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Autore: Stephanie86    28/10/2016    1 recensioni
"La Salvatrice nel mio regno."
Emma trasalì. Un’altra coscienza si accostò alla sua. Ma non era come accostarsi alla mente di Lily, non era come guardare attraverso i suoi occhi. Quella coscienza era incredibilmente vasta. Era prepotente. Ed era potente. Sbirciò e frugò nella sua testa senza troppi riguardi.
"Chi sei? Cosa vuoi?", domandò Emma.
"Sono il padrone di casa, Emma." Di nuovo la risata. Una risata maschile, divertita e sprezzante. "Adesso sei nel mio regno. È un piacere. Ci incontreremo presto. Spero che il posto ti piaccia."

[Seguito della fanfiction The Lost Hero | Swan Queen, Swan Star + altri pairing]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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4

 

“Siamo giunti a un torrente di sangue.
Esso ci porterà a un fiume di uguale fattura, non ne dubito.
E più avanti ancora, a un oceano.
In questo mondo le tombe sono spalancate e nessuno dei morti riposa in pace.”

[Stephen King, La Torre Nera 3: Terre Desolate]

 

 

 

In mare aperto. Foresta Incantata. Trecento anni fa.

 

C’erano delle volte in cui il mare a Killian Jones non sembrava più mare, ma una grande, violenta esplosione di energia e di pericolo, una forza capace di sfoderare una ferocia che solo gli dei potevano mostrare.

Quel giorno le ondate si scagliavano contro le fiancate della Jolly Roger, facendo arrivare gli spruzzi in alto, sull’albero maestro, inondando il ponte e gli uomini della ciurma, impegnati a gridarsi ordini, ad urlare a squarciagola per farsi sentire sopra l’ululato del vento. Le nubi nere erano tagliate da innumerevoli lampi.

Killian era sicuro di non aver mai visto una tempesta simile.

“Che cosa diavolo ci fai ancora qui?! Vai sottocoperta! I cuochi non mi servono!”, gridò, rivolgendosi all’uomo con i capelli rossi, il cuoco di bordo. Era paonazzo, incapace di reggersi in piedi, con gli occhi fuori dalle orbite. Si guardava intorno senza scopo, rischiando di intralciare il lavoro degli altri.

Lentamente eseguì l’ordine del suo capitano, dirigendosi verso la scala che conduceva sottocoperta.

Un tuono rimbombò, fragoroso, sopra le loro teste. Un’onda enorme si schiantò contro la nave.

Milah afferrò il timone della Jolly Roger e cercò di ruotarlo verso sinistra. I capelli neri svolazzavano in balia della tormenta. Il nostromo, un uomo alto e nerboruto, con un paio di lunghi baffi scuri che gli frustavano la faccia, l’aiutò a manovrare.

“Milah, va di sotto anche tu!”, disse Killian, raggiungendoli.

“Non ci penso nemmeno. C’è bisogno anche di me su questa nave.”, ribatté lei. E ovviamente il pirata non si aspettava nulla di diverso.

“Capitano, sta diventando molto difficile governarla!”, urlò Lewis.

“Non è ben assestata. Stiamo imbarcando troppa acqua!”. Killian era furibondo. Ormai aveva gli abiti inzuppati. La pioggia gli scorreva a fiumi sulla faccia.

“È una buona nave, capitano. Ma anche lei ha i suoi limiti.”

“Abbiamo visto di peggio!”

La vedetta si sbracciava, indicando qualcosa che si trovava a nord. Milah si fece passare il binocolo e sbirciò il punto a nord, oltre i cavalloni.

“C’è qualcosa laggiù, Killian!”

Lui prese il binocolo e guardò a sua volta.

Mare. Mare ovunque. Ma le acque che stava ammirando a circa una lega di distanza erano stranamente calme. Un denso banco di nebbia aleggiava su di esse.

“La nostra salvezza. Manteniamo la rotta. Passami quel timone!”, ordinò Killian, prendendo il posto del nostromo, che volle appurare dove il capitano stesse dirigendo la nave.

“Capitano... quella nebbia...”, iniziò Lewis, scettico.

“È verde! Come la faccia del nostro cuoco! Lo so.”

“Sono mari abitati da spettri, capitano. Sono... le acque del mostro marino. Sono segnate sulle mappe...”

Killian vide Lewis impallidire. E il nostromo non impallidiva facilmente. Era un uomo tutto d’un pezzo.

“Ci stai portando direttamente da un mostro marino?”, domandò Milah, non credendo alle sue orecchie.

“Aye, tesoro. È proprio quello che sto facendo.”

 

 
Oltretomba. Oggi.

 

- Non è poi così difficile. – disse Ade, mellifluo. – Si tratta solo di scegliere tre nomi. La vita è fatta di scelte, Salvatrice.

Emma tacque. Osservò il Signore degli Inferi con l’unico occhio buono. L’altro era gonfio e chiuso, incrostato di sangue. Sedeva per terra, con le mani in grembo, mentre lui sostava dietro a tre lapidi nuove di zecca, con uno scalpello in mano. 

- Regina. Che ne pensi di Regina? - suggerì Ade. – Oh, io credo che lei sia... eccezionale. Non hai idea di quante anime mi ha regalato. Un bel bottino. Ma diciamolo... a Camelot non ha fatto proprio un bel lavoro. Ti ha tradita. Pensaci.

Emma non disse una parola. Si chiese se Marian fosse riuscita a raggiungere gli altri. Ade aveva detto che era scappata, ma aveva trovato la sua famiglia?

Aveva detto loro di andare via?

- Vuoi cedermi il tuo pirata? – tornò a dire Ade, avanzando di qualche passo. – Ammetto che non ha buon gusto nel vestire... ma mi piacciono gli uomini con gli occhi azzurri. Mi piacciono... gli occhi azzurri in generale.

Emma restò in silenzio, fissandolo stoicamente. Ade sollevò la mano destra e dalla punta di ogni dito scaturì una fiammella azzurra.

- Tua madre. Devi ammettere che tua madre non ha fatto un buon lavoro. Ti ha abbandonata. Ha rapito e maledetto una bambina...

- Non sono interessata. – commentò Emma, strascicando le parole. - Scriverei... il tuo nome. Posso farlo?

Ade rise di gusto. – Forza! Basta scherzare... qual è il problema? Hai il blocco della scrittrice?

- Non farò... nulla di simile. A nessuno. – precisò.

Una breve pausa.

- Oh. – Lui le venne vicino. – Beh, che dire... l’avevo immaginato. Ma sai... non sono arrabbiato. Sono solo deluso.

Prese lo scalpello e le conficcò la punta in una spalla. Emma gridò.

- E la delusione nel mio caso... può esser ben peggiore della rabbia. – Ade l’afferrò per i capelli, costringendola ad alzarsi. – Quindi penso che tu abbia bisogno di un viaggetto. Non sai prendere una decisione? Ne pagherai le conseguenze. E le pagherà qualcun altro, anche.

Emma non aveva idea di cosa stesse blaterando. Venne trascinata fino ad uno dei fiumi che si dipartivano dalla piattaforma circolare. Sulle acque colorate di verde galleggiava una barca. Ade la sistemò dentro ad essa.

- Nel caso in cui ti venisse sete... fai pure come se fossi a casa tua. Offro io. – Nella mano destra di Ade comparve un bicchiere di vino, che lui levò in alto, quasi volesse fare un brindisi.

La barca cominciò a muoversi. Emma si rese conto di avere la gola riarsa e le labbra secche. Si sporse, provando l’indicibile bisogno di immergere il viso nelle acque calme di quel fiume. La sua fosforescenza era strana, ma la attirava.

Poi udì i gemiti.

I gemiti. I sospiri. I sussurri.

Sotto la superficie, ombre informi nuotavano, agitate, senza posa. I loro contorni avevano un che di umano. I sussurri non erano semplici sussurri, ma grida lamentose. Grida estenuanti di anime che non riuscivano a trovare la via d’uscita. Grida di anime perdute per sempre.

Emma si ritrasse di scatto.

Ade lanciò la sua sprezzante risata.

 

 
- Che cosa state facendo? – domandò Τremotino, entrando in casa degli Azzurri senza bussare.

- Andiamo a cercare Emma, mi sembra ovvio. – rispose Biancaneve, controllando ancora una volta le frecce nel suo arco.

Marian sedeva sul sofà in un angolo, stringendosi nel mantello. Aveva un aspetto migliore rispetto al giorno precedente, quando l’avevano trovata nel bosco, in fuga da un mostro e dal labirinto in cui era rimasta intrappolata per almeno trent’anni. In fuga e recando un messaggio di Emma Swan. Le avevano dato abiti puliti che avevano recuperato da un armadio.

Regina era dalla parte opposta, corrucciata. Si teneva a debita distanza dalla donna che aveva ucciso decenni prima.

David si stava sistemando una pistola a tracolla. Anche Lilith ne aveva una.

- Io non posso avere una pistola? – chiese Henry, in quel momento.

- Non se ne parla nemmeno, Henry. – rispose Regina, come se lui le avesse appena annunciato di volersi gettare nel Τartaro.

- Quindi voi intendete usare quelle armi per entrare nella prigione sotterranea in cui Ade tiene Emma Swan? – disse Τremotino, più che altro domandandosi fino a dove si estendesse l’idiozia di quelle persone. Non era dell’umore adatto per accettare simili sciocchezze. Erano nell’Oltretomba, erano venuti per fare qualcosa che era contrario ad una delle principali regole della magia e si comportavano come se quel luogo non fosse pieno di trappole.

- Hai un piano migliore, Oscuro? – domandò Lily, seccata.

- Oh, sì. Ce l’ho. Forse voi non ci avevate pensato, ma Ade sa che siete qui. Avrà schermato ogni entrata con la sua magia, avrà messo guardiani e tranelli in ogni angolo... non ce la farete mai, così. Abbiamo bisogno di qualcuno che offra la sua aura per oltrepassare gli ingressi. Qualcuno che sia... già morto.

- Io sono già morta. – asserì Marian, alzandosi in piedi. – E, stando a quello che ricordo, due volte. Sono disposta a farlo. Per Emma.

- No. Mi serve l’aura di una persona morta da più tempo. Perché è ancora più forte, milady. E so già a chi rivolgermi.

- Oh, davvero? Perché dovremmo fidarci di te? Sei così ansioso di salvare Emma? – domandò Lilith, avvicinandosi di più e fissando l’Oscuro negli occhi.

Tremotino, a volte, si sorprendeva della caparbietà di quella ragazza. Era stata un Oscuro, sebbene lo fosse stata per poco tempo, eppure non temeva un Oscuro molto più potente, non temeva le conseguenze delle sue minacce. – Diciamo che sono ansioso di andarmene da questo posto. E diciamo che voi non ve ne andrete mai senza il mio aiuto. Per quanto mi riguarda... voglio tornare a casa da mia moglie.

- E chi sarebbe il fortunato che ti concederà la sua aura? – chiese Regina.

- Qualcuno che conosco bene. – Tremotino non volle essere più preciso. - E vi assicuro che si trova qui. Da tantissimi anni.

- E ci aiuterà?

- Puoi venire a vedere con i tuoi occhi, Regina.

- Io verrò sicuramente a vedere con i miei. – asserì Killian, con sicurezza. – Non ti permetterò di giocarci qualche brutto scherzo. È già abbastanza quello che hai fatto vanificando il sacrificio di Emma.

- Come preferite, capitano. – Tremotino non sembrò minimamente toccato dal suo tono. – Anzi, credo che vi farà piacere vedere a chi ho pensato.

 

 
In mare aperto. Leviathan Shoals. Τrecento anni fa.

 

“Bene.”, disse Killian, una volta che la Jolly Roger ebbe superato la tempesta per inoltrarsi nelle acque più calme che, secondo le dicerie, celavano un temibile mostro marino. Le nebbie si erano diradate. “Credo che il peggio sia passato.”

“Se il mostro esiste, dubito che il peggio sia passato, capitano.” Lewis venne a guastargli il buon umore. Il nostromo non faceva che scrutare le acque scure.

“Che si faccia avanti, allora, il mostro.”, rispose Killian. “Questi mari sembrano più gentili del tocco di una donna.”

“Più gentili, sul serio?”, domandò Milah, sollevando un sopracciglio.

Killian stava per risponderle, quando iniziò ad udire la voce.

Sulle prime pensò che uno dei suoi uomini lo stesse chiamando. Ma raramente un membro della ciurma lo chiamava per nome. Si rivolgevano sempre a lui chiamandolo “capitano”.

“Killian.”

“Avete sentito?”, chiese il pirata.

“Che cosa?”, domandò Lewis.

“Non siamo soli.”

La voce ripeté ancora il suo nome. Sembrava provenire dal mare stesso. Forse il mostro possedeva una coscienza e un potere molto grande e lo stava attirando in qualche diabolica trappola.

Milah prese il binocolo e osservò le acque, seguendo la rotta della nave.

Poco più avanti c’era una barca. Una piccola barca con un’unica vela che galleggiava in mezzo al nulla. E a bordo c’era una sagoma che mandava segnali, sbracciandosi.

“Killian...”, cominciò Milah.

“L’ho vista, tesoro. Mantieni la rotta, Lewis. Dobbiamo raggiungerla.”

Milah gli mise una mano sulla spalla. “Si tratta di certo di un tranello. Cosa ci fa una barca in mezzo al niente?”

“Oh, probabilmente sì, è una maledetta trappola.” Killian teneva d’occhio il piccolo vascello. “Ma se ne siamo consapevoli, forse riusciremo ad essere noi, la trappola.”

La Jolly Roger raggiunse l’imbarcazione nel giro di pochi minuti. Killian si sporse, mentre Milah metteva mano alla sua sciabola e gli uomini avevano già impugnato spadoni e pugnali.  

“Killian?”

“Non può essere...”, mormorò lui, sconvolto.

Milah guardò a sua volta e vide un uomo alto, con le spalle larghe e i capelli ricci e castani in balia del vento. Indossava una camicia bianca e sgualcita, un paio di vecchi pantaloni che gli stavano larghi ed era scalzo.

“Sei tu, fratello? Sei proprio tu?”, chiese l’uomo, rivolto a Killian, che aveva gli occhi sgranati e la mascella cascante.

Milah si sentì raggelare.

“Liam. Per tutti i mari... tieni duro! Τi gettiamo una fune!”

 

 
Oltretomba. Oggi.

 

- Milah? – La voce di Uncino suonò confusa e alterata.

Lei lo guardò come se non fosse sicura di ciò che stava vedendo. – Killian... sei qui?

- Siamo vivi. E siamo solo in visita. – precisò Τremotino, guardando la ex moglie con un sorrisetto divertito. La madre di Bae era nel bel mezzo di Main Street e stava controllando che un gruppo di bambini attraversasse la strada senza incidenti. Come se gli incidenti contassero qualcosa quando si era già morti...

Milah. Bambini.

- Devo proprio dirlo. Adoro l’ironia della situazione. – stava dicendo Τremotino. – Li tieni d’occhio... fai in modo che siano al sicuro.

Milah sostenne il suo sguardo con aria di sfida. - Che cosa fate qui se non siete morti?

Killian deglutì, scoprendo di avere la gola secca.

- Cerchiamo una persona. Emma Swan. La Salvatrice. La donna tanto amata dall’uomo che anche tu una volta amavi. – rispose Τremotino.

- Cioè tu? – chiese Milah, come se le avesse appena raccontato una barzelletta.

- Cielo, no! Parlo del tuo adorato pirata.

Ora toccò a Milah apparire confusa. Fissò Killian. - Come puoi essere uguale a... ad allora?

- Sono... successe delle cose. Parecchie. – rispose lui, sorridendo.

- Dobbiamo recuperarla. – riprese l’Oscuro. – E abbiamo bisogno di una mano.

- Non crederai davvero di poter entrare nelle prigioni sotterranee di Ade! Nemmeno un Oscuro come te basterebbe a fermarlo. – Milah lo fissò come se fosse totalmente ammattito.

- Sono felice di vedere che non hai perso la tua vena polemica e combattiva, cara. Ma è quello che faremo. Per questo sono qui. Il tuo aiuto è molto importante.

- Le prigioni sono un luogo... terribile. Anche se riuscissimo a raggiungere questa... Emma Swan... ci sarà sicuramente una trappola ad attenderci.

- Sono anche felice di vedere che conosci le prigioni di Ade. Meglio per noi.

Milah scambiò un’occhiata con Killian. – Tutti conoscono le prigioni. In un modo o nell’altro, siamo stati tutti torturati da lui.

- Ma tu sei in mezzo a Main Street... a dirigere il traffico. – Tremotino vide un altro gruppetto di bambini in attesa.

- Il fatto che io sia qui non dipende da me. Dipende da Ade. A volte libera i suoi prigionieri... dopo averli torturati per mesi. Se non per anni. – La voce di Milah ebbe un cedimento. Si morse il labbro e deglutì. - A volte... diventano degli schiavi. Oppure finiscono nel Fiume delle Anime Perdute. E non riemergono mai più.

Killian era quasi sul punto di chiederle quali pene le avesse inflitto il Signore degli Inferi.

- Terribile. – commentò Tremotino, con lo stesso tono che avrebbe usato per dire che intendeva andare a bere qualcosa al Rabbit Hole.

- Inutile che minimizzi. Tu dovresti saperlo bene. Se non sbaglio, sei già stato morto.

- Oh, sì. E non sto affatto minimizzando, tesoro. Ma abbiamo bisogno di te. Pensaci. Non devi per forza pensare che stai aiutando me. Non aiuti solo me. Aiuti anche... lui. – Indicò il pirata. – Mi sembra un buon accordo.

 

 
La barca che trasportava Emma scivolò sulle acque fino a raggiungere un enorme monumento in pietra. Guardandolo meglio, si accorse che era formato da due larghi pilastri che sostenevano un massiccio architrave, sul quale capeggiavano delle parole.

 

Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.

Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina potestate,
la somma sapienza e 'l primo amore;

dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, o voi ch' intrate.

 

Ade fermò la barca e prese Emma per la giacca, trascinandola di nuovo con sé fino ad una piattaforma sospesa sopra il fiume. L’agganciò ad un argano, che si mise in moto e la portò su.

- Il fiume delle Anime Perdute. – disse Ade, camminando sul bordo della piattaforma. – Basta che la punta del tuo piede tocchi l’acqua e diventerai... un guscio vuoto e tormentato. Un’anima senza più scampo. Un’anima... che non potrà mai più lasciare questo luogo.

Il Signore degli Inferi era molto teatrale. Andava fiero del suo mondo, dei tranelli seminati ovunque, delle creature mostruose come il Minotauro, che facevano a pezzi donne che non avevano mai fatto nulla di male. Andava fiero delle torture che infliggeva.

- E sai una cosa, Emma? – ricominciò, sillabando lentamente il suo nome. – C’è una cosa che non è ammessa nel mio regno. Ed è la speranza. I tuoi amici... i tuoi genitori... nutrono la speranza di poterti salvare. Questo non va bene. Non è ammissibile. Quindi... vorrei far capire a loro e anche a te che questo potrebbe costare molto caro.

L’argano si mise di nuovo in moto e scese di colpo. Il movimento brusco le causò un dolore lancinante che si dipanò in tutto il suo corpo.

- Hai permesso a Marian di scappare e il Minotauro ha perso il suo giocattolo preferito. Anche questo mi fa arrabbiare. Ma non è un dramma. – osservò Ade. Si avvicinò e la prese per il colletto della giacca rossa. – La cosa peggiore è il resto. Questa inutile speranza. Il tuo... non voler scegliere tre stupidi nomi da incidere su delle tombe. Perciò soffrirai. E poi prenderò il tuo bellissimo figlio... e gli farò del male. Prenderò i tuoi genitori... e li torturerò. Poi prenderò Lilith... e Regina. E con loro sarò altrettanto crudele. Regina... oh, lei soffrirà come hanno sofferto tutte le sue vittime. Pensaci... il dolore di centinaia e centinaia di vittime si abbatterà su di lei.

Emma gli sputò in faccia. La saliva, mescolata al suo sangue, scivolò lungo la guancia di Ade, che si ripulì con la manica dello smoking.

L’argano si abbassò ancora, strattonandola. Emma gemette.

- Buona fortuna. Non preoccuparti. Avrai compagnia nella discesa. – disse Ade, prima di scomparire.

Emma non capì subito a cosa si stesse riferendo. Girando la testa, vide l’alro prigioniero. Era appeso ad un argano proprio come lei ed erano più o meno alla medesima altezza. Aveva gli abiti coperti di polvere e striati di sangue, il viso tumefatto e le labbra spaccate. Non le parlò, ma le rivolse uno sguardo lungo e pieno di tormento.

Da quanto tempo è appeso là sopra?, si chiese, provando a scacciare la sofferenza e la confusione.

Gli argani si mossero e i prigionieri si avvicinarono un po’ di più alle acque del fiume.

 

 
In mare aperto. Leviathan Shoals. Τrecento anni fa.

 

La ciurma lanciò una corda a Liam, che salì a bordo della Jolly Roger. Killian lo strinse in un abbraccio e poi lo osservò attentamente, per essere sicuro di chi aveva di fronte.

Liam aveva la barba folta e ispida, le guance scavate, le labbra screpolate e secche e i capelli arruffati, ma era lui. Era Liam. Suo fratello.

“Io credevo... credevo fossi morto!”, farfugliò Killian, tenendo Liam per le braccia, quasi volesse assicurarsi che non sparisse.

“Oh, lo credevo anch’io, Killian. Ma era... non era vero. Era un’illusione.”, rispose lui. “Non è facile da spiegare.”

“Il tuo corpo... credevo davvero che... era Sognombra. Quel veleno...”

“Lo so. Ricordo il dolore. Il dolore e poi... l’oscurità.”

“Sono sicuro che potrai spiegarmi meglio cos’è successo davanti ad un bello stufato. Lewis! Avverti il cuoco e digli di preparare subito qualcosa per mio fratello!”

Il nostromo non aveva un’aria felice, ma eseguì gli ordini, scendendo sottocoperta.

“Sbaglio o questa è una nave pirata? Τu, Killian... un pirata?”, si sorprese Liam, schermandosi gli occhi mentre ammirava la nave e poi esaminava gli abiti in pelle che lui indossava. Saggiò il colletto della lunga giacca nera e sfiorò il teschio agganciato alla collana.

“Sono successe molte cose. Lascia che...” Si schiarì la voce, cercando di riprendersi dallo choc e si umettò le labbra. “Lascia che ti presenti Milah.”

Liam spostò la sua attenzione sulla donna, che era rimasta in silenzio accanto a Killian. Milah lo scrutò, perplessa e guardinga.

“Molto lieto.” Le offrì un sorriso cordiale, che lo rese anche attraente, nonostante il suo aspetto suggerisse che doveva essere stato in mare per molti giorni. Prese la sua mano libera e se la portò alle labbra, baciandole lievemente le nocche. Lei non dubitò che avesse successo con le donne, proprio come Killian. La luce del sole brillava nei suoi occhi azzurri e gli faceva risplendere i capelli castani.

Però le dita erano fredde. Gelide. Milah lottò contro l’impulso di ritrarre la mano.

Killian non si accorse di nulla. “Vieni. Devi dirmi ogni cosa.”

 

“Ricordo che... quando mi sono destato ero su un’isola. Un’isola deserta.”, disse Liam, dopo aver mangiato quello che il cuoco aveva preparato per lui. Aveva indossato la vecchia divisa della Marina che Killian aveva conservato. “Lontano da tutti. Non avevo idea di come fossi giunto fino a lì. Sapevo solo che... ero solo.”

“E poi?”, chiese Killian, ansioso di conoscere il resto.

“Passai moltissimo tempo su quell’isola. Infine arrivò una nave. Mandai dei segnali e l’equipaggio attraccò per soccorrermi. Mi accettarono a bordo, sapendo che ero un uomo di mare e che potevo essere utile.” Liam si sforzava di ricordare ogni particolare. Aggrottò la fronte. “Pensavo che sarei riuscito a tornare da te, Killian. Ne ero sicuro.”

Lui non lo interruppe.

“Ma ben presto gli uomini dell’equipaggio iniziarono a... vedere delle cose. Avevano delle visioni... non riuscivano più a dormire. Caddero preda dell’isteria. Allora capii dove ci trovavamo. Navigavamo nel territorio del Leviatano.”

“Il mostro vi attaccò?”

“Sì. Una notte si gettò contro la nave e la distrusse. Fui l’unico che riuscì a salvarsi.”

“Killian?”. La voce di Milah costrinse Liam a fermarsi. Scese due gradini e si sporse. “Ho bisogno di parlarti.”

“Che succede?”, domandò Killian, raggiungendola. “Il mostro?”

“Non l’hanno ancora avvistato. Non sono qui per parlarti del mostro.” Salì sul ponte, in modo che lui la seguisse. Quando furono abbastanza distanti e fu certa che Liam non potesse sentirli, gli prese una mano, stringendola saldamene fra le sue. Lo guardò dritto negli occhi, perché voleva che la ascoltasse. Sapeva quanto amasse il fratello, quanto soffrisse ogni volta che ripensava al modo in cui l’aveva perso. E anche quel luogo lo sapeva. Ne era al corrente e aveva creato qualcosa che fungesse da esca. Killian aveva abboccato ed ora rischiava di essere trascinato negli abissi. “Sai anche tu che quello non può essere Liam. Mi hai raccontato com’è morto. Mi hai detto di aver gettato il suo corpo in mare.”

“È così, ma è chiaro che quell’uomo può solo essere Liam. È là, in carne ed ossa. L’ho toccato. Gli ho parlato. Non potrei mai sbagliarmi”, le rispose Killian, con voce sicura, ancora piena di commozione.

“Killian, questo posto ti sta tendendo una trappola. Τi sta usando per averti in suo potere. Non devi cedere!”

“Sono d’accordo, capitano.” intervenne Lewis. “Io ricordo il giorno in cui Liam morì. Vidi il suo corpo e ciò che il veleno aveva fatto. Non ci siamo sbagliati. In caso contrario non l’avremmo mai seppellito in mare. Tornate in voi, vi supplico.”

“E come puoi essere certo di non sbagliarti ora?”, chiese Killian, alzando la voce e lasciando la mano di Milah. “Forse il veleno ha solo causato un sonno simile alla morte, che ci ha confusi. Oppure una sirena lo ha trovato...”

“Non dite sciocchezze, capitano. Queste acque sono infestate dai fantasmi. È così che mietono vittime! Il vero problema non è il Leviatano. È il potere che ci circonda. Dobbiamo andarcene e lasciarci alle spalle... qualunque cosa ci sia là sotto!”

“Frena la tua maledetta lingua!”, gridò Killian, afferrandolo per il bavero. “Su una cosa hai ragione. Dobbiamo andarcene. Ed io so già come. So come affrontare quel mostro che ha tanta voglia di prendersi noi e questa nave.”

“Killian...”, ricominciò Milah.

“Tornate ai vostri posti!”, la interruppe bruscamente, guardandola con una rabbia tale che lei, per un attimo, non lo riconobbe. “Il mostro si farà vedere presto. Τutte le conversazioni sono rimandate a quando avremo abbandonato queste diaboliche acque!” 

 

 
Oltretomba. Oggi.

 

- L’ingresso è qui? – esclamò Regina, quando ebbero raggiunto il luogo che nascondeva l’entrata alle prigioni sotterranee di Ade.

- È la casa dell’Oscuro. – disse Lily, riconosciuto l’edificio.

- Beh, l’ubicazione cambia spesso. Ma da quando Emma Swan è morta... l’ingresso è qui. – rispose Tremotino. Li condusse lungo il viale, fino alle scale e poi dentro casa.

L’Oscuro aveva provveduto a spiegare a Milah chi fosse la donna che stavano andando a salvare.

- Quindi Emma Swan è stata l’amante di mio figlio... e anche tua. – aveva concluso, fissando Killian, trasecolata.

- Sì, beh, io... – aveva cercato di dire Killian, non molto sicuro di ciò che gli sarebbe uscito di bocca.

- E non è finita, mia cara. – Non contento, Tremotino aveva snocciolato rapidamente l’albero genealogico. - Lascia che ti presenti Regina, cioè la donna che ha terrorizzato la Foresta Incantata per anni perché desiderava la testa di una ragazzina su un piatto d’argento. Ragazzina che poi ha generato... Emma Swan. A cui Regina ora tiene molto, vero? Hanno anche un figlio. Cioè, tuo nipote. Henry.

Milah era apparsa sconcertata.

- Era proprio necessaria questa presentazione? – aveva domandato Lily.

- E lei è Lilith, naturalmente. Ovvero colei che ha ucciso Emma.

Ora Killian scrutava l’ambiente in penombra in cui Emma era vissuta da Oscura. C’era un’unica cosa diversa rispetto alla casa che ricordava. La culla. La culla con gli unicorni che tanto le piacevano. Una culla che appariva vecchia, piena di ragnatele, abbandonata. Come Emma, molto tempo fa. Per terra, c’erano degli orsacchiotti di pezza. Ad uno di essi mancava un occhio.

Lily si avvicinò, sfiorando uno degli unicorni sospesi sopra la culla.

- La porta che conduce nello scantinato. – disse Regina, evitando di guardare la culla. Si concentrò sulla porta chiusa dal pesante chiavistello. L’ultima volta che l’aveva varcata aveva scoperto Excalibur nella sua roccia, le corde che avevano legato i polsi di Tremotino, mentre Emma cercava di tramutarlo in un eroe dal cuore puro.

Regina l’aprì. Ovviamente c’era un incantesimo di protezione, che impediva a chiunque di oltrepassare la soglia.

- Direi che c’è una barriera. Cosa dobbiamo fare? – domandò, rivolgendosi a Tremotino.

- Basterà prenderci per mano. – rispose lui. Allungò la sua, offrendola a Milah.

Lei guardò la mano tesa, riluttante. Si voltò verso Killian, che le sorrise e le porse l’unica mano che gli era rimasta. Le sorrise come le aveva sorriso il giorno in cui si erano conosciuti, in una taverna della città in cui viveva con Tremo e Baelfire. Lui, un pirata che l’aveva salvata da un ubriaco molesto. Lei, una donna che aveva appena inviato il marito zoppo e che tutto il villaggio considerava un codardo dal guaritore, perché lo uccidesse e prendesse la pozione in grado di guarire Baelfire, morso da un velenosissimo serpente. Una pozione che costava cento monete d’oro, troppo per gente umile come loro.

Milah ricambiò il sorriso e gliela strinse. Poi prese quella dell’ex marito. Tremo diede l’altra a Regina e lei, a sua volta, strinse quella di Lily.

Varcarono la soglia senza incontrare ostacoli. La porta si chiuse di colpo alle loro spalle.

- Beh, ha funzionato. – commentò Regina.

- Già. – rispose Tremotino. – Un altro passo verso il centro dell’inferno.

 

 
In mare aperto. Leviathan Shoals. Trecento anni fa.

 

“Ecco a cosa ho pensato.”, disse Killian al fratello, mentre la Jolly Roger scivolava lentamente su quelle infide acque. Lewis era al timone e fissava il mare con gli occhi spalancati. “Nel migliore dei casi avremo un paio di colpi per uccidere quella belva maledetta. Non possiamo sbagliare. Non avremo tempo di sparare una seconda volta.”

Gli uomini si davano da fare sul ponte. Alcuni avevano usato una scialuppa per raggiungere l’imbarcazione di Liam. Milah era con loro e lanciava spesso occhiate alla nave come per assicurarsi che Killian stesse bene e che Liam non si fosse trasformato in un mostro con cento braccia e dieci occhi. Più avanti, le nebbie verdastre si erano fatte più dense. Stavano andando dritti verso quel banco.

“Consideralo già fatto”, rispose Liam al fratello, sorridendo.

“Il mostro ha una certa fama. Ma secondo le storie di Lewis, attacca solo una preda alla volta e non è molto veloce. Quindi se saremo in due a tenergli testa...”

“Avremo qualche chance di metterlo fuori combattimento.”

“E di potercene andare da questo posto.”

Milah li raggiunse. “La polvere da sparo è pronta.”

“Bene, tesoro.” Killian le diede un bacio.

Liam si diresse verso la scaletta, gettata lungo la fiancata della nave. Raggiunse la scialuppa e dopo qualche istante era già a bordo dell’altra barca.

“Buona fortuna, fratello. Fai attenzione.”, gli raccomandò Killian, appoggiandosi alla balaustra della Jolly Roger. “E ricorda: potrai anche essere il capitano di un’altra nave, ma sarai sempre al mio fianco.”

Liam sollevò un sopracciglio e sogghignò. “Esageratamente sdolcinato persino per un pirata come te, o sbaglio?”

“Oh, parla quel fratello maggiore a cui piace scherzare su qualsiasi cosa!”.

“Allora dammi retta, perché questo non è affatto uno scherzo: non farti mangiare vivo da questo mostro. Abbiamo bisogno di te. E proteggi la tua donna!”

Milah non rispose. Andò ad affiancare Lewis al timone.

La Jolly Roger proseguì spedita verso il banco di nebbia. Killian scrutò il mare attraverso il binocolo. Ogni tanto spostava lo sguardo sul fratello per accertarsi che fosse ancora là, che non si fosse dissolto. Una parte della sua mente gli ricordava di continuo il modo in cui Liam era morto, il corpo rigido, senza vita, immobile tra le sue braccia. Una voce gli ricordava il peso di quel corpo, il sudario che lo aveva avvolto, il battito cardiaco assente. Il respiro interrotto.

Eppure lui era con loro. Era vivo e presente. In carne ed ossa. Aveva ricordi che solo Liam poteva avere. Gli occhi azzurri brillavano di vita. Aveva scherzato come un tempo.

Milah non osava nemmeno avvicinarsi a lui...

“Killian! Laggiù!”, gridò la sua compagna, ad un certo punto.

Il capitano sbirciò nel binocolo e vide la creatura di cui tanto parlavano le storie che aveva udito nelle taverne.

Si sollevò lentamente. Dapprima emerse la schiena corazzata, munita di una cresta rossa. Poi gli uomini scorsero la coda da pesce che sbatteva fra le onde. Infine la testa si levò, provocando un piccolo maremoto. Assomigliava ad un drago, ma senza zampe né ali, con il corpo da serpente lungo almeno dieci metri. Dove un drago avrebbe avuto le ali, lui aveva quattro paia di tentacoli.

“Lewis! Dobbiamo circumnavigare il mostro.”, ordinò Killian.

Il nostromo girò il timone tutto a destra. Aveva le mani scivolose e la testa pelata imperlata di sudore. Milah guardò il Leviatano spalancare l’enorme bocca, mostrando due file di zanne. Lanciò una specie barrito, ansioso di ingoiare le sue prede in un solo boccone.

La Jolly Roger virò a destra, mentre l’imbarcazione di Liam mirò al fianco sinistro della belva.

“Liam, ora! La polvere da sparo!”, gridò Killian, sovrastando il ruggito e le grida dei suoi uomini, investiti da un’ondata d’acqua riversatasi sul ponte.

Un tentacolo avvinghiò la nave pirata in un abbraccio mortale. Il legno scricchiolò orribilmente. Milah sguainò la sciabola, corse verso il braccio del mostro e prese ad affondarvi la lama, una, due, tre volte, mettendoci tutta la forza che aveva in corpo. Schizzi di sangue nero le imbrattarono gli abiti e le mani. Altri le diedero una mano, usando le armi che avevano a disposizione.

Liam accese la miccia e usò la fune elastica legata all’albero maestro come una fionda.

Il primo colpo andò a segnò. La polvere da sparo raggiunse la schiena della belva ed esplose. Il Leviatano lanciò un strillo lacerante e la sua coda sferzò l’acqua da una parte all’altra. Scosse la testa furiosamente. Il tentacolo allentò la presa, ma non mollò.

“Funziona, Liam! Fallo di nuovo!”, urlò Killian, occupandosi del timone e guidando la nave lungo il fianco del mostro. Perse di vista l’imbarcazione di Liam.

Sconcertato dall’attacco, il Leviatano spostò l’attenzione sulla piccola barca da cui era venuto l’assalto. Liam guardò nella bocca nera. Fissò i grandi occhi gialli e feroci, il piccolo corno che spuntava al centro della fronte.

Poi sganciò il secondo colpo. L’esplosivo finì dritto nella bocca dell’essere e scoppiò.

 

 

Oltretomba. Oggi.

 

La barca raggiunse l’altra sponda.

Ormai erano vicinissimi al covo di Ade. Tremotino avvertiva l’enorme potere sprigionato da lui e dalle prigioni. Sulle pareti rocciose della caverna riecheggiavano i sussurri e i lamenti delle anime che non trovavano pace ed erano costrette a vagare in quel fiume.

Lily era pallida e osservava, ipnotizzata, le figure informi muoversi nell’acqua. Indifese. Creature private del guscio, non più fatte di carne, ma di filamenti luminosi saldamente intrecciati fra di loro. Riusciva a percepire Emma. Sapeva benissimo che era lì da qualche parte. Non nel fiume. No. Vicina. Ma non nel fiume.

Regina era concentrata su ciò che dovevano fare. Sedeva, meditabonda e all’erta. Aspettandosi brutte sorprese. Una mano stringeva il bordo della barca. La mente ignorava i sospiri delle anime perdute e vagava in cerca di Emma.

Killian, accanto a Milah, riscopriva sensazioni che aveva dimenticato, relegandole in qualche angolo buio dentro di sé. Ricordò com’era passeggiare con Milah sul ponte della Jolly Roger, averla vicino mentre guidava la nave. Ricordò il giorno in cui le aveva insegnato a manovrare il timone, il modo in cui lei sorrideva, il modo in cui il sole si rifletteva nei suoi occhi azzurri, il modo in cui il vento le scompigliava i riccioli neri.

Milah non aveva voluto abbandonarli, una volta superato l’ostacolo della barriera magica.

Quando scesero dalla barca, Killian le porse la mano per aiutarla. Lei la prese, stringendo forte le dita e sfiorando uno degli anelli.

Τremotino, al contrario degli altri, non si mosse. Rimase seduto con le mani in grembo. – Io non abbandono la barca.

- Cosa? Perché? – chiese Regina, girandosi di scatto.

- Non possiamo perderla. Siamo molto vicini al covo di Ade e lui potrebbe giocarci qualche brutto scherzo. – si giustificò lui.

- E cosa farai? Se Ade cercasse di distruggere la barca, riusciresti a tenerlo a bada? – Regina faticava a credere alle sue orecchie. La verità era che conosceva fin troppo bene quell’uomo e avvertiva anche il minimo cambiamento nell’inflessione della sua voce. Qualcosa lo turbava. Non aveva idea di cosa fosse, ma c’era. Era... qualcosa di poco chiaro che sfrecciava avanti e indietro nel suo sguardo.

- Non so se posso. Ma ci proverò. Anche io sono immortale. – rispose Τremotino, senza alcuna esitazione. – E in questo posto potrebbe non esserci solo Ade, ma anche qualcos’altro.

Lily si avvicinò all’imboccatura del tunnel che conduceva nelle prigioni e si affacciò, tendendo le orecchie per udire qualsiasi rumore. Le parve di udire delle voci... o, più che voci, lamenti lontani, simili a quelli delle anime senza più alcuna via di scampo. – Dobbiamo sbrigarci.

- Sì. Andate. Se lui rimane... allora rimarrò qui anch’io. – disse Milah, rivolta a Tremotino.

- Milah, no... – intervenne Killian. – Non è sicuro.

- Proprio perché so che non è sicuro intendo restare. – ribatté lei. Allungò una mano per posargliela sulla guancia. – Non preoccuparti per me. Vai a salvare Emma.

Killian sapeva che non era semplice discutere con Milah. Non era una donna che voleva essere protetta. Aveva l’impressione che il suo tono fosse diverso, più dolce, ma pur sempre deciso.

- Ti aiuterò ad andartene da questo posto. – asserì Killian. – Ti aiuterò a trovare la via migliore, quella... quella che ti porterà da Bae.

Milah sorrise. – Vai, ora. Se dovesse succedere qualcosa... mi metterò ad urlare.

 

- Com’è? – domandò Milah poco dopo, quando il pirata, Regina e Lily furono spariti nelle tenebre del tunnel.

Τremotino si chiese se la sua ex moglie gli stesse domandando com’era essere ancora l’Oscuro o se si stesse riferendo ad altro. Non rispose subito.

- Nostro nipote. Com’è? – aggiunse.

- Oh. Henry... beh, lui è... un ragazzo intelligente. – Sfuggì il suo sguardo e spostò gli occhi sulle acque del fiume. – Τi ricorderebbe Bae, se lo conoscessi.

- Sì... mi piacerebbe conoscerlo.

Restarono in silenzio per un po’. La barca ondeggiava sotto di loro.

- Riguardo alle tue faccende in sospeso... – cominciò Τremotino. – Non so se riguardino Killian Jones, ma...

- Le mie faccende in sospeso non riguardano affatto Killian. – ci tenne a precisare Milah.

- E allora...?

- Baelfire. Nostro figlio. – Il dolore parve dilatarsi dentro di lei. Era come una vecchia ferita di guerra, come un frammento di vetro nella carne che cercava di aprirsi un varco verso la superficie. Ade l’aveva tormentata molte volte con quei ricordi. L’aveva tormentata quando era giunta negli Inferi. L’aveva tormentata in quelle prigioni dove ora stava tormentando anche Emma Swan. Fisicamente e mentalmente. E la tortura non era terminata quando ne era uscita. Spesso vedeva il viso di Baelfire in uno dei bambini che attraversavano la strada. Udiva la sua voce in quella di qualche ragazzino che si rifiutava di dar retta ai suoi segnali. - Avrei dovuto proteggerlo, esserci per Bae... e non... non riversare su di lui l’odio che provavo per suo padre. Sono stata egoista.

Τremotino non disse nulla.

- Ho sbagliato tutto. E pensavo che se fossi riuscita a fare... qualcosa di buono, di altruista... allora sarei riuscita ad andarmene e a rivederlo.

- Quindi vuoi andare avanti?

- Sì. Voglio andare da lui e dirgli... ‘figlio mio. Mi dispiace per quello che ho fatto. - Sentiva spuntare le lacrime e le mani le tremavano terribilmente.

Lui annuì, comprensivo. – Τi perdonerà.

Milah lo fissò, incerta.

- È riuscito a perdonare me, quando mi ha ritrovato da adulto. Ed io... ho commesso parecchi errori. Farà lo stesso anche con te. – Intrecciò le dita. – Spero solo che non ci mettano troppo. Dovunque sia Emma Swan se la starà passando male.

- Già. E... ho l’impressione che Killian non sia l’unico a volerla salvare.

Non la contraddisse.

- Sembra che lo vogliano un po’ tutti. Anzi... sembra una gara a chi la salva per primo.

- Acuta come sempre. – Sorrise.

 

 

In alto mare. Leviathan Shoals. Τrecento anni fa.

 

Il secondo assalto di Liam aveva ferito forse gravemente il Leviatano, che strepitò come un ossesso, agitando la grossa testa di qua e di là, contorcendosi, dimenandosi e rigettando dalla bocca fumo e ondate di sangue nero come pece. Lo stesso sangue che aveva imbrattato gli abiti di Milah e il ponte della sua nave.

Killian osservò il mostro, allontanandosi sempre più da esso. Lo guardò mentre lanciava un ultimo, agonizzante grido e poi ricadeva in acqua, sprofondando nelle acque scure che aveva abitato. Probabilmente non sarebbe morto. Era possibile che la magia di quel luogo lo guarisse e che un giorno tornasse a dominare i mari... ma quella bestia lenta e goffa aveva almeno lasciato perdere la Jolly Roger.

Quando anche l’orribile tentacolo si ritirò, affondando negli abissi, gli uomini urlarono di gioia, sollevando in alto le spade.

“Liam!”, gridò Killian. “Liam, abbandona la nave!”

Il fratello era ancora a bordo dell’imbarcazione. Al centro di essa, ciò che restava della polvere da sparo aveva preso fuoco ed ora le fiamme stavano intaccando l’albero maestro. Liam si era tolto la giacca blu e la sventolava senza successo contro il fuoco.

“Liam! Fa presto!”, urlò di nuovo Killian.

“Sei impazzito?”, rispose lui, a gran voce. “Non posso farlo! Porebbe esserci un altro mostro ad aspettarmi! Queste acque sono infide!”

Lewis si avvicinò alla fiancata della nave, insieme al resto della ciurma. Milah rimase dietro a Killian. Il fuoco attecchì e invase il ponte della piccola barca di fortuna che aveva restituito Liam al fratello minore.

“Allora ti manderemo una scialuppa. Lewis...” prese a dire Killian.

“No, Killian. I mostri si fanno beffe delle tue scialuppe!”, esclamò Liam, indietreggiando per evitare che le fiamme lo divorassero. “Avvicinati con la Jolly Roger. Sarà più facile. Vieni a prendermi...”

“Non fatelo, capitano.”, disse Lewis, afferrando Killian per la giacca di pelle. “Vi prego, pensateci. Si tratta chiaramente di un tranello. Quello non è Liam Jones!”

L’uomo sulla barca gridò il nome di Killian. Lo supplicò di salvarlo.

“Non ho chiesto la tua opinione, Lewis.”, gli rispose Killian, guardandolo da sopra la spalla.

“Forse no, capitano. Ma parlerò comunque.”, replicò il nostromo. “Conoscevo Liam Jones. Non bene quanto voi, che siete suo fratello, ma lo ricordo come un uomo che non temeva quasi niente. Liam Jones si sarebbe buttato, a costo di dover affrontare un mostro marino. Lui...”

“Hai ragione, Lewis. Non lo conoscevi quanto me.”, lo interruppe Killian, con un gesto secco della mano. “Quindi questa decisione non spetta a nessuno, se non al capitano della nave.”

Liam, o chiunque vi fosse su quella barca, lanciò un altro grido. La sua voce era irriconoscibile, resa stridula dalla paura. Milah lo vide rintanarsi a poppa e sventolare ancora la giacca, come uno scudo contro le fiamme. Chiamava il nome del fratello. Lo implorava di aiutarlo, di non abbandonarlo di nuovo.

“Mi hai già lasciato una volta, Killian!”, urlò Liam. “Non lasciarmi ancora, ti prego!”

Killian lottava contro se stesso. Strinse i denti così forte da farsi male.

 

 

Oltretomba. Oggi.

 

- Emma! – gridò Lily, emergendo alla fine del tunnel. Correva a perdifiato e, per poco, lo slancio non la proiettò in avanti, dritta nelle acque del Fiume delle Anime Perdute.

Il marciapiede finiva pochi passi dopo l’uscita. Lilith frenò appena in tempo, trovandosi in bilico sull’orlo.

C’erano due piattaforme sospese sopra il fiume. Entrambe erano collegate al punto in cui si trovavano loro da due travi sottili e pericolanti. Emma penzolava priva di sensi, pesta e sanguinante, con un doppio giro di catena intorno al busto. L’argano che la sosteneva la calò ancora più in basso e parte delle sue gambe sparì nella botola aperta al centro della piattaforma, avvicinandola ancora di più alla sua fine.

- Liam? – mormorò Killian, sconvolto.

L’altro prigioniero era agganciato all’argano proprio come Emma. Anche lui era ferito, ma era cosciente e agitava le gambe, combattendo contro le catene che lo tenevano imprigionato. La sua camicia era strappata e così anche i vecchi calzoni che indossava.

- Killian, sei tu?

- Non ti muovere. – disse Regina. – Potrebbe essere un inganno di Ade.

Lily, invece, si mosse e posò un piede sulla trave, valutando se poteva reggere il suo peso.

- Lily, aspetta...  

- Non ho la minima intenzione di aspettare! Dobbiamo pensare ad Emma!

Sia Liam che Emma scesero ancora di mezzo metro. Ormai erano a due metri dalle acque del fiume.

Esplose una risata sprezzante, che sembrava provenire da ogni punto delle prigioni e da nessun punto in particolare.

- Che bello vedervi, miei cari e poco graditi ospiti! Benvenuti nel mio umile covo.

- Dove sei?! – gridò Killian, facendo un giro su se stesso.

- Oh, ma io sono qui! Sono ovunque. Questo è il mio regno. – La voce tuonava, riecheggiando e frammentandosi. - Noto con piacere che avete trovato ciò che cercavate.

Regina formò una sfera di fuoco con la magia.

- Non è necessario, Maestà. Non siete qui per combattere. Siete qui... per scegliere. Mi sembra chiaro, del resto.

- Scegliere? – chiese Killian, continuando a spostare gli occhi da Emma a Liam.

- Vuole che salviamo solo uno di loro. – mormorò Regina, parlando più a se stessa che al pirata. Le si chiuse la bocca dello stomaco.

- E noi li salveremo entrambi, invece! Che provi a fermarci! – esclamò Killian, incollerito.

- Non ho bisogno di fermarvi. – rispose Ade, improvvisamente annoiato. – Se cercherete di salvarli entrambi, entrambi precipiteranno nel Fiume. E voi precipiterete con loro.

- Ma se cerchiamo di salvarne uno solo, condanneremo l’altro, non è così? – domandò Regina.

Un’altra risata. – Maestà... adoro la vostra intelligenza.

 

 

In alto mare. Leviathan Shoals. Trecento anni fa.

 

“Killian!”, gridò di nuovo Liam. “Killian, fratello... ti prego, aiutami. Rimani con me. Rimani ancora un poco!”.

Il fuoco aveva invaso la barca. L’albero maestro si era ripiegato su se stesso ed era crollato.

“Killian!”

“Lewis, mettiti al timone.”, ordinò il capitano.

“Capitano, io...”

“Mettiti al timone, ho detto!”, ribatté. “Se c’è una cosa che dobbiamo fare subito è... andarcene da qui. Dobbiamo lasciare questi luoghi più in fretta che possiamo.”

Milah capì che Killian stava buttando fuori quelle parole compiendo un terribile sforzo. Era pallido, aveva gli occhi iniettati di sangue e la fronte aggrottata nel tentativo di ignorare le grida agonizzanti. Lei allungò una mano per afferrare la sua.

La Jolly Roger distanziò la barca.

 

 

Oltretomba. Oggi.

 

- Sta mentendo. – suggerì Killian, riferendosi alle parole di Ade.

- Vuoi metterlo alla prova? – chiese Regina.

Lily non si curò di loro e salì sulla trave che li collegava alla piattaforma. Essa sembrò reggere il suo peso.

- Lily, fermati. – disse Regina, mentre Emma e Liam venivano calati ancora un po’ più in basso, sempre più vicini al Fiume delle Anime Perdute.

- Non ci pensare neanche. Io vado a salvare Emma. Voi restate pure là a rimuginare. – le rispose Lily, muovendo un altro, cauto passo verso la piattaforma. Barcollò. Ritrovò l’equilibrio usando le braccia e si piegò leggermente sulle ginocchia, ma continuava a fissare, decisa, la persona che voleva raggiungere.

- Non fare un altro passo! – esclamò Killian, paonazzo. Si sentiva in bilico tra due forze. Una lo tirava verso il fratello e l’altra verso Emma. Il piede destro puntava verso Liam ed era pronto a scattare per prenderlo prima che cadesse, l’altro era in procinto di balzare verso Emma. Ricordò quel giorno di centinaia di anni prima, quando la sua nave aveva solcato le acque abitate dal mostro noto come il Leviatano. Là aveva trovato un uomo identico a Liam. Un uomo che altro non era che un trabocchetto ordito da quei luoghi pieni di magia oscura. Ma l’uomo appeso sopra il Fiume non era una visione. Non era un fantasma. Era Liam. Era lì e lo era da chissà quanto tempo.

Regina, a sua volta, moriva dalla voglia di fare ciò che stava facendo Lily. Poco le importava del fratello di Capitan Mascara. Lei sapeva di dover salvare Emma. Ma avvertiva anche la voce della coscienza, insieme al sangue che le rombava nelle orecchie.

Lily continuò la traversata, lentamente. E intanto pensava a quanto avesse sempre odiato l’acqua. Era a stento capace di nuotare. E se fosse precipitata non sarebbe semplicemente affogata, ma si sarebbe trasformata in un guscio vuoto e informe, destinato a vagare senza posa. Una goccia di sudore le scivolò lungo la guancia. Emma mosse leggermente le dita delle mani.

- Killian... – disse Liam, ad un certo punto. – Lascia perdere me. Prendi Emma!

- Una volta ho potuto solo guardarti morire. – replicò Killian. – Non accadrà di nuovo!

Lily era giunta a metà del suo percorso. Barcollò ancora. Riuscì a restare in equilibrio sulla rave. Una scossa improvvisa riverberò lungo le pareti della caverna e lei, per qualche secondo, credette di vedere l’antro ripiegarsi su se stesso. Era solo un’illusione, ma la costrinse a chiudere gli occhi e ad aggrapparsi saldamene alla trave con le mani, mentre un piede slittava.

- Lascia che lo faccia, Killian. Lei può essere salvata. So che siete venuti per riportarla indietro. – tornò a dire Liam. Ormai era ad un metro appena dall’acqua. La sua voce non suonava rassegnata e nemmeno impaurita, come quella del fantasma che l’aveva implorato di non andarsene. Era una voce ferma e solida come le catene che gli cingevano il busto.

- Possiamo salvare entrambi da questa fine.

- No, fratello. E lo sai. Se ci proverai, sarà finita per tutti e due. E anche per voi.

Emma gemette e sollevò leggermene la testa.

- L’unico modo che ho per farmi perdonare... è pagare il prezzo delle mie colpe. – continuò Liam. Ora sembrava che stesse parlando più a se stesso che a Killian. – Non lascerò che Ade ti trascini dove vuole spedire me.

- Perdonare? – Killian era confuso. – Non hai niente di cui farti perdonare!

- Invece sì. Ho commesso degli errori, Killian. Non hai nemmeno idea di quali errori...

Il meccanismo si rimise in moto. Lily aveva quasi raggiunto Emma e più lei si avvicinava, più Liam scendeva verso il Fiume. Emma, invece, sembrava ancora nel medesimo punto di pochi minuti prima.

- Non mi interessano! Qualsiasi cosa tu abbia fatto, non importa.

- Degli uomini sono morti per causa mia, Killian. – Liam non fece caso alle sue parole. I suoi ormai sembravano più ordini, che semplici richieste. - Questo è il sacrificio che avrei dovuto fare molti anni fa. Salva Emma.

Lily saltò sulla piattaforma. Regina non perse altro tempo e la seguì, camminando lungo la trave pericolante.

- Liam...

- Spero che tu possa perdonarmi.

Una nuova scossa fece perdere l’equilibrio a Regina, che si slanciò in avanti e riuscì ad aggrapparsi al bordo della piattaforma. Lily afferrò Emma per la giacca, portandola in salvo. Caddero insieme.

Le catene che cingevano il corpo di Liam si sciolsero e lui precipitò nel Fiume.

Killian gridò.

Le acque si chiusero per sempre sul fratello.

 

 
In alto mare. Leviathan Shoals. Τrecento anni fa.

 
Le nebbie verdi che avevano protetto il mostro e la barca in fiamme erano scomparse dietro di loro. Il cielo era limpido e punteggiato di stelle. Nessuna nuvola all’orizzonte.

Killian rimirava il mare, cercandovi conforto come faceva spesso.

“Ci avete salvati, capitano.”, disse Lewis, accostandosi a lui. “Pensate solo a questo. Non avevate scelta.”

“Lo so bene.”, rispose Killian, senza distogliere lo sguardo dalle onde. Milah era accanto a lui, ma non diceva niente. “Vorrei solo essere... davvero sicuro di non aver abbandonato mio fratello.”

“Non l’avete fatto. Liam riposa in pace. Ed è fiero di voi, ne sono certo.”, affermò Lewis, con sicurezza.

Milah guardò Killian spostarsi verso la prua della nave e decise di lasciarlo solo per un po’. Il capitano della Jolly Roger estrasse la fiaschetta di rum dalla tasca della lunga giacca di pelle e la levò al cielo, immaginandosi il sorriso di Liam, che avrebbe volentieri bevuto insieme a lui, buttando in mezzo alla conversazione qualcuna delle sue battute.

“Ovunque tu sia, Liam, possano le stelle guidarti verso un posto migliore.” Bevve, godendosi il sapore del rum che gli scivolava in gola. “Un giorno ci rivedremo. Fino ad allora... il tuo spirito sarà con me.”

Quella notte, Killian sognò di galleggiare in mezzo al mare. Andava a fondo, lentamente, e non c’era nessuno che potesse aiutarlo. Sprofondò negli abissi, ma nel farlo non ebbe alcuna paura.

Vide una sirena nuotare vicino a lui. Il sogno non gli permise di distinguerne i lineamenti.

Killian si aggrappò alla sua coda ed ella, invece di riportarlo in superficie, lo trascinò con sé, ancora più in fondo.

 

 
Oltretomba. Oggi.

 

Emma aprì gli occhi, mettendo lentamente a fuoco Lily, che l’aiutò a tirarsi un po’ su. Regina accorse, cadendo in ginocchio accanto a loro.

- Voi... – mormorò Emma. – Perché siete venute? Vi avevo detto di andare via!

- Hai davvero creduto che ce ne saremmo andate senza di te? – chiese Lily. Non si era mai sentita così sollevata in vita sua. Anche se Emma aveva un aspetto tremendo, anche se non osava nemmeno immaginare cosa le avesse fatto passare Ade, anche se non erano nemmeno a metà del cammino che le avrebbe condotte a casa, era felice di rivederla. Felice che sembrasse così concreta, che i suoi occhi avessero ancora la stessa luce, pur essendo lucidi e arrossati.

- L’ho sperato. – rispose Emma.

Regina allungò una mano per scostarle qualche ciocca di capelli dal viso pieno di sangue. Le dita tremavano, consapevoli di quello che stavano per fare. Ma non aveva la forza di controllare i suoi impulsi.

Una risata scoppiò. Dapprima una risata sommessa e divertita, che poi salì, si spaccò in un chiocciare secco così come si disgrega un masso di una roccia friabile.

Ade comparve in cima alla piattaforma sulla quale era rimasto sospeso Liam Jones. Un uomo in abito da sera, che si aggiustò la cravatta bordeaux quasi fosse un gesto assolutamente normale in quelle prigioni. – Oh, ma che sorpresa! Siete riusciti a prendere una decisione. Beh, Lilith, tu non hai mai avuto dubbi... e nemmeno voi, Maestà, vero?

Regina si preparò ad affrontarlo. Era una divinità e dubitava di poter vincere contro di lui, ma si mise comunque davanti ad Emma.

Il corpo del Signore degli Inferi iniziò a brillare. Una scia di fiamme azzurre scaturì dalla punta delle sue dita e dai suoi capelli. La spirale lo circondò, vorticando come una grande stella filante. Persino gli occhi si illuminarono, riversando fuoco azzurro. A Regina quel colore ricordò quello degli occhi di Zelena.

- Che cosa diavolo succede?! – gridò Killian, che aveva già un piede sulla trave, pronto a raggiungere Emma.

Regina vide che Ade stava crescendo in altezza. Nel giro di pochi secondi era quasi due metri e non smetteva di ingigantirsi. C’era qualcosa di pericoloso nella sua trasformazione. Per quanto non avesse idea di che cosa fosse, aveva l’impressione di avere un peso sul torace e il peso aumentava via via che Ade mutava.

- Non guardate! – gridò all’improvviso, girandosi verso Lily ed Emma. – Non guardatelo per nessuna ragione!

Istintivamente Lily si voltò dall’altra parte e mise una mano sugli occhi di Emma, anche se il potere emanato dalla divinità la stava spingendo a fissarlo. Regina si concentrò sulla giacca rossa di Emma, ricordando il momento in cui l’aveva appoggiata sul suo petto, prima che il lenzuolo bianco coprisse il suo corpo senza vita.

 

 
- Sembrano davvero perdute. – disse Milah, seguendo i movimenti convulsi delle anime che vagavano nel Fiume.

- Sì, lo sono. – disse Τremotino. Si chiese dove diavolo fossero finiti Regina e i suoi improbabili alleati. Gli sembrava che fossero via da ore. Iniziava a pensare che fossero caduti in qualche tranello inaspettato. Non voleva pensarlo, non di Regina almeno, che non era di sicuro una sprovveduta.

Allora udì qualcuno che si schiariva la voce. Ade, comodamene appoggiato alla parete di roccia, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni neri, li fissava.

Milah non ebbe modo di aprire bocca. Lo stava facendo, prese un respiro profondo per gridare il nome di Killian e avvertirlo, come concordato. Sperando che lui potesse sentirla...

Τremotino estrasse il pugnale, fronteggiando il Signore degli Inferi...

Un secondo dopo, lei batté le palpebre e Ade era svanito nel nulla. 

- Τremo... che diavolo è successo? – domandò, levandosi in piedi, basita. – Ade era qui! Era proprio qui!

Il suo ex marito la stava guardando e nella luce che si espandeva nella caverna ebbe l’impressione che la sua faccia fosse fatta di pietra. Era una distesa rocciosa e dura, impenetrabile. Non c’era segno, nei suoi occhi, di quella luce benevola che aveva intravisto quando avevano parlato di Bae sulla barca, quando lui le aveva detto che ce l’avrebbe fatta, che l’avrebbe incontrato, un giorno.

- Che cosa sta succedendo, Τremotino? – ripeté, fiutando l’inganno.

Quando parlò, la sua voce suonò ferma. Gelida, persino. – Sono diventato l’uomo che volevi che diventassi. Non ricordi? L’uomo che è disposto a fare qualsiasi cosa per ottenere ciò di cui ha bisogno.

Fece un passo verso di lei. Con una semplice magia, ridusse la barca in cenere.

Stavolta Milah gridò. Gridò con tutto il fiato che aveva in gola. – KILLIAN!

 

 
- KILLIAN!

Killian si mise a correre lungo il tunnel. Regina e Lily sorressero Emma, che zoppicava e stringeva i denti ad ogni passo, lottando contro il dolore delle ferite.

- MILAH!

Quando sbucò dall’altra pare, Killian vide il Coccodrillo sdraiato a terra e piegato in due.

- Ade! – gridò l’Oscuro. Puntò le mani sulle pietre per alzarsi e raccolse il pugnale. Τremava e sembrava sconvolto.

- La barca è sparita. – disse Lily. Teneva il braccio di Emma intorno alle sue spalle, per aiutarla.

- Milah... – mormorò Τremotino, con voce strozzata. – Ade... l’ha presa. Non sono riuscito a fermarlo...

- Dov’è? Dove l’ha portata? – chiese Killian, afferrando con rabbia il Coccodrillo per la giacca.

- Non lo so! Ha distrutto la barca... – rispose. – Ho usato il pugnale contro di lui, ma non è stato abbastanza. Ha detto... che per un prigioniero che scappa, un altro deve prendere il suo posto...

A Killian sembrò che ogni giuntura del suo corpo fosse bloccata dal gelo e che il suo corpo stesso avesse non si sa come acquistato peso, ad un punto tale che se avesse cercato di fuggire sarebbe affondato e scomparso nella roccia.

- L’avrà condotta di certo in un qualche altra prigione. Più sicura, dove non possiamo arrivare. – disse Regina.

Emma si accasciò. Era spossata, vedeva il mondo sdoppiato, con i contorni indefiniti. Non era che un grumo di dolore e non aveva modo di formulare dei pensieri coerenti su ciò che stava accadendo. Liam condannato al Fiume delle Anime Perdute... Milah scomparsa...

Killian accorse. – Swan... rimani con noi. Mi senti?

Lei annuì. – Mi dispiace tanto...

- Non è colpa tua, Emma. – disse Regina, con fermezza. – Ora dobbiamo portarti fuori da qui. E in quanto ad Ade...

- Ade la pagherà. – concluse Killian per lei.

 

____________________

 

Angolo autrice:

Hello!

Allora, allora... precisiamo alcune cose.

Capitolo incentrato su un personaggio che a me non piace e chi mi legge da un po’ lo sa.

I flashbacks non sono farina del mio sacco. Quell’episodio è una delle storie raccolte nel fumetto Out of the Past. Si intitola Dead in the Water. In realtà, in questa storia, Milah non c’è, poiché si svolge prima che Killian la incontri. Ma ho voluto posticipare l’episodio ed aggiungerla in modo da ricollegare i flashbacks al presente.

 

La scritta sull’architrave è l’inizio del canto terzo dell’Inferno di Dante.


   
 
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