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Autore: AlenGarou    31/10/2016    1 recensioni
Pennington Mansion era buia e derelitta; una costruzione ormai morta da tempo, soffocata dal sangue e dalle ceneri del suo stesso passato. Del suo florido corpo non rimaneva altro che un labirinto di corridoi silenziosi e decadenti, marciti dal tempo e dall’usura. Ogni tanto la dimora gemeva, emanando qualche tetro scricchiolio; assestava le sue stanche e logore membra ricercando un riposo a lei proibito. Nonostante la misera fine che l’aveva soggiogata, all’interno delle sue ossa rimbombavano ancora i loro mormorii; flebili, infidi… supplichevoli. Malgrado i numerosi ospiti che ancora ricevevano, nessuno era stato in grado di dar loro una risposta, di dar loro una voce. Esseri senza guscio e senza alcun potere, venivano semplicemente ignorati.
Anno dopo anno, la loro agonia continuava inesorabile. Quell’incubo perdurava, mascherato da innocente gioco di un’infanzia a loro rubata. Fino a quel giorno. Fino alla notte di Samhain.
Fino a che lei non arrivò.
La casa si ridestò dal suo sogno; loro si risvegliarono e il male, che assopito aveva pazientemente atteso nel cuore oscuro di quella dimora, ritornò alla vita.
Eppure lei non gli diede alcun credito. Perché mai avrebbe dovuto temere quel male?
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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2.

 

P

ennington Mansion. Il nome rispecchiava adeguatamente l’essenza di quella dimora. Situata all’estremità dei quartieri residenziali, la grande villa abbandonata si ergeva bieca nei suoi tre piani di altezza. Nonostante avesse più di duecento anni, nel corso del secolo passato era stata ristrutturata diverse volte, fino a sfoggiare una pretenziosa facciata grazie allo stile Queen Anne. Corredata da un arioso portico, finestre decorative policrome, una torre sul lato sinistro del corpo principale e un grande giardino posteriore, la tenuta era delimitata dal tetro boschetto situato ai margini esterni e dalla recente rete metallica che la recingeva, abbellita da molteplici cartelli di pericolo e lavori in corso; un semplice monito per tenere lontani i curiosi e i malintenzionati come loro.

Alex non sapeva molto sulla storia della casa ma, nell’osservarla esternamente, non ebbe alcuna difficoltà a credere che durante il suo periodo d’oro fosse stata una dimora di tutto rispetto. Tuttavia, il tempo e l’usura non si erano dimostrati clementi e, nelle condizioni in cui ormai versava indecorosamente, sembrava adatta a essere solo il triste sfondo di un episodio di Ghost Adventures. Figuriamoci per un party di Halloween.

«Volete davvero entrare là dentro?» sibilò Leyla, stringendosi nel suo cappottino di pelle. L’occhiata di disgusto che lanciò alla villa era talmente intensa da poter essere scorta nella penombra.

«Non ci vedo nulla di male» esclamò Ren con un’alzata di spalle. «Noi lo facciamo sempre.»

A quell’esclamazione, Alex si voltò lentamente verso Emily con un’espressione raccapricciante, che fu subito ricambiata con un sorriso di scuse. Ne avrebbero parlato più tardi. In privato.

«Quindi è questo il vostro ritrovo segreto» constatò Sarah, tirando fuori dalla fascia del kimono un block notes e una penna per prendere appunti come se fosse del tutto normale. «Interessante… E da quanto tempo vi ritrovate qui?»

Ren alzò un sopracciglio, osservando dapprima Emily, che sfoggiò un altro sorriso di scuse rischiando così una paralisi facciale, per poi focalizzarsi di nuovo sulla ragazza. «Non starai davvero contemplando l’idea di scrivere un articolo per il giornale della scuola, vero?»

«Non dovrei?»

«Considerando che stiamo per compiere un’effrazione in una proprietà privata, direi che il tuo fiuto da giornalista ha scelto proprio un pessimo momento per venire fuori.»

Nell’udire tale constatazione, Sarah storse il naso e ripose i suoi attrezzi del mestiere, cercando di non badare ai due ragazzi che ridacchiavano dietro di lei. Durante il tragitto si erano presentati come Mark e John, il che aveva rappresentato per Alex un’autentica delusione, dato che si era aspettata qualcosa di più pittoresco, tipo Baudelaire o Edgar. O semplicemente qualcosa che valesse la pena ricordare.

«E, tanto per la cronaca, siamo stati io e Mark a dire a Ren di questo posto» s’intromise Dakota, anche se nessuno le diede retta. L’attenzione generale era di nuovo concentrata sulla dimora.

«Beh, ormai siamo qui» sentenziò Gregory con una punta di rammarico. «Tanto vale entrare.»

«Questo è lo spirito giusto Greg!» Keiran gli diede una rumorosa pacca sulla schiena. Era l’unico a sembrare davvero appagato da quella situazione, anche se il suo carattere gioviale non era ancora riuscito a spezzare il malcontento generale.

«Già, ma come?» chiese Emily, guardando oltre la rete. «Non avevo calcolato le assi a porte e finestre.»

«Non a tutte» intervenne Ren. «La finestra della cucina è inceppata. Possiamo entrare da lì.»

«Non striscerò dentro quel rudere come un ladro da quattro soldi!» sentenziò Leyla, gettandosi dietro a una spalla i lunghi capelli biondi, più chiari di quelli della cugina a causa delle numerose tinture e trattamenti.

«Perfetto, puoi rimanere qui. Oppure puoi ritornartene a casa sola soletta. Mi chiedo quanti isolati riuscirai a fare. Io punterei su quattro. Cinque, se sei fortunata.» Ren le sorrise mesto, ottenendo esattamente ciò che voleva: farla arrabbiare ancora di più.

«Beh, se devo sporcarmi il vestito, spero per te che tu abbia da bere là dentro!»

Gregory scosse la testa esasperato da quella scenetta e Alex gli diede qualche buffetto sul braccio per confortarlo, nonostante l’idea di Leyla da sola al buio la divertisse non poco.

«Ad ogni modo, il cancello è impraticabile» sentenziò Emily, dando uno scrollone alla porta inglobata nella recinzione da cui le persone competenti potevano entrare senza problemi, provocando così uno stridulo rumore metallico. «Non ci rimane che la rete.»

«C’è un passaggio poco più avanti.» Ren si voltò e incrociò lo sguardo di Alex. «Ma il modo più veloce è quello di scavalcarla. Però posso capire se voi ragazze non ve la sentiate. Non è alla vostra portata.»

Alex inarcò un sopracciglio. In cuor suo sapeva che tale constatazione sessista non era altro che l’ennesimo tentativo di stuzzicarla secondo le regole di un qualche primitivo rituale di accoppiamento di cui non ne comprendeva la logica e a cui non voleva avere alcun coinvolgimento, eppure la sua parte diabolica scalpitava per fargli mangiare la polvere. Sospirò nell’avvertire gli sguardi intensi di Emily e Gregory concentrati su di lei, come se avessero intuito cosa le stesse passando per la testa. Per cui si limitò a scrollare le spalle e a fare tre profondi respiri per calmarsi.

Prima di gettarsi contro la rete.

Fu un gioco da ragazzi. Non ci mise più di sei secondi ad arrampicarsi fino in cima. Attenta a non incastrarsi con la gonna, scavalcò la sommità con le gambe e calcolò l’altezza. Poco più di due metri e mezzo. Poteva farcela.

Oscillò leggermente e mollò la presa. Si ritrovò così a cadere nel vuoto, piegando nel frattempo le ginocchia per preparandosi all’impatto con il suolo e tenendosi stretto il cappuccio della mantella sulla testa con una mano. L’urto fu meno duro del previsto, ma quando alzò lo sguardo, preparando il suo miglior sorriso di scherno, si ritrovò davanti Ren.

«Sup

Alex sgranò gli occhi per la sorpresa. Si voltò e vide Gregory che teneva sollevata la rete metallica allentata mentre le ragazze vi passavano sotto, proprio vicino alla porta. L’aveva fregata.

«Avevi detto che era più avanti!» Lo accusò Alex, alzandosi.

«Esatto. Ma non ho mai specificato quanto» esclamò Ren, chinandosi in avanti per arrivare al livello del suo viso. Di nuovo quel sorriso mefistofelico e il luccichio divertito dei suoi occhi.

Alex chiuse le mani a pugno, trattenendosi nonostante il fastidioso formicolio che avvertiva sulla pelle. Intenzionata a non stare ancora al suo gioco, si voltò, osservando il suo amico mentre porgeva una mano a Emily per aiutarla a superare il passaggio. Quando fece lo stesso con Leyla, capì il motivo per cui era ancora single. Con i suoi corti riccioli neri e i caldi occhi nocciola, le camicie sempre stirate e una generosità degna di un buon samaritano, era l’incarnazione di tutto ciò che si poteva trovare in un bravo ragazzo.

E in quella generazione i bravi ragazzi non piacevano a nessuno se non alle pensionate del quartiere.

Sorrise tristemente a quel pensiero, ignorando Keiran che da in cima la recinzione faceva l’idiota per attirare l’attenzione generale. A quanto pareva, gli altri ragazzi avevano preferito seguire il suo esempio e fare un po' di ginnastica.

«Forza, andiamo. Meglio se non gironzoliamo troppo nei dintorni. Qualcuno potrebbe vederci.»

Controvoglia, Alex seguì Ren mentre faceva il giro della casa. Alzando il capo, fu colta da una sgradevole sensazione: sembrava quasi che i tre piani di legno e mattoni accanto a lei fossero inclinati nella sua direzione, pronti a crollarle addosso a tradimento.

Stava per girare l’angolo quando qualcuno le afferrò la mano, calmandola. Sussultando, Alex si voltò e si accorse che Emily l’aveva raggiunta. Il suo sorriso servì a farla sentire meglio, ma non cancellò del tutto la sensazione di disagio. Ricambiò in silenzio la stretta.

Quando arrivarono alla finestra designata, Ren sforzò il gancio con la maestria dovuta alla pratica. Afferrò l’estremità di legno e tendendo le braccia la sollevò senza problemi. L’apertura era relativamente stretta, ma non avrebbero avuto problemi a intrufolarsi all’interno.

«Bene» esclamò Ren, voltandosi verso il gruppo che si era radunato alle sue spalle. «Chi vuole avere l’onore?»

Anticipando qualsiasi cenno d’assenso, Dakota si lanciò su di lui, non perdendo l’opportunità di stringersi contro il suo corpo muscoloso. Ren ignorò quella dimostrazione d’affetto e si limitò a prenderla sotto le ascelle come un gatto bagnato, issandola verso la finestra. Prima di lasciarla cadere dall’altra parte, ne approfittò per tirarle un rumoroso schiaffo sul culo, provocando l’ilarità dei testosteroni presenti.

Ridicolo.

Alex rimase in disparte con le braccia incrociate, osservando i suoi compagni di avventura sparire l’uno dietro l’altro all’interno della dimora, come se fossero stati inghiottiti al suo interno. Ora le era chiaro il motivo per cui il giorno prima Emily aveva insistito per guardare Monster House, stupendola, dato che persino gli horror di animazione mettevano a dura prova la sua tempra d’acciaio forgiata a romanzi rosa.

Non riuscì a trattenere una lieve risatina quando fu Gregory ad aiutare l’apetta a intrufolarsi, sotto lo sguardo stranito di Ren che era stato messo da parte. Purtroppo, il suo rivale seguì a ruota la ragazza, lasciandogli l’ingrato compito di assistere Leyla. Sotto la sua presa, la ragazza incominciò a muoversi come un pesce fuor d’acqua, lamentandosi per il suo vestito e dandogli non poco filo da torcere.

I ragazzi non ebbero alcun problema, ovviamente, ma a nessuno sfuggì l’aiuto che John si prodigò a dare a Sarah, facendo ridere sotto i baffi sia Ren che Emily. Un vero peccato che Eric, il ragazzo di Sarah, non si fosse unito a loro per quella sera.

Dopo che Keiran, sotto lo sguardo minaccioso del teppista, si decise a scomparire all’interno della casa dalla quale iniziavano a provenire commenti e risatine, Ren si voltò verso di lei. Il suo sguardo aveva una sfumatura curiosa, nonostante l’esasperazione che emanava da tutti i pori, anche quelli arrossati per il graffio che Leyla gli aveva lasciato sulla guancia.

Tra di loro scese un silenzio teso. Ren alzò un sopracciglio.

«Hai paura?» Prima di lasciarle il tempo di rispondere, allargò le braccia con un gran sorriso. «Non temere, lo Zio Ren è qui per…»

«Idiota. Certo che non ho paura» esclamò Alex impassibile. Poi distolse lo sguardo. Era del tutto inutile discutere con uno come lui e ormai si era rassegnata all’idea di doverlo sopportare fin quando Emily non si fosse stancata di quella irritante parata e avrebbe espresso il desiderio di tornare a casa. 

Ren sospirò, massaggiandosi il collo.

Sei secondi di silenzio. «Ne vuoi approfittare per scappare, non è così?»

Quando lei s’irrigidì, il sorriso torno ad illuminargli il viso. «Oh, capisco…»

«No, che non capisci. E poi questo darebbe a Emily il giusto pretesto per ammazzarmi» rispose Alex, abbandonando le braccia lungo i fianchi e avvicinandosi a lui.

«Come se non ne avesse già abbastanza.»

Alex gli scoccò un’occhiataccia. «Già… Meglio entrare, prima che il suo diabolico cervello inizi a considerare l’improbabile possibilità che siamo qui fuori a limonare di nascosto.»

Nell’udire quell’insinuazione, Ren rimase esterrefatto. Abbassò lo sguardo, osservandola come se le fosse comparso un altro paio di braccia, e dopo qualche istante scoppiò a ridere così forte da gettare indietro la testa. Alex rimase in silenzio, attendendo imbronciata che riprendesse fiato. Se era fortunata poteva schiattare sul colpo per una crisi respiratoria.

«Wow!» esclamò il ragazzo, asciugandosi le lacrime agli occhi con il dorso della mano guantata. «Non immaginavo che sua Asprissima Altezza, la Regina dal Cuore di Ghiaccio, conoscesse certi volgari vocaboli.» La guardò con visibile interesse. «Ma devo ammettere che questa sera sono aperto a tutte le possibilità.»

Alex fece una smorfia piena di disgusto e, senza perdere altro tempo, lo scansò, oltrepassandolo. Si avvicinò alla finestra, ma poco prima di sgusciare all’interno dell’abitazione si fermò. Avvertiva lo sguardo curioso del ragazzo trapassarle la schiena in attesa di una reazione, tuttavia si limitò a voltarsi verso di lui con la sua consueta espressione indecifrabile.

«A proposito, hai perso un brillantino.»

Ren rimase per un momento interdetto, ma quando si passò una mano tra i capelli, si accorse di indossare ancora il cerchiello con le orecchie. Se lo tolse con una smorfia, lanciandolo nell’oscurità come un frisbee mentre Alex gli dava le spalle, ridendo sotto i baffi. Si issò sulla finestra senza alcuna difficoltà, nonostante la sua misera statura e, non contenta, tentò di tirare un calcio in faccia all’idiota mentre sgusciava all’interno.

Quando si raddrizzò spolverandosi i vestiti, lo scenario a cui si ritrovò dinanzi la stupì. Nella penombra, riuscì a distinguere la vecchia cucina perfettamente attrezzata secondo i canoni dell’epoca. E non solo; sembrava che i vecchi proprietari avessero apportato qualche miglioria, data la presenza dell’impianto elettrico e idraulico, il forno e il frigorifero, nonostante fossero datati agli anni sessanta, forse settanta.

«Andiamo» le fece cenno Ren, che nel frattempo l’aveva raggiunta.

Alex abbassò lo sguardo e si accorse delle diverse impronte sul pavimento impolverato, tutte dirette in un’unica direzione.

Quando uscirono dalla stanza, Alex estrasse dalla borsa la sua torcia elettrica per illuminare favorevolmente l’ambiente circostante e fece fatica a trattenere il suo stupore. Le sembrava di essere finita in una casa delle bambole vintage. Ogni elemento presente gridava lo sfarzo ormai scomparso su cui si fondava quella fortuna immobiliare. E, se la memoria non la ingannava, all’epoca era uso comune regalare alle figlie una miniatura della propria dimora, anche se ormai le sembrava un’idea di cattivo gusto.

Senza accorgersene, rallentò il passo, osservando con vivo interesse ogni dettaglio su cui i suoi occhi si soffermavano: le decorazioni della carta da parati sgualcita, i quadri di nature morte e scene di caccia, i vasi impolverati, e cercò di immaginare il resto dei mobili celati da vecchi teli bianchi in base alle gambe di mogano intagliate in motivi floreali su cui posavano. Forse c’era addirittura qualche pezzo originale proveniente dell’Europa e dalla Cina.

Arrivati nello spazioso androne, si fermò definitivamente, catturata dal grande quadro appeso sullo scalone. Raffigurava un gruppo di bambini, tra cui una sola bambina, che attorniavano una donna vestita in modo impeccabile che avrà avuto poco più di trent’anni, seduta su un’elegante poltrona di velluto. Sembravano congelati in una posa simile a quelle degli annuari scolastici, ma nonostante il pittore avesse cercato di dipingerli in modo serio e composto, sui volti dei bambini apparivano comunque dei sorrisi vispi.

Allungò una mano, sfiorando con le dita il corrimano delle scale principali, quando l’udì.

Sorpresa, Alex alzò lo sguardo verso il soffitto, certa di aver sentito un lieve scalpitare. Attese qualche istante, contando mentalmente fino a sei, ma tutto ciò che percepì furono i rumori ovattati provenienti dall’altra stanza. Riportò lo sguardo sui bambini. Forse era solo soggezione.

Era così concentrata che non si accorse di Ren, che nel frattempo era ritornato sui suoi passi. Non trattenne uno sbuffo nel vederla con la testa tra le nuvole, ma quando sfiorò le sue dita, si ritrasse di colpo. Dopo una lieve esitazione, l’afferrò per il braccio e senza troppi complimenti la condusse a passo di marcia verso il salotto privato situato al pian terreno. Se il resto della casa sembrava inviolato, Alex poté constatare con i suoi occhi che le visite impreviste di quei ragazzi avevano comunque lasciato un segno.

I mobili del salotto erano stati scoperti e spostati in modo da far più spazio nel centro della sala, a eccezione del grande divano imbottito dove Dakota si era lasciata cadere con molta nonchalance. Ai lati, diverse abat-jour erano state accese, ravvivando debolmente l’ambiente polveroso insieme alla composizione di fili di luce bianca che correvano sui muri, circondando i quadri e i soprammobili. Ciononostante, la maggior parte dell’illuminazione proveniva dal camino situato sulla parete laterale che qualcuno si era prodigato ad accendere, riscaldando la stanza. Un altro tocco personalizzato dai ragazzi consisteva nei vecchi manichini disposti come spettatori silenziosi all’estremità della stanza, su cui avevano posato le giacche. Da uno stereo a pile posato su un tavolino da caffè, proveniva un ritmico sottofondo, probabilmente qualche canzone dei Korn. Ma ciò che attirò maggiormente l’attenzione di Alex, furono gli scaffali colmi di vecchi volumi disposti lungo la parete libera.

«Non è fantastico?» le chiese Emily, prendendole le mani e facendola sedere con loro sul divano, scostando malamente Dakota.

«Pensavo che non ci fosse elettricità» mormorò sorpresa Alex, ritornando in sé.

«Lo pensavamo anche noi, ma i proprietari devono aver deciso di mantenere attivo l’impianto elettrico al piano terra, magari per far sembrare meno tetra questa casa ai possibili compratori, anche se sospetto che siano davvero rari. Ma non mi lamento per questa dimenticanza. Ah, nonostante in questi vecchi tubi passi ancora acqua, vi consiglio di non berla. Ho come il presentimento che potrebbe uccidervi» commentò Ren, lanciando la giacca di pelle sui manichini e tirandosi su le maniche della vecchia maglia che aveva sicuramente visto giorni migliori.

«Esagerato. Basterà farla scorrere un po'» esclamò Sarah con un gesto annoiato della mano.

«Ciò che davvero mi stupisce è che non l’abbiate ancora devastata» s’intromise Alex.

«Oh, l’avremmo fatto, tranquilla» sentenziò John. «Ma qualcuno ha deciso di rovinarci la festa.»

Tutti gli sguardi si puntarono su Ren, chino verso il minibar posato in un angolo. Estrasse una birra e sentendosi osservato fece spallucce. «Bisogna portare rispetto verso certe dimore» fu il suo unico commento, come se questo spiegasse il suo improvviso senso civico.

Alex inclinò il capo, per poi tornare a contemplare assorta la stanza. Una volta preso posto, i ragazzi iniziarono a sentirsi più a loro agio, specialmente dopo che Ren incominciò a lanciare in giro lattine di birra.

«Mi casa es tu casa.» Alzò la sua già aperta e questo diede inizio alla festa.

 

 

Buon Samhain a tutti!!!

  
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