava sprizzassero gioia da ogni poro...
Eppure il mio sguardo implorante sembrò sortire effetti, perché lascio andare Stefano. In realtà lo scaraventò al suolo, tutto sommato ancora tutto intero. Poi, interrompendo la connessione dei nostri occhi, l'uomo si voltò, allontanandosi a grandi passi.
"Ehi, mi… mi dispiace!"
Berciai, provando a raggiungerlo, ma la mia andatura era lenta e la sua desiderosa di andarsene perché riuscissi a raggiungerlo.
"Si è trattato di un malinteso!"
Esclamai intontita, osservandolo infilarsi con poche mosse fluide in auto. Riuscii a vederlo puntarmi dallo specchietto, ricambiai il suo sguardo, che non aveva perso il rancore conquistatomi quella sera, e restammo immersi l'uno negli occhi dell'altro per pochi secondi. Di nuovo, avvertii una strana cappa di energia sospesa fra i pochi passi a distanziarci, fino a che il motore ruggì, e la macchina stridette, partendo a razzo in una manciata di istanti.
Immobile, la strada scura e bagnata dalla nebbia fredda allungò le distanze. In men che non si dica l'auto scomparve dall'orizzonte, lasciando solo fumi e foschia dietro di sé.
La settimana dopo ero in viaggio per Sidney.

   
 
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