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Autore: BlueOneechan    01/11/2016    1 recensioni
Credevano che l’arrivo di un bambino non avrebbe influenzato i loro destini, che sarebbero restati insieme per sempre. Ma sono già passati otto anni da quando Haruka è rimasto solo col piccolo Sakura.
Il tempo passa, ma il ricordo di Rin è ancora vivo.
Così come le ferite.
[HaruRin / Sakura Nanase/ Mpreg]
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Haruka Nanase, Nuovo personaggio, Rin Matsuoka
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!
Capitoli:
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Note dell’autrice: Dico davvero, vi ringrazio moltissimo per le recensioni e  i messaggi privati che ho ricevuto, mi fanno molto felice e mi incoraggiano a continuare questa storia.

Note della traduttrice: Spero quanto prima di ricevere qualche recensione costruttiva, sapete, non sono molto sicura di come sia la traduzione e se ho fatto degli errori, un consiglio mi farebbe piacere tanto quanto ricevere nuovi pareri.
Chiedo scusa per il ritardo nel pubblicare il nuovo capitolo ma ho avuto un calo di voglia di tradurre, scusate.
Spero possiate godervi questa storia, nel frattempo mi organizzo con la traduzione dei prossimi capitoli.

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QUANDO PIOVONO LE STELLE

CAPITOLO 4

 

Il sabato a casa Nanase iniziava abbastanza tranquillo. Haruka si alzava prima per fare con calma un bagno. Faceva colazione in solitudine e poi saliva in camera sua per cambiarsi d’abito. Solo quando raggiungeva la propria stanza, quando sentiva dei veloci passetti sul pavimento in legno, lo avvertivano che suo figlio si era appena svegliato e stava correndo da lui. Tutti i sabati era lo stesso, Sakura dava un salto sul letto di Haruka e rideva contento rotolandosi tra le lenzuola, allungando le gambe per coprire tutto lo spazio.

—Dovevi restare qui e giocare tutto il giorno con me —esclamò il piccolo ancora nuotando tra le lenzuola.

—Sai che non posso, Saku —rispose Haruka con calma, in piedi in un angolo della stanza mentre si aggiustava la camicia e gli altri vestiti davanti allo specchio—. Il sabato è un giorno di lavoro come qualunque altro —aggiunse.

Questo lo aveva appreso da molti anni. Quando era un nuotatore olimpico era abituato ad allenarsi tutto il tempo, quasi senza alcun giorno di riposo. Più avanti, quando si trovò costretto a lasciare il nuoto per poter crescere suo figlio, gli fu facile abituarsi all’idea di lavorare quasi tutti i giorni della settimana per ottenere il denaro necessario ad entrambi. Di fatto, il suo attuale lavoro al DolphinS era così, orario part-time ma che si estendeva dal lunedì al sabato, in particolare per adempire alle responsabilità della casa e alla cura di Sakura. Viveva da diversi anni con la stessa routine settimanale, quindi non era più un peso, anche se ci sono stati dei momenti –come tutti i sabati mattina– dove semplicemente desiderava buttarsi a letto e dormire un altro po’ insieme a suo figlio.

—Torna presto, papà —disse Sakura dal letto, osservando suo padre.

—Ci proverò —fu la semplice risposta di Haruka, che adesso guardava il suo riflesso con immensa concentrazione. Mosse i capelli da un lato, dubitò per un istante, poi li cambiò di lato,tutto per dargli una forma adeguata e avere un aspetto migliore. Tutto questo procedimento fu notato da Sakura.

—Che stai facendo? —chiese preoccupato, vedendo come suo padre si agghindava davanti allo specchio.

—Vado a trovare Tanaka-san. Debbo essere presentabile —rispose Haruka con la sua caratteristica indifferenza.

—È una donna? —chiese Sakura quasi con orrore.

—Sí.

Questa semplice affermazione di Haruka attirò le ire del piccolo. Sakura balzò in piedi, si avvicinò al padre e si aggrappò stretto ai suoi pantaloni, colpendolo con dei pugnetti mentre i suoi occhi iniziavano a inumidirsi.

—Le fidanzate sono proibite! —gridò con forza, guardando con rabbia suo padre— Non puoi avere una fidanzata! Non puoi!

—Ehi, Sakura, calmati.

—Non voglio che mi dai un’altra mamma! —continuò gridando furioso, con le lacrime già sul bordo degli occhi.

Haruka alzò un sopracciglio e diede un sospiro di rassegnazione. Conosceva perfettamente il tipo di capricci di suo figlio,così mise la mani nel borsello e cacciò il telefonino, cercò una tra le fotografie e la mostrò a Sakura.

—Lei è Tanaka-san —pronunciò Haruka. L’immagine ritraeva una vecchina felice mentre mostrava un’ampia stanza—. È la nonna di due gemelli e ha chiesto alcuni consigli da DolphinS per il rifacimento della cameretta dei suoi nipoti. Come nostro cliente più fedele, non possiamo rifiutare la sua richiesta —spiegò con assoluta calma, vedendo come Sakura lo guardava in assoluto silenzio.

Era così che si comportava ogni qualvolta Haruka insinuava qualche –per minimo che fosse– rispetto per una donna. Sakura era terribilmente geloso, ma non perché voleva ottenere tutto l’affetto del padre, solo perché lui aveva una sola madre: quella che stava in cielo e con la quale parlava tutti i giorni. Qualsiasi donna che si avvicinava a Haruka risultava essere una minaccia per Sakura, che non esitava ad assumere un atteggiamento freddo e a volte sgarbato di fronte a lei. L’unica eccezione alla regola era Gou, che Sakura accettava come una specie di seconda madre, forse per il fatto di averla conosciuta da prima dei suoi primi ricordi; grazie a suo padre, il bambino sapeva che lei si era presa cura di lui fin da quando era un bebé, perciò era cresciuto osservando la distanza tra lei e Haruka, che non risultava affatto minacciosa.

—Impara a controllare la rabbia, piccolo maleducato—lo rimproverò Harare dandogli un paio di colpetti sulla testa. Sebbene un tempo aveva pianificato di cambiare questi atteggiamenti di Sakura, la verità era che non poteva colpevolizzarlo del tutto. Alla fine dei conti, gran parte del carattere impulsivo del bambino era eredità di Rin.

—Mi dispiace—disse a voce bassa Sakura, poi corse verso il letto di padre e si nascose tra le lenzuola, vergognandosi del proprio atteggiamento.

Haruka lo osservò attraverso lo specchio. Anche se a momenti lo divertiva il comportamento di suo figlio, sapeva che non doveva ridere per non approvare tale condotta, così finì di sistemarsi in silenzio. No passò molto tempo quando l’uomo si trovava vicino al letto per salutare Sakura e dargli alcune istruzioni.

—Ehi, Sakura-…

—Lo sò — lo interruppe, in seguito ripeté come fosse un robot—: "Lo sgombro è nel frigo. Non uscire di casa fino al mio ritorno, ma in caso di qualcosa di insolito vai da Tachibana-san" —rispose seccato e con voce monotona. Conosceva alla perfezione le frasi di suo padre.

Le istruzioni di ogni sabato era un’altra delle cose che facevano parte della routine di entrambi. Anche se Sakura le sapeva a memoria, Haruka si preoccupava di ricordarle ogni settimana, adesso con più attenzione sapendo che suo figlio a volte prendeva decisioni da solo, come fece un paio di giorni fa quando tornò da scuola in un giorno di pioggia.

—Comportati bene, d’accordo?

—Lo so! —esclamò con rabbia, senza uscire dal suo nascondiglio sotto le lenzuola.

Haruka non trovò altra scelta che sospirare rassegnato; non valeva la pena mettersi a discutere con suo figlio in quel momento, soprattutto quando era già ora di andare al lavoro.

Così si separò da Sakura ricevendo un rabbioso "stammi bene" come risposta, e uscì di casa di fretta in direzione della stazione.

Siccome non era un giorno di scuola, Haruka si poteva permettere di prendere l’autobus vicino casa. Sebbene il tragitto per DolphinS non fosse così lungo, il giorno era piuttosto freddo; c’era il sole ma quasi non riscaldava, e in più regnava l’umidità residua di dopo i giorni di pioggia.

Arrivò al lavoro prima del solito, perciò ebbe tempo sufficiente per correggere i dettagli delle visite che avrebbe fatto insieme agli altri impiegati. Questa era parte dei compiti che corrispondevano a Haruka di tanto in tanto. Come supervisore di una delle sezioni di DolphinS, doveva occuparsi di ottenere una buona amministrazione. Quando tutto fu pronto, la squadra che doveva andare alle case dei clienti prese uno dei furgoni della ditta.

La prima tappa fu di fronte al porto di Ajiro, a casa della signora Ume Tanaka. La casa si trovava in uno stretto passaggio che si affacciava su un piccolo tunnel. Non era la prima volta che vedeva questo settore di Iwatobi, era stato lì in varie occasioni, poi ne aveva sentito parlare da Rin di questo posto, di quanto gli piaceva correre per quelle strade quando era bambino, in più – a quanto pare – anche suo padre aveva giocato per i dintorni durante l’infanzia

Con la strana sensazione di stare attraversando i ricordi remoti di Rin, Haruka e le tre persone che lo accompagnavano entrarono a casa di Ume. La donna li accolse con cordialità e gli spiegò la sua situazione familiare: suo figlio minore era diventato padre di due gemelli, ma lui e la sua fidanzata studiavano ancora all’università; Ume si è offerta di accudire i bambini mentre i ragazzi continuavano i loro studi, per questo la casa necessitava di una serie di cambiamenti per i suoi due piccoli abitanti. La missione della squadra di DolphinS era consigliare l’anziana nel processo.

—Vorrei che Nanase-san si occupi della stanza dei bambini—chiese Ume con un dolce sorriso.

Era da tempo cliente di DolphinS e aveva notato i buoni consigli che le aveva dato Haruka riguardo le decorazioni; anche se le loro opinioni erano abbastanza semplici, Haruka riusciva a incantare tutti quando prendeva una matita e un foglio di carta e iniziava a plasmare le sue idee. Col passare del tempo, l’attitudine artistica del giovane non era sparita.

Mentre il resto della squadra si dedicava a altre parti della casa, Haruka seguì Ume verso la stanza. Era una camera relativamente piccola nella quale c’erano solo un mobiletto e un paio di culle, e anche se mancava di disegnini, si poteva sentire il tipico profumo delicato che sprigionavano le stanze dei bambini.

Non poté evitare di provare nostalgia dentro di sé, ricordando quella stanza speciale del suo appartamento a Tokyo. Era stata la stanza di Rin all’inizio, fino a quando lui non decise di trasferire le proprie cose nella camera di Haruka. Ricordava di aver girato insieme a Rin svariati centri commerciali della città, cercando pitture adatte per colorare i muri e discutendo se i disegni dovevano essere squali rossi o delfini azzurri. Finalmente, si erano decisi per dipingere delfini rosa per tutta la parete, ma nel procedimento finirono per aggiungersi disegni di petali di ciliegio che cadevano sopra un mare sereno. Era una idea strana all’inizio, ma risultò essere piuttosto adorabile una volta che la cameretta fu pronta.

—Le pareti avranno delfini rosa e celesti —parlò d’impulso, e in seguito cacciò un documento con la palette di colori che DolphinS offriva. Li mostrò a Ume, che restò subito incantata all’idea.

Per Haruka non era difficile dare consigli di questo tipo, possedeva doti artistiche e in più l’esperienza gli aveva insegnato a parlare nel modo giusto. Era facile, doveva semplicemente fare riferimento ai propri ricordi e adattarli  un po' alla realtà dei gemelli. Gli piaceva questo, più i ricordi che aveva di quel periodo – prima della partenza di Rin– erano belli, più il suo petto si riempiva di una piacevole sensazione di calore.

—Vedo che vi smuove parlare di questi temi —commentò all’improvviso la donna, osservando sorridente il giovane—. Nanase-san è una persona inespressiva, ma posso vedere nei suoi occhi l’emozione che gli suscita quando si parla di bambini —aggiunse, questa volte sorprendendo un po’ Haruka—. Avete un figlio piccolo, non è così?

—Sí —rispose insicuro, chiedendosi nella sua testa se per caso avesse mostrato qualche espressione particolare sul viso che rivelava i sentimenti che stava provando in quel momento.

—Immagino che stare qui, nella stanza dei miei nipoti, le susciti molti ricordi. Noi genitori di solito custodiamo nel nostro cuore ogni momento che passiamo insieme ai nostri figli. È gratificante vederlo crescere sano e forte dopo tutti gli sforzi che avete fatto per lui.

Haruka la osservò per un istante in silenzio, sentiva come se si trovasse di fronte la propria nonna. Era come se Ume potesse attraversare i suoi occhi e leggere direttamente la sua anima, quella che custodiva un patrimonio di ricordi dalla gioia di sapere che avrebbe avuto un figlio con la persona che più amava, passando per la felicità di tenere per la prima volta Sakura tra le  braccia, alla soddisfazione attuale di sapere che è stato capace di crescere da solo quella piccola creatura. Era una sensazione ineguaglabile e, anche se il dolore per la perdita di Rin era ancora presente, la gioia che gli provocava il sorriso di Sakura era sempre più forte.

—Alla fine, ne è valsa tutta la pena —rispose con dolcezza, anche se fuori mostrò un piccolo sorriso, dentro di sé si sentiva immensamente felice.

Dopo aver visitato la signora Tanaka, la squadra si diresse a casa di una coppia di clienti più all’interno della zona di Iwatobi. Fu piuttosto estenuante per Haruka seguire il ritmo del suo lavoro, per di più nella sua mente continuavano a transitare innumerevoli scene della propria vita che gli impedivano di mantenere la concentrazione. Anche così, si ingegnò per mantenere la compostezza e finire il viaggio al meglio, ritornarono da DolphinS e redassero le relazioni relative ai materiali di cui avevano bisogno tra le altre cose. Per fortuna, non c’era molto lavoro da fare all’interno del negozio, perciò Haruka finì in fretta i propri compiti e si ritirò subito a casa. Aveva cose importanti da fare.

Tornò a prendere l’autobus, questa volta di ritorno dal settore portuario di Iwatobi, poi a piedi di fretta tra le strade verso la collina, raggiungendo gli scalini di pietra che conducevano verso casa sua e il santuario Misagozaki. La consueta corrente d’aria che circolava per il luogo smosse ognuno dei suoi capelli mentre saliva rapidamente, mentre un paio di foglie secche gli volavano attorno. Quando fu di fronte a casa inalò profondamente, riempendosi di aria fresca e purificante, donandogli un aspetto fresco e riposato.

—Sono tornato —disse entrando in casa, si accorse di un leggero cambiamento nel suo solito modo di parlare. Oggi sembrava più felice, più vivo.

—Benvenuto, papá —disse Sakura apparendo in un baleno dalla cima delle scale, sosteneva un borsone sportivo e mostrava un grosso sorriso sulle sue labbra —Andiamo?

—Certo che sì.

Non importava che Haruka era tornato da poco dal lavoro, nemmeno importava era un po’ esausto per le visite ai clienti. Quello che davvero importava era una certa routine del sabato che per niente al mondo doveva cambiare.

Per questo tipo di routine indossava il costume da bagno durante il fine settimana, perché sapeva che il modo migliore per passare il suo scarso tempo libero con suo figlio era nuotando insieme nella piscina dell’Iwatobi SC Returns. È nell’acqua dove poteva dimenticarsi davvero del resto del mondo, dei suoi ricordi opprimenti, delle preoccupazioni che lo tormentavano tutto il giorno. Così come è nell’acqua dove poteva sorridere ampiamente mentre ammirava il nuoto del suo piccolo.

Questa, senza dubbio, era la soddisfazione maggiore che poteva ricevere da suo figlio.

Al di là di come stava crescendo energico e forte Sakura, quello che più inorgogliva Haruka era sapere che aveva trasferito a suo figlio il fervente amore per l’acqua. Non sapeva se era ereditario o semplicemente una conseguenza dell’educazione che aveva ricevuto Sakura da quando aveva appena un mese. Haruka sapeva solo che il bambino si completava perfettamente con l’acqua, e anche se era abbastanza competitivo, la verità era che l’accoglieva e si donava a lei come se entrambi fossero parte dello stesso essere.

—Papá! —gridó Sakura entusiasmato al massimo, tirando l’uomo per un braccio obbligandolo a tuffarsi in piscina.

E giù, in quella visione azzurrina che corrispondeva a una realtà di pura acqua, Sakura sorrise e pronunciò dalle sue labbra, piano, "grazie" sciogliendosi in bolle che si persero verso la superficie. Lí, circondati da uno spazio che da sempre apparteneva a loro due, Haruka lo abbracciò con forza sentendo contro la sua pelle il contatto di quel bambino col quale condivideva lo stesso sangue.

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In mezzo a una stanza di medie dimensioni, dai colori chiari e con una bella vista sulla città, Rin si alzò in piedi e tirò l’elastico sotto il suo mento, collegato al cappellino che gli copriva la testa. Teneva tra le sue mani un grosso pennello, diede uno sguardo di sfida a Haruka e sorrise mostrando i suoi denti affilati. Davanti a lui, Haruka era nelle stesse condizioni, con un cappello bianco a coprirgli la testa e il pennello in mano.

—Preparati per la tua sconfitta, Haru —esclamò pieno di fiducia.

—Questo è da vedersi, Rin —rispose l’altro con sguardo deciso.

—Ti pentirai di avermi impedito di dipingere squali rossi.

—E tu ti pentirai di proibirmi di dipingere delfini azzurri.

Uno scambio di sguardi assassino, un rapido conteggio da uno a tre, e dopo un disperato tentativo di tracciare due fini linee rosse vicino a due stampi di plastica rosa con la sagoma di un delfino. Rimasero così per un po, disegnando in silenzio e con calma sulle pareti, finché Rin si mise ad infastidire accarezzando col suo pennello il viso di Haruka, che non ci pensò su a prendere il suo e sfregarlo sul viso di Rin. A questo seguirono una serie di attacchi reciproci e risate per vedere chi si sporcava più dell’altro, il quale scatenarono una pioggia di gocce di pittura rosa sulle pareti.

—Guarda cosa hai fatto! —accusò Haruka mentre schivava e rispondeva agli attacchi dell’altro.

—La colpa è tua! —si difese Rin, nelle stesse condizioni.

E anche se si accusarono reciprocamente, tanto l’orgoglio quanto il divertimento che provarono gli impedirono di fermarsi.

La breve lotta non finì fin quando il pennello di Rin cadde subito a terra. Lui si era allontanato cercando di schivare una pennellata di Haruka ed era finito per inciampare in un barattolo di pittura celeste, cadendo bruscamente sul pavimento coperto da vecchi giornali.

—Stai bene? —chiese molto preoccupato Haruka, posando il pennello e chinandosi verso l’altro. Non gli importava che la vernice celeste si sparpagliasse per i giornali e raggiungesse la base della parete.

—Sí… —rispose Rin teso, si poteva sentire il timore nella sua voce. Alzò piano la mano e la poggiò sulla pancia, accarezzando la zona piatta che ancora non aveva iniziato a gonfiarsi— Non è stato un colpo forte, ma anche così ho avuto paura.

—Spero tu stia bene —disse Haruka, posando con delicatezza la mano sopra la pancia dell’altro—. Vuoi andare all’ospedale?

—No… cioé, non lo so… Non capisco queste cose —rispose angustiato, osservando il proprio corpo che recentemente aveva iniziato a riscoprire. Mosse la mano un altro po’ sulla propria pancia, chiedendosi per l’ennesima volta come ci era giunto un piccolo essere umano in quel punto, come mai nessuno si era accorto che il suo corpo era sempre stato diverso. Si sentiva di nuovo strano, diverso da tutti gli altri—. No so cosa devo fare adesso, né cosa mi accadrà, né dove andrò a finire.

—Rin…

—Ho tanta paura, Haru. Tutto questo è così nuovo per me, che mi terrorizza —disse con voce rotta dal pianto, chinando la testa di fianco per nasconderla sul petto di Haruka.

—Anche per me lo è, è stato tutto così improvviso —confessò, stavolta accarezzando con tenerezza la testa dell’altro—. Ma, ho già cominciato ad allenarmi di più, a partire dalla prossima settimana aumenteranno le ore di pratica a tutta la settimana, sabato e domenica.

—Ma questo vuol dire che mi lascerai solo —mormorò Rin con voce flebile.

—No. Significa che farò del mio meglio per starvi accanto … A te e al bambino. Lo prometto.

—Haru… —sorrise Rin, i suoi occhi non tardarono a inumidirsi del tutto.

Nel suo stato di gravidanza, le emozioni variavano e sbocciavano con più frequenza di prima— Grazie per essere qui.

Anche Haruka non disse più nulla, un bel sorriso si formò sulle sue labbra sottili. Abbracciò con delicatezza Rin, sentendo il tocco delle guance macchiate di pittura, gli fece capire che non c’era null’altro di cui essere grato, perché solo stando al suo fianco era immensamente felice.

—Le macchie sulla parete… Sembrano petali di ciliegio, anche se alcuni sono deformi e devono essere corretti —parlò subito Rin, con la voce che lentamente tornava alla sua solita vivacità.

—E la pittura celeste che si è rovesciata macchiando la base della parete. Sarà una piscina o un mare —aggiunse Haruka. Rin cacciò una risata gioiosa all’istante—Ehi, perché ridi? —domandò serio.

—Perché esageri. Quello che hai versato ha appena toccato il muso e già vuoi creare un mare con questo —continuò ridendo Rin, mentre alzava la mano per disegnare col dito indice un cuore rosa sulla guancia di Haruka—. Spero che nostro figlio sia orgoglioso di avere un padre tanto creativo e fanatico dell’acqua.

—Anche a lui piacerà l’acqua —si difese all’istante.

Anche se Haruka ancora non conosceva il bambino sapeva perfettamente che il destino di lui e suo figlio si sarebbe legato a quella profondità blu che tanto amava. Sorrise teneramente mentre nei suoi occhi apparve un bellissimo brillio d’illusione.

—Nuoteremo insieme per sempre.

Continua…

 

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Note dell’autrice:

Questa volta parlerò riguardo il riferimento al porto Ajiro, il quale è un luogo reale di Iwami. Ho anche menzionato un tunnel nel quale giocava il padre di Rin quando era bambino. Questo tunnel esiste, sta nel settore di Ajiro, e viene mostrato nell’episodio 07 di Free! Iwatobi Swimming Club, precisamente durante l’incubo di Rin, nel quale vede Toraichi Matsuoka correre nella direzione di quel punto.

A tutti quelli che si sono presi il disturbo di leggere, grazie mille!
Aspetto con ansia i vostri commenti e critiche costruttive.

 

   
 
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