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Autore: SANKY    02/11/2016    6 recensioni
Il calcio è la loro passione.
Uniti dal pallone fin da piccoli.
MA ora stanno crescendo... cosa accadrà ai ragazzi della nazionale alle prese con una nuova fase della vita?
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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e Kara che commentandolo fa: ce lo vedo Hajime a fare lo scemo per poi scoprire che è una cosa seria…
Ecco: se questa shottina esiste, quindi, è anche colpa o merito suo. XD


Scritta da Sanae77

 
 
 
 
“Scusate il ritardo!”
“Non temere, Izawa: non sei certo l’ultimo!” esclamò Yuzo vedendo arrivare il compagno di corsa.
Erano anni che loro quattro si riunivano per fare la strada verso la scuola tutti insieme.
“Teppei, come al solito, deve uscire perfetto da casa. Uno di questi giorni ci farà fare tardi, ne sono certo!” rimbrottò Hajime appoggiato al muro di recinzione della casa dell’amico.
Erano circa dieci minuti che disegnava, con la punta delle scarpe, archi nella polvere della strada. Il suo sbuffare e borbottare davano una precisa dimostrazione di quanto fosse stufo della situazione.
Quanti anni erano che andava avanti quella storia?
Si fermò a pensare e… al diavolo: da che ne aveva memoria, Teppei era sempre l’ultimo ad arrivare perfettamente vestito e profumato.
Mister perfezione, lo aveva soprannominato.
Lui invece era molto meno fiscale in fatto di divisa scolastica. Certo, i primi anni c’era stato più attento, ma adesso che erano all’ultimo anno delle medie, nella realtà dei fatti, chi se ne fregava della divisa? Era pulito, tanto bastava.
Invece l’amico no, sia mai che una volta lo avesse visto con un bottone aperto. Giammai!
Si soffermò a guardare Mamoru, lui sì che poteva capirlo, non solo era arrivato mezzo trafelato,  ma aveva ancora la camicia fuori dai pantaloni e solo adesso che aveva finito di correre stava tentando di darle un verso.
“Mamoru, sembri uscito dalla guerra invece che da casa” scherzò il portiere avvicinandosi all’amico e aiutandolo negli ultimi ritocchi.
Era cambiato qualcosa tra quei due, non era ancora riuscito a capire che cosa ma il loro rapporto si era come… intensificato.
Distolse lo sguardo quando vide Izawa arrossire sotto il tocco di Yuzo nel sistemare il colletto.
“Grazie, Yuzo, ci penso io!” la testa si era mossa affinché i capelli riuscissero a coprire le guance rosse.
Certo, si potevano giustificare con la corsa, ma loro due sapevano cosa significassero.
Morisaki annuì, complice, capendo le difficoltà del compagno.
Era tutto nuovo per loro, era accaduto così improvvisamente che ancora dovevano prendere bene confidenza con la novità che la vita gli aveva messo di fronte.
“Potresti anche prepararti con calma, tanto lo sai che Teppei è una piattola!” lo tranquillizzò Yuzo.
“Chi sarebbe una piattola, scusa?”
“Toh, parli della ‘piattola’ e spunta all’improvviso” disse sarcastico Hajime dandosi una spinta con le braccia e staccandosi dal muro per poi proseguire il rimprovero.
“Forza, alla fine ci farai prendere un rapporto per la tua maniacale ossessione di essere sempre perfetto.”
“E tu invece sei sempre il solito casinista, guarda in che condizioni hai la divisa, pure i bottoni agganciati nelle asole sbagliate; non vedi che la giacca è storta?”
“Teppei, che palle!”
“Rispondimi per bene” disse mollando uno scappellotto all’amico.
Da dietro due risatine sommesse.
“Sembrate due zittelle inacidite che non trombano da secoli” li ‘perculò’  Izawa sorridendo sottilmente mentre picchiettava il gomito nel fianco di Yuzo per condividere con lui la battuta e la complicità degli ultimi tempi.
“Ah ah. Davvero simpatico, Izawa, sentiamo hai da illustrarci qualche novità in proposito: ci siamo persi qualcosa?” Hajime si voltò per fronteggiarlo.
Da quanto tempo andava avanti la storia del… ‘chi avrebbe perso per primo la verginità doveva avvertire gli altri’, quasi che fosse diventata una sfida?
Mentre lui… lui era sempre più confuso.
“Come siamo irascibili stamattina, neppure si può più scherzare, Hajime, datti una calmata, cazzo!”
“La piantate voi due? Siete come cane e gatto, alla fine sarà colpa vostra se faremo tardi a scuola.”
Teppei si era messo fisicamente tra i due, conosceva bene entrambi, non sarebbero mai arrivati alle mani, ma ultimamente erano tutti e due su di giri.
Morisaki prese Izawa per un braccio, trascinandolo via, Teppei fece altrettanto.
“Certo, adesso è colpa nostra se facciamo tardi…” Taki si era liberato dalla presa dell’amico e si era diretto verso la scuola con passo infuriato.
Kisugi era rimasto un attimo interdetto, ma poi aveva ripreso a camminare insieme agli altri due sollevando le spalle in segno di resa: certe volte era davvero intrattabile.
Ci voleva solo la loro pazienza per sopportare gli sbalzi d’umore di Hajime.
In particolare la sua.
Sanae sull’ingresso stava parlando con Ryo e Yukari, si salutarono con un gesto della mano e poco dopo tutti insieme s’incamminarono verso la meta.
“Che ha Hajime?” chiese Sanae sollevando un sopracciglio dopo che aveva visto arrivare l’amico a passo di carica distanziando tutti gli altri.
“Niente… le sue cose” sghignazzò Izawa.
Kisugi gli mollò una gomitata allo stomaco ammonendolo con uno sguardo glaciale.
“Mamoru, lui sarà anche irascibile, ma tu lo punzecchi di continuo.”
“Che posso farci se è permaloso in questo periodo? Pare davvero mestruato!”
Ryo rise apertamente passandosi distrattamente un dito sotto al naso cercando di contenere l’ilarità, ma non ottenne proprio il risultato sperato, tanto che Sanae fu costretta a voltarsi per non scoppiare a ridere anche lei. Entrambi si allontanarono velocemente verso l’aula; era davvero tardi.
“Ah ah, senti chi parla… forza, muovi il culo che sta per suonare la campanella.” Lo ammonì Yuzo spintonandolo con la spalla verso la loro meta.
Teppei sollevò lo sguardo al cielo e affrettò il passo per raggiungere Ryo, insieme entrarono in aula, Hajime era già al suo posto seduto e imbronciato.
Kisugi prese posto, afflosciando le spalle. Lo guardò di sottecchi e iniziò a prendere i libri per metterli sul banco.
Compiva gesti lenti e calibrati, calmi.
Non poteva certo permettersi sbalzi umorali, c’era già il compagno di banco a dare spettacolo.
Con voce pacata provò a parlargli, adagiandogli una mano sul braccio.
“Possibile che non riesci più a ridere delle battute di Mamoru e devi sempre prendertela così? Sai che lui scherza…”
L’amico sollevò l’altro braccio e si portò la mano al volto attraversandolo tutto con il palmo.
“Hai ragione, è che ultimamente dormo male la notte e tutto m’infastidisce.”
“Cos’è che ti dà fastidio?”
Fortuna che in quel momento entrò il professore.
Perché anche se avesse voluto rispondere all’amico, in realtà, neppure lui aveva ben chiaro quale fosse il problema.
Ultimamente era confuso: sui sentimenti, sull’amicizia, sulle ragazze, sui ragazzi, sul mondo in generale; e più ci pensava, più il cervello vagava in nebulose sempre più infinite.
Spesso il sonno sopraggiungeva per disperazione o per spegnimento celebrale.
I rumori delle sedie che si ricomponevano lo distolsero ancora da quelle elucubrazioni, quindi, si voltò verso Teppei, che gli regalò  un sorriso rassicurante, mentre tornava seduto.
L’altro invece aggrottò le sopraciglia, iniziava a essere preoccupato.
Lo aveva osservato negli ultimi tempi.
Hajime era sempre stato un ragazzo solare e allegro, pronto alla battuta, ultimamente invece…
Aveva ragione Mamoru: sembrava mestruato perenne.
Non aveva trovato pace neppure sulla sedia, lo aveva osservato tutta la mattina.
Era in perpetuo e costante movimento.
Il suono della campanella lo fece sussultare, come a farlo risvegliare da un sogno.
Teppei si alzò e stiracchiò, allungando le mani sopra la testa.
“Non ne potevo più, e ora cibo… finalmente!”
Taki sorrise, il primo della giornata, per fortuna quando si parlava di mangiare era sempre di buon umore.
“Già, andiamo a mensa prima che si formi la fila.”
“Non ti sei portato il bento da casa?”
“Stamattina l’ho scordato sul tavolo, prenderò qualcosa a mensa.”
Così si erano diretti velocemente verso la meta, prima che la calca si fosse impadronita della stanza.
Avevano già trovato gli altri in fila così si erano accodati.
Intanto Teppei era andato a prendere il tavolo visto che era l’unico con il pranzo portato da casa.
Il soprannome che Taki gli aveva dato non era certo a caso.
Seduto al tavolo aspettava gli altri per iniziare. Sempre più spesso si ritrovava a osservare il suo amico d’infanzia e sorridere di lui, ma le labbra assumevano una piega tenera: gli piaceva guardarlo, gli piaceva osservare le sue labbra o il suo broncio e la mattina, quando doveva uscire per raggiungere gli amici, tutte le volte che varcava il portone, il cuore faceva quello strano sussulto, quasi fosse un'emozione.
Si era dato dell’idiota più volte, scuotendo la testa.
Che diavolo gli stesse capitando ultimamente proprio non lo capiva.
 
La tavola era completa. Sanae e Yukari parlottavano in separata sede su chissà quale pettegolezzo del momento.
Ryo, Mamoru e Yuzo, ovviamente, si stavano accordando per il pomeriggio; gli allenamenti giornalieri, oramai, erano il loro ritrovo doposcuola.
Teppei osservò Taki girato con il volto in direzione della finestra, con una mano sorreggeva la testa e con l’altra spostava distrattamente con le bacchete il cibo da una parte all’altra.
Un pensiero gli attraversò la mente… ‘se non mangia neppure, allora è davvero grave.
“Non hai fame?”
Hajime balzò sulla sedia come se il compagno avesse gridato; si voltò con sguardo carico di panico e rilasciò l’aria tutto in un colpo.
Kisugi aggrottò le sopracciglia, perplesso, mormorando delle scuse.
“Scusa, Taki, non volevo spaventarti.”
“Fa niente, ero distratto!”
“Allora voi due, là in fondo, cosa votate?”
Si erano girati verso Mamoru che a capo tavola stava rivolgendo proprio a loro una domanda… il problema era capire su che cosa…
“Votare cosa?” domandò Teppei.
“Grazie per partecipare così carichi di entusiasmo alle mie proposte…” si era portato una mano alla fronte e teatralmente era caduto sulla sedia affranto.
Yuzo, sghignazzando, gli aveva dato uno scappellotto ammonendolo: “Izawa, dovresti fare l’attore melodrammatico, sai?”
“E tu? Da quanto è che sei diventato così manesco?” replicò massaggiandosi la nuca.
“Forse da quando spari cazzate a raffica?”
Tutti erano scoppiati a ridere, mentre Yuzo aveva sollevato le spalle per l’ovvietà della cosa.
“Grazie, davvero, bell’amico! Insomma, dicevo, oggi hanno riunito le nostre classi per fare educazione fisica insieme, manca la nostra insegnante di geografia, quindi stavamo decidendo che gioco fare…”
Taki si era sdraiato praticamente sulla sedia stendendo le gambe sotto al tavolo e incrociando le braccia dietro la testa. Ancora di toccare cibo non pareva averne intenzione, comunque rispose a Izawa.
“Che domande: calcio!”
“E certo, pare di stare alla fiera dell’ovvio… per una volta non possiamo fare qualcosa che soddisfi tutti: maschi e femmine!” aveva replicato Sanae, mentre cercava di raccogliere il suo pasto, oramai terminato, ordinatamente sul vassoio.
Anche gli altri piano piano avevano iniziato a compiere i medesimi gesti, l’ora di rientrare in classe era quasi arrivata.
“Mah, ci penseremo, ma la vedo dura, ci vediamo tra un'ora in palestra” così Ryo aveva chiuso il discorso e si era avviato verso l’uscita.
 
L’ora era passata in fretta e altrettanto velocemente avevano raggiunto la palestra, era raro che potessero fare attività fisica tutti insieme e le poche volte che capitava, andavano sfruttate.
Come al solito le ragazzine erano attratte da quel deficiente di Izawa, tutte intorno come le api sul miele. Anche se ultimamente dava meno peso alla sua fama, sembrava avesse trovato una certa dimensione parallela dettata da regole precise. Adesso era scuola, casa, studio e calcio, chissà cos’era cambiato in quest’ultimo periodo?
Stavano parlottando a gruppetti in attesa del professore, quando entrò un altro istruttore tutto trafelato dicendo loro di non fare confusione e di giocare a qualcosa gestendosi da soli, in quanto il loro insegnate aveva avuto un mancamento ed era andato in infermeria.
Mamoru si chinò a terra e raccolse il pallone.
“Calcio?” disse palleggiando distrattamente a bordo della palestra.
Sanae arrivò di fronte a lui afferrando la palla con le mani e scaraventandola lontano.
“Basta, facciamo altro!”
I ragazzi si raccolsero in gruppo incrociando le braccia…
“Sentiamo: e cosa vorresti fare?” indagò Ryo incuriosito.
Lei e Yukari si guardarono complici e dopo indicarono i vari attrezzi sparsi per la palestra.
Anego indicò il cavallo e disse: “Quello… voglio vedere i grandi calciatori quanto sono atletici!”
“Davvero spiritosa, ma per chi c’hai preso?”
Yuzo non se lo fece dire due volte, accettando la sfida, prese la rincorsa e con agilità saltò al di là del cavallo.
“Visto!” esclamò Ryo indicando il compagno.
“No, no, Morisaki non vale, lui è abituato a fare salti e slanci… piuttosto, perché non provi tu?” lo stuzzicò la Nishimoto.
“Sarà un gioco da ragazzi!”
E forse lo sarebbe anche stato se non avesse calcolato male i tempi e fosse rimasto piantato sul cavallo.
Cavallo che lo aveva disarcionato da fermo e fatto rotolare sui tappeti messi a terra.
Si rigirava come un ferito grave tenendosi i testicoli.
Gli altri erano accorsi tutti intorno… per ridere.
Perché quando avevano visto che in fin dei conti non si era fatto nulla, erano esplosi in una risata collettiva.
 
Teppei finalmente si sentì più rilassato, per qualche momento aveva dimenticato le preoccupazioni nei confronti di Taki. Ridere con gli amici, dopotutto, era sempre un toccasana.
Inoltre l’amico aveva proposto un gioco, al quale ovviamente lui non si era sottratto e aveva subito accettato.
Sì, era tutto come al solito, nessun timore, tutto come prima… per fortuna.
 
Si erano posizionati sul tappeto perché quello che aveva in mente Hajime alla fine era semplice, ma potevi comunque farti qualche bozzo.
Teppei continuava a guardarlo perplesso, con le mani ai fianchi, mentre lo tempestava di domande.
“Tu sei sicuro di riuscire a farmi fare la capriola prendendomi solo dalle braccia e ribaltandomi?”
“Sicuro!”
“E siamo sicuri che non cadiamo a terra?”
“Garantito!”
“Quante volte lo hai già fatto?”
“Mai!”
“Ecco, come sempre dovrò essere la tua cavia…” aveva risposto sbuffando.
Poi quella domanda: “Ti fidi di me?”
E quello sguardo, quella richiesta così diretta, così profonda lo aveva fatto sussultare e annuire guardandolo negli occhi… c’era molto più di una semplice capriola.
C’era tutto un mondo intero da scoprire dentro quegli occhi.
 
Che cazzo d’idea assurda gli era venuta in mente!
Come diamine gli era venuta una ‘genialata’ del genere?
Proporla a Teppei poi… un idiota: ecco cos’era!
Ma preso dal momento e dall’allegria generale si era lanciato in un volo pindarico senza alcun paracadute.
Era un idiota.
IDIOTA!
“Dai, facciamo la capriola come ci facevano fare i nostri padri da piccoli!” aveva esclamato così all’improvviso.
Certo… proprio un pensata grandiosa.
Per vari motivi…
Uno: se gliela facevano fare quando erano piccoli un motivo ci sarà stato, no? Il peso, ovvio.
Due: e dell’altezza vogliamo parlarne? Ma sì, parliamone… altro motivo.
Tre: il più drammatico, con tutti i dubbi che aveva avuto ultimamente, proprio un incontro ravvicinato con il culo di Kisugi doveva organizzare?
Si era passato una mano su tutto il volto e dopo aveva indossato la maschera.
La maschera della sicurezza.
Per non parlare poi della domanda rivolta a Teppei con tanta sicurezza.
“Ti fidi di me?”
Cosa diavolo voleva dimostrare con quella domanda?
Poi… poi aveva incrociato i suoi occhi e le ginocchia avevano vacillato per un secondo;
la confusione che regnava sovrana da giorni lo aveva investito come un treno dell’alta velocità, ma aveva resistito perché Teppei si fidava.
E ora che Teppei era piegato di fronte a lui, con la testa sotto le gambe divaricate non era più così sicuro di voler proseguire questo fottuto gioco.
Ma non si arrese, posò il ventre sulla schiena del compagno tanto da afferrare con le sue mani quelle dell’amico che comparivano da sotto le gambe.
Cercò di non pensare a quella dannata posizione.
E cioè: al culo di Teppei a così poca distanza dal suo viso.
Mentalmente si dette dell’imbecille per almeno altre cinque o sei volte.
Una volta afferrate parlò: “Sei pronto?”
“Prontissimo!”
“Si troncherà l’osso del collo, nella migliore delle ipotesi.”
“Grazie della fiducia, Izawa, grazie davvero” rispose piccato Hajime.
“Io faccio un video per i posteri” Ryo aveva sghignazzato e afferrato il cellulare per immortalare l’evento.
“Davvero spiritosi. Pronto: uno, due, e tre!”
E aveva tirato, con tutte le sue forze, tanto che davvero Kisugi s’era ribaltato su se stesso e aggrappandosi con le gambe ai fianchi dell’amico e con le mani al suo collo era davvero riuscito a mantenere l’equilibro e non cadere.
Peccato che il peso avesse fatto sbilanciare Taki e barcollare all’indietro fino a impattare con tutta la schiena contro muro retrostante.
D’istinto Teppei aveva allungato le mani al lato del suo volto appoggiandole al muro.
E lo aveva imprigionato così.
Le mani di Hajime servivano per sostenere il peso del compagno, quindi erano inutilizzabili.
I visi oramai troppo vicini, le labbra si erano chiuse in una smorfia di sforzo all’inizio; per poi aprirsi in un sorriso quando tutto intorno si era fermato e il silenzio era calato nella palestra.
Soltanto i loro fiati spezzati si riuscivano a udire.
Il tempo si era allungato come un elastico rallentando la corsa.
L’immobilità del momento e l’incontro delle iridi avevano contribuito a dilatare l’istante ancora di più.
E c’era qualcosa che finora era sfuggito a entrambi in quelle iridi scure.
Gli occhi avevano iniziato a parlare per loro, si erano fatti lucidi e commossi.
Si erano emozionati.
Gli odori si erano mescolati e i cuori avevano preso a battere all’impazzata.
Solo a quel punto Teppei aveva sorriso, ed era dolce, caldo.
Un sorriso che non gli aveva ancora mai visto fare, ed era lì, in quell’istante, che aveva capito tutto.
Che la nebulosa era sparita e che la nebbia era tornata nella sua sede.
Finalmente aveva capito tutto.
TUTTO!
Sorrise, anche lui, ma stavolta consapevolmente.
 
Poi gli schiamazzi dei compagni li avevano riportati improvvisamente con i piedi per terra.
L’incanto si era improvvisamente spezzato, ma la consapevolezza ormai era lì, si era palesata e aveva preso coraggio.
Coraggio per dopo.
Ci sarebbe stato tempo per affrontare il discorso con tutta la calma necessaria.
Era stato un susseguirsi di UHHH, AHHH e altri cori idioti partiti da quel cretino di Izawa.
Si erano ricomposti un po’ alla meglio e avevano proseguito i giochi come se nulla fosse.
Avevano riso e scherzato ancora, poi l’ora era finita e tutti si erano ritirati negli spogliatoi per mettersi la divisa e raggiungere il campo da calcio dove si sarebbero svolti gli allenamenti pomeridiani.
Ed era stato in quel momento che, temporeggiando, Hajime e Teppei erano rimasti gli ultimi.
Yuzo aveva chiesto se volessero fare la strada con lui e Mamoru, ma con una scusa avevano declinato l’invito.
Stavolta il primo a essere pronto fu stranamente Kisugi, che appoggiato alla porta dello spogliatoio guardava divertito il compagno: se voleva, sapeva come perdere tempo…
Taki si guardò intorno e raggiunse l’amico, gli posò una mano sulla spalla.
“Facciamo la strada insieme? Devo parlarti.”
“Ti stavo aspettando, anch’io devo parlarti.”
La strada quella sera sarebbe stata differente, perché la consapevolezza li avrebbe accompagnati.
   
 
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