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Autore: Lione94    31/10/2016    2 recensioni
Danases è un mondo fantastico popolato da Elfi, Draghi, Nani e altre creature magiche, sull'orlo del caos.
La protagonista della nostra storia è Elien, una semplice mezz'elfa che vive nella foresta di Elwyn nel profondo nord del paese. Sono dieci lunghi anni che si nasconde, ma non può sfuggire a ciò che è.
Quando i fantasmi del passato torneranno a farle visita e l'ombra della minaccia di una guerra distruttiva tra Elfi e Draghi si allungherà sul suo mondo allora sarà costretta a lasciare il suo nascondiglio e a intraprendere un lungo viaggio che la porterà a compiere il suo Destino...
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. Il magico mondo di Danases



Era appena scesa la sera quando aprii finalmente gli occhi.
Notai che mi trovavo al limite di una foresta. Dall’altra parte si estendeva una verde pianura che, all’orizzonte, era delimitata da un fiume. Riuscivo a scorgerlo grazie al luccichio delle sue limpide acque.
Cercai di pensare a ciò che era successo, mettendomi seduta, quando all’improvviso qualcosa mi costrinse di nuovo a sdraiarmi.
« Ferma ».
Misi a fuoco il volto di Menfys e sentii formicolarmi le guance.
Oh, andiamo Elien!
« Come ti senti? » domandò Menfys, ignaro dello strano effetto che mi faceva, continuando a tenermi ferma con una mano poggiata sulla mia fronte « Ti gira la testa? ». 
« No, sto bene » risposi, distogliendo lo sguardo, poi gli chiesi: « Si può sapere che cosa hai fatto? E... quanto ho dormito? ».
Menfys mi lasciò, sospirando: « Hai dormito per quasi un giorno, diciamo che non rientrava nei piani che svenissi ai miei piedi ».
« Do… Dove sono? » sbadigliai, sedendomi e guardandomi intorno con occhi assonnati.
« Siamo ai margini della foresta di Elwyn » mentre parlava sentivo il suo sguardo su di me « A sud c’è il fiume Rusk e a ovest, nella foresta, c’è il fiume Feralas ».
Ecco perché gli alberi mi erano familiari. Quella era la foresta dove, fino al giorno precedente, avevo vissuto. Il debole luccichio era prodotto dal fiume Rusk, il fiume con le acque più limpide di tutta Danases.
« Quando andremo dal Grande Saggio? »
« Ci aspetta nella sua dimora a Tedrasys. È una città » aggiunse Menfys, vedendo la mia espressione confusa.
Ricordai quel nome e annuii. Alzai gli occhi al cielo e mi accorsi che brillavano tre lune. Menfys si accorse del mio sguardo e rispose alla mia muta meraviglia.
« Nel cielo di Danases ci sono tre lune: Frias, Arasis e Aladi ».
« Sono bellissime! » esclamai, incantata « Non le avevo mai viste ». 
Nella foresta gli alberi coprivano quasi completamente il cielo meraviglioso di Danases e non ero mai riuscita a scorgere per intero le tre lune. All’improvviso sentii una strana sensazione. Tutto quello che stavo guardando mi sembrava familiare. Questo era il mio vero mondo, non solo la foresta dove mi ero nascosta tutti questi anni, e avrei cercato di proteggerlo, anche se ero una mezza elfa.
Anche se forse non ce l’avrei fatta.
Menfys mi guardò, come intuendo i miei pensieri (leggeva forse nella mente?!), e sorrise mostrando una chiostra di denti bianchissimi e perfetti.
« Vorrei presentarti Ogard » indicò da una parte nella radura.
Girai la testa di scatto e vidi un drago.

« Un drago? Ma… » le parole mi morirono in bocca.
Guardai il drago che era apparso misteriosamente al margine della radura e dormiva beatamente. Aveva le squame dalle sfumature blu e sul dorso c’erano delle punte che andavano dalla coda fino alla testa. La membrana che formava le ali era azzurra come le squame che si trovavano sulla sua pancia. Sopra le palpebre chiuse aveva un ciuffo argentato, che faceva contrasto con il suo colore blu splendente.

Era la creatura più bella che avessi mai visto.
Mentre lo guardavo affascinata e allo stesso tempo impaurita, il drago aprì un occhio, era di un azzurro intenso come il cielo.
« Io sono Ogard » la sua voce risuonò nella mia mente, come se fosse un mio pensiero.
Per tutti i centauri della foresta! Che cos'era?!
Esterrefatta arretrai verso l’elfo e mi portai le mani alla testa, dove continuavano a risuonare quelle estranee parole.

« Lui è un amico » disse tranquillo Menfys, poggiando una mano su una delle punte del drago.
...Fermi tutti!
« Cosa?! » farfugliai, confusa « Ma… Ma gli elfi, non erano in guerra contro i draghi? ». 
« Sì, ma per Ogard è diverso » rispose Menfys « Un giorno trovai un uovo di drago, lo raccolsi con il pensiero di portarlo dal Grande Saggio, invece quell’uovo si è schiuso per me. Guarda » Menfys si avvicinò e si scoprì la spalla destra, su cui c’era un piccolo tatuaggio blu a forma di drago, poi continuò: « Quando l’ho toccato è apparso questo segno ». 
Inarcai un sopracciglio: « Non è una cosa che succede tutti i giorni, vero? ».  
Menfys si risistemò la maglietta e si voltò a guardarmi: « No. In tutti i secoli di Danases, ho sentito che solo tre elfi si sono legati con un drago ».
Ecco perché la prima volta che l’avevo visto mi era sembrato diverso da ogni altro elfo. Non che ne avessi visti tanti nella mia vita, ma dalle immagini che mi mostravano Cadea e Duril, non erano così... l'aspetto di Menfys ricordava sfuggevolmente quello di un drago, era meno aggraziato degli altri elfi, la sua era una bellezza diversa, più animalesca... e il sorriso ferino era esattamente quello del suo drago.
« Per questo sei così? » riflettei, guardando attentamente i suoi tratti. Guardai anche Ogard, che mi ammiccò.
Menfys distolse lo sguardo, come se si vergognasse di qualcosa, e rispose: « Sì ».
« Perché non siamo comparsi nella dimora del Grande Saggio? » domandai, cercando di alleggerire il suo umore, all’improvviso inquieto « Ci avrebbe risparmiato la fatica di arrivare da lui ». 
Le labbra sottili di Menfys si aprirono e sorrise di nuovo, un sorrisetto colpevole.
« Ecco vedi... era quello che ho tentato di fare l'altro giorno. Ma qualcosa è andato storto
»
Gli lanciai un'occhiataccia.
Il suo compito era portarmi dal Grande Saggio e la prima cosa che faceva era tentare di ammazzarmi? Ero capitata in buone mani...
« E quindi adesso?
» domandai.
« Partiremo domani mattina. Adesso riposati. Sarà un bel viaggio
» enfatizzò molto l'ultima frase.
Fantastico!


Nel cuore della notte una luce ci svegliò all'improvviso. Era stato un piccolo bagliore dorato. Il tempo di svegliarci del tutto e riapparve sempre più intenso. Impaurita mi avvicinai a Menfys e a Ogard e proprio in quel momento, al centro della radura, apparve una pietra con una lettera:

Cara Elien,
Abbine cura come hai fatto in tutti questi anni.
Cadea e Duril.

Mi avvicinai alla pietra e scoprii, con stupore, che era la mia amata pietra rossa, il ricordo dei miei genitori.
Guardai Menfys che annuì e mi avvicinai per prendere la pietra. 
All’improvviso comparve una crepa, e un’altra, e un’altra ancora.
Affascinata, ma anche intimorita, la posai a terra e cominciarono ad apparire altre crepe e dall’interno si sprigionò una luce. All’improvviso la pietra si ruppe e sbucò una piccola lucertola rossa, che con una piccola ala si copriva il musetto con gli occhietti chiusi.
« Un drago! ». 
Ero sempre più stupita. Passarono degli istanti però il drago non si mosse, finche arrivò un soffio di vento che lo fece rabbrividire, allora tirò via la piccola ala e aprì i suoi occhi. Rimasi spiazzata dal suo profondo sguardo arancione. Sembrava come se mi chiamasse. Mi avvicinai a lui e lo presi tra le braccia. Il drago si agitò e con il musetto andò a toccare la mia spalla destra, da dove comparve un debole bagliore, posai subito la piccola lucertola a terra ed esclamai: « Non avrei mai creduto che la pietra fosse un uovo! ». 
« Questo complicherà le cose » borbottò Menfys.
Intanto Ogard si era avvicinato ad annusare il draghetto che dondolava la testa, incantato dalle braci ardenti rimaste dopo il fuoco che Menfys aveva acceso mentre dormivo.
« Scopriti la spalla » disse Menfys
« Perc… ».
Ogard m’interruppe: « Fai come dice ».
Ancora una volta rabbrividii, sentendo quel pensiero estraneo nella mia mente confusa.
Scoprii la spalla. Lì dove prima mi aveva toccata con il muso la piccola lucertola, c’era un piccolo tatuaggio rosso che ricordava la forma di drago. Era come quello di Menfys.
« Questo drago si è legato a te, Elien » disse Ogard, sorpreso.
Notai che Menfys mi guardava affascinato la spalla con il tatuaggio. Arrossii e la coprii con un movimento brusco.
« Perché? ».

« Non lo so… » ammise Menfys, sbattendo lentamente le palpebre « Come hai fatto ad avere un uovo di drago? ». 
« Ce l’ho da quando sono piccola. I centauri dicono che era dei miei genitori ».
A un tratto lo sguardo di Menfys si fece velato e poi sbadigliò in modo vistoso esattamente come un drago. 

« Va bene. Adesso però mettiamoci a dormire. Ho sonno. Domani ci sveglieremo presto ».
Lo guardai per un po’, mentre il suo respiro si faceva sempre più lento e regolare. Ogard si avvicinò a lui e si addormentò.
Proprio quando pensavo di rimanere sveglia per il resto della notte sentii di la stanchezza invadermi e mi sdraiai a terra. Il drago rosso mi si avvicinò. Rimasi ad accarezzare le sue dure e ancora piccole squame finché gli occhi non si chiusero e mi addormentai.



Mi svegliai all’alba, di scatto, mentre all’orizzonte sorgevano i due soli. Mi alzai e vidi Menfys che gironzolava vicino la foresta in cerca di qualcosa e Ogard che lo osservava muovendo la coda, divertito.
Il mio drago, invece, dormiva ancora accoccolato vicino a me.
« Che cosa stai… » chiesi, ma fui interrotta da Menfys, che mi mise in mano qualche radice.   
« Grazie » dissi un po’ contrariata, mentre sguainava la sua spada e ne prendeva un’altra molto più piccola dalla sua sacca. 
« Cosa ci fai con quelle spade? » domandai. 
« Prima mangia e poi te lo spiego » rispose, con fare misterioso, e si sedette a terra.
« Non partiamo?
»
« No, prima dobbiamo fare una cosa
».
Mentre mangiavo, il draghetto rosso si svegliò, annusò l’aria e si avvicinò a me. Lo presi tra le mani e lo rigirai verso l’alto, per vedere la sua pancia, ma non lo apprezzò. Emise dei squittii di protesta e di rimprovero. Preoccupata lo posai subito a terra.  Il drago, indignato, trotterellò verso Ogard. Quando finii di mangiare, Menfys mi tirò una spada, quella più grande. La presi al volo per non farla cadere a terra.
« In guardia! » esclamò Menfys, alzandosi in piedi con un balzo e mettendosi in posizione d’attacco.
Lo guardai stupita e anche un po’ spaventata: « Perché vuoi combattere? ». 
«Per vedere cosa sai fare!» replicò Menfys, sorridendo incoraggiante « Forza alzati! ».
Docile, mi alzai e impugnai l’elsa della spada nella mano sinistra. Menfys si lanciò in avanti e io, spaventata, feci un salto indietro, evitando la lama.
Credevo scherzasse... invece faceva sul serio!
Menfys continuò ad attaccare, lasciando che parassi semplicemente tutti i suoi colpi.

Per fortuna Cadea mi aveva insegnato ad usare la spada. Ricordai tutte le sue lezioni.
Mentre cercavo di evitare la lama che cercava di colpirmi, notai che i movimenti dell’elfo erano molto più fluidi e veloci dei miei; se avesse voluto, mi avrebbe potuta sconfiggere con facilità. Stremata, mi fermai e osservai i muscoli del suo braccio che guizzavano mentre muoveva la spada, la quale lasciò cadere prima che si avvicinasse alla mia gola.
Mi sedei, esausta, guardando Menfys che non sembrava per niente stupito o perplesso.
« Se sapevi che i centauri mi hanno insegnato la loro arte » dissi inarcando un sopracciglio e porgendogli la sua spada « potevi evitare di farmi combattere ». 
« Volevo solo vedere quanto eri forte » ribatté Menfys calmo, facendomi irritare.
Presi in braccio il draghetto rosso, che mi guardò con i suoi intensi occhi arancioni, lo grattai sotto il collo e lui sbuffò fumo dal naso, compiaciuto.
« Non credere che abbiamo finito » disse Menfys, prendendo l’arco, poggiato sulla faretra dietro la schiena, e delle frecce « Voglio vedere come usi l’arco ».
Menfys incoccò l’arco e lasciò che la freccia s’incastrasse nel tronco di un albero. Osservai la saetta che sibilava ancora nel legno. Posai il drago a terra e mi avvicinai di malavoglia a Menfys, che mi mise in mano l’arco e una freccia.
« Avanti » m’incitò, indicando l’albero ai margini della foresta.
« Credi che non ne sia capace? » domandai ancora seccata, guardando la sua espressione divertita. 

« Non ho detto questo ».
Con un movimento irritato, incoccai la freccia nell’arco e tirai la coda, fino ad avvicinarla alle labbra, poi scoccai. La stoccata attraversò l'aria sibilando fino ad arrivare a spezzare in due quella dell’elfo. I centauri mi avevano insegnato anche questo. Soddisfatta guardai Menfys, che però non sembrava per niente impressionato.
« Bene » approvò, compiaciuto, andando a prendere la freccia che vibrava nel legno.
« Sapevi anche questo? ». 
Lui annuì, prese l’arco e lo rimise al suo posto insieme alle frecce. Fece tutto con estrema ma calcolata lentezza. Infine, si girò verso me, guardandomi intensamente. Ancora una volta provai disagio, per il suo sguardo così profondo.
« Forse » iniziò Menfys « Potresti farmi vedere un incantesimo ».
Nella mia mente si fece largo, tra i molti pensieri, l’unico e doloroso ricordo. Quello che era la causa di tutto. Quello che aveva distrutto la mia vita.
« Io… »  mormorai, con gli occhi velati « No, non posso ».
Alzai lo sguardo e vidi il volto perfetto di Menfys, che aveva assunto un’espressione indecifrabile. Ogard, che fino a quel momento, accoccolato per terra, aveva tenuto gli occhi chiusi, alzò la testa di scatto e il drago rosso sbuffò del fumo dalle narici. Sapevo che quella era una grossa bugia, ma avevo fatto una promessa, aveva giurato a me stessa, che non avrei mai più usato la magia, fin da quel maledetto giorno di undici anni fa, in cui usandola , per errore, uccisi un cucciolo di drago.
Fu quello che scatenò i draghi, anche se era già da molto tempo che tra gli Elfi e i Draghi c’era tensione. La frustrazione e la rabbia mi assalirono. Era solo colpa mia. Mi asciugai una lacrima solitaria, mentre Menfys distoglieva lo sguardo e si chinava silenzioso ad accendere il fuoco.




Dopo un pranzo frugale Menfys aveva deciso di concedermi un po' di riposo. Lui e Orgard si erano inoltrati nella foresta per raccogliere del cibo per il viaggio. Cercai il draghetto rosso con gli occhi e lo trovai su una roccia che guardava i due soli sorgere. Mi misi vicino a lui e lo osservai bene: aveva le squame di un rosso acceso, gli occhi di un intenso arancione e sopra di essi un ciuffo dorato. Sulla schiena aveva delle piccole punte sporgenti e la pancia era ricoperta di morbide squame di colore arancione spento mentre la membrana delle piccole ali era dorata come la luce dell’alba. Lo osservai incantata (ancora non mi sembrava vero che una creatura così meravigliosa e speciale si fosse legata a me!) quando, all’improvviso, il drago si girò verso di me, guardandomi intensamente negli occhi.
« Elien! » una voce irruppe nella mia mente, come succedeva ogni volta che Ogard mi parlava.
Mi guardai attorno: « Ogard? Sei tu? ».
Ma non c'era traccia del drago blu.
« Elien! »
Mi girai di scatto e capii che la voce veniva dal drago accanto a me. La sua chiamata sottile rimase vagante nella mia testa. Era una stranissima sensazione.

Provai a pensare anch’io: « Ehm... Drago? ».
« Io non sono un drago! » le parole uscirono tutte unite tra loro. Impiegai qualche secondo per capirle.
« No? » riflettei sulla frase « Ma certo! Tu non sei un lui. Sei una lei! ».
« Sì! » annuì la dragonessa, compiaciuta.
« Allora bisogna darti un nome femminile… » e cercai qualche nome nella mia mente « Pimu? Lalina? No? Mmh… Daelyshia? Ti Piace? » chiesi di getto.
La dragonessa annuì: « Daelyshia ».
Proprio in quel momento qualcosa oscurò il sole e sentii una voce allarmata: « Scappa Elien! Scappa! Quello è un drago! ». 
Tutto accadde così in fretta.
Menfys si dirigeva verso di me, mentre Ogard ringhiava per allontanare il drago. Non ne avevo mai visto uno così grande. Volevo restare a guardarlo, ma Menfys mi spinse via. L’enorme bestia viola sputò fuoco. Vidi la fiammata dirigersi verso di me e impaurita non riuscii a muovermi, però Daelyshia mi spostò buttandosi su di me e facendomi cadere da un lato.  Sentii un forte dolore al fianco sul quale ero caduta. Menfys mi prese per un braccio e, trascinandomi, si mise a correre verso la foresta con Ogard alle costole. Mi sentivo stordita e il fianco pulsava dolorosamente. Mi poggiai a terra ma Menfys mi mise lo stesso in piedi, anche se non ce la facevo più.

« Elien, devi correre! ». 
Il drago viola sputò un’altra fiammata dal cielo, allora Menfys e Ogard ripresero a correre velocemente, troppo velocemente per me. Inciampai su un ramoscello e caddi con la fronte su di un grosso sasso. Sentii la testa scoppiare dal dolore prima che il buio mi circondasse.





Angolo autrice:
Salve a tutti! Vado un po' a rilento con gli aggiornamenti, perdonatemi :(
Allora eccoci qui al terzo capitolo. Che ne pensate? Lo so, Elien è un po' sfortunata da quando ha lasciato i centauri... prima Menfys che sbaglia l'incantesimo di trasporto (non temete c'è un perché che verrà rivelato più avanti) e poi l'attacco del drago... ma non era la protagonista se non veniva un po' torturata dall'autrice :P
Ovviamente il legame speciale tra i due elfi e i due draghi è una citazione di una delle mie più adorate opere, Eragon. Ma non preoccupatevi, qui i Cavalieri dei Draghi non c'entrano niente. Mi piaceva l'idea che chi lottava contro la guerra tra gli Elfi e i Draghi erano proprio due di entrambe le specie accomunati da un profondo legame :)
Non mancate al prossimo aggiornamento, il viaggio attraverso la terra di Danases avrà inizio!
Chiara

  
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