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Autore: kissenlove    03/11/2016    2 recensioni
Quando Amu, giovane ragazza sedicenne viene "costretta" a sposare un "bel tipo" - come lo definisce lei, chiamato Ikuto, tutto ciò che desidera è uscire viva da quella situazione incresciosa. Stare con uno sconosciuto le sembra paradossale, condividere la casa, il letto, la vita intera, ogni cosa.. ma nulla si dimostrerà semplice sopratutto quando capirà che..
Genere: Fluff, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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                          Innamorata di mio “Marito” 
                                                                               capitolo 6


L’estate avanza e io mi sto facendo aspettare un’ulteriore volta... ma non fa niente giusto se il capitolo risultata strabiliante come il precedente? I miei di certo non lo sono ragazzi, ma sto facendo qualsiasi cosa per riuscire a dare il meglio di me. Bene, adesso vi lascio al capitolo numero sei visto che siete molto arrabbiati, ma mi farò perdonare. Volete sapere cosa accadrà oggi ad Amu e Ikuto.. leggete e buon divertimento.



 
Un fascio di luce inondò il meraviglioso luogo dinanzi al mio volto stupefatto. Era un giardino, lì nelle vicinanze c’era una fontana i cui zampilli di acqua schizzavano dappertutto. Quando iniziò a schiarirsi notai dei banconi di legno a cui vi era attaccata una rosa bianca, colore della purezza. Alla fine del grande tappeto si intravedevano due archi che si congiungevano a formare un cuore. Un matrimonio? Chi erano gli sposi? Stavo sognando o è realtà... tante erano le domande che mi affollavano la mente a cui non sapevo dare risposta. Le mie ciglia nere pettinavano la brezza gentile di metà luglio e intanto danzava con essa, mentre fissavo sbigottita il lungo abito che indossavo, un abito da sposa a quanto mi poteva suggerire il colore. 
«Amu.»
Una voce maschile disturbò la quiete del posto, come se non bastasse la conoscevo. 
«Vogliamo andare?» — mi mostrò il suo avambraccio. «Ci aspettano.»
Alzai gli occhi, era lui. La sua giacca nera, i suoi pantaloni, i suoi capelli scuri contrastanti col verde della zona, ma sopratutto i suoi occhi che parevano splendere come due cherubini. Avrei voluto mandarlo al diavolo, abbandonare quella cerimonia, quella pantomima orrenda, ma per uno strano motivo mi venne solamente da sorridere, un sorriso istintivo, che si allargò ancora di più quando mi aggrappai con qualche riserva al suo braccio. I comportamenti umani erano nettamente incomprensibili. Prima che me ne potessi realmente rendere conto lui mi stava spingendo. Sfilavamo come due modelli su quel tappeto, tutti ci osservavano con invidia, con gioia, versando qualche lacrima. Ikuto non si era scomposto, nessun sentimento trapelava dai suoi occhi misteriosi, si comportava da insensibile come era suo solito.. anche se non ci conoscevamo poi molto, Ikuto non era molto loquace. Si fermò, strappandomi improvvisamente dai miei futili pensieri sul mio futuro marito. «Amu... sei sicura?» 
Che razza di domanda? Ovvio che non lo sono. 
«Tu, invece, ti vuoi sposare?» — non era quello che bramavo di chiederglielo, ma mi sembrava inopportuno rispondere a bruciapelo su questa questione. 
«Perché?» — si imbronciò, fingendosi offeso a morte per le mie parole, infondo io sapevo che il matrimonio tra noi ci avrebbe soltanto esortato a litigare molto più di quanto potevamo fare in questo momento. Non eravamo la classica coppia sdolcinata sempre presi a sbaciucchiarsi. Una cosa in comune che avevamo era che entrambi non volevamo dare nell’occhio, eravamo riservati, timidi e impacciati e se ci capitava di scambiarci effusioni in pubblico era per costrizione, non per altro. 
«Vuoi davvero saperlo?» — si avvicinò a me chinandosi vicino al mio orecchio. «Non l’ho mai detto ad anima viva, tu sei la prima..» — il cuore mi rimbalzò nel petto quando il suo respiro si depositò sul mio collo. Serrai gli occhi lasciandomi trasportare da quella tenera sensazione. Mi sembrò di respirare solo felicità, efferata felicità intorno a noi, ma tutto sfumò via, come una bolla di sapone che si disintegra quando Ikuto mi mordicchiò il lobo. «Stupido! Pervertito, questo è il mio orecchio!» — indietreggiai, portando entrambe le mani vicino alla parte dell’orecchio. «E questo... è... il mio futile tentativo di averti.» 
«Che significa? Lo sai che fai discorsi strani?»
«Lo so... è per questo che tu hai bisogno di me..»
«Chi ti credi di essere, eh? Sei solo un pallone gonfiato.»
Ikuto ghignò. «Allora perché mi stai sognando?»
«Vattene! Lasciami in pace, voglio dormire.. sparisci!» — lo spinsi via, lui cadde a terra sotto gli occhi di tutti gli invitati che cominciarono a guardarmi di sbieco, bisbigliando, e lanciandomi ochiattacce di fuoco mentre Ikuto fingeva di essersi ferito a causa della caduta. Era bravo a fingere, molto bravo. Lo odiavo. Lo odiavo talmente tanto che il mio cuore avrebbe potuto esplodere. Nel giardino improvvisamente si diffuse uno strano, caotico, insopportabile “bip...bip... bip..” mentre i miei occhi lentamente si riaprivano.
 Dalle tende socchiuse penetravano piccoli fasci di luce diurna irregolari, mentre inquadravo.. un attimo.. dov’era finita la mia preziosa stanza? Non poteva essere possibile, ieri ero rincasata.. ero rincasata? Mi sollevai, appoggiandomi con la fredda schiena alla testiera di un letto matrimoniale stringendomi le gambe al petto nel mero tentativo di riacciuffare i ricordi della nottata precedente, sul come e perché ero finita in un letto matrimoniale invece che nel mio, ma anche se spremevo le meningi quello che ricordava era poco e niente tanto che iniziai ad avvertire un dolore potente a livello della testa che non mi lasciava in pace. Avvertii dei leggeri scalpettii fuori alla porta, e mentre stava per abbassarsi la maniglia mi infilai nuovamente nelle coperte per simulare un sonno molto profondo. La porta si aprì e si richiuse. Rimasi immobile, mentre quello che era entrato appoggiava un peso sulle coperte e si accomodava sul ciglio del letto. Con gli occhi chiusi non potei osservare bene i suoi movimenti, ma non era difficile capire che cercava di avvicinarsi il più possibile alla persona che si era volutamente impossessata del suo letto. Percepivo la dolce cadenza del suo respiro che mi solleticava la pelle, mentre con una mano mi accarezzava lentamente i capelli. 
«Amu... sei molto più bella quando dormi.» — non potevo davvero crederci, quello che mi stava sfiorando era Ikuto Tsukiyomi. Il mio futuro marito per la cronaca. Il suo dito scivolò silenzioso sulla fronte, segnò le rughe di espressione appena comparse, poi scese verso le guance, piccole, paffute come quelle di una bambina, che stavano lentamente diventando rosse. Cercai di restare ferma, di non tremare, mentre il suo dito scolpiva le mie labbra semichiuse. «Sembri un dolce angioletto, anche se poi da sveglia diventi un piccolo diavoletto tentatore. Se potessi confessarti.. quello che sto provando in questo momento, è qualcosa di insolito per uno come me, uno abituato sempre a una vita agiata... una vita senza te.» 
Si avvicinò e mi lasciò un bacio sulla fronte, un bacio carico di importanza e protezione, e in quel momento decisi di aprire lentamente gli occhi, mentre lui come un ladro esperto faceva finta di nulla, come se quel bacio innocente non fosse mai esistito. 
«Buongiorno.» — intrecciò le mani torturandosele, ma quella parola cercò di svuotarla di ogni più piccola particella di dolcezza o interessamento. Forse si comportava da duro, ma in realtà era tenero. 
«Buongiorno.»
«Ho preparato la colazione, Amu. Cornetti e succo d’arancia, serviti pure.»
«Grazie, Ikuto.» — mi passò un vassoio su cui ha appoggiato ogni cosa e si alzò per aprire le tende e far entrare la luce del primo mattino. «Senti... » cominciai a mordere il cornetto, mentre lui tornava a sedersi, ma questa volta vicino al suo letto. «Dimmi.. Amu.»
«Vorrei delle spiegazioni plausibili, perfavore.»
«Certo, tutto quello che vuoi.» 
Pensai di essere in uno dei miei sogni, ma così non era, quella era semplicemente la pura e semplice realtà. Mi trovavo nell’appartamento di un grosso condominio, nelle vicinanze del centro, ma come mai ero lì? Forse lui mi aveva rapita... forse la sua faccia di angelo nasconde davvero un’anima così spietata? 
«Non sono perverso così tanto da rapirti e trascinarti nel mio appartamento. Ieri ti ho accompagnato a casa, ma tu a quanto pare hai deciso di andartene in giro di notte visto che non sei mai entrata a casa tua. Passavo vicino a un bar, e ti ho visto, eri ubriaca, dicevi cose senza senso, parlavi a sproposito, così ti ho caricato sulle spalle e siamo arrivati a casa mia.»
«Ma mica... io e te... tu e io... a-abbiamo fatto quello. Vero?»
Ikuto arrossì. «Io non faccio sesso con i diavoli in rosa. Comunque no, non mi sarei mai potuto approfittare di te in quelle condizioni. Ti voglio, ma ti voglio sobria non completamente fuori.»
«Ti ringrazio di avermi salvato, ma potevi riaccompagnarmi a casa cretino.»
«Cretino, la prossima volta ti lascio sola, in quel bar, così tieni la lingua apposto viziatella.»
«Il mondo non è tuo.»
«Avanti, vestiti.. devo uscire e non ti voglio tra i piedi.» — si alzò di scatto dalla sedia e recuperò il vassoio prima di uscire dalla stanza. «e... fa presto Amu, non amo fare ritardo.»
«Sì! Mister coerenza.» — scostai le coperte e scesi giù dal letto. Accesi il cellulare e fissai il display che segnava quattro nuovi messaggi nella casella, più una chiamata persa che doveva essere quella di mio padre che si era dovuto spaventare non trovandomi nel letto. Al momento non avevo alcuna voglia di parlargli, avevo ancora qualche risentimento nei suoi confronti sulla faccenda del matrimonio combinato, volevo solo dimostrargli che una persona non si manovrava come un burattino con i fili trasparenti. Avevo bisogno di conquistare la mia pace interiore, prendere i miei spazi, assumere le mie posizioni e decidere autonomamente cosa fare della mia vita una volta fuori da quella situazione. Aprii la casella messaggi e trovai un messaggio di Yaya. Un bagliore fulmineo mi illuminò la mente, ancora annebbiata dai fumi dell’alcol. La festa, il litigio tra Ikuto e un suo amico, la sua protezione e il fatto che lui mi abbia accompagnata a casa.. 

Ciao, Amu! Tutto bene? Non posso credere a quello che Ikuto ha fatto al tuo amico per te. Deve essere proprio innamorato di te amica mia. Gli amici di Ikuto sono molti simpatici, ho fatto molte amicizie, ma devo confessarti che quel Takumi mi ha colpito molto. Ieri sera mi ha riportato a casa, Rima ha preferito farsi venire a prendere... credo che mi divertirò molto a frequentarlo. Credi potremmo piacerci come vi piacete tu e Ikuto?

Le inviai una risposta molto veloce. Non volevo essere diabolica con la piccola dolce Yaya, che stava appena imparando ad inoltrarsi nella fitta rete delle relazioni prossime a diventare serie. Le assicurai che stavo più che bene, anche se ero confusa sugli ultimi avvenimenti della serata. Riguardo a Takumi, non avevamo parlato molto, lui stava sempre in disparte e poi dopo la lite Ikuto mi aveva letteralmente portato via di lì. A prima impressione era un tipo serio, ero sicura che ricambiasse Yaya in qualche modo. Finsi di essere interessata alla questione, mi sentii terribilmente in colpa, ma onestamente non riuscivo a darle importanza, avevo troppe cose a cui pensare e troppi pensieri da ordinare. Scorsi nella rubrica e trovai un secondo messaggio, Takumi, il ragazzo che piace a Yaya. 

Ciao Amu, scusa dovrei chiamarti Hinamori visto che non ci conosciamo molto bene. Spero tu stia bene, si sono alterati gli animi ieri sera, non avevo mai visto Ikuto lottare per una ragazza, a quanto pare è veramente preso da te altrimenti non si sarebbe mai azzardato. Mi piacerebbe incontrarci di nuovo, con Ikuto.. e con... quella tua amica, Yaya mi pare si chiami. Comunque, è stato un piacere conoscerti, spero diventeremo presto amici acquisiti

Takumi era risultato molto carino per interessarsi così tanto ai miei problemi. Lo rassicurai, scrivendogli che adesso la situazione era sotto controllo e che non ci sarebbero stati più episodi del genere. Gli chiesi se Ikuto era il classico animale che difendeva la sua preda da attacchi nemici e successivamente scherzai molto sulla questione di essere buoni amici. Onestamente Takumi non era un ragazzo perverso come Ikuto, era un tipo affidabile, e diventare buoni amici era una delle cose che avrei voluto accadesse senza che il mio futuro marito diventasse troppo geloso. 

Il terzo messaggio... era il tizio che Ikuto aveva picchiato? Cosa, non poteva essere. Stavo per spuntare “elimina” ma non ci riuscii perché Ikuto da perfetto cretino aprì la porta senza osare bussare. D’accordo che era la sua casa, la sua camera, ma un minimo di educazione non guastava mai. 
«Volevo ricordarti che - » alzò un cipiglio, mentre balzavo in piedi sul letto con il suo pigiama addosso di due taglie in più visto che mi andava grosso. «Che ci fai ancora in pigiama? Mia madre mi ha appena chiamato.»
«Non le avrai detto che sono qui, vero?»
«Ovviamente no. Altrimenti lei mi avrebbe chiesto che ci fa la tua futura sposa nel tuo appartamento, e allora avrei dovuto raccontarle il resto, la sbronza e il fatto che ti sei lanciata nel mio letto per dormire. Sì, questo particolare avrei dovuto dirglielo.»
Digrignai i denti, avrei dovuto torcergli il collo. 
«Tornando a cose serie, mi ha inoltre avvisato che verrà a prenderti a casa tua a mezzogiorno per scegliere il vestito da sposa.» 
Vestito? Matrimonio, oddio... con la sbronza avevo dimenticato ogni cosa. Ikuto mi fissò, e guardando la mia faccia sconvolta scoppiò a ridere come uno scemo. 
«Che hai da ridere tu?!»
«Sarà uno spasso vivere insieme a te.»
«Ti assicuro che ti farò patire le pene dell’inferno.» — lui non sembrò spaventarsi minimamente, e mi colpì piano sulla fronte. «Non sto scherzando Ikuto!»
«Nemmeno io. Su Amu, vai a preparti che fra mezz’ora a casa tua verrà mia madre.»
Ultimamente fare tutto in fretta era diventato una vera e propria abitudine.
Ikuto si offrì con gentilezza di accompagnarmi, e nel giro di qualche minuto ci trovammo dinanzi al giardino di casa mia. «Ehm, grazie» — e senza aggiungere altro spalancai la portiera dell’auto e abbandonai il caldo sedile della sua vettura. Non ottenni risposta, solo un banale sorriso e un cenno col capo.
«Non cambierà mai.» — varcai la soglia di casa e chiusi la porta.
«Amu, sei tu?» 
Chi credeva che fossi?
«Sì, papà. Sono io.» — sbuffai, appoggiando il cappotto sul gancio, e salii ai piani superiori chiudendomi nel bagno per concedermi una doccia rilassante. Erano accadute troppe cose, – che la mia testa non riusciva a ricordare – Ikuto mi aveva detto che mi ero lasciata andare a più di un bicchierino e che mi aveva trovato a vagare da sola, per strada, in pessime condizioni aggiungendo che non si sarebbe mai approfittato di me completamente sbronza, e stranamente c’era del vero in quello che aveva detto, gli credevo con mia enorme sorpresa. Uscii dal bagno con addosso l’accappatoio e un turbante fra i capelli, li asciugai con fretta frazionando ogni ciocca, aggiustandoli come meglio potevo, e per finire applicai un velo di cipria, un po’ di ombretto e il mascara mantenendo un aspetto pressoché naturale.
Scelsi qualcosa di comodo, così mi sarebbe stato più facile spogliarmi per infilarmi in ogni abito che la mia futura suocera avrebbe voluto provassi; speravo solo che non ci fosse anche mia nonna, non era finita molto bene l’ultima volta e non volevo scontrarmi di nuovo con le sue ridicole tradizioni di famiglia. Scesi al piano di sotto e mi preparai ad attendere la madre di Ikuto, decidendo nel frattempo di concedermi una tazza di caffè, avevo bisogno di tutte le mie forze per sopravvivere alla prova abito per un giorno intero. Fortunatamente non ero affatto nervosa, altrimenti la giornata sarebbe stata un vero incubo — a pensarci meglio, nel letto di Ikuto avevo sognato la scena di un matrimonio, quello che si sarebbe svolto a breve, ed era stato un vero e proprio incubo visto che avevo accarezzato l’idea di finire all’altare con il peggiore dei maniaci —. Un intenso odore di caffè pervase le mie narici, inebriandomi i sensi. Nè versai metà in un bicchiere, e presi posto sul grosso divano, dove mio padre era intento a vedersi una delle sue serie televisive sui vampiri, la sua era una vera e propria paranoia. 
«Non la smetti mai di vedere queste serie?» — era la prima volta, da quando avevo discusso, che avevo il coraggio di rivolgergli la parola. Lui se ne rese conto, e con la bocca spalancata si voltò verso di me. «Cosa Amu?»
«Queste serie sui vampiri, intendo. Perché ti piacciono molto?»
«Mi fanno compagnia nei momenti più duri..» 
«E questo... è uno di quelli?» mormorai a braccia conserte.
«Mh, mi aiutano a distrarmi.» — occupò le bocca con una manciata di popcorn. «Anfa severid?» aggiunse, ed avendo la bocca occupata non capii nulla di ciò che aveva detto, sembrava una via di mezzo fra arabo e cinese.
«Eh?»
Lui deglutì il boccone. «Dicevo: dove vai conciata così?»
«La mia adorabile suocera e forse anche quell’antipatica vecchia mi verranno a prendere fra poco per trovare l’abito del matrimonio.» mi lagnai per tutto il tempo riguardo quella cerimonia insulsa che non avrei voluto celebrare e mio padre continuò a ridere per tutto il tempo, col rischio di soffocare, trovando quella situazione abbastanza ridicola per i suoi gusti.
«Tu adori lo shopping, quindi non vedo dove sia il problema.»
«È questo il problema. Questo matrimonio.» 
«Tesoro» — posò il contenitore con i popcorn sul tavolino, e mi prese delicatamente la mano stringendomela. «mi dispiace per questo, lo sai?»
Amu ascoltò attentamente, prima di replicare. 
«Sì, ma non ti ho ancora perdonato.»
   
 
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