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Autore: Marra Superwholocked    05/11/2016    1 recensioni
Crossover tra P!ATD e Supernatural ("Il demone che voleva diventare cantante" e "Take a chance on me") nonché sequel delle mie ff citate in parentesi.
(Undicesima stagione)
Lucifero è alla ricerca di un nuovo tramite, presumibilmente per vendetta, ecco perché Crowley, il Re, deve temporaneamente lasciare il Trono. Chiederà dunque aiuto a due persone ...speciali, senza aspettarsi che dalla loro collaborazione possa nascere quel qualcosa che chiamiamo Amore.
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Brendon Urie
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Annabeth, la saga'
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Chapter Four
That damn piano


Silenzio. C'era solo silenzio. Spezzato da qualche urla delle anime più vicine alla Sala del Trono. E da Brendon che sgranocchiava noccioline confettate seduto con le gambe incrociate mentre fissava Annabeth controllare i Registri.
«E così tu sei la figlia del Re» commentò serio in volto. Poi mutò e sorrise. «Una principessa!»
Annabeth sbuffò scherzosa; fortunatamente non le era difficle marcare l'ipocrisia. «Oh, ti prego! Non chiamarmi così» rise. «Sono solo Annabeth, una cacciatrice di taglie che... si è presa una pausa» disse per rimettere poi il naso tra le righe del Registro numero quattrocentoventiquattro.
«Va bene.» Brendon mise da parte il sacchetto di schifezze e si strinse le ginocchia al petto, studiandola in silenzio.
Annabeth rimase a guardare il Registro, tuttavia si sentiva osservata. Con la faccia sempre rivolta ai dati delle torture, lo guardò accigliata. «Cos'hai?» gli chiese preoccupata. Già cercava di ricordare dove avesse messo la sua ascia.
Ma Brendon si lasciò andare. Le lanciò un sorriso così innocente da togliere il fiato a chiunque. Per un attimo Annabeth pensò a quanto fosse bello e affascinante. Un attimo prima sembrava misterioso e un micidiale serial killer, quello dopo era dolce e quasi umano. Eppure suo padre gli aveva detto che, secoli prima, Brendon era il migliore torturatore che l'Inferno vantasse di avere.
«Mi piace guardarti!» Brendon stirò le gambe per non farle formicolare. «Be', mi piace guardare un po' tutti, a dire il vero.» Poi si alzò finalmente in piedi e, scattante, raggiunse la sedia vicina al Trono su cui era seduta Annabeth e ancorò le proprie mani ai braccioli della sedia, bloccando Annabeth, la quale si mise sull'attenti subitamente. Ma le intenzioni di Brendon non erano cattive: cercò fulmineo la sua bocca e la baciò. Durò solo un istante, il tempo fugace di un bacio sulle labbra, asciutto, pulito e senza peccato, nonostante il sangue che scorreva nelle loro vene.
Annabeth ne rimase sconvolta, per poco non le cadde il Registro dalle mani. Avvertì il suo respiro strozzato e solo allora sbattè le palpebre.
Brendon si era staccato dalla sedia e ora camminava lentamente dandole le spalle. «Mhm...»
La ragazza chiuse poi il Registro e lo posò a terra. Lo sguardo le scappò sul fondoschiena di Brendon, sodo e perfetto. Scosse la testa, con fare confuso. Concentrati, stupida! si disse massaggiandosi le tempie; fece quindi per riprendere il volume di pergamene ammuffite, ma qualcosa, un suono lontano attirò la sua attenzione. Era musica. Note alte, ora basse, melodia frenetica e cupa. Pausa ad effetto ed ecco che il tocco ritmato tornava e così le note che sembravano danzare in quel regno di matti. Nessuna voce, ma Annabeth si accorse della scomparsa di Brendon.
Come un grillo, la cacciatrice di taglie si alzò dalla sedia e, ancora un poco scossa, seguì la scia di musica come attirata da una calamita. Percorse non molta strada quando capì che la stanza da cui proveniva quella meravigliosa musica era la sala d'attesa in cui lei e Brendon si erano conosciuti.
«Annabeth» disse Brendon vedendola entrare un po' confusa.
Lei indicò il pianoforte al centro della stanza. Lucido, splendido, quasi sovrannaturale. «Come ci è entrato qui?!» esclamò confusa. «Prima non c'era!»
«Shhh» la zittì suonando note che lei conosceva benissimo. «I'm so tired of being here
«Suppressed by all my childish fears
«And if you have to leave
«I wish that you would just leave
«'Cause your presence still lingers here
«And it won't leave me alone...»
Era la prima strofa di My Immortal che, cantata da Brendon, sembrava ancora più struggente e stranamente paradisiaca. Appena Brendon aveva iniziato a cantarla, Annabeth aveva avvertito un formicolio che, dalla nuca, corse veloce su tutta la colonna vertebrale; le sembrò di volare, voleva piangere, crollare a terra, ma no, non poteva: doveva tenerlo d'occhio, non si fidava. Eppure la sua voce era così... Ipnotizzante...
Annabeth si ritrovò ad arricciarsi una ciocca di capelli mentre Brendon suonava le note tra la prima strofa e la seconda. La guardava. Sembrava giù di morale. E proprio quando la magia stava raggiungendo il livello massimo, Brendon abbandonò le mani sui tasti.
«Be'?» Annabeth finse dispiacere. «Perché hai smesso?»
Ma lui non sembrava molto propenso a risponderle. Continuava a guardare le sue mani.
«Brendon, cosa c'è che non va?»
Dopo un lungo sospiro, Brendon si alzò e camminò nella direzione di Annabeth, andandole incontro. Deglutì, una piccola nota di imbarazzo sulla sua faccia da sberle, poi alzò lo sguardo negli occhi di lei. Un Brendon così serio non si era mai visto. «Annabeth, scusami per prima» disse con un sorriso sghembo e guardando di nuovo in basso. «E...» Accennò ad un proseguimento, ma ci ripensò. Le sorrise e fece per andarsene. Che stupido, che era!
Annabeth, tuttavia, lo afferrò per un braccio, il sinistro, quello tatuato. «E?»
«Non so come dimostrarti che sono sincero, ecco. Speravo che cantare avrebbe risolto, ma credo di aver scelto la canzone sbagliata...» Non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo nemmeno un secondo. «Lasciare la musica, i fan, riprendere la mia vecchia vita sapendo che non sarà mai più nulla come prima è...»
«Stressante. Lo so» finì Annabeth. Ma nemmeno allora lei vide chi Brendon era davvero.
Lui sorrise di nuovo, ora più fragile e scoperto, per nulla pentito. Si riprese il controllo del braccio e uscì dalla sala lasciando Annabeth da sola.
Da sola a contemplare il ricordo di una musica accompagnata da una voce profonda e sensuale. Si toccò il petto: qualcosa scalpitava al suo interno. Era il suo cuore, ne era certa, era come se esso avesse avuto un sussulto, come se avesse voluto dirle È lui!

   
 
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