Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Vago    04/11/2016    2 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 I sei assassini si ritrovarono nuovamente nella sala da pranzo.
La folla di nobili e alte cariche che l’aveva invasa si era ridotta, facendo apparire quella stanza molto più ampia di quanto fosse realmente.
Vanenir stava discutendo animatamente con due draghi, che dimostravano trenta e cinquanta anni, in quel corpo, mentre ad ampi gesti cercava di scacciare un medico, intento a controllare che il principe non fosse stato ferito o avvelenato in alcun modo.
- L’avete trovata? – chiese Mea con uno sguardo insolitamente serio.
- No. Né noi, né i draghi. Sembra che quella serva sia scomparsa, nonostante il veleno di Seila. – le rispose Hile.
- Ora cosa succederà? – chiese Seila spaventata, accarezzandosi la treccia bionda.
- Vanenir mi ha parlato, prima. Vuole chiederci un favore. – continuò la mezzelfa, riportando la ciocca blu dietro l’orecchio.
- Quindi ha deciso di cominciare anche lui a combattere? Dubito che voglia chiedere a degli assassini consigli su una politica pacifica, dopo quello che è successo. – le rispose il Gatto, spostando il suo sguardo sul principe dei draghi, che pareva non aver intenzione di smettere di discutere.
Hile fece qualche passo indietro, andandosi a sedere su una delle sedie del tavolo ancora imbandito. Aveva voglia di colpire qualcosa, qualsiasi cosa. Sentiva una rabbia profonda stringergli il petto, la sua preda gli era scappata.
Prese qualche respiro profondo, cercando di rallentare i battiti del suo cuore impazzito.
Non doveva lasciarsi trasportare.
Tutti stavano facendo del loro meglio per combattere quella situazione e lui non voleva essere da meno.
Alzò un attimo lo sguardo, cercando di ignorare quel malessere che si portava dentro.
Nirghe stava guardando una sedia, indeciso se assecondare quella strana sensazione di noia che provava e sedersi, o meno.
Mea aveva lo sguardo perso, il volto era immobile, fatta eccezione per le labbra che si muovevano impercettibilmente, come per rivelare al mondo quali fossero i pensieri che l’assillavano.
- Stai bene? –
Il Lupo sobbalzò, colto di sorpresa. Era stato talmente rapito dai suoi pensieri da essersi completamente isolato dal mondo circostante.
- Si… abbastanza. –
Keria lo guardò con uno sguardo preoccupato. – Sei pallido e hai la fronte imperlata di sudore. Non si direbbe per niente che stai bene. –
- Tranquilla, non è niente. Tra poco starò sicuramente meglio. –
L’arciere, poco convinta, si tolse il guanto destro, appoggiando delicatamente la mano di cristallo sulla fronte del compagno di viaggio.
Hile si irrigidì a quel contatto, non sapendo, però, se fosse colpa dello strano materiale di quella mano o di Keria.
- Almeno non hai la febbre. – continuò il Drago, tornando a nascondere l’arto sotto la stoffa.
- Come va con quel braccio? – gli chiese il Lupo, cercando di cambiare discorso.
- Bene, anche se non ho ancora capito cosa gli sia successo. Se non l’avessi visto, ti direi che è normale, fatto in carne e ossa, non in… cristallo? – l’arciere poggiò il palmo sinistro sull’avambraccio opposto, come per proteggerlo.

Una serie di passi veloci si avvicinarono.
Vanenir, circondato da quattro robusti draghi, aveva raggiunto il gruppo di assassini con uno sguardo triste negli occhi. Tra di loro Hile riconobbe Karver Marja, il drago a fianco del quale aveva cenato.
- Dovrei parlarvi, ma in privato. Potete seguirmi? – la voce del principe pareva carica di dubbi.
Il gruppo ebbe un fremito, come se si trattasse di un unico essere che si era appena risvegliato da un profondo torpore.
Mea, dopo un attimo di esitazione, fece un passo in direzione del drago, spostando la ciocca blu che le era caduta sulla fronte. – Certamente, sire. –
Vanenir non parve intenzionato a rallentare il passo. Uscì rapidamente dalla sala da pranzo, lasciandosi alle spalle lo stuolo di persone di spicco che lo avevano occupato da quando il suo aggressore era scappato, puntando sicuro per i corridoi finché non giunse a una piccola porta coperta da una lamina di metallo lucente. Un battente bronzeo riposava all’altezza degli occhi, sormontando una piccola serratura.
Sugli stipiti erano stati scolpiti due piccoli bassirilievi.
Quello sulla destra ritraeva un anziano drago che, nella maestosità della sua vera forma, guardava le quattro figure umane di fronte a lui, l’unica donna del gruppo risaltava, porgendo un oggetto che teneva in mano al rettile che aveva di fronte, i tre uomini alle sue spalle risultavano invece quasi in disparte dal vivo della scena.
Sullo stipite di sinistra, invece, la scena risultava più confusa. Un assembramento di corpi ricopriva la maggior parte della base del bassorilievo, corpi scolpiti deformi e incastrati gli uni sugli altri, in alto, invece, figure di draghi accoppiati riempivano il cielo della scena. Ai lati, come esenti dalla follia e dal caos generali, rimanevano due distinte figure, da una parte una donna austera, dalla fluente chioma che cadeva sull’armatura, dall’altra quello che poteva sembrare un uovo con una mano poggiata sopra.
Vanenir non si fermò nemmeno per un istante. Prese una chiave fine dalla catenella nascosta sotto l’abito e la infilò nella fessura sulla porta, facendola girare tre volte.
I cardini girarono silenziosi, permettendo l’accesso alla stanza che si apriva al di là di quel muro.
Un tappeto dai colori sgargianti ricopriva il pavimento, ospitando due divani su un lato e una scrivania sul muro opposto. Due porte si aprivano sulla destra, chiuse da battenti molto più sobri rispetto a quelli che avevano appena superato.
Il principe si sedette pesantemente su un divano, non concedendosi nemmeno un attimo per riprendere fiato.
- Questa stanza è protetta da incantesimi antichi quanto la mia dinastia. Nessuno all’esterno può vederci, sentirci o anche solo percepire la nostra presenza con mezzi magici. Non badate ai miei compagni, sono tra i draghi più fedeli che abbia mai conosciuto. Ora passiamo agli affari seri, Salema ha superato ogni limite, potevo accettare delle ostilità da parte della sua fazione finché non si sarebbe deciso un successore, ma su un attentato del genere non posso sorvolare. Non posso permettere che una questione familiare vada ad intaccare la fiducia che il mio popolo ripone nella casata reale. Sono costretto a chiedere i vostri servigi, non è un mistero quale sia il ruolo della vostra setta, né tantomeno quali richieste arrivino quotidianamente al vostro direttore. Ora, io, qui, voglio chiedervi di mettere al mio servizio le vostre abilità, per il bene del mio popolo. Ho bisogno che uccidiate mio Salema, dev’essere un lavoro pulito, senza evidenze che dimostrino che è stato un draghicidio, io, in cambio, vi prometto sul mio onore e su quello della mia stirpe che voi non sarete incolpati di alcunché, inoltre sarò per sempre vostro debitore. –
Hile si guardò intorno. Agitato. Non era la missione in sé, a preoccuparlo, già numerose volte in quel viaggio le sue mani si erano sporcate di sangue, ma in quel caso si trattava di un principe dei draghi. Era diverso. Inoltre era il suo stesso fratello a commissionare quell’omicidio.
- Questo lavoro cosa comporterà? – chiese improvvisamente la mezzelfa.
- Io diventerò sicuramente re, senza un rivale. I conflitti si smorzeranno, anche se non sono così pazzo da credere che da un giorno all’altro tutte le ostilità si placheranno, riconquistarmi la fiducia del mio popolo richiederà parecchio tempo. Per quanto riguarda voi, subito dopo la mia incoronazione vi porterò nella biblioteca privata e cercherò tutto ciò che vorrete perché possiate continuare il vostro viaggio. –
- Va bene. – continuò Mea. – Quando dobbiamo farlo? –
- Domani notte. Io sarò impegnato a Isargal in un dibattito con un lord locale, centinaia di draghi saranno presenti. Mi raccomando, non lasciate tracce del vostro passaggio. –
- Noi sappiamo fare il nostro lavoro. Ci vedremo quindi per la sua incoronazione. –
- Ci conto. Uscendo di qui, Garay, potresti far vedere le stanze di mio fratello ai nostri ospiti? –

Quindi, alla fine, Vanenir ha scoperto le sue carte.
È incredibile come sia riuscito a raggiungere la vetta senza sporcarsi le mani. Lui adesso è e rimarrà candido.
Non so davvero se rimanerne schifato o congratularmi con lui. Potrei quasi accostare la sua intelligenza a quella di Vago…
Guardate! Se mi concentro posso creare delle bolle sulla mia superficie!


Hile guardò un’ultima volta i suoi compagni di viaggio prepararsi. Nella sala per gli ospiti regnava solo una tensione palpabile.
- Siete sicuri di quello che state per fare? – chiese Nirghe accarezzando il dorso del suo gatto.
- Si. Voi sareste solo d’intralcio. – gli rispose Mea.
- Mea, sei sicura di non avere bisogno nemmeno di un palo? – continuò Keria alzando un sopracciglio, mentre con gli occhi verdi guardava la maga.
- No. Se staremo attenti non dovremmo avere problemi. Sono sicura che noi tre basteremo. –
- Fate solo attenzione… - concluse lo spadaccino a bassa voce.
Tre figure uscirono rapide dalla stanza. Le suole battevano impercettibilmente sul pavimento, mentre le schiene curve si confondevano alla perfezione con le pareti scure.
Sul soffitto, gli specchi che irroravano di luce solare i cunicoli di giorno, brillavano appena grazie alla luna, che doveva essere quasi al suo culmine nel cielo.
Non incontrarono guardie sul loro percorso, come gli aveva detto Vanenir, e arrivarono in un batter d’occhio all’ultimo svincolo. Pochi metri più avanti si apriva la stanza di Salema.
Mea prese un coltello di Hile in mano, glielo aveva chiesto in prestito apposta per quel lavoro. Per terra traccio velocemente un intricato intreccio di linee, posandoci sopra il palmo aperto appena fu finito senza mai perdere di vista le tre guardie che controllavano la porta.
Uno sberluccichio percorse le pietre che costituivano la pavimentazione del corridoio, scomparendo sotto i piedi delle guardie.
La maga si avvicinò circospetta ai tre draghi, dai quali non provenne nessuna risposta, nemmeno quando la mezzelfa si piazzò davanti a loro.
- Andate, io resto a controllare che nessuno per sbaglio rovini il glifo. –
I suoi compagni fecero un rapido cenno con il capo, aprendo appena la porta alle spalle delle figure pietrificate e intrufolandosi rapidi all’interno della dimora di Salema.
Jasno ripassò mentalmente le indicazione che il drago al servizio di Vanenir gli aveva dato.
La casa di Salema si sviluppava su due piani e la sua stanza da letto si trovava al secondo piano, seconda porta a destra.
L’Aquila salì velocemente le scale che nascevano alla sua sinistra.
Salema era sospettoso, li aveva avvertiti quel drago. Non permetteva a nessuno di rimanere in casa con lui mentre non era sveglio.
Seconda porta sulla destra.
La poca luce che arrivava nella casa entrò nella stanza da letto buia dallo spiraglio che si aprì.
L’elfo albino si avvicinò rapido al secondogenito addormentato nel largo letto, coperto da una stoffa rossa. Con mani sicure cinse il torace del drago, là nei punti dove sapeva che non sarebbero rimasti i segni della pressione delle dita.
Alle sue spalle la terza figura si mosse.
Sulla parete di fronte al letto un’imponente ritratto guardava immobile la scena. La donna e l’uomo dai capelli rossi immortalati sembravano assenti, come se sapessero perfino loro cosa sarebbe successo da lì a poco.
Seila intinse la punta di un lungo e fine spillo in una boccetta che teneva con cura celata nella piccola sacca che si era portata dietro, poi, in un attimo e con un movimento repentino la mano, dell’elfa bionda si avvicinò al petto del drago.
Lo spillo si fece largo tra le fibre dei muscoli, evitando nella sua discesa le costole e arrivando a piantarsi nel cuore di quel drago, per poi tornare fuori con la stessa rapidità con cui era entrata.
Passarono due secondi, poi il torace del principe cominciò ad alzarsi e abbassarsi sempre più spasmodicamente finché, all’improvviso, non cessò di muoversi.
Jasno avvicinò un piccolo specchietto alla bocca del corpo sdraiato accanto a lui, controllando che non andasse a formarsi della condensa sulla superficie lucida.
Nulla.
Per un attimo l’Aquila provò un profondo senso di schifo nei confronti dell’uomo che fu quel cadavere. Era morto per colpa sua, in fondo, per una colpa che andava molto al di là di essere in gara con suo fratello per il trono.
La sua sfiducia verso i suoi sottoposti l’aveva lasciato solo e indifeso, la decisione di non ritornare alla sua forma reale nemmeno durante il sonno aveva reso ancor più facile quel lavoro.
Jasno e Seila si allontanarono rapidi dalla camera da letto, scendendo nuovamente le scale e raggiungendo Mea nel corridoio subito dopo essersi assicurati di aver chiuso accuratamente la porta d’ingresso.
La maga impiegò meno di un secondo a grattare il glifo che aveva tracciato sulla pietra e a rompere così l’incantesimo sulle guardie, che ripresero a svolgere il loro compito inconsapevoli di quello che era successo.

Che finale squallido. Non ho avvertito nulla.
I draghi stanno perdendo sempre più punti ai miei occhi, sono diventati da una delle razze più incredibili che io abbia mai visto a una di quelle più infime. Non riesco a spiegarmi questa loro precipitazione culturale.


Hile si alzò nuovamente dal divano, facendo quattro passi in avanti per smorzare l’agitazione che gli rodeva il cuore, si volse nuovamente verso i suoi compagni.
Keria dormiva scomposta, con la guancia destra appoggiata al bracciolo blu del divano, i capelli castani le cadevano sugli occhi chiusi come una cortina.
Il gatto di Nirghe si era acciambellato sul dorso dell’imponente drago di cristallo, il cui respiro caldo e regolare riempiva la stanza e ne alzava la temperatura.
Lo spadaccino alzò appena lo sguardo dalla lama che stava pulendo con un panno, controllando che la porta fosse ancora chiusa.
Il Lupo tornò nuovamente al suo posto, sedendosi adagio per non svegliare l’arciere e appoggiando il palmo della mano sulla nuca di Buio, che, in tutta, risposta emise un mugolio dal profondo della gola.
L’aquila e il corvo avevano trovato un trespolo sulla lunga coda del drago di Keria, mentre il serpente di Seila era scomparso tra le gambe del divano.
Era passata più di un’ora da quando i suoi compagni erano usciti dalla stanza. Non potevano essere stati scoperti, era un lavoro troppo semplice perché ci fossero dei problemi.
E se Salema avesse fatto resistenza? Oppure una delle guardie poteva averli intercettati.

La porta si aprì un poco, silenziosa, ma non abbastanza. Il suono dei cardini sembrò riempire il corridoio deserto.
Nessuno osò muoversi, finché il viso di Mea non comparve nel cono di luce che gettava la lampada appesa al soffitto della sala.
L’aria parve improvvisamente farsi più leggera tra quelle pareti di pietra.
Le labbra di Nirghe si incresparono in un sorriso di sollievo, mentre riponeva la lama che oramai scintillava nel suo fodero. – Bene. – disse poi alzandosi – Non credo che rimanere ancora svegli sia una buona idea, io vado nella mia stanza. Ci vediamo domattina, pronti a partire da questa città. –
Il gatto si stirò la schiena sul dorso del drago, per poi saltare a terra e seguire il suo compagno oltre la porta che li avrebbe condotti nella stanza da letto che era stata loro assegnata.
Fecero il loro ingresso nell’atrio comune anche Jasno e Seila, guardandosi intorno, come se non sapessero chi ci fosse realmente ad aspettarli in quella sala.
Hile scrollò delicatamente la spalla dell’arciere, che in tutta risposta sollevò di qualche centimetro la fronte dal bracciolo, aprendo un occhio quel tanto che bastava per capire cosa stesse succedendo.
- Allora? – disse il Lupo alzandosi dal suo posto.
- Tutto fatto. Facile e pulito, come avevamo previsto. – gli rispose la mezzelfa.
- Bene. Vanenir ne sarà felice. – le rispose Keria sedendosi meglio.
- Già… sicuramente. – borbottò Jasno, che con passo leggero si stava dirigendo verso la sua camera da letto.
Il gruppo si congedò velocemente, ognuno perso nei suoi pensieri, lasciando l’atrio vuoto e silenzioso mentre la fioca luce della fiammella morente della lampada andava spegnendosi.

Angolo dell'autore:
Niente paura, non sarà un angolo come quello del capitolo scorso.
Volevo solo avvertirvi che questo capitolo non mi ha convinto per niente. Volevo dargli un'atmosfera particolare, quasi di un sogno, vista la facilità con cui sono arrivati al loro obbiettivo, ma il risultato finale mi ha lasciato l'amaro in bocca. A freddo, poi, ci darò sicuramente una ripassata e vedrò di sistemare questa cosa che ho creato.
Più nel breve periodo ho deciso di pubblicare un'altro capitolo prima di venerdì prossimo, così da finire il prima possibile questa saga che, nonostante contenga alcuni dei capitoli che più mi è piaciuto scrivere (33.5, 32), non mi ha convinto fino in fondo. Mi pare quasi di essere tornato alla microsaga dell'Oasi degli Uomini Pesce, per chi ha letto anche l'altra storia.
Bene, ogni tanto date un'occhio al mio profilo perchè sicuramente tra domenica e lunedì comparirà il capitolo 35.
Vi lascio con una domanda, secondo voi, come farò a sopravvivere con il Viandante in poltiglia per ben tre anni?
Alla prossima.
Vago 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Vago