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Autore: Yavanna97    28/10/2016    1 recensioni
"Ma,ma tu sei di fuoco!?"
"Ti sbagli,Mastro Hobbit,io SONO il Fuoco!"
Alhara dei Cinerei, metà Haradrim e metà Demone di fuoco, è il decimo membro della Compagnia dell'Anello. Acuta,testarda e particolarmente incline all'insubordinazione,custodisce in sé un potere immenso e terribile capace tanto di creare quanto di distruggere. La sua storia si intreccerà irrimediabilmente con le vicende dei Nove Compagni e porterà Alhara a crescere e a combattere per le persone che ama, a sconfiggere i suoi demoni, a dimostrare che le donne sanno essere forti e combattive quanto gli uomini e perché no anche a trovare l'amore.
Questa è la storia della Stirpe di Fuoco, i cui membri influenzeranno e cambieranno per sempre la storia di Arda...
STORIA ATTUALMENTE IN REVISIONE
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8

Nanosterro era qualcosa di maestoso, da togliere il fiato: si estendeva a perdita d’occhio e gli imponenti pilastri squadrati facevano sentire tutti piccoli e innocui. Tuttavia l’aria era viziata e opprimente, carica di aspettativa. Il silenzio e l’oscurità rendevano l’atmosfera surreale e insidiosa mentre gli scheletri dei caduti scrutavano i Dieci come ad avvertirli di un grave pericolo.

Man mano che la Compagnia avanzava i cadaveri aumentavano di numero, fino ad arrivare ad una porta dalle ante di legno marcio. Lì sembrava che la battaglia fosse diventata più cruenta e disperata, come se i Nani avessero voluto proteggere l’ultimo baluardo libero del loro Regno. Ghimli vedendo quell’orrore sbiancò e si precipitò di corsa oltre la soglia ululando di dolore. Quello che vide al suo interno fu anche peggio della carneficina ai Cancelli Occidentali: una bara di pietra bianca, illuminata da un’alta finestra, troneggiava al centro di una stanza rettangolare. Ai lati vi erano alte colonne e ampie nicchie ricavate dalla pietra scura, sul fondo vi era un pozzo dove uno scheletro impolverato sembrava fare da guardia all’unico accesso per l’acqua. Oltre al soldato del pozzo la stanza era disseminata di scheletri infilzati delle frecce dei Goblin mentre ai piedi della tomba vi era un cadavere vestito con abiti che un tempo dovevano essere sontuosi e ricchi1, tra le braccia ossute stringeva un grosso tomo impolverato. Alla vista di quel massacro il Nano si gettò in ginocchio davanti alla candida bara e scoppiò in un pianto disperato. Uno dopo l’altro i membri della Compagnia dell’Anello varcarono quella triste soglia scrutando con occhi vigili il macabro spettacolo. Alhara si avvicinò a Ghimli e poggiò delicatamente una mano sulla sua spalla con fare materno, non disse niente poiché quando il dolore è tale da squarciare il cuore le parole diventano superflue. Non era la prima volta che era circondata da morte: l’Harad ne era pieno e seppur giovane, la Cinerea era stata testimone di guerre anche peggiori.

Mithrandir si avvicinò alla bara su cui erano state incise delle parole nella geometrica lingua dei Nani, passò la mano sulla pietra per togliere uno spesso strato di polvere e poi tradusse ad alta voce la scritta:”Qui giace Balin, figlio di Fundin. Signore di Moria.- si fermò per osservare l’intera stanza e riprese con un triste sussurro- E’ morto dunque.” In segno di rispetto si tolse il grigio cappello a punta, rivolgendosi ai Dieci continuò:”E’ come temevo.” Al suono di quelle parole l’Haradrim si allontanò dal Nano, che aveva iniziato a recitare una preghiera nella sua lingua, e si avvicinò allo Stregone. Quest’ultimo aveva sfilato il grosso libro dalle mani scheletriche del caduto e lo aveva aperto alle ultime pagine iniziando a leggerlo in silenzio. “Dobbiamo proseguire. Non possiamo indugiare.” Esclamò teso Legolas rivolto ad Aragorn, le sopracciglia corrugate e gli occhi azzurri attenti a captare il minimo movimento sospetto. Il Ramingo annuì cupo rendendosi conto a poco a poco del pericolo in cui erano incappati: quelle Miniere erano una trappola mortale e loro ci erano caduti come degli sprovveduti! Erano le mosche impigliate inesorabilmente nella tela di un ragno astuto e malvagio.

"Hanno preso il ponte e il secondo salone.-le parole di Gandalf riscossero tutti dai loro pensieri calamitando l’attenzione generale- Abbiamo sbarrato i cancelli ma non possiamo resistere a lungo. La terra trema. Tamburi. Tamburi negli abissi.- Il Mago continuava a leggere dal libro in un crescendo di angoscia e disperazione: erano le ultime parole che i superstiti avevano scritto prima di soccombere-Non possiamo più uscire. Un'Ombra si muove nel buio.-In quell’atmosfera inquieta nessuno si era accorto del giovane Pipino: turbato dalle parole strazianti era arretrato fino al pozzo e aveva iniziato ad armeggiare con una freccia conficcata nello scheletro- Non possiamo più uscire. Arrivano.” La fine del racconto fu accompagnato da un clangore metallico e sordo: il maldestro Hobbit aveva fatto crollare il soldato nel pozzo e con esso il secchio producendo un rumore assordante che si propagò nelle Miniere per diversi secondi. Oramai la presenza dei Dieci era stata rivelata e questo avrebbe portato solo guai.

“Idiota di un Tuc! Gettati tu la prossima volta e liberaci della tua stupidità.” Sbraitò l’Istari rivolto al colpevole mentre richiudeva il tomo con un rumore secco e si riprendeva in malo modo il cappello e il bordone che gli aveva affidato. Il resto della Compagnia osservò in silenzio le conseguenze dell’ennesima stupida azione dello Hobbit preparandosi al peggio. Passarono alcuni interminabili minuti in cui non accadde nulla ed Alhara osò sperare che nessun nemico si sarebbe palesato, ma dalle viscere di Moria iniziò a risuonare un rombo di tamburi che cresceva di intensità ad accompagnarlo stridii, suoni inarticolati e voci gracchianti. Sam notò che la corta spada di Frodo, Pungolo, si era accesa di un freddo bagliore azzurro, questo voleva dire una cosa sola… “Orchi” affermò l’Elfo dando voce ai pensieri del Mezzuomo. Nello stesso istante due scure frecce si conficcarono nel legno marcio della porta mancando Boromir per poco: il Gondoriano dopo aver sentito le parole dell’Arciere era corso a sprangare le ante dell’unica via d’accesso alla sala. “Indietro! State vicini a Gandalf!” ordinò Aragorn ai quattro Hobbit mentre il Mago con ampi gesti li spingeva dietro la sua alta figura. L’Erede di Isildur corse ad aiutare Boromir che cercava di puntellare la porta. “E’un Troll di caverna.” Riferì con una nota apprensiva nella voce. Il Ramingo fece una smorfia e prese al volo una lunga ascia impolverata che Legolas aveva sfilato da uno dei cadaveri: anche così rinforzata la porta non avrebbe retto a lungo. “Fatevi da parte! Bisogna fondere quel metallo.”esclamò risoluta Alhara mentre faceva germogliare fiamme dalle mani, si avvicinò alle asce e premette i palmi sul freddo metallo che iniziò a sfrigolare e a liquefarsi sigillando l’entrata. “Non durerà in eterno. Preparatevi a combattere!” ordinò rivolta ai suoi Compagni mentre con un movimento fluido del braccio sguainava la lunga scimitarra e la ammantava di fuoco. Al suo comando uno dopo l’altro i Dieci sfoderarono le loro armi lanciando grida di battaglia. Ghimli era furioso e bramava lo scontro: con un balzo incredibilmente agile per la sua figura saltò sulla bara e impugnata la fedele ascia abbaiò rivolto ai nemici:”Ah! Che vengano pure. Troveranno che qui a Moria c'è ancora un Nano che respira.”

La porta cigolava e gemeva, i Goblin e gli Orchi cercavano di buttarla giù o di romperne le assi marce. Con un suono secco parte di esse furono rotte e dalle crepe comparvero asce arrugginite e spade scure, Aragorn e Legolas scagliarono le loro micidiali frecce colpendo alcuni nemici che si ritiravano squittendo e guaendo, ma non era abbastanza. Alla fine la porta cedette riversando all’interno della sala orde di Goblin dalla pelle verde e coriacea, indossavano scure armature in cuoio e inserti in ferro arrugginito e si lanciavano alla carica gracchiando. I primi che varcarono la soglia furono abbattuti da nuvole di dardi ma erano troppi da fermare e lo scontro continuò all’interno. I Mezzuomini, costantemente vegliati da Gandalf, si battevano come leoni brandendo le piccole spade, Ghimli sembrava una furia vendicativa: da sopra la tomba mulinava la sua ascia mietendo vittime e recidendo arti. Il Ramingo e l’Arciere combattevano in sincronia facendo roteare lo spadone a due mani e scagliando letali frecce. Boromir utilizzava il grande scudo tondo per stordire gli avversari e poi li finiva con la lama affilata della sua arma mentre Alhara aveva deciso di rivestirsi di fiamme scarlatte e si lanciava tra il nemico bruciando e infilzando.

Un ringhio basso catturò l’attenzione dei Dieci quando dalla porta si fece largo, rompendo la dura roccia, un imponente Troll di caverna: era alto fino al soffitto, aveva due braccia muscolose che arrivavano fino alle ginocchia. Indossava un lercio perizoma marrone e il collo taurino era coperto da un collare metallico a cui era stata attaccata una lunga catena che culminava in un grosso anello con cui un piccolo Goblin lo manovrava. Non aveva l’aria molto sveglia: la testa piccola e glabra presentava un muso schiacciato ai cui lati spiccavano due occhi porcini, la bocca era grande e irta di denti marci. Il mostro ruggì lanciandosi alla carica mulinando un enorme martello metallico, scaraventò in aria il suo sorvegliante e si avventò su Sam. Nonostante le frecce che Legolas gli scagliava il Troll iniziò a rincorrere lo Hobbit, lo isolò e alzato un grande piede si preparò a colpire quando Aragorn e Boromir agguantarono la lunga catena attirando la sua furia. La creatura agitò l’ arma colpendo l’Uomo di Gondor che andò a sbattere contro il muro perdendo conoscenza. Rinvenne pochi secondi dopo e si riprese quel tanto che bastava per vedere un Goblin calare la sua spada contro di lui, per fortuna una palla di fuoco colpì in pieno il nemico facendolo ritirare dolorante. Il Gondoriano si girò e incontrò gli occhi cremisi della sua salvatrice e per la prima volta pensò che forse quella ragazzetta indisponente non era poi così male, le sorrise e la Cinerea ricambiò sicura che l’Uomo non l’avrebbe più sottovalutata. Quella distrazione bastò affinché un nemico la colpisse di striscio al braccio, la lama scura cozzò contro l’armatura argentata producendo scintille, l’Haradrim si girò e dopo aver urlato un “Kufa, wewe mwanaharamu!2” lo sventrò con la scimitarra.

Un boato riempì l’ambiente di polvere e detriti: nella smania distruttrice il Troll aveva fatto a pezzi la tomba di Balin, colpito Ghimli e anche alcuni Goblin. Merry e Pipino dopo aver assistito alla scena portarono Frodo dietro una colonna, al sicuro mentre Legolas scagliava frecce contro la creatura e sgozzava col pugnale ricurvo i nemici che lo assalivano. Il mostro attaccò il Principe che schivò la catena e questa si impigliò in una crepa del pilastro, con un balzo felino l’Elfo salì a cavalcioni del Troll e scoccò due dardi contro la sua testa ma essi si ruppero al contatto con la dura pelle. L’Arciere fu sbalzato a terra mentre Sam si batteva a suon di padellate e affondi rivelandosi più temerario di quanto si potesse immaginare. Il mostro se la prese con gli altri tre Hobbit che erano appena usciti dal loro nascondiglio: calò il pesante martello verso di loro ma venne schivato. I due combina guai scapparono mentre la creatura iniziava a cercare Frodo che si nascose dietro un pilastro sentendo il fiato del Troll sul collo. Il Portatore passò da dietro, fece una finta ma fu vano perché si trovò il mostro di fronte che, ruggendo, avanzò minaccioso costringendo il Mezzuomo con le spalle al muro. Lo Hobbit venne agguantato per i piedi e trascinato mentre Sam invocava l’aiuto di Aragorn che cercava di liberarsi dai nemici. Frodo colpì il Troll con Pungolo e rovinò a terra, il mostro tentò di attaccarlo ma il Ramingo si frappose tra loro brandendo un lungo forcone: con un grido lo piantò nel costato della creatura che guaì ma non cadde. Ripresosi con un verso si sfilò l’arma e con la mano scaraventò in aria Grampassomentre veniva bersagliato dalle pietre che gli Hobbit gli lanciavano. Il Portatore dell’Anello corse verso l’Uomo sperando che stesse bene: lo trovò riverso a terra privo di conoscenza e iniziò a scuoterlo, ma la creatura lo raggiunse e cercò di colpirlo col forcone. Frodo schivò e rispose all’attacco, il mostro conficcò l’arma a pochi centimetri dal Mezzuomo che cadde a terra per il contraccolpo. Il Troll staccò il forcone dalla pietra e con un ringhio trafisse il petto dello Hobbit.

Il tempo sembrava essersi fermato. Frodo Baggins boccheggiava e gemeva, il mostro respirava pesantemente. Il resto della Compagnia si era immobilizzato interrompendo per qualche secondo la battaglia: non volevano credere, non potevano credere a ciò a cui stavano assistendo. Alla vista del loro amico esanime e rantolante i Dieci ripresero a combattere con maggior vigore, come se dalla loro vittoria dipendesse la salvezza dello Hobbit. Merry e Pipino con un coraggioso urlo si gettarono sulla schiena del Troll e iniziarono ad infilzarlo con le spade,Gandalf mulinava il bastone facendo indietreggiare i nemici e Sam si batteva con foga e impeto: colpiva con la padella, con la lama e con qualunque cosa gli capitasse a tiro. Di fronte a quella nuova forza i Goblin si ritirarono lasciando solo il Troll a combattere per loro: il mostro riuscì ad agguantare Meriadoc e lo sollevò a mezz’aria mentre Mithrandir e Ghimli lo ferivano al ventre e alle gambe. La creatura allontanò con un poderoso gesto sia il Nano che lo Stregone. Peregrino conficcò la spada nella nuca del Troll che, dal dolore, alzò la piccola testa rivelando il collo molle, Legolas scoccò una freccia trafiggendolo e uccidendolo sul colpo. Il mostro rovinò a terra trascinando con sé il Mezzuomo.

La battaglia si era conclusa ma non era vittoria quello che avevano ottenuto. Lo Stregone raggiunse Frodo col cuore stretto in una morsa: se fosse morto non se lo sarebbe mai perdonato. Sam osservava l’amico con gli occhi lucidi mentre Aragorn scuotendo la testa sconsolato lo sollevò rivelando un curioso bagliore sotto la sottile camicia. Frodo iniziò a tossire e si mise a sedere tra lo stupore e il sollievo generale, il Giardiniere lo aiutò a rimettersi in piedi e rivoltò a tutti affermò:”E’ vivo!” “Sto bene. Non sono ferito” lo rassicurò lo Hobbit mentre intorno esplodevano esclamazioni di gioia e benedizioni ai Valar. “Dovresti essere morto. Quella lancia avrebbe trafitto un cinghiale!” Pronunciò il Ramingo stupefatto. Gandalf si avvicinò ai tre con un sorriso sornione ad illuminargli il volto mentre il Mezzuomo scostava la camicia logora rivelando una cotta di maglia lucente. A quella vista il Mago parlò:”In questo Hobbit c'è più di quanto non colpisca la vista.” “Mithril! Tu sei pieno di sorprese, Frodo Baggins.” Mormorò solenne Ghimli. Grida di battaglia e clangore di spade strapparono la Compagnia da quel momento felice: i Goblin si erano ritirati, sì, ma per chiamare rinforzi. “Al ponte di Khazad-dûm.” Ordinò deciso l’Istari. Lo scontro non si era concluso.

1) Quello scheletro appartiene ad Ori che accompagnò Balin nelle Miniere di Moria.

2) In Swahili significa “Muori, bastardo!”

3) Grampasso è il nome che Aragorn utilizzava per non farsi riconoscere.

_______Cantuccio dell’Autrice_______

Ciao a tutti :3

Scusatemi tantiiiiiissiiiiimo per la lunghissima attesa ma questo capitolo e i seguenti sono particolarmente tosti e voglio che leggiate qualcosa di decente. Insomma: “Stiamo lavorando per voi” ;)

Beh, che dire? Boromir ha finalmente capito che Alhara è cazzuta e tosta. Spero che le imprecazioni della nostra beniamina non vi diano fastidio (anche perché ce ne saranno altre in futuro), lei è una principessa poco principesca.

Ringrazio michela30 per aver inserito la storia tra le seguite e ringrazio chiunque legga. Recensioni negative e/o positive sono più che ben’accette :)

A presto,

Yavanna97

   
 
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