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“Siamo
giunti a un torrente di sangue.
Esso ci porterà a un fiume di uguale fattura,
non ne dubito.
E più avanti ancora, a un oceano.
In questo mondo le tombe sono spalancate e
nessuno dei morti riposa in pace.”
[Stephen
King, La Torre Nera 3: Terre Desolate]
In
mare aperto. Foresta Incantata. Trecento
anni fa.
C’erano
delle volte in cui il mare a Killian
Jones non sembrava più mare, ma una grande, violenta
esplosione di energia e di
pericolo, una forza capace di sfoderare una ferocia che solo gli dei
potevano
mostrare.
Quel
giorno le ondate si scagliavano contro le
fiancate della Jolly Roger, facendo arrivare gli spruzzi in alto,
sull’albero
maestro, inondando il ponte e gli uomini della ciurma, impegnati a
gridarsi
ordini, ad urlare a squarciagola per farsi sentire sopra
l’ululato del vento. Le
nubi nere erano tagliate da innumerevoli lampi.
Killian
era sicuro di non aver mai visto una tempesta
simile.
“Che
cosa diavolo ci fai ancora qui?! Vai sottocoperta!
I cuochi non mi servono!”, gridò, rivolgendosi
all’uomo con i capelli rossi, il
cuoco di bordo. Era paonazzo, incapace di reggersi in piedi, con gli
occhi
fuori dalle orbite. Si guardava intorno senza scopo, rischiando di
intralciare
il lavoro degli altri.
Lentamente
eseguì l’ordine del suo capitano,
dirigendosi verso la scala che conduceva sottocoperta.
Un
tuono rimbombò, fragoroso, sopra le loro teste.
Un’onda enorme si schiantò contro la nave.
Milah
afferrò il timone della Jolly Roger e
cercò di ruotarlo verso sinistra. I capelli neri
svolazzavano in balia della
tormenta. Il nostromo, un uomo alto e nerboruto, con un paio di lunghi
baffi
scuri che gli frustavano la faccia, l’aiutò a
manovrare.
“Milah,
va di sotto anche tu!”, disse Killian,
raggiungendoli.
“Non
ci penso nemmeno. C’è bisogno anche di me
su questa nave.”, ribatté lei. E ovviamente il
pirata non si aspettava nulla di
diverso.
“Capitano,
sta diventando molto difficile
governarla!”, urlò Lewis.
“Non
è ben assestata. Stiamo imbarcando troppa
acqua!”. Killian era furibondo. Ormai aveva gli abiti
inzuppati. La pioggia gli
scorreva a fiumi sulla faccia.
“È
una buona nave, capitano. Ma anche lei ha i
suoi limiti.”
“Abbiamo
visto di peggio!”
La
vedetta si sbracciava, indicando qualcosa
che si trovava a nord. Milah si fece passare il binocolo e
sbirciò il punto a
nord, oltre i cavalloni.
“C’è
qualcosa laggiù, Killian!”
Lui
prese il binocolo e guardò a sua volta.
Mare.
Mare ovunque. Ma le acque che stava
ammirando a circa una lega di distanza erano stranamente calme. Un
denso banco
di nebbia aleggiava su di esse.
“La
nostra salvezza. Manteniamo la rotta.
Passami quel timone!”, ordinò Killian, prendendo
il posto del nostromo, che
volle appurare dove il capitano stesse dirigendo la nave.
“Capitano...
quella nebbia...”, iniziò Lewis,
scettico.
“È
verde! Come la faccia del nostro cuoco! Lo
so.”
“Sono
mari abitati da spettri, capitano.
Sono... le acque del mostro marino. Sono segnate sulle
mappe...”
Killian
vide Lewis impallidire. E il nostromo
non impallidiva facilmente. Era un uomo tutto d’un pezzo.
“Ci
stai portando direttamente da un mostro
marino?”, domandò Milah, non credendo alle sue
orecchie.
“Aye,
tesoro. È proprio quello che sto facendo.”
Oltretomba. Oggi.
-
Non
è poi così difficile. – disse Ade,
mellifluo. – Si tratta solo di scegliere tre
nomi. La vita è fatta di scelte, Salvatrice.
Emma
tacque. Osservò il Signore degli Inferi con
l’unico occhio buono. L’altro era
gonfio e chiuso, incrostato di sangue. Sedeva per terra, con le mani in
grembo,
mentre lui sostava dietro a tre lapidi nuove di zecca, con uno
scalpello in
mano.
-
Regina.
Che ne pensi di Regina? - suggerì Ade. – Oh, io
credo che lei sia...
eccezionale. Non hai idea di quante anime mi ha regalato. Un bel
bottino. Ma
diciamolo... a Camelot non ha fatto proprio un bel lavoro. Ti ha
tradita.
Pensaci.
Emma
non disse una parola. Si chiese se Marian fosse riuscita a raggiungere
gli
altri. Ade aveva detto che era scappata, ma aveva trovato la sua
famiglia?
Aveva
detto loro di andare via?
-
Vuoi cedermi il tuo pirata? – tornò a dire Ade,
avanzando di qualche passo. –
Ammetto che non ha buon gusto nel vestire... ma mi piacciono gli uomini
con gli
occhi azzurri. Mi piacciono... gli occhi azzurri in generale.
Emma
restò in silenzio, fissandolo stoicamente. Ade
sollevò la mano destra e dalla
punta di ogni dito scaturì una fiammella azzurra.
-
Tua
madre. Devi ammettere che tua madre non ha fatto un buon lavoro. Ti ha
abbandonata. Ha rapito e maledetto una bambina...
-
Non sono interessata. – commentò Emma,
strascicando le parole. - Scriverei...
il tuo nome. Posso farlo?
Ade
rise di gusto. – Forza! Basta scherzare... qual è
il problema? Hai il blocco
della scrittrice?
-
Non farò... nulla di simile. A nessuno. –
precisò.
Una
breve pausa.
-
Oh. – Lui le venne vicino. – Beh, che dire...
l’avevo immaginato. Ma sai... non
sono arrabbiato. Sono solo deluso.
Prese
lo scalpello e le conficcò la punta in una spalla. Emma
gridò.
-
E
la delusione nel mio caso... può esser ben peggiore della
rabbia. – Ade
l’afferrò per i capelli, costringendola ad
alzarsi. – Quindi penso che tu abbia
bisogno di un viaggetto. Non sai prendere una decisione? Ne pagherai le
conseguenze. E le pagherà qualcun altro, anche.
Emma
non aveva idea di cosa stesse blaterando. Venne trascinata fino ad uno
dei
fiumi che si dipartivano dalla piattaforma circolare. Sulle acque
colorate di
verde galleggiava una barca. Ade la sistemò dentro ad essa.
-
Nel
caso in cui ti venisse sete... fai pure come se fossi a casa tua. Offro
io. –
Nella mano destra di Ade comparve un bicchiere di vino, che lui
levò in alto,
quasi volesse fare un brindisi.
La
barca cominciò a muoversi. Emma si rese conto di avere la
gola riarsa e le
labbra secche. Si sporse, provando l’indicibile bisogno di
immergere il viso
nelle acque calme di quel fiume. La sua fosforescenza era strana, ma la
attirava.
Poi
udì i gemiti.
I
gemiti. I sospiri. I sussurri.
Sotto
la superficie, ombre informi nuotavano, agitate, senza posa. I loro
contorni
avevano un che di umano. I sussurri non erano semplici sussurri, ma
grida lamentose.
Grida estenuanti di anime che non riuscivano a trovare la via
d’uscita. Grida
di anime perdute per sempre.
Emma
si ritrasse di scatto.
Ade
lanciò la sua sprezzante risata.
-
Che cosa state facendo? – domandò
Τremotino, entrando in casa degli Azzurri
senza bussare.
-
Andiamo a cercare Emma, mi sembra ovvio. – rispose
Biancaneve, controllando
ancora una volta le frecce nel suo arco.
Marian
sedeva sul sofà in un angolo, stringendosi nel mantello.
Aveva un aspetto
migliore rispetto al giorno precedente, quando l’avevano
trovata nel bosco, in
fuga da un mostro e dal labirinto in cui era rimasta intrappolata per
almeno
trent’anni. In fuga e recando un messaggio di Emma Swan. Le
avevano dato abiti
puliti che avevano recuperato da un armadio.
Regina
era dalla parte opposta, corrucciata. Si teneva a debita distanza dalla
donna
che aveva ucciso decenni prima.
David
si stava sistemando una pistola a tracolla. Anche Lilith ne aveva una.
-
Io
non posso avere una pistola? – chiese Henry, in quel momento.
-
Non se ne parla nemmeno, Henry. – rispose Regina, come se lui
le avesse appena
annunciato di volersi gettare nel Τartaro.
-
Quindi voi intendete usare quelle armi per entrare nella prigione
sotterranea
in cui Ade tiene Emma Swan? – disse Τremotino,
più che altro domandandosi fino
a dove si estendesse l’idiozia di quelle persone. Non era
dell’umore adatto per
accettare simili sciocchezze. Erano nell’Oltretomba, erano
venuti per fare
qualcosa che era contrario ad una delle principali regole della magia e
si
comportavano come se quel luogo non fosse pieno di trappole.
-
Hai un piano migliore, Oscuro? – domandò Lily,
seccata.
-
Oh, sì. Ce l’ho. Forse voi non ci avevate pensato,
ma Ade sa che siete qui.
Avrà schermato ogni entrata con la sua magia,
avrà messo guardiani e tranelli
in ogni angolo... non ce la farete mai, così. Abbiamo
bisogno di qualcuno che
offra la sua aura per oltrepassare gli ingressi. Qualcuno che sia...
già morto.
-
Io
sono già morta. – asserì Marian,
alzandosi in piedi. – E, stando a quello che
ricordo, due volte. Sono disposta a farlo. Per Emma.
-
No. Mi serve l’aura di una persona morta da più
tempo. Perché è ancora più
forte, milady. E so già a chi rivolgermi.
-
Oh, davvero? Perché dovremmo fidarci di te? Sei
così ansioso di salvare Emma? –
domandò Lilith, avvicinandosi di più e fissando
l’Oscuro negli occhi.
Tremotino,
a volte, si sorprendeva della caparbietà di quella ragazza.
Era stata un
Oscuro, sebbene lo fosse stata per poco tempo, eppure non temeva un
Oscuro
molto più potente, non temeva le conseguenze delle sue
minacce. – Diciamo che
sono ansioso di andarmene da questo posto. E diciamo che voi non ve ne
andrete
mai senza il mio aiuto. Per quanto mi riguarda... voglio tornare a casa
da mia
moglie.
-
E
chi sarebbe il fortunato che ti concederà la sua aura?
– chiese Regina.
-
Qualcuno che conosco bene. – Tremotino non volle essere
più preciso. - E vi
assicuro che si trova qui. Da tantissimi anni.
-
E
ci aiuterà?
-
Puoi venire a vedere con i tuoi occhi, Regina.
-
Io
verrò sicuramente a vedere con i miei. –
asserì Killian, con sicurezza. – Non ti
permetterò di giocarci qualche brutto scherzo. È
già abbastanza quello che hai
fatto vanificando il sacrificio di Emma.
-
Come preferite, capitano. – Tremotino non sembrò
minimamente toccato dal suo tono.
– Anzi, credo che vi farà piacere vedere a chi ho
pensato.
In
mare aperto. Leviathan Shoals. Τrecento anni
fa.
“Bene.”,
disse Killian, una volta che la Jolly
Roger ebbe superato la tempesta per inoltrarsi nelle acque
più calme che,
secondo le dicerie, celavano un temibile mostro marino. Le nebbie si
erano
diradate. “Credo che il peggio sia passato.”
“Se
il mostro esiste, dubito che il peggio sia
passato, capitano.” Lewis venne a guastargli il buon umore.
Il nostromo non
faceva che scrutare le acque scure.
“Che
si faccia avanti, allora, il mostro.”,
rispose Killian. “Questi mari sembrano più gentili
del tocco di una donna.”
“Più
gentili, sul serio?”, domandò Milah,
sollevando un sopracciglio.
Killian
stava per risponderle, quando iniziò ad
udire la voce.
Sulle
prime pensò che uno dei suoi uomini lo
stesse chiamando. Ma raramente un membro della ciurma lo chiamava per
nome. Si
rivolgevano sempre a lui chiamandolo “capitano”.
“Killian.”
“Avete
sentito?”, chiese il pirata.
“Che
cosa?”, domandò Lewis.
“Non
siamo soli.”
La
voce ripeté ancora il suo nome. Sembrava
provenire dal mare stesso. Forse il mostro possedeva una coscienza e un
potere
molto grande e lo stava attirando in qualche diabolica trappola.
Milah
prese il binocolo e osservò le acque,
seguendo la rotta della nave.
Poco
più avanti c’era una barca. Una piccola
barca con un’unica vela che galleggiava in mezzo al nulla. E
a bordo c’era una
sagoma che mandava segnali, sbracciandosi.
“Killian...”,
cominciò Milah.
“L’ho
vista, tesoro. Mantieni la rotta, Lewis.
Dobbiamo raggiungerla.”
Milah
gli mise una mano sulla spalla. “Si tratta
di certo di un tranello. Cosa ci fa una barca in mezzo al
niente?”
“Oh,
probabilmente sì, è una maledetta
trappola.” Killian teneva d’occhio il piccolo
vascello. “Ma se ne siamo
consapevoli, forse riusciremo ad essere noi, la trappola.”
La
Jolly Roger raggiunse l’imbarcazione nel
giro di pochi minuti. Killian si sporse, mentre Milah metteva mano alla
sua
sciabola e gli uomini avevano già impugnato spadoni e
pugnali.
“Killian?”
“Non
può essere...”, mormorò lui, sconvolto.
Milah
guardò a sua volta e vide un uomo alto,
con le spalle larghe e i capelli ricci e castani in balia del vento.
Indossava
una camicia bianca e sgualcita, un paio di vecchi pantaloni che gli
stavano
larghi ed era scalzo.
“Sei
tu, fratello? Sei proprio tu?”, chiese
l’uomo, rivolto a Killian, che aveva gli occhi sgranati e la
mascella cascante.
Milah
si sentì raggelare.
“Liam.
Per tutti i mari... tieni duro! Τi
gettiamo una fune!”
Oltretomba. Oggi.
-
Milah? – La voce di Uncino suonò confusa e
alterata.
Lei
lo guardò come se non fosse sicura di ciò che
stava vedendo. – Killian... sei
qui?
-
Siamo vivi. E siamo solo in visita. – precisò
Τremotino, guardando la ex moglie
con un sorrisetto divertito. La madre di Bae era nel bel mezzo di Main
Street e
stava controllando che un gruppo di bambini attraversasse la strada
senza
incidenti. Come se gli incidenti contassero qualcosa quando si era
già morti...
Milah.
Bambini.
-
Devo proprio dirlo. Adoro l’ironia della situazione.
– stava dicendo Τremotino.
– Li tieni d’occhio... fai in modo che siano al
sicuro.
Milah
sostenne il suo sguardo con aria di sfida. - Che cosa fate qui se non
siete
morti?
Killian
deglutì, scoprendo di avere la gola secca.
-
Cerchiamo una persona. Emma Swan. La Salvatrice. La donna tanto amata
dall’uomo
che anche tu una volta amavi. – rispose Τremotino.
-
Cioè tu? – chiese Milah, come se le avesse appena
raccontato una barzelletta.
-
Cielo, no! Parlo del tuo adorato pirata.
Ora
toccò a Milah apparire confusa. Fissò Killian. -
Come puoi essere uguale a...
ad allora?
-
Sono...
successe delle cose. Parecchie. – rispose lui, sorridendo.
-
Dobbiamo recuperarla. – riprese l’Oscuro.
– E abbiamo bisogno di una mano.
-
Non crederai davvero di poter entrare nelle prigioni sotterranee di
Ade!
Nemmeno un Oscuro come te basterebbe a fermarlo. – Milah lo
fissò come se fosse
totalmente ammattito.
-
Sono felice di vedere che non hai perso la tua vena polemica e
combattiva,
cara. Ma è quello che faremo. Per questo sono qui. Il tuo
aiuto è molto importante.
-
Le
prigioni sono un luogo... terribile. Anche se riuscissimo a raggiungere
questa... Emma Swan... ci sarà sicuramente una trappola ad
attenderci.
-
Sono anche felice di vedere che conosci le prigioni di Ade. Meglio per
noi.
Milah
scambiò un’occhiata con Killian. – Tutti
conoscono le prigioni. In un modo o
nell’altro, siamo stati tutti torturati da lui.
-
Ma
tu sei in mezzo a Main Street... a dirigere il traffico. –
Tremotino vide un
altro gruppetto di bambini in attesa.
-
Il
fatto che io sia qui non dipende da me. Dipende da Ade. A volte libera
i suoi
prigionieri... dopo averli torturati per mesi. Se non per anni.
– La voce di
Milah ebbe un cedimento. Si morse il labbro e deglutì. - A
volte... diventano
degli schiavi. Oppure finiscono nel Fiume delle Anime Perdute. E non
riemergono
mai più.
Killian
era quasi sul punto di chiederle quali pene le avesse inflitto il
Signore degli
Inferi.
-
Terribile. – commentò Tremotino, con lo stesso
tono che avrebbe usato per dire
che intendeva andare a bere qualcosa al Rabbit Hole.
-
Inutile che minimizzi. Tu dovresti saperlo bene. Se non sbaglio, sei
già stato
morto.
-
Oh, sì. E non sto affatto minimizzando, tesoro. Ma abbiamo
bisogno di te. Pensaci.
Non devi per forza pensare che stai aiutando me. Non aiuti solo me.
Aiuti
anche... lui. – Indicò il pirata. – Mi
sembra un buon accordo.
La
barca che trasportava Emma scivolò sulle acque fino a
raggiungere un enorme
monumento in pietra. Guardandolo meglio, si accorse che era formato da
due larghi
pilastri che sostenevano un massiccio architrave, sul quale
capeggiavano delle
parole.
Per
me si va ne la città dolente,
per
me si va ne l'etterno dolore,
per
me si va tra la perduta gente.
Giustizia
mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina potestate,
la somma sapienza e 'l primo amore;
dinanzi
a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, o voi ch' intrate.
Ade
fermò la barca e prese Emma per la giacca, trascinandola di
nuovo con sé fino
ad una piattaforma sospesa sopra il fiume.
L’agganciò ad un argano, che si mise
in moto e la portò su.
-
Il
fiume delle Anime Perdute. – disse Ade, camminando sul bordo
della piattaforma.
– Basta che la punta del tuo piede tocchi l’acqua e
diventerai... un guscio vuoto
e tormentato. Un’anima senza più scampo.
Un’anima... che non potrà mai più
lasciare questo luogo.
Il
Signore degli Inferi era molto teatrale. Andava fiero del suo mondo,
dei tranelli
seminati ovunque, delle creature mostruose come il Minotauro, che
facevano a
pezzi donne che non avevano mai fatto nulla di male. Andava fiero delle
torture
che infliggeva.
-
E
sai una cosa, Emma? – ricominciò, sillabando
lentamente il suo nome. – C’è una
cosa che non è ammessa nel mio regno. Ed è la
speranza. I tuoi amici... i tuoi
genitori... nutrono la speranza di poterti salvare. Questo non va bene.
Non è
ammissibile. Quindi... vorrei far capire a loro e anche a te che questo
potrebbe costare molto caro.
L’argano
si mise di nuovo in moto e scese di colpo. Il movimento brusco le
causò un
dolore lancinante che si dipanò in tutto il suo corpo.
-
Hai
permesso a Marian di scappare e il Minotauro ha perso il suo giocattolo
preferito.
Anche questo mi fa arrabbiare. Ma non è un dramma.
– osservò Ade. Si avvicinò e
la prese per il colletto della giacca rossa. – La cosa
peggiore è il resto. Questa
inutile speranza. Il tuo... non voler scegliere tre stupidi nomi da
incidere su
delle tombe. Perciò soffrirai. E poi prenderò il
tuo bellissimo figlio... e gli
farò del male. Prenderò i tuoi genitori... e li
torturerò. Poi prenderò
Lilith... e Regina. E con loro sarò altrettanto crudele.
Regina... oh, lei
soffrirà come hanno sofferto tutte le sue vittime.
Pensaci... il dolore di
centinaia e centinaia di vittime si abbatterà su di lei.
Emma
gli sputò in faccia. La saliva, mescolata al suo sangue,
scivolò lungo la
guancia di Ade, che si ripulì con la manica dello smoking.
L’argano
si abbassò ancora, strattonandola. Emma gemette.
-
Buona
fortuna. Non preoccuparti. Avrai compagnia nella discesa. –
disse Ade, prima di
scomparire.
Emma
non capì subito a cosa si stesse riferendo. Girando la
testa, vide l’alro
prigioniero. Era appeso ad un argano proprio come lei ed erano
più o meno alla
medesima altezza. Aveva gli abiti coperti di polvere e striati di
sangue, il
viso tumefatto e le labbra spaccate. Non le parlò, ma le
rivolse uno sguardo
lungo e pieno di tormento.
Da
quanto tempo è appeso là sopra?, si
chiese, provando a scacciare la sofferenza e
la confusione.
Gli
argani si mossero e i prigionieri si avvicinarono un po’ di
più alle acque del
fiume.
In
mare aperto. Leviathan Shoals. Τrecento anni
fa.
La
ciurma lanciò una corda a Liam, che salì a
bordo della Jolly Roger. Killian lo strinse in un abbraccio e poi lo
osservò attentamente,
per essere sicuro di chi aveva di fronte.
Liam
aveva la barba folta e ispida, le guance
scavate, le labbra screpolate e secche e i capelli arruffati, ma era
lui. Era
Liam. Suo fratello.
“Io
credevo... credevo fossi morto!”, farfugliò
Killian, tenendo Liam per le braccia, quasi volesse assicurarsi che non
sparisse.
“Oh,
lo credevo anch’io, Killian. Ma era... non
era vero. Era un’illusione.”, rispose lui.
“Non è facile da spiegare.”
“Il
tuo corpo... credevo davvero che... era Sognombra.
Quel veleno...”
“Lo
so. Ricordo il dolore. Il dolore e poi...
l’oscurità.”
“Sono
sicuro che potrai spiegarmi meglio cos’è
successo davanti ad un bello stufato. Lewis! Avverti il cuoco e digli
di
preparare subito qualcosa per mio fratello!”
Il
nostromo non aveva un’aria felice, ma eseguì
gli ordini, scendendo sottocoperta.
“Sbaglio
o questa è una nave pirata? Τu,
Killian... un pirata?”, si sorprese Liam, schermandosi gli
occhi mentre
ammirava la nave e poi esaminava gli abiti in pelle che lui indossava.
Saggiò
il colletto della lunga giacca nera e sfiorò il teschio
agganciato alla collana.
“Sono
successe molte cose. Lascia che...” Si
schiarì la voce, cercando di riprendersi dallo choc e si
umettò le labbra.
“Lascia che ti presenti Milah.”
Liam
spostò la sua attenzione sulla donna, che
era rimasta in silenzio accanto a Killian. Milah lo scrutò,
perplessa e
guardinga.
“Molto
lieto.” Le offrì un sorriso cordiale,
che lo rese anche attraente, nonostante il suo aspetto suggerisse che
doveva
essere stato in mare per molti giorni. Prese la sua mano libera e se la
portò
alle labbra, baciandole lievemente le nocche. Lei non dubitò
che avesse
successo con le donne, proprio come Killian. La luce del sole brillava
nei suoi
occhi azzurri e gli faceva risplendere i capelli castani.
Però
le dita erano fredde. Gelide. Milah lottò
contro l’impulso di ritrarre la mano.
Killian
non si accorse di nulla. “Vieni. Devi
dirmi ogni cosa.”
“Ricordo
che... quando mi sono destato ero su
un’isola. Un’isola deserta.”, disse Liam,
dopo aver mangiato quello che il
cuoco aveva preparato per lui. Aveva indossato la vecchia divisa della
Marina
che Killian aveva conservato. “Lontano da tutti. Non avevo
idea di come fossi
giunto fino a lì. Sapevo solo che... ero solo.”
“E
poi?”, chiese Killian, ansioso di conoscere
il resto.
“Passai
moltissimo tempo su quell’isola. Infine
arrivò una nave. Mandai dei segnali e l’equipaggio
attraccò per soccorrermi. Mi
accettarono a bordo, sapendo che ero un uomo di mare e che potevo
essere utile.”
Liam si sforzava di ricordare ogni particolare. Aggrottò la
fronte. “Pensavo
che sarei riuscito a tornare da te, Killian. Ne ero sicuro.”
Lui
non lo interruppe.
“Ma
ben presto gli uomini dell’equipaggio
iniziarono a... vedere delle cose. Avevano delle visioni... non
riuscivano più
a dormire. Caddero preda dell’isteria. Allora capii dove ci
trovavamo. Navigavamo
nel territorio del Leviatano.”
“Il
mostro vi attaccò?”
“Sì.
Una notte si gettò contro la nave e la distrusse.
Fui l’unico che riuscì a salvarsi.”
“Killian?”.
La voce di Milah costrinse Liam a
fermarsi. Scese due gradini e si sporse. “Ho bisogno di
parlarti.”
“Che
succede?”, domandò Killian,
raggiungendola. “Il mostro?”
“Non
l’hanno ancora avvistato. Non sono qui per
parlarti del mostro.” Salì sul ponte, in modo che
lui la seguisse. Quando
furono abbastanza distanti e fu certa che Liam non potesse sentirli,
gli prese
una mano, stringendola saldamene fra le sue. Lo guardò
dritto negli occhi, perché
voleva che la ascoltasse. Sapeva quanto amasse il fratello, quanto
soffrisse ogni
volta che ripensava al modo in cui l’aveva perso. E anche
quel luogo lo sapeva.
Ne era al corrente e aveva creato qualcosa che fungesse da esca.
Killian aveva
abboccato ed ora rischiava di essere trascinato negli abissi.
“Sai anche tu che
quello non può essere Liam. Mi hai raccontato
com’è morto. Mi hai detto di aver
gettato il suo corpo in mare.”
“È
così, ma è chiaro che quell’uomo
può solo
essere Liam. È là, in carne ed ossa.
L’ho toccato. Gli ho parlato. Non potrei
mai sbagliarmi”, le rispose Killian, con voce sicura, ancora
piena di
commozione.
“Killian,
questo posto ti sta tendendo una
trappola. Τi sta usando per averti in suo potere. Non devi
cedere!”
“Sono
d’accordo, capitano.” intervenne Lewis.
“Io ricordo il giorno in cui Liam morì. Vidi il
suo corpo e ciò che il veleno
aveva fatto. Non ci siamo sbagliati. In caso contrario non
l’avremmo mai
seppellito in mare. Tornate in voi, vi supplico.”
“E
come puoi essere certo di non sbagliarti
ora?”, chiese Killian, alzando la voce e lasciando la mano di
Milah. “Forse il
veleno ha solo causato un sonno simile alla morte, che ci ha confusi.
Oppure
una sirena lo ha trovato...”
“Non
dite sciocchezze, capitano. Queste acque
sono infestate dai fantasmi. È così che mietono
vittime! Il vero problema non è
il Leviatano. È il potere che ci circonda. Dobbiamo
andarcene e lasciarci alle
spalle... qualunque cosa ci sia là sotto!”
“Frena
la tua maledetta lingua!”, gridò
Killian, afferrandolo per il bavero. “Su una cosa hai
ragione. Dobbiamo
andarcene. Ed io so già come. So come affrontare quel mostro
che ha tanta
voglia di prendersi noi e questa nave.”
“Killian...”,
ricominciò Milah.
“Tornate
ai vostri posti!”, la interruppe
bruscamente, guardandola con una rabbia tale che lei, per un attimo,
non lo
riconobbe. “Il mostro si farà vedere presto.
Τutte le conversazioni sono rimandate
a quando avremo abbandonato queste diaboliche acque!”
Oltretomba. Oggi.
-
L’ingresso è qui? – esclamò
Regina, quando ebbero raggiunto il luogo che
nascondeva l’entrata alle prigioni sotterranee di Ade.
-
È
la casa dell’Oscuro. – disse Lily, riconosciuto
l’edificio.
-
Beh, l’ubicazione cambia spesso. Ma da quando Emma Swan
è morta... l’ingresso è
qui. – rispose Tremotino. Li condusse lungo il viale, fino
alle scale e poi
dentro casa.
L’Oscuro
aveva provveduto a spiegare a Milah chi fosse la donna che stavano
andando a
salvare.
-
Quindi Emma Swan è stata l’amante di mio figlio...
e anche tua. – aveva
concluso, fissando Killian, trasecolata.
-
Sì, beh, io... – aveva cercato di dire Killian,
non molto sicuro di ciò che gli
sarebbe uscito di bocca.
-
E
non è finita, mia cara. – Non contento, Tremotino
aveva snocciolato rapidamente
l’albero genealogico. - Lascia che ti presenti Regina,
cioè la donna che ha
terrorizzato la Foresta Incantata per anni perché desiderava
la testa di una
ragazzina su un piatto d’argento. Ragazzina che poi ha
generato... Emma Swan. A
cui Regina ora tiene molto, vero? Hanno anche un figlio.
Cioè, tuo nipote.
Henry.
Milah
era apparsa sconcertata.
-
Era proprio necessaria questa presentazione? – aveva
domandato Lily.
-
E
lei è Lilith, naturalmente. Ovvero colei che ha ucciso Emma.
Ora
Killian
scrutava l’ambiente in penombra in cui Emma era vissuta da
Oscura. C’era
un’unica cosa diversa rispetto alla casa che ricordava. La
culla. La culla con
gli unicorni che tanto le piacevano. Una culla che appariva vecchia,
piena di
ragnatele, abbandonata. Come Emma, molto tempo fa. Per terra,
c’erano degli
orsacchiotti di pezza. Ad uno di essi mancava un occhio.
Lily
si avvicinò, sfiorando uno degli unicorni sospesi sopra la
culla.
-
La
porta che conduce nello scantinato. – disse Regina, evitando
di guardare la
culla. Si concentrò sulla porta chiusa dal pesante
chiavistello. L’ultima volta
che l’aveva varcata aveva scoperto Excalibur nella sua
roccia, le corde che
avevano legato i polsi di Tremotino, mentre Emma cercava di tramutarlo
in un
eroe dal cuore puro.
Regina
l’aprì. Ovviamente c’era un incantesimo
di protezione, che impediva a chiunque
di oltrepassare la soglia.
-
Direi che c’è una barriera. Cosa dobbiamo fare?
– domandò, rivolgendosi a
Tremotino.
-
Basterà prenderci per mano. – rispose lui.
Allungò la sua, offrendola a Milah.
Lei
guardò la mano tesa, riluttante. Si voltò verso
Killian, che le sorrise e le
porse l’unica mano che gli era rimasta. Le sorrise come le
aveva sorriso il
giorno in cui si erano conosciuti, in una taverna della
città in cui viveva con
Tremo e Baelfire. Lui, un pirata che l’aveva salvata da un
ubriaco molesto.
Lei, una donna che aveva appena inviato il marito zoppo e che tutto il
villaggio considerava un codardo dal guaritore, perché lo
uccidesse e prendesse
la pozione in grado di guarire Baelfire, morso da un velenosissimo
serpente. Una
pozione che costava cento monete d’oro, troppo per gente
umile come loro.
Milah
ricambiò il sorriso e gliela strinse. Poi prese quella
dell’ex marito. Tremo
diede l’altra a Regina e lei, a sua volta, strinse quella di
Lily.
Varcarono
la soglia senza incontrare ostacoli. La porta si chiuse di colpo alle
loro
spalle.
-
Beh,
ha funzionato. – commentò Regina.
-
Già. – rispose Tremotino. – Un altro
passo verso il centro dell’inferno.
In mare aperto. Leviathan Shoals. Trecento anni
fa.
“Ecco
a cosa ho pensato.”, disse Killian al
fratello, mentre la Jolly Roger scivolava lentamente su quelle infide
acque.
Lewis era al timone e fissava il mare con gli occhi spalancati.
“Nel migliore
dei casi avremo un paio di colpi per uccidere quella belva maledetta.
Non
possiamo sbagliare. Non avremo tempo di sparare una seconda
volta.”
Gli
uomini si davano da fare sul ponte. Alcuni
avevano usato una scialuppa per raggiungere l’imbarcazione di
Liam. Milah era
con loro e lanciava spesso occhiate alla nave come per assicurarsi che
Killian
stesse bene e che Liam non si fosse trasformato in un mostro con cento
braccia
e dieci occhi. Più avanti, le nebbie verdastre si erano
fatte più dense.
Stavano andando dritti verso quel banco.
“Consideralo
già fatto”, rispose Liam al
fratello, sorridendo.
“Il
mostro ha una certa fama. Ma secondo le
storie di Lewis, attacca solo una preda alla volta e non è
molto veloce. Quindi
se saremo in due a tenergli testa...”
“Avremo
qualche chance di metterlo fuori
combattimento.”
“E
di potercene andare da questo posto.”
Milah
li raggiunse. “La polvere da sparo è
pronta.”
“Bene,
tesoro.” Killian le diede un bacio.
Liam
si diresse verso la scaletta, gettata
lungo la fiancata della nave. Raggiunse la scialuppa e dopo qualche
istante era
già a bordo dell’altra barca.
“Buona
fortuna, fratello. Fai attenzione.”, gli
raccomandò Killian, appoggiandosi alla balaustra della Jolly
Roger. “E ricorda:
potrai anche essere il capitano di un’altra nave, ma sarai
sempre al mio
fianco.”
Liam
sollevò un sopracciglio e sogghignò.
“Esageratamente
sdolcinato persino per un pirata come te, o sbaglio?”
“Oh,
parla quel fratello maggiore a cui piace
scherzare su qualsiasi cosa!”.
“Allora
dammi retta, perché questo non è
affatto uno scherzo: non farti mangiare vivo da questo mostro. Abbiamo
bisogno
di te. E proteggi la tua donna!”
Milah
non rispose. Andò ad affiancare Lewis al
timone.
La
Jolly Roger proseguì spedita verso il banco
di nebbia. Killian scrutò il mare attraverso il binocolo.
Ogni tanto spostava
lo sguardo sul fratello per accertarsi che fosse ancora là,
che non si fosse
dissolto. Una parte della sua mente gli ricordava di continuo il modo
in cui
Liam era morto, il corpo rigido, senza vita, immobile tra le sue
braccia. Una
voce gli ricordava il peso di quel corpo, il sudario che lo aveva
avvolto, il
battito cardiaco assente. Il respiro interrotto.
Eppure
lui era con loro. Era vivo e presente.
In carne ed ossa. Aveva ricordi che solo Liam poteva avere. Gli occhi
azzurri
brillavano di vita. Aveva scherzato come un tempo.
Milah
non osava nemmeno avvicinarsi a lui...
“Killian!
Laggiù!”, gridò la sua compagna, ad
un certo punto.
Il
capitano sbirciò nel binocolo e vide la
creatura di cui tanto parlavano le storie che aveva udito nelle
taverne.
Si
sollevò lentamente. Dapprima emerse la
schiena corazzata, munita di una cresta rossa. Poi gli uomini scorsero
la coda
da pesce che sbatteva fra le onde. Infine la testa si levò,
provocando un
piccolo maremoto. Assomigliava ad un drago, ma senza zampe
né ali, con il corpo
da serpente lungo almeno dieci metri. Dove un drago avrebbe avuto le
ali, lui aveva
quattro paia di tentacoli.
“Lewis!
Dobbiamo circumnavigare il mostro.”,
ordinò Killian.
Il
nostromo girò il timone tutto a destra.
Aveva le mani scivolose e la testa pelata imperlata di sudore. Milah
guardò il
Leviatano spalancare l’enorme bocca, mostrando due file di
zanne. Lanciò una
specie barrito, ansioso di ingoiare le sue prede in un solo boccone.
La
Jolly Roger virò a destra, mentre
l’imbarcazione di Liam mirò al fianco sinistro
della belva.
“Liam,
ora! La polvere da sparo!”, gridò
Killian, sovrastando il ruggito e le grida dei suoi uomini, investiti
da
un’ondata d’acqua riversatasi sul ponte.
Un
tentacolo avvinghiò la nave pirata in un
abbraccio mortale. Il legno scricchiolò orribilmente. Milah
sguainò la
sciabola, corse verso il braccio del mostro e prese ad affondarvi la
lama, una,
due, tre volte, mettendoci tutta la forza che aveva in corpo. Schizzi
di sangue
nero le imbrattarono gli abiti e le mani. Altri le diedero una mano,
usando le
armi che avevano a disposizione.
Liam
accese la miccia e usò la fune elastica
legata all’albero maestro come una fionda.
Il
primo colpo andò a segnò. La polvere da
sparo raggiunse la schiena della belva ed esplose. Il Leviatano
lanciò un
strillo lacerante e la sua coda sferzò l’acqua da
una parte all’altra. Scosse
la testa furiosamente. Il tentacolo allentò la presa, ma non
mollò.
“Funziona,
Liam! Fallo di nuovo!”, urlò
Killian, occupandosi del timone e guidando la nave lungo il fianco del
mostro.
Perse di vista l’imbarcazione di Liam.
Sconcertato
dall’attacco, il Leviatano spostò
l’attenzione sulla piccola barca da cui era venuto
l’assalto. Liam guardò nella
bocca nera. Fissò i grandi occhi gialli e feroci, il piccolo
corno che spuntava
al centro della fronte.
Poi
sganciò il secondo colpo. L’esplosivo
finì
dritto nella bocca dell’essere e scoppiò.
Oltretomba.
Oggi.
La
barca raggiunse l’altra sponda.
Ormai
erano vicinissimi al covo di Ade. Tremotino avvertiva
l’enorme potere
sprigionato da lui e dalle prigioni. Sulle pareti rocciose della
caverna
riecheggiavano i sussurri e i lamenti delle anime che non trovavano
pace ed
erano costrette a vagare in quel fiume.
Lily
era pallida e osservava, ipnotizzata, le figure informi muoversi
nell’acqua. Indifese.
Creature private del guscio, non più fatte di carne, ma di
filamenti luminosi
saldamente intrecciati fra di loro. Riusciva a percepire Emma. Sapeva
benissimo
che era lì da qualche parte. Non nel fiume. No. Vicina. Ma
non nel fiume.
Regina
era concentrata su ciò che dovevano fare. Sedeva,
meditabonda e all’erta.
Aspettandosi brutte sorprese. Una mano stringeva il bordo della barca.
La mente
ignorava i sospiri delle anime perdute e vagava in cerca di Emma.
Killian,
accanto a Milah, riscopriva sensazioni che aveva dimenticato,
relegandole in
qualche angolo buio dentro di sé. Ricordò
com’era passeggiare con Milah sul
ponte della Jolly Roger, averla vicino mentre guidava la nave.
Ricordò il
giorno in cui le aveva insegnato a manovrare il timone, il modo in cui
lei
sorrideva, il modo in cui il sole si rifletteva nei suoi occhi azzurri,
il modo
in cui il vento le scompigliava i riccioli neri.
Milah
non aveva voluto abbandonarli, una volta superato l’ostacolo
della barriera
magica.
Quando
scesero dalla barca, Killian le porse la mano per aiutarla. Lei la
prese, stringendo
forte le dita e sfiorando uno degli anelli.
Τremotino,
al contrario degli altri, non si mosse. Rimase seduto con le mani in
grembo. –
Io non abbandono la barca.
-
Cosa? Perché? – chiese Regina, girandosi di
scatto.
-
Non possiamo perderla. Siamo molto vicini al covo di Ade e lui potrebbe
giocarci qualche brutto scherzo. – si giustificò
lui.
-
E
cosa farai? Se Ade cercasse di distruggere la barca, riusciresti a
tenerlo a
bada? – Regina faticava a credere alle sue orecchie. La
verità era che conosceva
fin troppo bene quell’uomo e avvertiva anche il minimo
cambiamento
nell’inflessione della sua voce. Qualcosa lo turbava. Non
aveva idea di cosa
fosse, ma c’era. Era... qualcosa di poco chiaro che
sfrecciava avanti e indietro
nel suo sguardo.
-
Non
so se posso. Ma ci proverò. Anche io sono immortale.
– rispose Τremotino, senza
alcuna esitazione. – E in questo posto potrebbe non esserci
solo Ade, ma anche
qualcos’altro.
Lily
si avvicinò all’imboccatura del tunnel che
conduceva nelle prigioni e si affacciò,
tendendo le orecchie per udire qualsiasi rumore. Le parve di udire
delle
voci... o, più che voci, lamenti lontani, simili a quelli
delle anime senza più
alcuna via di scampo. – Dobbiamo sbrigarci.
-
Sì. Andate. Se lui rimane... allora rimarrò qui
anch’io. – disse Milah, rivolta
a Tremotino.
-
Milah, no... – intervenne Killian. – Non
è sicuro.
-
Proprio perché so che non è sicuro intendo
restare. – ribatté lei. Allungò una
mano per posargliela sulla guancia. – Non preoccuparti per
me. Vai a salvare Emma.
Killian
sapeva che non era semplice discutere con Milah. Non era una donna che
voleva
essere protetta. Aveva l’impressione che il suo tono fosse
diverso, più dolce,
ma pur sempre deciso.
-
Ti
aiuterò ad andartene da questo posto. –
asserì Killian. – Ti aiuterò a trovare
la via migliore, quella... quella che ti porterà da Bae.
Milah
sorrise. – Vai, ora. Se dovesse succedere qualcosa... mi
metterò ad urlare.
-
Com’è?
– domandò Milah poco dopo, quando il pirata,
Regina e Lily furono spariti nelle
tenebre del tunnel.
Τremotino
si chiese se la sua ex moglie gli stesse domandando com’era
essere ancora
l’Oscuro o se si stesse riferendo ad altro. Non rispose
subito.
-
Nostro nipote. Com’è? – aggiunse.
-
Oh. Henry... beh, lui è... un ragazzo intelligente.
– Sfuggì il suo sguardo e
spostò gli occhi sulle acque del fiume. –
Τi ricorderebbe Bae, se lo
conoscessi.
-
Sì... mi piacerebbe conoscerlo.
Restarono
in silenzio per un po’. La barca ondeggiava sotto di loro.
-
Riguardo alle tue faccende in sospeso... –
cominciò Τremotino. – Non so se
riguardino Killian Jones, ma...
-
Le
mie faccende in sospeso non riguardano affatto Killian. – ci
tenne a precisare
Milah.
-
E
allora...?
-
Baelfire. Nostro figlio. – Il dolore parve dilatarsi dentro
di lei. Era come
una vecchia ferita di guerra, come un frammento di vetro nella carne
che
cercava di aprirsi un varco verso la superficie. Ade l’aveva
tormentata molte
volte con quei ricordi. L’aveva tormentata quando era giunta
negli Inferi.
L’aveva tormentata in quelle prigioni dove ora stava
tormentando anche Emma
Swan. Fisicamente e mentalmente. E la tortura non era terminata quando
ne era
uscita. Spesso vedeva il viso di Baelfire in uno dei bambini che
attraversavano
la strada. Udiva la sua voce in quella di qualche ragazzino che si
rifiutava di
dar retta ai suoi segnali. - Avrei dovuto proteggerlo, esserci per
Bae... e
non... non riversare su di lui l’odio che provavo per suo
padre. Sono stata
egoista.
Τremotino
non disse nulla.
-
Ho
sbagliato tutto. E pensavo che se fossi riuscita a fare... qualcosa di
buono,
di altruista... allora sarei riuscita ad andarmene e a rivederlo.
-
Quindi vuoi andare avanti?
-
Sì. Voglio andare da lui e dirgli... ‘figlio mio.
Mi dispiace per quello che ho
fatto. - Sentiva spuntare le lacrime e le mani le tremavano
terribilmente.
Lui
annuì, comprensivo. – Τi
perdonerà.
Milah
lo fissò, incerta.
-
È
riuscito a perdonare me, quando mi ha ritrovato da adulto. Ed io... ho
commesso
parecchi errori. Farà lo stesso anche con te. –
Intrecciò le dita. – Spero solo
che non ci mettano troppo. Dovunque sia Emma Swan se la
starà passando male.
-
Già.
E... ho l’impressione che Killian non sia l’unico a
volerla salvare.
Non
la contraddisse.
-
Sembra che lo vogliano un po’ tutti. Anzi... sembra una gara
a chi la salva per
primo.
-
Acuta come sempre. – Sorrise.
In
alto mare. Leviathan Shoals. Τrecento anni
fa.
Il
secondo assalto di Liam aveva ferito forse gravemente
il Leviatano, che strepitò come un ossesso, agitando la
grossa testa di qua e
di là, contorcendosi, dimenandosi e rigettando dalla bocca
fumo e ondate di
sangue nero come pece. Lo stesso sangue che aveva imbrattato gli abiti
di Milah
e il ponte della sua nave.
Killian
osservò il mostro, allontanandosi
sempre più da esso. Lo guardò mentre lanciava un
ultimo, agonizzante grido e
poi ricadeva in acqua, sprofondando nelle acque scure che aveva
abitato. Probabilmente
non sarebbe morto. Era possibile che la magia di quel luogo lo guarisse
e che
un giorno tornasse a dominare i mari... ma quella bestia lenta e goffa
aveva
almeno lasciato perdere la Jolly Roger.
Quando
anche l’orribile tentacolo si ritirò,
affondando negli abissi, gli uomini urlarono di gioia, sollevando in
alto le
spade.
“Liam!”,
gridò Killian. “Liam, abbandona la
nave!”
Il
fratello era ancora a bordo
dell’imbarcazione. Al centro di essa, ciò che
restava della polvere da sparo
aveva preso fuoco ed ora le fiamme stavano intaccando
l’albero maestro. Liam si
era tolto la giacca blu e la sventolava senza successo contro il fuoco.
“Liam!
Fa presto!”, urlò di nuovo Killian.
“Sei
impazzito?”, rispose lui, a gran voce.
“Non posso farlo! Porebbe esserci un altro mostro ad
aspettarmi! Queste acque
sono infide!”
Lewis
si avvicinò alla fiancata della nave,
insieme al resto della ciurma. Milah rimase dietro a Killian. Il fuoco
attecchì
e invase il ponte della piccola barca di fortuna che aveva restituito
Liam al
fratello minore.
“Allora
ti manderemo una scialuppa. Lewis...” prese a dire Killian.
“No,
Killian. I mostri si fanno beffe delle tue
scialuppe!”, esclamò Liam, indietreggiando per
evitare che le fiamme lo
divorassero. “Avvicinati con la Jolly Roger. Sarà
più facile. Vieni a
prendermi...”
“Non
fatelo, capitano.”, disse Lewis,
afferrando Killian per la giacca di pelle. “Vi prego,
pensateci. Si tratta
chiaramente di un tranello. Quello non è Liam
Jones!”
L’uomo
sulla barca gridò il nome di Killian. Lo
supplicò di salvarlo.
“Non
ho chiesto la tua opinione, Lewis.”, gli
rispose Killian, guardandolo da sopra la spalla.
“Forse
no, capitano. Ma parlerò comunque.”,
replicò il nostromo. “Conoscevo Liam Jones. Non
bene quanto voi, che siete suo
fratello, ma lo ricordo come un uomo che non temeva quasi niente. Liam
Jones si
sarebbe buttato, a costo di dover affrontare un mostro marino.
Lui...”
“Hai
ragione, Lewis. Non lo conoscevi quanto me.”,
lo interruppe Killian, con un gesto secco della mano. “Quindi
questa decisione
non spetta a nessuno, se non al capitano della nave.”
Liam,
o chiunque vi fosse su quella barca,
lanciò un altro grido. La sua voce era irriconoscibile, resa
stridula dalla
paura. Milah lo vide rintanarsi a poppa e sventolare ancora la giacca,
come uno
scudo contro le fiamme. Chiamava il nome del fratello. Lo implorava di
aiutarlo, di non abbandonarlo di nuovo.
“Mi
hai già lasciato una volta, Killian!”,
urlò
Liam. “Non lasciarmi ancora, ti prego!”
Killian
lottava contro se stesso. Strinse i
denti così forte da farsi male.
Oltretomba.
Oggi.
-
Emma!
– gridò Lily, emergendo alla fine del tunnel.
Correva a perdifiato e, per poco,
lo slancio non la proiettò in avanti, dritta nelle acque del
Fiume delle Anime
Perdute.
Il
marciapiede finiva pochi passi dopo l’uscita. Lilith
frenò appena in tempo,
trovandosi in bilico sull’orlo.
C’erano
due piattaforme sospese sopra il fiume. Entrambe erano collegate al
punto in
cui si trovavano loro da due travi sottili e pericolanti. Emma
penzolava priva
di sensi, pesta e sanguinante, con un doppio giro di catena intorno al
busto.
L’argano che la sosteneva la calò ancora
più in basso e parte delle sue gambe
sparì nella botola aperta al centro della piattaforma,
avvicinandola ancora di
più alla sua fine.
-
Liam? – mormorò Killian, sconvolto.
L’altro
prigioniero era agganciato all’argano proprio come Emma.
Anche lui era ferito,
ma era cosciente e agitava le gambe, combattendo contro le catene che
lo
tenevano imprigionato. La sua camicia era strappata e così
anche i vecchi
calzoni che indossava.
-
Killian, sei tu?
-
Non ti muovere. – disse Regina. – Potrebbe essere
un inganno di Ade.
Lily,
invece, si mosse e posò un piede sulla trave, valutando se
poteva reggere il
suo peso.
-
Lily, aspetta...
-
Non ho la minima intenzione di aspettare! Dobbiamo pensare ad Emma!
Sia
Liam che Emma scesero ancora di mezzo metro. Ormai erano a due metri
dalle
acque del fiume.
Esplose
una risata sprezzante, che sembrava provenire da ogni punto delle
prigioni e da
nessun punto in particolare.
-
Che bello vedervi, miei cari e poco graditi ospiti! Benvenuti nel mio
umile
covo.
-
Dove sei?! – gridò Killian, facendo un giro su se
stesso.
-
Oh, ma io sono qui! Sono ovunque. Questo è il mio regno.
– La voce tuonava, riecheggiando
e frammentandosi. - Noto con piacere che avete trovato ciò
che cercavate.
Regina
formò una sfera di fuoco con la magia.
-
Non è necessario, Maestà. Non siete qui per
combattere. Siete qui... per
scegliere. Mi sembra chiaro, del resto.
-
Scegliere?
– chiese Killian, continuando a spostare gli occhi da Emma a
Liam.
-
Vuole che salviamo solo uno di loro. – mormorò
Regina, parlando più a se stessa
che al pirata. Le si chiuse la bocca dello stomaco.
-
E
noi li salveremo entrambi, invece! Che provi a fermarci! –
esclamò Killian,
incollerito.
-
Non ho bisogno di fermarvi. – rispose Ade, improvvisamente
annoiato. – Se
cercherete di salvarli entrambi, entrambi precipiteranno nel Fiume. E
voi
precipiterete con loro.
-
Ma
se cerchiamo di salvarne uno solo, condanneremo l’altro, non
è così? – domandò
Regina.
Un’altra
risata. – Maestà... adoro la vostra intelligenza.
In
alto mare. Leviathan Shoals. Trecento anni
fa.
“Killian!”,
gridò di nuovo Liam. “Killian,
fratello... ti prego, aiutami. Rimani con me. Rimani ancora un
poco!”.
Il
fuoco aveva invaso la barca. L’albero
maestro si era ripiegato su se stesso ed era crollato.
“Killian!”
“Lewis,
mettiti al timone.”, ordinò il capitano.
“Capitano,
io...”
“Mettiti
al timone, ho detto!”, ribatté. “Se
c’è una cosa che dobbiamo fare subito
è... andarcene da qui. Dobbiamo lasciare
questi luoghi più in fretta che possiamo.”
Milah
capì che Killian stava buttando fuori
quelle parole compiendo un terribile sforzo. Era pallido, aveva gli
occhi
iniettati di sangue e la fronte aggrottata nel tentativo di ignorare le
grida
agonizzanti. Lei allungò una mano per afferrare la sua.
La
Jolly Roger distanziò la barca.
Oltretomba.
Oggi.
-
Sta mentendo. – suggerì Killian, riferendosi alle
parole di Ade.
-
Vuoi metterlo alla prova? – chiese Regina.
Lily
non si curò di loro e salì sulla trave che li
collegava alla piattaforma. Essa
sembrò reggere il suo peso.
-
Lily, fermati. – disse Regina, mentre Emma e Liam venivano
calati ancora un po’
più in basso, sempre più vicini al Fiume delle
Anime Perdute.
-
Non ci pensare neanche. Io vado a salvare Emma. Voi restate pure
là a
rimuginare. – le rispose Lily, muovendo un altro, cauto passo
verso la
piattaforma. Barcollò. Ritrovò
l’equilibrio usando le braccia e si piegò
leggermente sulle ginocchia, ma continuava a fissare, decisa, la
persona che
voleva raggiungere.
-
Non fare un altro passo! – esclamò Killian,
paonazzo. Si sentiva in bilico tra
due forze. Una lo tirava verso il fratello e l’altra verso
Emma. Il piede
destro puntava verso Liam ed era pronto a scattare per prenderlo prima
che
cadesse, l’altro era in procinto di balzare verso Emma.
Ricordò quel giorno di
centinaia di anni prima, quando la sua nave aveva solcato le acque
abitate dal
mostro noto come il Leviatano. Là aveva trovato un uomo
identico a Liam. Un
uomo che altro non era che un trabocchetto ordito da quei luoghi pieni
di magia
oscura. Ma l’uomo appeso sopra il Fiume non era una visione.
Non era un
fantasma. Era Liam. Era lì e lo era da chissà
quanto tempo.
Regina,
a sua volta, moriva dalla voglia di fare ciò che stava
facendo Lily. Poco le
importava del fratello di Capitan Mascara. Lei sapeva
di dover salvare Emma. Ma avvertiva anche la voce della
coscienza, insieme al sangue che le rombava nelle orecchie.
Lily
continuò la traversata, lentamente. E intanto pensava a
quanto avesse sempre
odiato l’acqua. Era a stento capace di nuotare. E se fosse
precipitata non
sarebbe semplicemente affogata, ma si sarebbe trasformata in un guscio
vuoto e
informe, destinato a vagare senza posa. Una goccia di sudore le
scivolò lungo
la guancia. Emma mosse leggermente le dita delle mani.
-
Killian... – disse Liam, ad un certo punto. –
Lascia perdere me. Prendi Emma!
-
Una volta ho potuto solo guardarti morire. –
replicò Killian. – Non accadrà di
nuovo!
Lily
era giunta a metà del suo percorso. Barcollò
ancora. Riuscì a restare in
equilibrio sulla rave. Una scossa improvvisa riverberò lungo
le pareti della
caverna e lei, per qualche secondo, credette di vedere
l’antro ripiegarsi su se
stesso. Era solo un’illusione, ma la costrinse a chiudere gli
occhi e ad
aggrapparsi saldamene alla trave con le mani, mentre un piede slittava.
-
Lascia che lo faccia, Killian. Lei può essere salvata. So
che siete venuti per riportarla
indietro. – tornò a dire Liam. Ormai era ad un
metro appena dall’acqua. La sua
voce non suonava rassegnata e nemmeno impaurita, come quella del
fantasma che
l’aveva implorato di non andarsene. Era una voce ferma e
solida come le catene
che gli cingevano il busto.
-
Possiamo
salvare entrambi da questa fine.
-
No, fratello. E lo sai. Se ci proverai, sarà finita per
tutti e due. E anche
per voi.
Emma
gemette e sollevò leggermene la testa.
-
L’unico modo che ho per farmi perdonare... è
pagare il prezzo delle mie colpe.
– continuò Liam. Ora sembrava che stesse parlando
più a se stesso che a
Killian. – Non lascerò che Ade ti trascini dove
vuole spedire me.
-
Perdonare? – Killian era confuso. – Non hai niente
di cui farti perdonare!
-
Invece sì. Ho commesso degli errori, Killian. Non hai
nemmeno idea di quali
errori...
Il
meccanismo si rimise in moto. Lily aveva quasi raggiunto Emma e
più lei si
avvicinava, più Liam scendeva verso il Fiume. Emma, invece,
sembrava ancora nel
medesimo punto di pochi minuti prima.
-
Non mi interessano! Qualsiasi cosa tu abbia fatto, non importa.
-
Degli uomini sono morti per causa mia, Killian. – Liam non
fece caso alle sue
parole. I suoi ormai sembravano più ordini, che semplici
richieste. - Questo è
il sacrificio che avrei dovuto fare molti anni fa. Salva Emma.
Lily
saltò sulla piattaforma. Regina non perse altro tempo e la
seguì, camminando
lungo la trave pericolante.
-
Liam...
-
Spero che tu possa perdonarmi.
Una
nuova scossa fece perdere l’equilibrio a Regina, che si
slanciò in avanti e
riuscì ad aggrapparsi al bordo della piattaforma. Lily
afferrò Emma per la
giacca, portandola in salvo. Caddero insieme.
Le
catene che cingevano il corpo di Liam si sciolsero e lui
precipitò nel Fiume.
Killian
gridò.
Le
acque si chiusero per sempre sul fratello.
In
alto mare. Leviathan Shoals. Τrecento anni
fa.
Le nebbie verdi che avevano protetto il mostro
e la barca in fiamme erano scomparse dietro di loro. Il cielo era
limpido e
punteggiato di stelle. Nessuna nuvola all’orizzonte.
Killian
rimirava il mare, cercandovi conforto
come faceva spesso.
“Ci
avete salvati, capitano.”, disse Lewis,
accostandosi a lui. “Pensate solo a questo. Non avevate
scelta.”
“Lo
so bene.”, rispose Killian, senza
distogliere lo sguardo dalle onde. Milah era accanto a lui, ma non
diceva
niente. “Vorrei solo essere... davvero sicuro di non aver
abbandonato mio
fratello.”
“Non
l’avete fatto. Liam riposa in pace. Ed è
fiero di voi, ne sono certo.”, affermò Lewis, con
sicurezza.
Milah
guardò Killian spostarsi verso la prua della
nave e decise di lasciarlo solo per un po’. Il capitano della
Jolly Roger
estrasse la fiaschetta di rum dalla tasca della lunga giacca di pelle e
la levò
al cielo, immaginandosi il sorriso di Liam, che avrebbe volentieri
bevuto
insieme a lui, buttando in mezzo alla conversazione qualcuna delle sue
battute.
“Ovunque
tu sia, Liam, possano le stelle guidarti
verso un posto migliore.” Bevve, godendosi il sapore del rum
che gli scivolava
in gola. “Un giorno ci rivedremo. Fino ad allora... il tuo
spirito sarà con
me.”
Quella
notte, Killian sognò di galleggiare in
mezzo al mare. Andava a fondo, lentamente, e non c’era
nessuno che potesse aiutarlo.
Sprofondò negli abissi, ma nel farlo non ebbe alcuna paura.
Vide
una sirena nuotare vicino a lui. Il sogno
non gli permise di distinguerne i lineamenti.
Killian
si aggrappò alla sua coda ed ella,
invece di riportarlo in superficie, lo trascinò con
sé, ancora più in fondo.
Oltretomba. Oggi.
Emma
aprì gli occhi, mettendo lentamente a fuoco Lily, che
l’aiutò a tirarsi un po’
su. Regina accorse, cadendo in ginocchio accanto a loro.
-
Voi... – mormorò Emma. –
Perché siete venute? Vi avevo detto di andare via!
-
Hai davvero creduto che ce ne saremmo andate senza di te? –
chiese Lily. Non si
era mai sentita così sollevata in vita sua. Anche se Emma
aveva un aspetto
tremendo, anche se non osava nemmeno immaginare cosa le avesse fatto
passare
Ade, anche se non erano nemmeno a metà del cammino che le
avrebbe condotte a
casa, era felice di rivederla. Felice che sembrasse così
concreta, che i suoi
occhi avessero ancora la stessa luce, pur essendo lucidi e arrossati.
-
L’ho sperato. – rispose Emma.
Regina
allungò una mano per scostarle qualche ciocca di capelli dal
viso pieno di
sangue. Le dita tremavano, consapevoli di quello che stavano per fare.
Ma non
aveva la forza di controllare i suoi impulsi.
Una
risata scoppiò. Dapprima una risata sommessa e divertita,
che poi salì, si
spaccò in un chiocciare secco così come si
disgrega un masso di una roccia
friabile.
Ade
comparve in cima alla piattaforma sulla quale era rimasto sospeso Liam
Jones.
Un uomo in abito da sera, che si aggiustò la cravatta
bordeaux quasi fosse un
gesto assolutamente normale in quelle prigioni. – Oh, ma che
sorpresa! Siete
riusciti a prendere una decisione. Beh, Lilith, tu non hai mai avuto
dubbi... e
nemmeno voi, Maestà, vero?
Regina
si preparò ad affrontarlo. Era una divinità e
dubitava di poter vincere contro
di lui, ma si mise comunque davanti ad Emma.
Il
corpo del Signore degli Inferi iniziò a brillare. Una scia
di fiamme azzurre
scaturì dalla punta delle sue dita e dai suoi capelli. La
spirale lo circondò,
vorticando come una grande stella filante. Persino gli occhi si
illuminarono,
riversando fuoco azzurro. A Regina quel colore ricordò
quello degli occhi di
Zelena.
-
Che cosa diavolo succede?! – gridò Killian, che
aveva già un piede sulla trave,
pronto a raggiungere Emma.
Regina
vide che Ade stava crescendo in altezza. Nel giro di pochi secondi era
quasi
due metri e non smetteva di ingigantirsi. C’era qualcosa di
pericoloso nella
sua trasformazione. Per quanto non avesse idea di che cosa fosse, aveva
l’impressione di avere un peso sul torace e il peso aumentava
via via che Ade
mutava.
-
Non guardate! – gridò all’improvviso,
girandosi verso Lily ed Emma. – Non
guardatelo per nessuna ragione!
Istintivamente
Lily si voltò dall’altra parte e mise una mano
sugli occhi di Emma, anche se il
potere emanato dalla divinità la stava spingendo a fissarlo.
Regina si
concentrò sulla giacca rossa di Emma, ricordando il momento
in cui l’aveva
appoggiata sul suo petto, prima che il lenzuolo bianco coprisse il suo
corpo
senza vita.
-
Sembrano davvero perdute. – disse Milah, seguendo i movimenti
convulsi delle
anime che vagavano nel Fiume.
-
Sì, lo sono. – disse Τremotino. Si chiese
dove diavolo fossero finiti Regina e
i suoi improbabili alleati. Gli sembrava che fossero via da ore.
Iniziava a
pensare che fossero caduti in qualche tranello inaspettato. Non voleva
pensarlo, non di Regina almeno, che non era di sicuro una sprovveduta.
Allora
udì qualcuno che si schiariva la voce. Ade, comodamene
appoggiato alla parete
di roccia, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni neri, li
fissava.
Milah
non ebbe modo di aprire bocca. Lo stava facendo, prese un respiro
profondo per
gridare il nome di Killian e avvertirlo, come concordato. Sperando che
lui
potesse sentirla...
Τremotino
estrasse il pugnale, fronteggiando il Signore degli Inferi...
Un
secondo dopo, lei batté le palpebre e Ade era svanito nel
nulla.
-
Τremo...
che diavolo è successo? – domandò,
levandosi in piedi, basita. – Ade era qui!
Era proprio qui!
Il
suo ex marito la stava guardando e nella luce che si espandeva nella
caverna
ebbe l’impressione che la sua faccia fosse fatta di pietra.
Era una distesa
rocciosa e dura, impenetrabile. Non c’era segno, nei suoi
occhi, di quella luce
benevola che aveva intravisto quando avevano parlato di Bae sulla
barca, quando
lui le aveva detto che ce l’avrebbe fatta, che
l’avrebbe incontrato, un giorno.
-
Che cosa sta succedendo, Τremotino? –
ripeté, fiutando l’inganno.
Quando
parlò, la sua voce suonò ferma. Gelida, persino.
– Sono diventato l’uomo che
volevi che diventassi. Non ricordi? L’uomo che è
disposto a fare qualsiasi cosa
per ottenere ciò di cui ha bisogno.
Fece
un passo verso di lei. Con una semplice magia, ridusse la barca in
cenere.
Stavolta
Milah gridò. Gridò con tutto il fiato che aveva
in gola. – KILLIAN!
- KILLIAN!
Killian
si mise a correre lungo il tunnel. Regina e Lily sorressero Emma, che
zoppicava
e stringeva i denti ad ogni passo, lottando contro il dolore delle
ferite.
-
MILAH!
Quando
sbucò dall’altra pare, Killian vide il Coccodrillo
sdraiato a terra e piegato
in due.
-
Ade! – gridò l’Oscuro. Puntò
le mani sulle pietre per alzarsi e raccolse il
pugnale. Τremava e sembrava sconvolto.
-
La
barca è sparita. – disse Lily. Teneva il braccio
di Emma intorno alle sue
spalle, per aiutarla.
-
Milah...
– mormorò Τremotino, con voce strozzata.
– Ade... l’ha presa. Non sono riuscito
a fermarlo...
-
Dov’è? Dove l’ha portata? –
chiese Killian, afferrando con rabbia il
Coccodrillo per la giacca.
-
Non lo so! Ha distrutto la barca... – rispose. – Ho
usato il pugnale contro di
lui, ma non è stato abbastanza. Ha detto... che per un
prigioniero che scappa,
un altro deve prendere il suo posto...
A
Killian sembrò che ogni giuntura del suo corpo fosse
bloccata dal gelo e che il
suo corpo stesso avesse non si sa come acquistato peso, ad un punto
tale che se
avesse cercato di fuggire sarebbe affondato e scomparso nella roccia.
-
L’avrà condotta di certo in un qualche altra
prigione. Più sicura, dove non
possiamo arrivare. – disse Regina.
Emma
si accasciò. Era spossata, vedeva il mondo sdoppiato, con i
contorni indefiniti.
Non era che un grumo di dolore e non aveva modo di formulare dei
pensieri
coerenti su ciò che stava accadendo. Liam condannato al
Fiume delle Anime Perdute...
Milah scomparsa...
Killian
accorse. – Swan... rimani con noi. Mi senti?
Lei
annuì. – Mi dispiace tanto...
-
Non è colpa tua, Emma. – disse Regina, con
fermezza. – Ora dobbiamo portarti
fuori da qui. E in quanto ad Ade...
-
Ade la pagherà. – concluse Killian per lei.
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Angolo
autrice:
Hello!
Allora,
allora... precisiamo alcune cose.
Capitolo
incentrato su un personaggio che a me non piace e chi mi legge da un
po’ lo sa.
I
flashbacks non sono farina del mio sacco. Quell’episodio
è una delle storie
raccolte nel fumetto Out of the Past. Si
intitola Dead in the Water. In
realtà, in questa storia, Milah non
c’è, poiché si svolge prima che Killian
la
incontri. Ma ho voluto posticipare l’episodio ed aggiungerla
in modo da
ricollegare i flashbacks al presente.
La
scritta sull’architrave è l’inizio del
canto terzo dell’Inferno di Dante.