Crossover
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Autore: Ash Visconti    04/11/2016    4 recensioni
Europa, inizi del secolo XI: in pieno medioevo due cavalieri d’oro, Crysos dei Pesci e Acubens del Cancro indagano su alcune attività sospette di cavalieri rinnegati, ma ben presto si troveranno coinvolti in un’avventura che coinvolgerà loro e il misterioso Regno Argentato ed il Regno Dorato.
Crossover tra Saint Seiya - I Cavalieri dello Zodiaco e Sailor Moon. Nota AU inserita per il fatto che due universi condividono lo stesso universo.
Da un'idea originale di Suikotsu autore qui su EFP. La storia è da considerarsi in continuity con la sua fic "Le guerre degli dei". Non è necessario aver letto le sue fic per comprendere questa fic.
AVVISO: STORIA PER IL MOMENTO INTERROTTA.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Capitolo 7 - Sulle ali dell'avventura



Acubens si svegliò di buon mattino, nella camera per gli ospiti gentilmente fornitagli.
La stanza era spaziosa e dotata di ogni comodità. Niente di paragonabile ai castelli della Europa o al palazzo dell’imperatore di Costantinopoli.
“I ricchi questo lusso se lo sognano!” dichiarò il cavaliere del Cancro tutto contento.
Un servitore gli portò la colazione, costituita da pane e frutta. Lo avvertì inoltre che qualcuno sarebbe arrivato per portalo dal Principe il quale lo avrebbe accompagnato dal re.
Acubens annuì, mangiò con appetito e finito di sistemarsi, con un cenno ordinò all’armatura di disporsi sul suo corpo e poi uscì dalla camera.
Nel corridoio del palazzo ammirò gli stucchi alle pareti, quando un fruscio ai suoi piedi attirò la sua attenzione: un bel gattone grigio con qualche chilo di troppo lo stava osservando con gli occhi gialli.
“Ehi, ciao micio”. Inginocchiatosi gli tese la mano che il felino annusò. “Ti danno solo lardo e trippa qui?”
Un rumore di passi gli fece alzare lo sguardo. Due servette bionde erano arrivate sul posto e lo stavano guardando un po’ esitanti.
Acubens fece un sorriso accattivante pere sciogliere la tensione e chiese “Cercate qualcosa dolcezze?”
“Ehm, beh sì, signore. Cerchiamo quello” fece un timidamente ed indicando il gatto.
“Ah, cercavate un fuggiasco”.
Si spostò per consentire ad un loro di prenderlo in braccio.
“Come si chiama questo bel gattone?”
“Solaire”. Spiegò quella che lo aveva in braccio. “E’ il gatto della padrona Beryl”.
“Immagino che se la passi bene!”
“Oh sì, trova sempre ogni ben di Dio”.
Acubens pensò che quello era un gatto davvero fortunato: in Europa infatti non si allevavano gatti che vivevano allo stato selvatico.
Nessuno nell’Europa cristiana avrebbe mai allevato un gatto: i felini erano considerati simboli della sfortuna e del male. Non per niente i gatti erano i fidati compagni di maligne streghe o animali del diavolo. Se poi i gatti erano neri era anche peggio per i poveri felini.
Eppur sembravano essersi dimenticati che erano utilissimi per dare la caccia ai topi nei granai.
Acubens il mese scorso aveva visto coi suoi occhi che nella notte di San Giovanni, nelle piazze, venire bruciati vivi centinaia di gatti rinchiusi in ceste assieme alle donne accusate di stregoneria. 
Fortunatamente al Grande Tempio non si seguivano sciocche superstizioni.
Osservando attentamente le due biondine, notò che erano molto carine.
“Sentite dolcezze, ditemi una cosa: vi interessa un uomo come me?”
Le due lo guardarono perplesse.
“Mi scusi, signore, ma non è il caso…”
“Via, via, smettetela di darmi del “signore” e piantamola con tutta questa formalità, io ho calli sulle mani, ho origini umili. Non sono un nobile e non mi interessa esserlo, quindi lasciamo stare inutili formalità, d’accordo?”
“D’accordo” aggiunsero le due.
“Allora tornando a prima: ci stareste con uno come me?”
Le due si scambiarono un’occhiata poi una disse:
“Mi scusi, ma lei, a dir la verità, non è bello!”
“Giusto, sorella, è più bello Lord Kunzite!”
“Veramente pensavo a Nephrite”.
“Ma secondo me…”
“Va bene, va bene, ho capito!” tagliò corto il cavaliere. “Allora non doveva arrivare qualcuno che mi portava dal Principe?”
“Scusate!”
Un giovane biondo si avviava verso di loro.
“Mi chiamo Jadeite, sono una delle guardie del corpo del Principe, vi porterò da lui”.
“Bene, bene, andiamo”.
Avviandosi assieme al giovane lungo i corridoi, Acubens rifletteva stizzito.
Io brutto! Io! Ma se una tipa di Rodorio ha detto che avevo un sguardo da cucciolo che conquistava le ragazze, bah! Certo, non sono bello come il mio fratellino, ma brutto! Andiamo! Scommetto che se qui c’era Crysos le ragazzine di questo luogo stavano a miagolargli dietro! O cercavano di infilarsi nel suo letto mentre dormiva… A me questo non è mai successo. Beh, neanche a mio fratello è successo, a dir la verità…
I due, in silenzio, giunsero davanti alla porta d’una stanza dove vi era il Principe Endymion che parlava con una persona.
Si trattavate d’una donna di statura media, vestita con un lungo abito blu scuro. Non si capì che volto avesse in quanto esso per coperto da un lungo velo nero. Si distingueva la forma ovale del viso, i capelli neri raccolti in crocchia sulla testa e dalla voce il Cancro capì che era una donna matura.
“Principe” fece Jadeite.
“Ah, così è lui il famoso forestiero” disse la donna.
“Straniero ti presento mi madre” disse il Principe.
“Oh!” Acubens fece subito un riferito inchino. “I miei omaggi Regina!”
La Regina fissò il Cavaliere d’Oro. “Mio figlio m’ha detto che partirai quest’oggi verso Oriente con mio marito”.
“Così è, mia signora, ma non inquietatevi: vostro marito tornerà tutto intero entro pochi ” rispose Acubens con cortesia.
La donna annuì, poi si rivolse al figlio:
“Porta i miei saluti a tuo padre”.
E fece per avviarsi.
“Non andate a salutare di persona vostro marito?” chiese il Cancro.
Stranamente alla domanda calò un silenzio imbarazzante.
“Li porterà mio figlio. Ora se volete scusarmi…”
“Certo madre, andiamo”.
La donna entrò nelle sue stanze ed gli altri camminarono per il corridoio
Camminando al fianco del Principe in silenzio, Acubens rifletté sullo strano atteggiamento della donna, inoltre si chiese perché la madre del Principe nascondeva il viso dietro un velo. La curiosità era forte ma non voleva essere offensivo con commenti indiscreti.
Endymion parve intuire i suoi pensieri e per questo disse:
“Se ti stai chiedendo perché mia madre nasconde il volto è… per vergogna”.
“Vergogna?”
Cioè si vergognava così tanto della sua faccia?
Con un sospiro Endymion fu più chiaro: “Quando ero bambino vi fu un’epidemia di vaiolo nel regno, ma fortunatamente fu breve e circoscritta. Io non mi ammalai e nemmeno mio padre… Mia madre sì. Sopravisse, ma beh… non so se lo sai ma chi guarisce dal vaiolo ha la faccia sfigurata dalle pustole”.
Il Cavaliere del Cancro annuì.
“Era una bella donna mia madre, ma… ora è ridotta così”. Chinò la testa molto dispiaciuto. “E’ una vergogna per lei, mostrarsi conciata così in pubblico, e come potrebbe non esserlo? Per questo non si fa veder quasi mai fuori dai suoi appartamenti. Poverina! E probabilmente è per questo che i rapporti tra lei e mio padre sono così… freddi”.
Acubens provò un po’ di dispiacere per la donna, ma pensò che il marito della donna fosse abbastanza ingiusto a fare finta che la moglie non esistesse. Tuttavia un dubbio gli venne in mente: il vaiolo non era da prendere alla leggera: era un rovina per gli abitanti sia di un villaggio che di una città…
“Scusate, Principe, ma i vaiolosi sono tutti guariti? Non vi sono stati decessi?”
“Solo alcuni anziani di salute cagionevole”.
Tutto qui? Non era successa una strage?
Vedendo il suo stupore Endymion spiegò: “Vedi la nostra medicina è molto più evoluta di quella degli altri popoli. Non sappiamo come sia esattamente la civiltà ad occidente od ad oriente del nostro regno, ma quel poco visto non ci piace. Qualunque cosa buona vi sia là fuori, qui è dieci volte meglio!” dichiarò con orgoglio. “Ci sono famiglie meno di ricche di altre questo sì, ma nessuno mendica, tutti hanno di che sufficiente per sopravvivere. Siamo puliti ed in ottima salute. Abbiamo opere d’arte meravigliose, ed il nostro livello di intellettualità è eccellente. Siamo felici e soddisfatti della nostra esistenza”.
“Rinnovo i complimenti, principe, invero il vostro è un regno da sogno degno delle più belle fiabe!” sorrise il cavaliere. “Ed una volta sistemata questa sciocchezzuola, tornerete alla vita spensierata di prima!”
Avrebbe voluto dargli un pacca sulla spalla ma si trattenne per rispetto del rango sociale. Il Principe invece fu colto nell’animo da una riflessione: la vita lì era spensierata? Non proprio… In realtà un pensiero ogni tanto rattristava nell’animo molti abitanti…
Perché gli esseri umani sono così caduci?
 
 
“E’ una pessima idea”
“Conosco i rischi, amico mio”.
Al cortile del palazzo Re Endymion e Gabriel discutevano animatamente.
“Non possiamo fidarci di costui. E se fosse in realtà dalla parte di quel criminale e dei suoi complici? Forse è lui stesso un complice! Non possiamo saperlo!”
“Ovvio”ribatté il re. Indossava semplici abiti da viaggi e portava un borsa da viaggi a tracolla. “Ma che alternativa abbiamo? E poi costui dice di essere un guerriero appartenente ad un ordine guerriero fondato da Atena stessa. Atena è sempre stata una Dea giusta e saggia, non è mica una mela marcia dell’Olimpo! Ricordati che la famiglia reale del Regno Dorato discende da un semidio figlio del Re dell’Olimpo. Ed il Re dell’Olimpo non è forse il padre degli Dei di quel monte?”
“Escludendo i fratelli e le sorelle di Zeus”.
“Se Atena è figlia di Zeus, allora non vi è niente da temere: le leggende li descrivono come individui giusti e saggi”.
“Descrivono anche Zeus come uno spargi bastardi, sai?”
“Non li hanno descritti come perfetti. Ah, ecco il nostro cavaliere!”
Dalla grande porta del palazzo uscì dal per l’appunto il Cavaliere d’Oro del Cancro seguito dal Principe e dal quattro guardie.
“Saluti Maestà!” disse il cavaliere facendo un piccolo inchino. “Siete pronto alla partenza?”
“Sì. Allora questo tuo fantastico mezzo veloce?”
“Lo vedrete tra poco. Andiamo fuori dalla città”.
Il gruppo decise di seguirlo all’esterno ed una volta fuori, nella campagna che circondava la città, il Re ripeté: “Allora Cavaliere come viaggiamo?”
“Ora vedrete!” esclamò questo cono orgoglio. Nella mano destra mostrò di brandire un fischietto di legno. Lo portò alle labbra e trasse un lungo fischio lamentoso non particolarmente forte.
“Chi stai cercando di chiamare?”
“Pazienza, Vostrà Maestà, lo vedrete”.
Attesero per un po’ ma non accadde nulla.
Scrutando le nuvole Acubens borbottò: “Forse è un po’ lontano!”
Trasse un secondo lungo fischio ed attese.
Anche gli altri attesero un po’ spazientiti, finché Zoisite, dopo aver atteso a braccia incrociate, esclamò:
“Ehi amico, si può sapere cosa stiamo aspettando?”
Acubens non rispose, limitandosi a scrutare l’aria, poi con un sorriso gridò: “Eccolo!”
Tutti seguirono il suo sguardo e poterono vedere un puntino nero tra le nuvole scendere a grande velocità verso di loro.
Il puntino diventò sempre più grande permettendogli di distinguere zampe ed ali ma prima ancora che gli occhi lo potessero inquadrare perfettamente, esso atterrò con un forte tonfo davanti al cavaliere, impennandosi sulle zampe posteriori e producendo un forte vento col battito delle ali piumate.
La creatura tirò indietro il capo e gracchiò.
Tutti poterono vedere che si trattava di un grande quadrupede poco pi grande d’un cavallo. Il corpo era quello d’un cavallo, dalla pelle grigio-bianca, ed aveva un lunga coda da cavallo e forti zoccoli alle zampe posteriori. Ma per il resto non sembrava affatto un equino: le zampe anteriori erano grandi zampe da uccello, con lunghi e robusti artigli, mentre la testa era quella di una grande aquila dal becco affilato.
Due grandi ali bianche piumate spuntavano dalle spalle e completavano il quadro.
La creatura, atterrata al suolo gracchiò fieramente, scuotendo la testa.
Tutti rimasero sorpresi da quella visione.
Jadeite strabuzzò così tanto gli occhi per lo stupore che Zoisite credette che gli stessero per uscire veramente dal cranio.
“In nome di… Ma che cos’è quest’affare?” esclamò.
Acubens accarezzò il collo piumato della creatura.
“Questo “affare” è un ippogrifo, e ti consiglio caldamente di non insultarlo; è molto orgoglioso ed insultarlo potrebbe essere l’ultima cosa che fai nella vita”.
Passato lo stupore tutti lo fissarono con attenzione, cosa che fu ricambiata dalla creatura che puntò lo sguardo su di loro.
“Somiglia ad un grifone” disse Kunzite, “ma la parte del corpo che dovrebbe esser quella di un leone è sostituta da quella di un cavallo…”
“Infatti “ippogrifo” vuol dire “cavallo-grifone” in greco, più o meno” spiegò il Cancro.
“E’ tuo?” chiese Gabriel meravigliato facendo un domanda un po’ ovvia.
“Sì. Lo trovai sulle montagne intorno al Grande Tempio quando ero solo un’apprendista. E’ stato difficile all’inizio addomesticarlo, ma nel giro di qualche mese ho conquistato la sua fiducia.”
Lo fissò con orgoglio.
“Creature affascinanti, nevvero? Sono incredibilmente veloci quando viaggiano in volo, ecco perché c’ho messo poco tempo ad arrivare qui non appena ho saputo della possibile locazione di questo posto. Forse questo esemplare è l’ultimo della sua specie ma chissà, ne potremmo trovare altri!”
Batté le mani sfregandosele soddisfatto.
“Bene! Vostra Maestà siete pronto a volare?”
Non giunse inizialmente risposta dall’altra parte, ma alla fine il re annuì. “Sì, sono pronto”.
“Sire…” obbiettò Gabriel.
“Ho rischiato varie volte la vita e la mia buona stella non mi ha mai lasciato. So difendermi, ricordati di cosa possiedo”.
“Ehm, ehm, chiariamo una cosa signori!” Acubens attirò di nuovo l’attenzione su di sé. “So che non vi fidate di me, e sapete una cosa: fate bene a non fidarvi di me. Vorrei ripetere fino allo sfinimento che io sono bello bravo ed intelligente e che potete fidarvi assolutamente di me, ma nell’animo vostro avrete sempre riserve verso di me. Ma direi che non avete alternative no ?”
“Hai parlato bene uomo, ma io voglio darti fiducia. Se sei veramente un uomo d’onore non tradirla”.
“Possa Atena maledire la mia anima perr l’eternità, allora”.
“E bada anche alla nostra vendetta, cavaliere” lo avvertì Gabriel.
“Intesi, allora, andiamo?”
Ad un commando di Acubens l’ippogrifo si accovacciò in modo che fosse facile salirgli in groppa. Il Cancro salì per primo ed aiutò poi il Re.
“Non tirategli le piume non gli piace per niente” lo avvertì.
Un volta che si furono sistemati Acubens afferrò le briglie e dichiarò:
“Bene ed ora voliamo sulle ali di quell’intrigante cosa chiamata Avventura!”
Il Re rivolse un ultimo saluto al suo erede.
“Buona fortuna figliolo!”
Poi al grido del cavaliere d’oro il grande ippogrifo, cominciò a correre battendo le ali e dopo un paio di balzi si alzò nel cielo librandosi in aria.
Per il Re fu una sensazione straordinaria: provava paura ma anche eccitazione ma avrebbe rifatto un simile esperienza ed anche se il Cavaliere del Cancro era davvero un losco figuro gli stava comunque facendo provare qualcosa di straordinario.
A Terra il Principe del Regno Dorato mormorò: “Torna presto, padre!”




Nota:
Nel capitolo precedente avevo detto che col re sarebbe partito anche Gabriel, ma mentre scrivevo il capitolo mi sono accorto che tre su un ippogrifo era un po' troppo, così qui è partito solo il re.
Ovviamente ho modificato il testo del capitolo precedente per adattarlo a questa cosa.
   
 
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