2.
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ennington
Mansion. Il nome rispecchiava adeguatamente l’essenza
di quella dimora. Situata all’estremità dei quartieri residenziali, la grande
villa abbandonata si ergeva bieca nei suoi tre piani di altezza. Nonostante
avesse più di duecento anni, nel corso del secolo passato era stata
ristrutturata diverse volte, fino a sfoggiare una pretenziosa facciata grazie
allo stile Queen Anne. Corredata da
un arioso portico, finestre decorative policrome, una torre sul lato sinistro
del corpo principale e un grande giardino posteriore, la tenuta era delimitata
dal tetro boschetto situato ai margini esterni e dalla recente rete metallica
che la recingeva, abbellita da molteplici cartelli di pericolo e lavori in
corso; un semplice monito per tenere lontani i curiosi e i malintenzionati come
loro.
Alex non sapeva molto sulla storia della casa ma,
nell’osservarla esternamente, non ebbe alcuna difficoltà a credere che durante
il suo periodo d’oro fosse stata una dimora di tutto rispetto. Tuttavia, il
tempo e l’usura non si erano dimostrati clementi e, nelle condizioni in cui
ormai versava indecorosamente, sembrava adatta a essere solo il triste sfondo
di un episodio di Ghost Adventures. Figuriamoci per
un party di Halloween.
«Volete davvero entrare là dentro?» sibilò Leyla,
stringendosi nel suo cappottino di pelle. L’occhiata di disgusto che lanciò
alla villa era talmente intensa da poter essere scorta nella penombra.
«Non ci vedo nulla di male» esclamò Ren con un’alzata
di spalle. «Noi lo facciamo sempre.»
A quell’esclamazione, Alex si voltò lentamente verso
Emily con un’espressione raccapricciante, che fu subito ricambiata con un
sorriso di scuse. Ne avrebbero parlato più tardi. In privato.
«Quindi è questo il vostro ritrovo segreto» constatò
Sarah, tirando fuori dalla fascia del kimono un block
notes e una penna per prendere appunti come se fosse del tutto normale.
«Interessante… E da quanto tempo vi ritrovate qui?»
Ren alzò un sopracciglio, osservando dapprima Emily,
che sfoggiò un altro sorriso di scuse rischiando così una paralisi facciale,
per poi focalizzarsi di nuovo sulla ragazza. «Non starai davvero contemplando
l’idea di scrivere un articolo per il giornale della scuola, vero?»
«Non dovrei?»
«Considerando che stiamo per compiere un’effrazione in
una proprietà privata, direi che il tuo fiuto da giornalista ha scelto proprio
un pessimo momento per venire fuori.»
Nell’udire tale constatazione, Sarah storse il naso e
ripose i suoi attrezzi del mestiere, cercando di non badare ai due ragazzi che
ridacchiavano dietro di lei. Durante il tragitto si erano presentati come Mark
e John, il che aveva rappresentato per Alex un’autentica delusione, dato che si
era aspettata qualcosa di più pittoresco, tipo Baudelaire o Edgar. O
semplicemente qualcosa che valesse la pena ricordare.
«E, tanto per la cronaca, siamo stati io e Mark a dire
a Ren di questo posto» s’intromise Dakota, anche se nessuno le diede retta.
L’attenzione generale era di nuovo concentrata sulla dimora.
«Beh, ormai siamo qui» sentenziò Gregory con una punta
di rammarico. «Tanto vale entrare.»
«Questo è lo spirito giusto Greg!» Keiran gli diede
una rumorosa pacca sulla schiena. Era l’unico a sembrare davvero appagato da
quella situazione, anche se il suo carattere gioviale non era ancora riuscito a
spezzare il malcontento generale.
«Già, ma come?» chiese Emily, guardando oltre la rete.
«Non avevo calcolato le assi a porte e finestre.»
«Non a tutte» intervenne Ren. «La finestra della cucina
è inceppata. Possiamo entrare da lì.»
«Non striscerò dentro quel rudere come un ladro da
quattro soldi!» sentenziò Leyla, gettandosi dietro a una spalla i lunghi
capelli biondi, più chiari di quelli della cugina a causa delle numerose
tinture e trattamenti.
«Perfetto, puoi rimanere qui. Oppure puoi ritornartene
a casa sola soletta. Mi chiedo quanti isolati riuscirai a fare. Io punterei su
quattro. Cinque, se sei fortunata.» Ren le sorrise mesto, ottenendo esattamente
ciò che voleva: farla arrabbiare ancora di più.
«Beh, se devo sporcarmi il vestito, spero per te che
tu abbia da bere là dentro!»
Gregory scosse la testa esasperato da quella scenetta
e Alex gli diede qualche buffetto sul braccio per confortarlo, nonostante
l’idea di Leyla da sola al buio la divertisse non poco.
«Ad ogni modo, il cancello è impraticabile» sentenziò
Emily, dando uno scrollone alla porta inglobata nella recinzione da cui le
persone competenti potevano entrare senza problemi, provocando così uno
stridulo rumore metallico. «Non ci rimane che la rete.»
«C’è un passaggio poco più avanti.» Ren si voltò e
incrociò lo sguardo di Alex. «Ma il modo più veloce è quello di scavalcarla.
Però posso capire se voi ragazze non ve la sentiate. Non è alla vostra
portata.»
Alex inarcò un sopracciglio. In cuor suo sapeva che
tale constatazione sessista non era altro che l’ennesimo tentativo di
stuzzicarla secondo le regole di un qualche primitivo rituale di accoppiamento
di cui non ne comprendeva la logica e a cui non voleva avere alcun coinvolgimento,
eppure la sua parte diabolica scalpitava per fargli mangiare la polvere.
Sospirò nell’avvertire gli sguardi intensi di Emily e Gregory concentrati su di
lei, come se avessero intuito cosa le stesse passando per la testa. Per cui si
limitò a scrollare le spalle e a fare tre profondi respiri per calmarsi.
Prima di gettarsi contro la rete.
Fu un gioco da ragazzi. Non ci mise più di sei secondi
ad arrampicarsi fino in cima. Attenta a non incastrarsi con la gonna, scavalcò
la sommità con le gambe e calcolò l’altezza. Poco più di due metri e mezzo.
Poteva farcela.
Oscillò leggermente e mollò la presa. Si ritrovò così
a cadere nel vuoto, piegando nel frattempo le ginocchia per preparandosi
all’impatto con il suolo e tenendosi stretto il cappuccio della mantella sulla
testa con una mano. L’urto fu meno duro del previsto, ma quando alzò lo
sguardo, preparando il suo miglior sorriso di scherno, si ritrovò davanti Ren.
«Sup!»
Alex sgranò gli occhi per la sorpresa. Si voltò e vide
Gregory che teneva sollevata la rete metallica allentata mentre le ragazze vi
passavano sotto, proprio vicino alla porta. L’aveva fregata.
«Avevi detto che era più avanti!» Lo accusò Alex,
alzandosi.
«Esatto. Ma non ho mai specificato quanto» esclamò
Ren, chinandosi in avanti per arrivare al livello del suo viso. Di nuovo quel
sorriso mefistofelico e il luccichio divertito dei suoi occhi.
Alex chiuse le mani a pugno, trattenendosi nonostante
il fastidioso formicolio che avvertiva sulla pelle. Intenzionata a non stare
ancora al suo gioco, si voltò, osservando il suo amico mentre porgeva una mano
a Emily per aiutarla a superare il passaggio. Quando fece lo stesso con Leyla, capì il motivo per cui era ancora single. Con i suoi corti
riccioli neri e i caldi occhi nocciola, le camicie sempre stirate e una
generosità degna di un buon samaritano, era l’incarnazione di tutto ciò che si
poteva trovare in un bravo ragazzo.
E in quella generazione i
bravi ragazzi non piacevano a nessuno se non alle pensionate del quartiere.
Sorrise tristemente a quel
pensiero, ignorando Keiran che da in cima la
recinzione faceva l’idiota per attirare l’attenzione generale. A quanto pareva,
gli altri ragazzi avevano preferito seguire il suo esempio e fare un po' di
ginnastica.
«Forza, andiamo. Meglio se non gironzoliamo troppo nei
dintorni. Qualcuno potrebbe vederci.»
Controvoglia, Alex seguì Ren mentre faceva il giro
della casa. Alzando il capo, fu colta da una sgradevole sensazione: sembrava
quasi che i tre piani di legno e mattoni accanto a lei fossero inclinati nella
sua direzione, pronti a crollarle addosso a tradimento.
Stava per girare l’angolo quando qualcuno le afferrò
la mano, calmandola. Sussultando, Alex si voltò e si accorse che Emily l’aveva
raggiunta. Il suo sorriso servì a farla sentire meglio, ma non cancellò del
tutto la sensazione di disagio. Ricambiò in silenzio la stretta.
Quando arrivarono alla finestra designata, Ren sforzò
il gancio con la maestria dovuta alla pratica. Afferrò l’estremità di legno e
tendendo le braccia la sollevò senza problemi. L’apertura era relativamente
stretta, ma non avrebbero avuto problemi a intrufolarsi all’interno.
«Bene» esclamò Ren, voltandosi verso il gruppo che si
era radunato alle sue spalle. «Chi vuole avere l’onore?»
Anticipando qualsiasi cenno d’assenso, Dakota si
lanciò su di lui, non perdendo l’opportunità di stringersi contro il suo corpo
muscoloso. Ren ignorò quella dimostrazione d’affetto e si limitò a prenderla
sotto le ascelle come un gatto bagnato, issandola verso la finestra. Prima di
lasciarla cadere dall’altra parte, ne approfittò per tirarle un rumoroso
schiaffo sul culo, provocando l’ilarità dei testosteroni presenti.
Ridicolo.
Alex rimase in disparte con le braccia incrociate,
osservando i suoi compagni di avventura sparire l’uno dietro l’altro all’interno
della dimora, come se fossero stati inghiottiti al suo interno. Ora le era
chiaro il motivo per cui il giorno prima Emily aveva insistito per guardare
Monster House, stupendola, dato che persino gli horror di animazione mettevano
a dura prova la sua tempra d’acciaio forgiata a romanzi rosa.
Non riuscì a trattenere una lieve risatina quando fu
Gregory ad aiutare l’apetta a intrufolarsi, sotto lo
sguardo stranito di Ren che era stato messo da parte. Purtroppo, il suo rivale
seguì a ruota la ragazza, lasciandogli l’ingrato compito di assistere Leyla.
Sotto la sua presa, la ragazza incominciò a muoversi come un pesce fuor
d’acqua, lamentandosi per il suo vestito e dandogli non poco filo da torcere.
I ragazzi non ebbero alcun problema, ovviamente, ma a
nessuno sfuggì l’aiuto che John si prodigò a dare a Sarah, facendo ridere sotto
i baffi sia Ren che Emily. Un vero peccato che Eric, il ragazzo di Sarah, non
si fosse unito a loro per quella sera.
Dopo che Keiran, sotto lo sguardo minaccioso del
teppista, si decise a scomparire all’interno della casa dalla quale iniziavano
a provenire commenti e risatine, Ren si voltò verso di lei. Il suo sguardo
aveva una sfumatura curiosa, nonostante l’esasperazione che emanava da tutti i
pori, anche quelli arrossati per il graffio che Leyla gli aveva lasciato sulla
guancia.
Tra di loro scese un silenzio teso. Ren alzò un
sopracciglio.
«Hai paura?» Prima di lasciarle il tempo di
rispondere, allargò le braccia con un gran sorriso. «Non temere, lo Zio Ren è
qui per…»
«Idiota. Certo che non ho paura» esclamò Alex
impassibile. Poi distolse lo sguardo. Era del tutto inutile discutere con uno
come lui e ormai si era rassegnata all’idea di doverlo sopportare fin quando
Emily non si fosse stancata di quella irritante parata e avrebbe espresso il
desiderio di tornare a casa.
Ren sospirò, massaggiandosi il collo.
Sei secondi di silenzio. «Ne vuoi approfittare per
scappare, non è così?»
Quando lei s’irrigidì, il sorriso torno ad
illuminargli il viso. «Oh, capisco…»
«No, che non capisci. E poi questo darebbe a Emily il
giusto pretesto per ammazzarmi» rispose Alex, abbandonando le braccia lungo i
fianchi e avvicinandosi a lui.
«Come se non ne avesse già abbastanza.»
Alex gli scoccò un’occhiataccia. «Già… Meglio entrare,
prima che il suo diabolico cervello inizi a considerare l’improbabile
possibilità che siamo qui fuori a limonare di nascosto.»
Nell’udire quell’insinuazione, Ren rimase
esterrefatto. Abbassò lo sguardo, osservandola come se le fosse comparso un
altro paio di braccia, e dopo qualche istante scoppiò a ridere così forte da
gettare indietro la testa. Alex rimase in silenzio, attendendo imbronciata che
riprendesse fiato. Se era fortunata poteva schiattare sul colpo per una crisi
respiratoria.
«Wow!» esclamò il ragazzo, asciugandosi le lacrime
agli occhi con il dorso della mano guantata. «Non immaginavo che sua Asprissima
Altezza, la Regina dal Cuore di Ghiaccio, conoscesse certi volgari vocaboli.»
La guardò con visibile interesse. «Ma devo ammettere che questa sera sono
aperto a tutte le possibilità.»
Alex fece una smorfia piena di disgusto e, senza
perdere altro tempo, lo scansò, oltrepassandolo. Si avvicinò alla finestra, ma
poco prima di sgusciare all’interno dell’abitazione si fermò. Avvertiva lo
sguardo curioso del ragazzo trapassarle la schiena in attesa di una reazione,
tuttavia si limitò a voltarsi verso di lui con la sua consueta espressione
indecifrabile.
«A proposito, hai perso un brillantino.»
Ren rimase per un momento interdetto, ma quando si
passò una mano tra i capelli, si accorse di indossare ancora il cerchiello con
le orecchie. Se lo tolse con una smorfia, lanciandolo nell’oscurità come un
frisbee mentre Alex gli dava le spalle, ridendo sotto i baffi. Si issò sulla
finestra senza alcuna difficoltà, nonostante la sua misera statura e, non
contenta, tentò di tirare un calcio in faccia all’idiota mentre sgusciava
all’interno.
Quando si raddrizzò spolverandosi i vestiti, lo
scenario a cui si ritrovò dinanzi la stupì. Nella penombra, riuscì a
distinguere la vecchia cucina perfettamente attrezzata secondo i canoni
dell’epoca. E non solo; sembrava che i vecchi proprietari avessero apportato
qualche miglioria, data la presenza dell’impianto elettrico e idraulico, il
forno e il frigorifero, nonostante fossero datati agli anni sessanta, forse
settanta.
«Andiamo» le fece cenno Ren, che nel frattempo l’aveva
raggiunta.
Alex abbassò lo sguardo e si accorse delle diverse
impronte sul pavimento impolverato, tutte dirette in un’unica direzione.
Quando uscirono dalla stanza, Alex estrasse dalla
borsa la sua torcia elettrica per illuminare favorevolmente l’ambiente
circostante e fece fatica a trattenere il suo stupore. Le sembrava di essere
finita in una casa delle bambole vintage. Ogni elemento presente gridava lo
sfarzo ormai scomparso su cui si fondava quella fortuna immobiliare. E, se la
memoria non la ingannava, all’epoca era uso comune regalare alle figlie una
miniatura della propria dimora, anche se ormai le sembrava un’idea di cattivo
gusto.
Senza
accorgersene, rallentò il passo, osservando con vivo interesse ogni dettaglio
su cui i suoi occhi si soffermavano: le decorazioni della carta da parati
sgualcita, i quadri di nature morte e scene di caccia, i vasi impolverati, e
cercò di immaginare il resto dei mobili celati da vecchi teli bianchi in base
alle gambe di mogano intagliate in motivi floreali su cui posavano. Forse c’era
addirittura qualche pezzo originale proveniente dell’Europa e dalla Cina.
Arrivati nello spazioso androne, si fermò
definitivamente, catturata dal grande quadro appeso sullo scalone. Raffigurava
un gruppo di bambini, tra cui una sola bambina, che attorniavano una donna
vestita in modo impeccabile che avrà avuto poco più di trent’anni, seduta su un’elegante
poltrona di velluto. Sembravano congelati in una posa simile a quelle degli
annuari scolastici, ma nonostante il pittore avesse cercato di dipingerli in
modo serio e composto, sui volti dei bambini apparivano comunque dei sorrisi
vispi.
Allungò una mano, sfiorando con le dita il corrimano
delle scale principali, quando l’udì.
Sorpresa, Alex alzò lo sguardo verso il soffitto,
certa di aver sentito un lieve scalpitare. Attese qualche istante, contando
mentalmente fino a sei, ma tutto ciò che percepì furono i rumori ovattati
provenienti dall’altra stanza. Riportò lo sguardo sui bambini. Forse era solo
soggezione.
Era così concentrata che non si accorse di Ren, che
nel frattempo era ritornato sui suoi passi. Non trattenne uno sbuffo nel
vederla con la testa tra le nuvole, ma quando sfiorò le sue dita, si ritrasse
di colpo. Dopo una lieve esitazione, l’afferrò per il braccio e senza troppi
complimenti la condusse a passo di marcia verso il salotto privato situato al
pian terreno. Se il resto della casa sembrava inviolato, Alex poté constatare
con i suoi occhi che le visite impreviste di quei ragazzi avevano comunque
lasciato un segno.
I mobili del salotto erano stati scoperti e spostati
in modo da far più spazio nel centro della sala, a eccezione del grande divano
imbottito dove Dakota si era lasciata cadere con molta nonchalance. Ai lati,
diverse abat-jour erano state accese, ravvivando debolmente l’ambiente
polveroso insieme alla composizione di fili di luce bianca che correvano sui
muri, circondando i quadri e i soprammobili. Ciononostante, la maggior parte
dell’illuminazione proveniva dal camino situato sulla parete laterale che
qualcuno si era prodigato ad accendere, riscaldando la stanza. Un altro tocco
personalizzato dai ragazzi consisteva nei vecchi manichini disposti come
spettatori silenziosi all’estremità della stanza, su cui avevano posato le
giacche. Da uno stereo a pile posato su un tavolino da caffè, proveniva un
ritmico sottofondo, probabilmente qualche canzone dei Korn. Ma ciò che attirò maggiormente
l’attenzione di Alex, furono gli scaffali colmi di vecchi volumi disposti lungo
la parete libera.
«Non è fantastico?» le chiese Emily, prendendole le
mani e facendola sedere con loro sul divano, scostando malamente Dakota.
«Pensavo che non ci fosse elettricità» mormorò
sorpresa Alex, ritornando in sé.
«Lo pensavamo anche noi, ma i proprietari devono aver
deciso di mantenere attivo l’impianto elettrico al piano terra, magari per far
sembrare meno tetra questa casa ai possibili compratori, anche se sospetto che
siano davvero rari. Ma non mi lamento per questa dimenticanza. Ah, nonostante
in questi vecchi tubi passi ancora acqua, vi consiglio di non berla. Ho come il
presentimento che potrebbe uccidervi» commentò Ren, lanciando la giacca di
pelle sui manichini e tirandosi su le maniche della vecchia maglia che aveva
sicuramente visto giorni migliori.
«Esagerato. Basterà farla scorrere un po'» esclamò
Sarah con un gesto annoiato della mano.
«Ciò che davvero mi stupisce è che non l’abbiate
ancora devastata» s’intromise Alex.
«Oh, l’avremmo fatto, tranquilla» sentenziò John. «Ma
qualcuno ha deciso di rovinarci la festa.»
Tutti gli sguardi si puntarono su Ren, chino verso il
minibar posato in un angolo. Estrasse una birra e sentendosi osservato fece
spallucce. «Bisogna portare rispetto verso certe dimore» fu il suo unico
commento, come se questo spiegasse il suo improvviso senso civico.
Alex inclinò il capo, per poi tornare a contemplare
assorta la stanza. Una volta preso posto, i ragazzi iniziarono a sentirsi più a loro agio, specialmente dopo che Ren incominciò a lanciare in giro
lattine di birra.
«Mi casa es tu casa.» Alzò la sua già aperta e questo
diede inizio alla festa.
Buon Samhain a tutti!!!