Teatro e Musical > Les Misérables
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Autore: Christine Enjolras    30/10/2016    1 recensioni
Marius Pontmercy, sedici anni, ha perso il padre e, nel giro di tre mesi, è andato a vivere con il nonno materno, ora suo tutore, che lo ha iscritto alla scuola privata di Saint-Denis, a nord di Parigi. Ora Marius, oltre a dover superare il lutto, si trova a dover cambiare tutto: casa, scuola, amici... Ma non tutti i mali vengono per nuocere: nella residenza Musain, dove suo nonno ha affittato una stanza per lui dai signori Thénardier, Marius conoscerà un eccentrico gruppo di amici che sarà per lui come una strampalata, ma affettuosa famiglia e non solo loro...
"Les amis de la Saint-Denis" è una storia divisa in cinque libri che ripercorre alcune tappe fondamentali del romanzo e del musical, ma ambientate in epoca contemporanea lungo l'arco di tutto un anno scolastico. Ritroverete tutti i personaggi principali del musical e molti dei personaggi del romanzo, in una lunga successione di eventi divisa in cinque libri, con paragrafi scritti alla G.R.R. Martin, così da poter vivere il racconto dagli occhi di dodici giovanissimi personaggi diversi. questo primo libro è per lo più introduttivo, ma già si ritrovano alcuni fatti importanti per gli altri libri.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Marius

Marius notò che la ragazza gli sorrise, poi la vide sollevare il suo borsone e dirigersi verso la scala, facendogli strada. Una volta in cima alle scale, svoltarono in un corridoio a destra, lasciandosi alle spalle una grande sala vetrata con tavoli in legno scuro e divanetti rossi. Non dovettero fare molta strada per arrivare alla stanza, solo pochi metri attraverso il corridoio ricoperto di carta da parati verdognola.

“Ecco: è questa qui” disse la ragazza appoggiando il borsone a terra per aprire la porta. Proprio mentre stava per tirare in giù la maniglia, sentì che dal piano inferiore la stavano chiamando: “ÉPONIIIIINE! VIENI SUBITO GIÙ!!!” Era la voce di sua madre che echeggiava nella tromba delle scale.

“Oh accidenti a loro! Oggi non vogliono proprio darmi pace!” disse mortificata e arrabbiata insieme.

A Marius venne da sorriderle: “Vai pure se devi: posso portare dentro tutto io.”

“Ne sei sicuro? Se anche tardo di pochi minuti, mia madre non morirà di certo…” gli rispose mentre lui già spostava le sue valigie per lasciarla passare.

“Sì certo. Ormai sono qui, non mi serve altro aiuto. Vai pure e grazie mille.”

“O… ok… e grazie a te!” lei rispose al suo sorriso, lo guardò per qualche secondo e poi si avviò verso le scale, mentre Marius recuperava il borsone e lo appoggiava sul trolley per poter portare in camera tutti i bagagli in una volta sola. Il ragazzo stava per aprire la porta quando la sentì urlare: “Marius!”

Lui si girò verso di lei di scatto, tenendo la mano sulla maniglia: Éponine stava per scendere il primo gradino. Lei gli sorrise e gli disse: “Benvenuto nella nostra residenza!”

Marius rispose al sorriso, la ringraziò e la guardò andare via. Poi abbassò cautamente la maniglia, preparandosi a salutare il suo nuovo compagno di stanza.

Quando Marius aprì la porta, dalla stanza uscì un frastuono assordante: dentro la camera un ragazzo con dei folti riccioli castani molto scuri stava danzando senza maglietta sulle note di ‘Last night’ dei Good Charlot e il volume della musica era talmente alto che Marius si chiese se quel ragazzo avesse ancora i timpani intatti. Tutt’attorno a lui regnava il caos: due grosse valigie arancioni erano aperte e ribaltate sul letto a destra della finestra che stava di fronte a Marius e sul pavimento erano sparse disordinatamente molte magliette e felpe con fantasie bizzarre, maglioni e pantaloni colorati, calzini spaiati e anche diverse paia di mutande buffe, con disegni infantili e di colori vivaci. C’era davvero di tutto sul pavimento: un ciclone avrebbe fatto meno danni.

“S-scusami…” Cercava in ogni modo di attirare la sua attenzione, così da poter evitare quella situazione imbarazzante, ma il suo nuovo compagno di stanza proprio non lo sentiva e, sicuramente, il fatto che la voce gli si spezzasse in gola per la timidezza non aiutava. Quando l’altro ragazzo cominciò addirittura a cantare, Marius non ebbe altra scelta che urlare più forte in modo da farsi sentire. “SCUSAMI!”

Quando lo sentì, il ragazzo si fermò improvvisamente in piedi sul letto alla sinistra di Marius, con le braccia alzate, esattamente nella posizione in cui si trovava nell’istante in cui aveva urlato. Girò solo la testa per vedere chi era stato ad interromperlo e sul suo viso, il nuovo arrivato notò un profondo imbarazzo.

“Emh… CIAO!” Marius, a disagio per quel loro bizzarro primo incontro, alzò cautamente la mano come cenno di saluto.

L’altro ragazzo rimase a guardarlo con gli occhi sgranati per qualche secondo, senza muoversi da quella ridicola posizione, mentre la musica ancora invadeva la stanza. Poi si voltò abbassando le braccia, lo guardò da capo a piedi, sbirciò dietro di lui come se volesse vedere se ci fosse qualcun altro e poi gridò: “E TU CHI SEI? COME SEI ENTRATO?”

A Marius scocciava gridare, ma non poté fare nient’altro: “MI CHIAMO MARIUS! SARÒ IL TUO COMPAGNO DI STANZA!”

Il ragazzo allora lo guardò fisso ancora per un po’, poi fece un sorriso ampissimo e saltò giù dal letto, andando incontro allo studente sulla porta.

“UOOOOO! ÉPONINE MI AVEVA DETTO CHE SAREI STATO DA SOLO QUEST’ANNO QUINDI NON MI ASPETTAVO PROPRIO CHE IN REALTÀ SAREBBE ARRIVATO QUALCUNO!” Strinse la mano di Marius con una stretta molto forte e la agitò vigorosamente dicendo: “PIACERE DI CONOSCERTI MARIUS! IO SONO COURFEYRAC! O MEGLIO! È IL MIO COGNOME MA I MIEI AMICI MI CHIAMANO COSÌ!”

Vedendo che Marius era un po’ a disagio a parlare urlando, Courfeyrac capì che forse era meglio abbassare il volume delle casse collegate al suo i-pod.

“Meglio così?” gli disse sorridente: quel buffo ragazzo dalle orecchie a sventola aveva un’aria solare e amichevole che a Marius ispirava molta fiducia.

Marius, più a suo agio nel silenzio, riuscì a ricambiare il sorriso: “Sì… grazie.”

“Oh, emh… scusami il disordine… non mi aspettavo visite.” Courfeyrac prese la montagnetta di vestiti che si trovavano sul letto destinato a Marius e il buttò a casaccio in una valigia.

“Allora, Marius!” continuò prendendo una maglietta con un simpatico alieno viola dal mucchio sparso a terra. “Da dove arrivi? Ah, scusami: ti aiuto a portare dentro le tue cose.” Indossò velocemente la maglietta, si avvicinò a Marius e prese una delle due valigie dalle sue mani.

“Oh, grazie. Beh… io sono di Parigi. Ho sempre studiato alla scuola pubblica vicina al quartiere dove vivevo, ad est della città. È il mio primo giorno qui a Saint-Denis: ho iniziato oggi il corso di scienze politiche” disse appoggiando la valigia sul suo letto.

“Ah! Ma quindi sei tu il nuovo studente! Sei in classe con un mio amico, sai?” gli disse Courfeyrac come se Marius gli avesse dato la notizia del secolo, ma anche lui dovette ammettere di essere sorpreso: era davvero una coincidenza insolita. “Dopo te lo presento… ammesso che si decida a farsi vivo: l’ho visto giusto di sfuggita, oggi.” C’era un velo di tristezza nei piccoli occhi scuri di Courfeyrac, ma fece in modo di nasconderla immediatamente. Courfeyrac lasciò che Marius iniziasse a disfare i suoi bagagli e tornò a sistemare il disordine che aveva lasciato nella camera. “Scienze politiche è tosta: sarai anche tu in balìa del temutissimo ‘La-legge-sono-io’ Javert! Il soprannome non è un granché: ci stiamo lavorando.”

“E chi è?” chiese Marius guardando il suo nuovo compagno di stanza, smettendo di spostare i vestiti perfettamente piegati dalla valigia al letto.

Courfeyrac non fece in tempo a rispondere, perché proprio mentre stava per parlare a Marius del perfido professore di diritto qualcuno bussò sulla porta: due colpi lenti, una breve pausa, e poi altri cinque battiti veloci. Sembrava quasi una parola d’ordine. “Gavroche! È aperto, piccolo uomo! Entra!” gli disse ad alta voce Courfeyrac.

Dalla porta sbucò un bambino ricciolino, biondo, con uno sguardo davvero furbo: Marius non gli dava più di dieci anni e gli venne da chiedersi come fosse possibile che ci fosse un bambino in una residenza per studenti. Come vide Courfeyrac, il ragazzino corse verso di lui e gli saltò letteralmente al collo: “Courfeyrac! Mi sei mancato tantissimo!”[1]

Il ragazzo lo prese al volo e lo strinse, facendo qualche giravolta che fece alzare le gambe di Gavroche all’aria e dicendogli: “Anche tu mi sei mancato, nanetto!”

Quando Courfeyrac si fermò, il ragazzino piegò le gambe per restare attaccato al suo corpo, mise le mani sulle sue spalle, si spinse indietro per poterlo guardare in faccia e disse: “Se è vero che ti sono mancato perché mi hai lasciato qui da solo con quegli idioti che ho per genitori e quelle cretine che devo chiamare sorelle?!” Lo disse molto in fretta e a voce molto alta, senza esitare: Marius era sicuro di non aver mai sentito un bambino parlare così.

“Hai anche dei fratellini: non è esatto dire che ti ho lasciato solo con loro” si difese Courfeyrac “E poi Éponine e Azelma non sono stupide, dai!”

Gavroche sgranò gli occhioni azzurri e fissò dritto in faccia Courfeyrac, dicendo: “Ah no?! Sono tutti talmente intelligenti nella mia famiglia che si sono scordati di venirmi a prendere al campo estivo! Mi ha accompagnato qui una suora: è stato imbarazzantissimo!”

“Immagino la faccia di quella poverina quando ha scoperto che vivi in una topaia del genere...” Courfeyrac sembrava sinceramente mortificato mentre lo disse.

Gavroche batté un pugno sulla spalla di Courfeyrac e riprese: “Avresti dovuto restare qui, così mi venivi a prendere tu! Invece non c’eri!”

“Mi spiace, Gavroche: avevo un impegno con mio padre!” disse mentre rimetteva il bambino a terra. Poggiò le mani sulle sue spalle, inginocchiandosi a terra, e disse: “Ma adesso resterò qui con te fino al primo novembre. Anzi, farò di più: se vorrai potrai venire da me per le vacanze, eh? Che ne dici?”

Gavroche sembrava rassicurato e tranquillo ora: stette in silenzio qualche secondo, poi sorrise e rispose contento: “Sì, perché no?”

Marius stava sistemando i vestiti nell’armadio di fronte al suo letto quando si sentì osservato. Si girò e vide che Gavroche lo stava fissando: il ragazzo si fermò all’improvviso e lo guardò a sua volta. Dagli occhi sgranati che aveva, a Marius parve che quel ragazzino si fosse accorto solo in quel momento che nella stanza ci fosse anche lui.

“E lui chi è?” chiese Gavroche, indicando il nuovo ospite con il dito.

“Lui è Marius. È arrivato oggi e sarà il mio compagno di stanza, quindi trattalo bene!” gli rispose Courfeyrac fissando il ragazzino da dietro, con le mani sui fianchi.

Gavroche si girò a guardare il suo amico e gli fece un sorrisetto furbo, prima di andare verso Marius con la mano tesa e presentarsi: “Io sono Gavroche Thénardier, il terzogenito dei proprietari.”

Il nuovo studente strinse la mano e gli sorrise un po’ a disagio: quel sorrisetto furbo era stranamente disarmante. Gavroche guardò di nuovo verso Courfeyrac, poi saltò sul letto di Marius e continuò a saltellare freneticamente sul materasso, producendo un rugginoso rumore di molle.

“Hai un sacco di lentiggini: ti fanno la faccia buffa. Da dove arrivi?” chiese a Marius continuando a saltare.

“Emh…” A Marius non andava troppo bene che saltasse sul suo letto: quel rumore di molle era decisamente molto poco rassicurante, ma cercò di portare pazienza e rispose: “Sono di Parigi… solo che andavo a scuola vicino al mio quartiere… dall’altra parte della città…”

“E perché adesso sei venuto qui?”

Domanda decisamente scomoda: Marius riprese a riporre i suoi vestiti nell’armadio, sperando di sentirsi meno a disagio. “P-perché ora il mio tutore è mio nonno… e lui ha voluto che venissi qui a studiare… s-solo che casa sua è a sud di Parigi, quindi…”

“E perché il tuo tutore è lui? Dove sono i tuoi genitori?”

Quella era una domanda ancora più scomoda. Courfeyrac si era spostato e ora stava appoggiato alla scrivania davanti alla finestra a guardare la scena: Marius, dopo aver scambiato un’occhiata con lui, pensò che il ragazzo doveva aver notato il suo disagio perché intervenne: “Cambia discorso, Gavroche.”

“Perché?” Smise si saltare quando vide la faccia seria del suo finto fratellone.

“Cambia discorso!” gli ripeté con una leggera impazienza.

Gavroche fece un balzo e cadde seduto sul letto: “Ce l’hai una ragazza?”

“Che… che cosa?” disse Marius guardando il ragazzino, imbarazzato.

“Una ragazza, una fidanzata, una morosa, una tipa… chiamala come ti pare.” Gavroche lo guardava fisso, con due occhi pieni di curiosità. “Ce l’hai?”

“Emh… no, io non… non ho una ragazza.”

“E perché no?” Gavroche seguiva ogni movimento di Marius con lo sguardo, senza perderlo di vista.

“Beh, emh…”

“Ma ne hai avuta una prima di adesso, no?” riprese Gavroche senza farlo finire. Poi si mise in ginocchio sul letto e si mise a sbirciare tra i vestiti di Marius e tra quei pochi oggetti rimasti in valigia.

“Una specie, ma non si può esattamente dire che fosse la mia ragazz…” Ancora una volta, Gavroche non gli dette tempo di finire e iniziò a guardare alcune delle sue magliette, gettandole poi in valigia in maniera disordinata, stropicciandole.

“Che cosa fai?” gli chiese Marius, confuso dal gesto di Gavroche: possibile che non sapesse starsene un attimo fermo quel ragazzino?

“Se metti queste cose non mi meraviglia che tu sia solo, amico!” disse Gavroche. A Courfeyrac venne da ridere e Marius lo guardò con occhi increduli: non perché lui stesse ridendo, ma perché di bambini come Gavroche non ne aveva mai incontrati! Courfeyrac non disse nulla: fece spallucce sorridendo e Marius si girò verso il bambino, che intanto continuava a mettere in disordine.  

“E questi?!” Gavroche tirò fuori un paio di boxer rossi, con un buffo disegno di Babbo Natale sulla destra e con scritto in bianco 'Merry Christmas' sul retro.

Marius divenne rosso per l’imbarazzo e non riuscì a rispondere: non li metteva mai, cosa gli era venuto in mente quando li aveva infilati in valigia?

“Te li ha regalati la tua pseudo ex ragazza per Natale, neh?” disse Gavroche con un sorriso divertito.

Si vedeva che Courfeyrac avrebbe voluto ridere, ma si limitò a scambiare uno sguardo con Marius e a dire: “Dai Gavroche: direi che l’hai imbarazzato abbastanza. Per oggi può bastare, non credi?”

Gavroche guardò storto Courfeyrac, sbuffò e gettando i boxer nella valigia disse: “E va bene!” Poi si alzò e andò verso la porta: “Andrò a mangiare qualcosa.” Gavroche aprì la porta e uscì dalla stanza, ma prima di chiudere si girò verso Marius, gli sorrise e gli disse: “Comunque mi sei simpatico!”

Marius rimase un attimo sorpreso. Quante cose bizzarre dovevano ancora capitare in quella giornata?

“Ci farai l’abitudine, credimi!” gli disse Courfeyrac, mettendogli una mano sulla spalla.

Rimasero in camera tutto il pomeriggio a disfare i bagagli e a chiacchierare: Courfeyrac era un tipo molto estroverso e Marius si trovò presto a suo agio con lui. Gli raccontò tutto dei suoi genitori e di suo nonno e Courfeyrac fece altrettanto. Non si accorsero nemmeno che si era già fatta sera.

“Accidenti! Guarda che ore sono!” disse Courfeyrac guardando l’orologio del suo telefono. Poi afferrò una felpa gialla che aveva lasciato sul letto e aggiunse: “Gli altri ci staranno aspettando!”

Marius stava seduto alla scrivania a scrivere qualcosa su un piccolo diario: alzò lo sguardo confuso verso il suo compagno di stanza e disse: “Ci stanno aspettando? A noi?”

“Certo. Tu vieni con me!”

“Oh… emh… no grazie.” Detto questo, Marius ritornò a scrivere.

“Ma come?” La testa di Courfeyrac sbucava per metà dal buco della felpa, quasi si fosse incastrato.

“Non è per cattiveria, credimi. È… è solo che sono successe tante cose oggi e sono un po’ stanco…”

Courfeyrac riuscì a infilarsi la felpa, si avvicinò a Marius e gli disse: “Non serve essere al massimo della forma: gli altri sono tutti ragazzi molto alla mano. Dai! Vedrai che ti piaceranno!”

Marius alzò lo sguardo verso la finestra, sorridendo, poi si girò verso l’altro ragazzo, appoggiando il braccio allo schienale della sedia, e guardandolo disse: “Ti sei accorto che hai messo la felpa al contrario, vero?” Effettivamente il cappuccio della felpa si trovava sul petto di Courfeyrac, invece che sulla schiena.

“Ah già! Ahah! Sono il solito distratto!” disse mentre si sistemava. “Dai vieni di là con me! Lascia almeno che ti presenti!”

Marius rimase a fissarlo per un po’, poi fece un sorriso rassegnato e annuì.

La sala comune del piano si trovava appena in cima alle scale dell’ingresso: era una grande stanza a pianta trapezoidale, con finestre a tutta altezza lungo tutte le pareti. I muri erano dipinti con un caldo color ocra, leggermente aranciato, mentre delle lampade intervallavano le finestre e illuminavano la stanza con luce soffusa.

Quando Marius e Courfeyrac entrarono nella sala c’erano tantissimi studenti di diverse età, tutti occupati a raccontarsi delle loro vacanze estive e di come era andato il primo giorno. Courfeyrac passò in mezzo ad alcuni di loro, salutandoli con la mano, puntando al tavolo all’angolo destro del lato corto della stanza, al quale stavano seduti alcuni ragazzi.

“Combeferre!” gridò tirando Marius per un braccio.

Un ragazzo dai capelli biondo rame alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e si girò verso i due ragazzi. “Ah eccoti!” disse costui togliendosi gli occhiali con esile montatura rossa che portava.

Seduti al tavolo con lui stavano un ragazzino con degli spettinati capelli rossi, un robusto ragazzo completamente pelato con una barba nera lasciata piuttosto lunga e un altro ragazzo più esile con dei folti capelli castani. Essi alzarono lo sguardo contemporaneamente quando il ragazzo che Courfeyrac aveva chiamato Combeferre chiuse il volume per alzarsi e presentarsi al nuovo arrivato.

“Ehi, chi c’è con te?” chiese il ragazzino dai capelli rossi, gli occhi azzurri spalancati dalla curiosità.

“Ragazzi, vi presento il mio nuovo compagno di stanza: Marius Pontmercy” lo annunciò Courfeyrac mettendogli una mano sulla spalla, mentre Marius alzava la mano impacciato come segno di saluto. “Allora, Marius: il sapone col libro è Combeferre; il mingherlino con abiti improponibili è Jean Prouvaire, per gli amici Jehan; il pelato è Lesgle, ma noi lo chiamiamo Bossuet; mentre il finto malaticcio di fianco a lui è Joly” aggiunse Courfeyrac indicando i suoi amici col dito uno per uno.

“S-sapone?” disse Marius confuso, mentre stringeva la mano a Combeferre.

“Sì: Courfeyrac mi chiama così per dire che sono una persona eclettica. Il tuo compagno di stanza ha un vocabolario piuttosto limitato, Marius: te ne renderai conto” disse Combeferre quasi ridendo.

“Ehi non è mica vero! È che sapone è più simpatico!” rispose Courfeyrac in sua difesa. “Se volessi ti chiamerei secchione o sapientone!”

“Ti renderai conto di molte cose stando con noi” disse Bossuet avvicinandosi e passando un braccio attorno alla spalla di Marius, “come del fatto che Joly crede di avere ogni malattia esistente e non esistente al mondo…”

“…o che Bossuet è costantemente a letto per un osso rotto o perché è il primo a prendere l’influenza durante le epidemie” concluse per lui Joly. A Marius veniva da ridere: non si era mai sentito così a suo agio con persone che aveva appena incontrato.

“Ehi! Courfeyrac ha portato a casa un nuovo animaletto?” disse una voce profonda alle sue spalle. Un alto e muscoloso ragazzo, con i capelli castani dal taglio asimmetrico e un grande tatuaggio maori su tutto il braccio destro, arrivò al tavolo assieme ad un altro ragazzo più basso di lui, dai ricci neri e il fisico asciutto: portavano con loro alcuni pacchi di patatine e salatini e qualche bottiglia di birra. “Io sono Bahorel, lui è Grantaire, l’ubriacone del villaggio” si presentò porgendogli la mano.

“Marius Pontmercy, piacere” disse stringendola.

“Non ti offendere per quello che ha detto Bahorel” disse Grantaire stringendo la mano di Marius a sua volta “È solo che Courfeyrac conosce sempre nuova gente con la stessa facilità con cui un bambino si porta a casa un cagnolino o un gattino.”

Courfeyrac mise le mani sulle spalle a Marius, si nascose dietro di lui e disse a Bahorel, facendo la voce da bambino e gli occhi dolci: “Posshiamo tenerlo, paparinooooooo?”

“Ma piantala di fare l’idiota!” disse Bahorel ridendo.

“Bahorel, Joly, Combeferre… perché vi chiamate per cognome?” chiese Marius sorpreso.

“Oh… beh è una storia piuttosto lunga” gli rispose Bossuet.

“Per ora diciamo che è stata tutta un’idea di Courfeyrac” aggiunse Joly.

“Sì, ma non ci ho pensato tutto da solo” disse Courfeyrac a Marius, quasi non volesse prendersi tutto il merito. “La palla mi è stata lanciata!”

“Ecco: a proposito!” Grantaire si guardò attorno, poi si girò verso Combeferre e gli chiese: “E il nostro biondino dov’è?”

“Ha detto che voleva farsi una doccia prima di venire: ormai starà arrivando” gli rispose tirando indietro una sedie due posti più a sinistra di dove stava seduto lui all’inizio, proprio a sinistra di Joly. “Siediti, Marius: raccontaci qualcosa di te. Se ti va, ovviamente.”

 

Era da un po’ che Marius parlava del più e del meno con quel simpatico gruppetto di ragazzi, quando, dalla sala, sentirono alzarsi voci allegre che salutavano qualcuno.

“Ehi che bello rivederti! Come hai passato le vacanze?”

“Non c’è male, dai.”

Nel sentire la sua voce, Combeferre alzò lo sguardo e disse tranquillamente: “Ah! Eccolo!”

Marius guardò Combeferre, poi vide Grantaire sgranare gli occhi e alzarsi in piedi: sembrava quasi emozionato. In realtà tutti, eccezione fatta per Combeferre, sembravano emozionati e felici, mentre Courfeyrac alzò la mano per far segno a qualcuno che si trovavano seduti a quel tavolo.

Marius si girò a guardare chi stesse arrivando e vide un ragazzo con una maglia bianca coperta da un ampio cardigan rosso e dei jeans larghi. Aveva dei lunghi capelli mossi, biondi, raccolti in una coda bassa e dei bellissimi occhi azzurri. Marius si rese conto solo quando fu più vicino che lui quel ragazzo lo aveva già incontrato.

“Ehi, ragazzi!” esclamò il ragazzo biondo.

“Enjolras! Finalmente!” disse Bahorel.

“Che bello rivederti!” aggiunse Jehan, correndo verso di lui per abbracciarlo.

Enjolras sembrò lasciare che Jehan lo abbracciasse, poi disse: “Anch’io sono felice di rivedervi.”

Courfeyrac si alzò dalla sua sedia, facendo alzare anche Marius, e disse: “Tu già conosci Marius Pontmercy, giusto?”

Enjolras e Marius si guardarono negli occhi e si riconobbero. Enjolras sembrava sorpreso, sorrise e disse: “Ma certo: tu sei il ragazzo che è arrivato oggi! Finalmente ci presentiamo. Piacere: Enjolras.” Detto ciò, gli tese la mano e Marius la strinse, ricambiando il sorriso.

Marius rimase a guardarlo per qualche secondo. Aveva sempre detto di non essere in grado di giudicare la bellezza maschile, ma in quel caso, osservandolo meglio, non ebbe dubbi: Enjolras era davvero il ragazzo più bello che gli fosse mai capitato di incontrare.

 


[1] Piccolo tributo al film di Tom Hooper (2012), in cui Courfeyrac si comporta come un fratello maggiore nei confronti di Gavroche.

   
 
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