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Autore: BlueOneechan    05/11/2016    1 recensioni
Credevano che l’arrivo di un bambino non avrebbe influenzato i loro destini, che sarebbero restati insieme per sempre. Ma sono già passati otto anni da quando Haruka è rimasto solo col piccolo Sakura.
Il tempo passa, ma il ricordo di Rin è ancora vivo.
Così come le ferite.
[HaruRin / Sakura Nanase/ Mpreg]
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Haruka Nanase, Nuovo personaggio, Rin Matsuoka
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!
Capitoli:
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Note dell’autrice:

Stavolta ho tardato molto a pubblicare un nuovo capitolo, e il motivo è semplice: mi sono dedicata a fare un disegno che mi ha preso troppo tempo. L’immagine si collega al capitolo 4 di questa storia, la scena dove Rin e Haruka dipingono la stanza di Sakura. Per vedere il disegno inserite questo link di Pixiv:

www.pixiv.net/member_illust.php?mode=medium&illust_id=48343162

Inoltre, devo ringraziare ognuno di voi lettori. Sono particolarmente grata a coloro che hanno contribuito con alcuni messaggi per incoraggiarmi, sollevando i loro dubbi o arricchendo la storia. Ho inviato un messaggio privato di ringraziamento agli utenti registrati, ma devo ringraziare anche coloro che non posseggono un account in questo sito ma hanno lasciato lo stesso un messaggio: nana chan, Free, Alice, laodisea, SakuraKiss, zero, Macka, anche Liliana che mi ha scritto su Facebook ma non conosco il suo nome utente e MiraKo che sta traducendo questa FanFic (spero abbia successo nel suo progetto), grazie mille!

Infine, il disegno che ho realizzato con molto amore per chi segue la mia fic, spero vi piaccia.

Godetevi la lettura.

Note della traduttrice
Eccoci giunti al quinto capitolo. Prima di tutto voglio ringraziare BlueOneechan per avermi citato nei ringraziamenti del capitolo originale. Piano piano sto ottenendo buoni risultati col mio progetto e presto gliene farò partecipe (spero apprezzi). Inoltre ne approfitto per ringraziare Sasha98: sono un'autodidatta di spagnolo e sapere da parte di una prolifica e simpatica scrittrice che perdipiù studia al linguistico di aver fatto un buon lavoro mi ha emozionato. Comunque sappi: sono sempre aperta a un confronto (futuro betaggio) della mia traduzione di Cuando Lluevan Estrellas.

 

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QUANDO PIOVONO LE STELLE

CAPITOLO 5

 

La prima mattina di dicembre iniziò con vento freddo e un manto grigio che lentamente coprì il cielo. Le previsioni del tempo alla televisione avevano annunciato che le piogge sarebbero arrivate nel pomeriggio, così i piccoli porti di Iwatobi già si stavano preparando in caso di tempesta.

—Abbiamo tanti canali televisivi e tu preferisci vedere questa rete locale senza nulla di interessante —commentò Gou scherzosa da un lato della sala, mentre metteva alcuni oggetti personali nella sua borsa da lavoro.

—Sei pronta? —chiese Rin con calma, anche se questo tono annoiato era diventato così comune in lui.

—Tra un minuto! —disse energica allontanandosi in fondo al corridoio.

Rin era di nuovo in solitudine con solo il suono della televisione come compagnia.

Guardò per un attimo il telegiornale, c’era la stessa giornalista che continuava a parlare della situazione del porto. Prese il telecomando e cambiò canale facendo zapping; notizie internazionali, gare sportive, un programma di cucina, un documentario sugli animali...

Rin sospirò annoiato. Da qualche tempo non c’era nulla di interessante alla TV. Non ne è mai stato un appassionato, ma quando era più giovane gli piacevano i canali sportivi e musicali. Adesso non lo attirava nulla, non aveva alcun interesse né niente gli causava curiosità.

Lo stesso si applicava ad altri aspetti della sua vita.

Ricordava quando anni fa passava i suoi giorni liberi sollevando pesi e correndo per esercitarsi, o girando per centri commerciali quando voleva. Adesso non faceva nulla di questo, semplicemente passava i giorni ad Iwatobi seduto insieme alla propria solitudine cercando di dimenticare i ricordi amari, ammirando le nuvole grigie d’autunno e chiedendosi quando diavolo uscirà il sole.

—Sono pronta! —annunciò Gou dalla porta, indossando un impermeabile e portando con sé un ombrello. Prese la borsa che sempre portava al lavoro e la posò sulla spalla.

Uscendo di casa il vento la colpì bruscamente scompigliando i suoi capelli rossi da un lato. Sembrava che la pioggia iniziasse prima del pomeriggio. Presero l'auto, Rin sempre al volante per accompagnare sua sorella all’ospedale.

Era passata una settimana da che il giovane era tornato a casa di sua madre.I primi giorni erano stati un po’ tesi, prodotto dal ritrovarsi con la città che l’aveva visto crescere e tutti i ricordi che gli venivano in mente, ma ora si sentiva più a suo agio. La signora Matsuoka e Gou erano molto gentili e si preoccupavano per lui, gli dimostravano il loro amore in ogni istante, non lo giudicavano e non gli facevano domande che potevano turbarlo, anzi lo capivano e gli davano l’appoggio incondizionato di una madre e di una sorella, rispettivamente.

Ma, Rin era consapevole che le cose non potevano durare così in eterno. Anche se entrambe le donne insistevano che non doveva preoccuparsi di problemi di denaro, Rin non sopportava di continuare a vivere ancora a lungo a spese della madre e della sorella.

—Stavo pensando che dovrei trovare un lavoro —dichiarò all’improvviso, tenendo le mani sul volante.

—Eh? Fratello, sai che non è necessario.

—È necessario —la corresse Rin, pacifico—. Non sono tornato a casa per essere un peso né un parassita tuo o di mamma.

—Ma non lo sei! —aggiunse subito Gou— Mamma e io siamo felici di riaverti. Sappiamo che tutto questo è stato molto difficile per te, è per questo che non vogliamo farti alcuna pressione. Ma, avere un lavoro non è una cattiva idea se prendi in considerazione che può tenerti la mente distratta.

Rin osservò brevemente l’amabile sorriso di sua sorella, poi restò in silenzio e tornò a mettere gli occhi sulla strada. Aveva ragione, con un lavoro teneva lontani i cattivi pensieri che lo affliggevano. Era lo stesso che era abituato a fare in Australia, aiutava Russell con la sua attività ogni giorno e così richiudeva nell’oblio tutti quei ricordi dolorosi.

—Troverò un lavoro. Ho deciso.

Prese la curva che portava alla costa di Uradome e poi avanzarono verso l’immensa spiaggia. In lontananza si notavano alcuni pescherecci che si dirigevano verso il porto per proteggersi dalle future piogge pomeridiane. Il tempo stava peggiorando.

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Di solito, i banchi dell’aula di seconda elementare erano disposti seguendo una fila perfetta. Il posto della piccola Sora Minami era accanto a una delle sue compagne di classe più vicino. Anche se entrambe erano bambine responsabili e si sforzavano nel prestare attenzione alla maestra, molte volte le era impossibile concentrarsi a causa del mormorio che sempre sentivano alle loro spalle. Dietro di loro c’erano i posti di Sakura e Aiko, che per nessun morivo chiudevano le loro bocche per smettere di parlare, in particolare Sakura. Solo quando la maestra li scopriva e li sgridava, i bambini restavano in silenzio per un attimo, ma dopo un po’ ritornavano a parlare.

Ma, c’erano occasioni in cui i banchi venivano disposti in modo diverso, in gruppi di quattro o sei alunni. In questo modo, il banco di Sora si trovava di fronte a quello della sua amica, ma allo stesso tempo affianco c’era quello di un chiassoso Sakura, che adesso doveva alzare un po’ di più la voce per parlare con Aiko, che era di fronte a lui.

—…Sono sicuro che i tuoi genitori diranno di sì —disse Sakura sorridendo, senza alcuna intenzione di fare il suo compito.

—Non è questo, non voglio andarci. Non mi interessa —rispose Aiko con voce annoiata, tracciando linee a caso sul suo quaderno in bianco.

—L’allenatore Sasabe ti accetterà, è una bravissima persona —rispose Sakura, ignorando le parole dell’amico—. Guarda, io vado al club tutti i giorni, ma tu puoi venire il martedì e il giovedì per iniziare.

—Ma-…

—Non ti preoccupare. Ci sono anche altri ragazzi che hanno paura dell’acqua.

—Non ho detto che mi fa paura, è solo che non voglio nuotare —rispose seccato.

—So che lo vuoi —insisté sorridendo.

—Non voglio.

—Vuoi.

—Non voglio, nuotare è noioso! —gridò quelle parole carico di rabbia, destando con esse l’ira di Sakura.

—Cosa hai detto?! —gridò indignato alzandosi dalla sedia— Non puoi saperlo se nemmeno ci hai provato!

—Nanase-kun! Che stai facendo? —La voce della maestra concluse il litigio. Le energie di Sakura svanirono del tutto, sentiva il viso diventare rosso di vergogna di fronte allo sguardo di tutti i suoi compagni— Hai finito il compito?

—Ancora no —rispose a voce bassa, la verità era che non aveva scritto nulla sul suo quaderno. La maestra ritornò ad occuparsi dei suoi affari e il resto della classe tornò alle sue attività. Sakura tornò a sedersi dando uno sguardo d’odio ad Aiko, e allo stesso tempo, ricevendo lo sguardo freddo di Sora—. Che c’è? —domandò infastidito guardando la ragazza che era al suo fianco.

—Fa’ silenzio, ok? —gli chiese con un sorriso forzato.

Si, Sakura si rivelava essere davvero problematico.

Il giorno di scuola passò lento. I bambini poterono uscire in cortile solo durante le prime ore della giornata, ma poi, quando il vento gelido si fece più persistente, i maestri decisero di chiudere le porte per l’esterno.

Le prime gocce iniziarono a cadere dopo il pranzo, perciò Sakura le osservò affascinato all’interno dell’aula. Stavolta non insiste col suo amico per uscire a correre sotto la pioggia. L’ultima volta aveva ricevuto una bella ramanzina da parte di Haruka che gli aveva anche vietato di andare al club a nuotare, in più Aiko era stato sgridato da sua madre e aveva preso un raffreddore. Questa volta non si sarebbe ripetuto.

Quando le lezioni terminarono, Sakura indossò il suo solito cappello e uscì correndo dall’aula insieme a Aiko, sfidandosi a chi arrivava primo all’uscita di scuola; ovviamente, la discussione della mattina era stata dimenticata. La madre di Aiko aspettava sorridente fuori dall’edificio, con un ombrello alzato sopra la testa e un altro paio che pendevano dalla sua mano.

—Le lezioni all’Iwatobi SC Returns no si sospendono nemmeno nei giorni di pioggia —commentò la signora Aihara appena furono vicino all’autobus.

—È una piscina con acqua temperata, perciò si può usare tutto l’anno —spiegò Sakura.

—Sei molto interessato al nuoto, Sakura-kun. Suppongo provenga dai tuoi geni —sorrise la donna —. Nanase-kun fu una persona molto famosa nei suoi giorni come nuotatore professionista. In quegli anni mio marito e io non eravamo fidanzati, ed eravamo abituati a tifarlo in televisione quando partecipava alle gare internazionali.

—Papà ha girato tutto il mondo e ha vinto molti premi —esclamò con orgoglio.

—È così, lui e l’altro ragazzo. Il suo nome era Matsu-... —restò un momento in silenzio, mentre cominciava a vagare tra le preziose immagini che apparivano nella sua testa, ma lei sapeva che c’erano certe cose che non potevano essere nominate— Matsuda Rintaro, credo. Ah, mi dispiace, sono una frana coi nomi —si scusò con un sorriso falso—. Be’, lui era sempre insieme a Nanase-kun. Erano una coppia invincibile! Ottenevano il primo posto in tutte le competizioni.

—Sul serio esisteva qualcuno di così grande come il mio papà? —chiese il piccolo emozionatissimo.

—Sí. Ma questo ragazzo abbandonò le gare prima di Nanase-kun, credo che si ammalò gravemente o una cosa del genere. Non ho mai più sentito parlare di lui.

—Papà non mi ha detto nulla di Matsuda Rintaro. Lui evita sempre di parlare del suo passato alle olimpiadi —disse un po’ deluso.

—Be’, Nanase-kun deve avere i suoi motivi —rispose lei stringendosi nelle spalle.

L’ autobus si fermò alla stazione e la signora Aihara coi due bambini scesero in strada, aprendo gli ombrelli e ponendoli sopra le loro teste. La pioggia era aumentata di poco, ma non era ancora abbastanza forte da inquietare le persone che transitavano per le vie. Così camminarono piano verso ovest, dove si trovava la casa di Aiko e anche l’ Iwatobi SC Returns.

E fu qui, con la pioggia scrosciante davanti ai suoi occhi, che Sakura distinse da lontano quella conosciuta testa rossa che talvolta si celava tra gli ombrelli d’altra gente. Non poté evitare di sorridere ampiamente, emozionandosi all’istante, ma Rin era a un isolato di distanza nella direzione opposta a quella in cui stava camminando. Ringhiò quasi in silenzio, sentendosi in trappola per la presenza della madre di Aiko che gli camminava accanto; Sakura sapeva molto bene che la donna non gli avrebbe permesso di stare con un estraneo. Sentendosi profondamente frustrato, continuò il suo tragitto verso l’ Iwatobi SC Returns.

Una volta che arrivarono al club, Sakura restituì l’ombrello alla madre di Aiko, ringraziandola con un bel sorriso sincero. Salutò la donna e l’altro bambino, ed entrò nell’edificio trascinando i piedi. Aveva sentimenti contrastanti, da un lato voleva nuotare, ma dall’altro voleva uscire fuori correndo per cercare Rin. Si fermò all’ingresso, osservando la hall vuota, senza tracce di Goro Sasabe né di nessuno degli altri allenatori che frequentavano il posto, probabilmente tutti erano nel lato della piscina. Sakura era solo, in piedi con la porta alle sua spalle e con un orologio sotto ai suoi occhi che gli indicava che tra un quarto d’ora iniziavano la lezione di nuoto.

—Quindici minuti… —mormorò da solo, pensieroso, poi sorrise entusiasta — Ci vorranno solo quindici minuti.

Senza pensarci due volte, Sakura uscì di corsa dal club. Vide di spalle Aiko e sua madre da lontano, ma prese il cammino opposto al loro. Corse sotto la pioggia sottile, sentendo le goccioline scendere dal viso alle labbra, che abbozzarono un enorme sorriso di entusiasmo e aspettativa Incontrò Rin in un punto vicino a dove lo aveva visto prima, guardando una bacheca appesa al muro di un piccolo negozio. Sentendo le farfalle nello stomaco, decise di avvicinarsi a passi lenti che riflettevano uno strano misto di timidezza e ansietà.

—Ciao —disse Sakura posando entrambe le mani dietro la sua schiena, sentì che le guance gli arrossirono leggermente..

—Ciao —rispose Rin distrattamente senza levare la vista dagli annunci. Ma, prima di sapere dell’insistente presenza del piccolo, voltò lo sguardo per vedere di chi si trattava. Sbatté le palpebre un paio di volte nel vedere quello stalker e i suoi brillanti occhi azzurri—. Questo è un deja vu… —esclamò l’uomo, portandosi una mano in fronte e sospirando rassegnato.

—Non ci vediamo da quattro giorni —disse il piccolo.

—Lo so, ti ricordo perfettamente. Sei apparso dal nulla e hai iniziato a seguirmi.

—È stato divertente, non ho mai seguito qualcuno —rise Sakura—. Oggi ti ho visto da lontano e sono venuto correndo fin qui.

—Sei uno stalker, eh? —chiese Rin alzando un sopracciglio, anche se il bambino scuoté la testa di lato senza capire— In ogni caso, sei completamente bagnato. Vieni qui —gli ordinò allungando il suo ombrello per coprirlo—. Dove stanno i tuoi genitori?

—Al lavoro—rispose avvicinandosi all’uomo—. Tu che ci fai qui?

—Aspetto mia sorella che lavora all’ospedale.

—Ma, l’ospedale sta là —Sakura segnalò un enorme edificio ad alcuni isolati di distanza.

—Lo so, ma sto cercando annunci di offerte di lavoro.

—Perché non hai un lavoro?

—Perché sono tornato da poco a Iwatobi.

—Dov’eri prima?

—Allora sei davvero uno stalker! —esclamò frustrato accigliandosi— Devo portarti di nuovo a casa?

—Non è necessario.

—Perché no?

—Perché tengo le lezioni al club.

—Quale club?

—Ah! Anche tu sei uno stalker! —esclamò con vivacità cacciando una risata.

Rin lo osservò perplesso per un istante, l’aveva risposto per le rime. Abbozzò un piccolo sorriso e diede un paio di colpi sulla testa del piccolo.

—Non è giusto! —disse l’uomo divertito.

Camminarono un paio di isolati insieme, Sakura più vicino a Rin per evitare di bagnarsi con la pioggia. Anche questa era una scusa, perché la verità era che a lui non importava di bagnarsi in quel momento. Il fatto di stare insieme a lui era più importante, il delicato calore che irradiava il suo corpo lo faceva sentire protetto; era un calore immenso che gli riempiva tutto il petto e che poteva sentire solo quando abbracciava Haruka.

D’altro canto Rin, che all’inizio si era sentito un poco a disagio con la repentina presenza del piccolo, adesso si sentiva più a suo agio a camminare con lui. Gli sembrava che Sakura fosse fastidioso, ma non poteva negare che era tremendamente adorabile e che gli provocava una strana sensazione di volerlo avere al suo fianco. Questo, al contempo, lo faceva sentire stupido, che tipo di idiota provava sentimenti per un bambino che aveva visto appena due volte?

—Ti accompagnerò al club, d’accordo? Dimmi dove sta’.

—Sta’ girando per questa via, è l’ Iwatobi SC Returns —rispose Sakura indicando col dito in direzione del club.

—Davvero? Grande! —esclamò Rin i colpo interessato, mentre il piccolo lo osservava con curiosità— Andavo a quel club quando ero bambino!

—Davvero? Grande! —lo seguì Sakura meravigliato, imitandolo di nuovo.

—Aah, ricordo che l’allenatore Sasabe era terribile, ma era un eccellente allenatore. C’è ancora al club?

—Si, è l’allenatore più vecchio. Lui dice che sono il più veloce —rispose con orgoglio.

—Se Sasabe ha detto così, è perché deve esserlo davvero —commentò Rin, il sorriso di Sakura si ingrandì per il complimento.

—Ehi, perché non vieni al club a vedermi nuotare? —chiese esaltato.

—Non posso, devo trovare un lavoro il prima possibile. Ti lascerò al club e tornerò a cercare tra i manifesti degli annunci —rispose pacato, notando in lontananza l’edificio dell’Iwatobi SC Returns.

—Ah, che peccato… Ma sarai ancora qui domani?

—Credo. Devo aspettare mia sorella tutti i giorni —rispose con tono annoiato. Solo dopo fu consapevole delle intenzioni del bambino —. Ehi, non dirmi che verrai a spiarmi anche domani… —dedusse ad occhi socchiusi. Sakura alzò le spalle con un sorriso e un’ espressione innocente sul viso.

Giunsero insieme alle porte del club. Sakura lo salutò affettuosamente, poi entrò correndo nell’edificio, preoccupato perché la lezione stava per iniziare. Rin da fuori, osservava con nostalgia la facciata del club, ripassando nella sua mente i momenti di quando era bambino e entrava correndo insieme a Haruka, Nagisa e Makoto. Erano stati giorni così felici, nuotando insieme a loro e divertendosi nell’acqua, che era impossibile dimenticare la piacevole sensazione che gli provocava al cuore.

Diede un ultimo sguardo al club prima di voltarsi e allontanarsi per le strade sotto la pioggia.

Il giorno dopo, anche se la pioggia si era fatta più abbondante e fragorosa, Sakura si ingegnò per scappare dal club e cercare Rin nei dintorni. Lo trovò fuori dall’ospedale mentre leggeva un giornale, non dubitò ad avvicinarsi a lui. Stavolta, Rin lo salutò amabile, in fondo lo sapeva da prima che lo cercava per raggiungerlo.

E anche se Rin era molto concentrato nel controllare la sezione delle offerte di lavoro, il piccolo Sakura aspettava in silenzio affianco, osservando attentamente ogni movimento da lui eseguito.

—Maledizione… Non c’è nulla! —sbuffò Rin con rabbia, chiudendo di colpo il giornale e mettendolo sotto il braccio.

—Perché hai problemi nel trovare un lavoro? Tutti ne hanno uno.

—Tutti hanno un lavoro perché sono buoni in qualcosa. Io, invece, non sono buono a nulla —disse brontolando. Aprì il suo ombrello e camminò sotto la pioggia, Sakura lo seguì di lato—. Ho passato otto anni sprecando il mio tempo. Avrei dovuto studiare qualcos’altro.

—Non hai finito la scuola? Potresti venire in classe con me.

—Non essere stupido, certo che l’ho finita. Volevo dire… Argh, non ho alcuna spiegazione da darti —rispose infastidito—. Semplicemente, devo trovare un lavoro.

—Sai? Stamattina quando stavo andando a scuola, ho visto alcuni pescatori abbandonare le loro barche al porto. Forse potresti prenderne una e andare a pescare.

Un brivido immediato percorse la schiena di Rin, sentiva la tensione accumularsi nei muscoli. Si bloccò, sentiva l’acqua allargarsi sotto i propri piedi, si voltò verso il bambino per osservarlo con attenzione.

—Non stavano abbandonando le loro barche, le stavano proteggendo dalle piogge —spiegò serio, poi si chinò fino ad arrivare alla sua altezza—. Dimmi una cosa… ti sembra che ho la faccia di un pescatore?

—Eh? —Sakura abbassò la testa senza capire la domanda.

—Mio padre era un pescatore. Lo diventò quando vide che non poteva realizzare i suoi sogni. Sai cosa gli successe? È morto — il bambino spalancò gli occhi con somma sorpresa prima della confessione —. Un giorno uscì a pescare e lo colpì una tempesta… È come una maledizione della mia famiglia, tutti gli uomini muoiono giovani in mare. Mio padre, mio nonno, il mio bisnonno… Adesso mi chiedo se mi aspetta lo stesso destino: morire da pescatore proprio come mio padre.

Quando Rin finì di parlare, Sakura continuava ad osservarlo in silenzio, con gli occhi spalancati e ora leggermente lucidi. In quell’attimo, Rin si pentì di aver parlato di qualcosa di così deprimente di fronte a un bambino che aveva iniziato a scoprire il mondo ed era ancora pieno di vita. Non era giusto per lui, trasferirgli le proprie preoccupazioni con temi tanto profondi come il destino e la morte.

—Tsk… Dimentica cosa ho detto, d’accordo? —gli domandò Rin ora più calmo.

Ma Sakura negò piano con la testa. E, quando Rin pensò che lui si sarebbe messo a piangere, quello che si rivelò, in realtà, fu un bel sorriso formatosi sulle sue labbra delicate.

—Anche la mia mamma è morta —gli confidò parlando con dolcezza. Rin spalancò gli occhi, del tutto sorpreso.

—M-Mi dispiace…

—No, fa niente. È morta quando ero neonato, quindi non ricordo nulla di lei. Ma le parlo tutti i giorni.

—Parli con lei?

—Sí. Le scrivo su un diario, anche se lei non risponde —rispose triste. Poi scosse la testa da un lato all’altro, e tornò a rallegrarsi—. Tu come parli col tuo papà?

—Mmm… Penso a lui, credo.

—Non hai un diario?

—Anch’io ne ho uno, ma non lo uso per parlare con mio padre. Lo uso per registrare i miei momenti belli e anche per sfogarmi.

—Be’, allora quando pensi al tuo papà, chiedigli di proteggerti dalle tempeste quando vai a pescare.

—Non farò il pescatore.

—Ma, hai detto che volevi fare il pescatore come tuo padre.—

—Non ho detto questo! —esclamò all’istante, Sakura scoppiò a ridere.

Osservò per un istante il bambino, che manteneva il suo sorriso luminoso anche dopo aver parlato della sua defunta madre. Ci voleva forza per reagire così, l’uomo lo sapeva molto bene perché da bambino si comportava allo stesso modo, mostrandosi sempre felice nel ricordare suo padre.

E ora Rin iniziava a sentire che c’erano molte cose in comune tra lui e quel bambino.
Inoltre, quel piccolo stalker era come il suo ritratto da bambino, e forse è per questo che gli provocava un vortice di sensazioni nel petto.

Rin gli sorrise con tenerezza e questa volta fu lui che si strinse di più a Sakura per proteggerlo col suo ombrello

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Quando Rin raggiunse l’inizio della corsia, posò la sua mano contro la parete e sollevò il torso di botto. Prese un respiro profondo, sentendo l’acqua scorrergli dal viso e ascoltava gli applausi e le acclamazioni della squadra nazionale. Accanto a lui, uno dei suoi colleghi festeggiava energico l’essere arrivato primo stabilendo un nuovo record.

Uscì dalla piscina con difficoltà, affannando e barcollando un po’. Si sentiva nauseato, l’odore di cloro era così forte che gli provocava la nausea.

—Rin, stai bene? —chiese Haruka preoccupato raggiungendolo. Aveva i capelli leggermente umidi frutto di una sua precedente gara.

Ma ottenne solo silenzio alla sua domanda, inoltre Rin non aveva ancora iniziato a rispondere quando l’allenatore si trovò davanti a lui, accigliato e con un espressione di rimprovero sul volto. Haruka si allontanòdi alcuni metri per lasciarli parlare.

—Matsuoka, cosa ti succede? Di nuovo all’ultimo posto —esclamò l’uomo severo.

Rin abbassò lo sguardo all’ instante, sentendosi colpevole—. Dimmi cosa ti sta succedendo, i tuoi tempi sono sempre più bassi. Per caso hai smesso di allenarti? Guarda i tuoi addominali, non sono più definiti. In più, stai trascurando la tua dieta perché stai ingrassando.

—Ho avuto qualche problema —disse con voce flebile, il suo orgoglio cadeva a pezzi.

—Non so che tipo di problemi tieni, ma questo pregiudica la squadra. La stagione estiva nell’emisfero inizierà presto, tutti si stanno preparando per le gare, ma tu sei l’unico a cui si stanno abbassando i livelli.

—Lo risolverò presto.

—Spero di sì. Voglio vederti brillare di nuovo, Matsuoka.

—Sí, allenatore.

Quando l’uomo si allontanò verso il resto della squadra, Rin si portò una mano alla bocca e si diresse verso lo spogliatoio. Si chiuse in uno dei bagni e iniziò a vomitare, l’odore del cloro gli impregnava il naso e le parole dell’allenatore gli risuonavano in testa.

Da qualche settimana provava questi malesseri. Credeva che quei sintomi sgradevoli sarebbero finiti al quarto mese, ma aveva l’impressione che ogni volta erano più forti; lo affliggevano soprattutto il mattino, lo facevano sentire stanco e lo deconcentravano.

—Mi stai causando alcuni problemi, figlio —mormorò Rin debolmente, accarezzando la pancia che iniziava a gonfiarsi.

Si alzò piano e uscì dal bagno respirando profondamente. Si pulì la bocca con l’acqua del lavandino, bevendone un po’ per togliere il sapore amaro, mentre ascoltava i passi a piedi nudi di qualcuno che si avvicinava.

—Rin, come ti senti? —Haruka sembrava piuttosto preoccupato.

—Non molto bene. Le nausee arrivano ogni volta, davvero non sopporto l’odore della piscina —disse rammaricato, sempre con la testa inclinata verso il rubinetto—. Non credevo sarebbe stato così terribile. Voglio che questo finisca presto, ma manca ancora molto…

—Il tempo che il tuo corpo si abitui ai cambiamenti, almeno così ha detto la dottoressa.

—Giusto. Perché io sono un uomo, niente di tutto questo dovrebbe accadermi. Non è giusto per me —In seguito alzò la mano e la posò sulla fronte—. Grande, adesso comincia a farmi male la testa…

—Sarà meglio che torni a casa a riposare.

—No, resto qui, non voglio continuare a interrompere i miei allenamenti. Hai visto la mia ultima gara, il mio rendimento è troppo basso. Devo ritrovare il mio livello se voglio partecipare alle prossime gare.

Chiuse il rubinetto e si fermò a guardarsi allo specchio, notando la pelle pallida e i segni di fatica sul viso. Abbassò lo sguardo verso il riflesso della sua pancia, notando la piccola ombra che circondava la curva crescente.

—L’allenatore ha notato che il mio corpo sta cambiando… Haru, cosa farò? — chiese terrorizzato, alzando entrambe le mani per coprirsi il volto. All’improvviso iniziò a singhiozzare angosciato.

—Rin… —Haruka l’ osservò un momento dubbioso, non sapendo come reagire. Non era bravo con le parole, così preferì avvicinarsi a lui e accoglierlo in un abbraccio. Sapeva di aver fatto bene quando sentì la fredda e umida pelle del viso di Rin affondare nell’incavo del suo collo.

—Mi sforzo ogni giorno, ma non ottengo nulla. Non posso allenarmi bene, sono sempre stanco e le nausee vengono tutto il tempo —disse con voce roca, afferrandosi al corpo di Haruka—. Non voglio smettere di nuotare, voglio continuare a gareggiare con te, ma con questi malesseri non andrò da nessuna parte. Se non posso continuare con questo, finirà tutto per me. L’unica cosa che so fare è nuotare… Haru, cosa farò? Trasferirmi in Australia e aiutare Russell? Diventare un pescatore come mio padre? Questo non è il mio sogno, non è il sogno per il quale ho lottato.

Quelle parole attivarono un campanello d’allarme in Haruka. Non sopportava vedere di nuovo Rin smettere con il nuoto, non dopo tutto quello che avevano raggiunto insieme.

—Non devi smettere di nuotare —disse qualcosa di disperato—. Devi solo riposare alcuni mesi, quando nascerà il bambino tutto tornerà come prima. Lascia fare a me, mi prenderò io cura di tutto —Si scansò di poco da Rin, prese il suo viso con ambo le mani, posando con tenerezza un bacio sulle sue labbra—. Adesso, smettila di piangere e torna a casa. Hai bisogno di riposare.

—Va bene… —rispose un po’ più calmo, asciugandosi con una mano le lacrime sulle guance— Torni a casa con me? Accompagnami, non voglio stare solo.

Haruka storse la bocca di lato.

—Rin, sai che non posso. Devo allenarmi per i campionati —rispose a disagio, vedendo come il viso dell’altro si alterava.

—Ma, Haru…-

Le parole si interruppero quando ascoltò la voce dell’allenatore chiamare Haruka da fuori dello spogliatoio. Entrambi si separarono all’istante l’un l’altro per salvare le apparenze, mentre Rin si asciugava gli ultimi segni del suo pianto.

—Devo tornare in piscina—disse Haruka, cercando di non cedere allo sguardo disperato di Rin che gli chiedeva di restare al suo fianco—Questo è il lavoro che abbiamo scelto. Lo farò bene per te e per il nostro bambino.

Rin era di nuovo in bagno, notando crescere il groppo in gola al vedere come i passi di Haruka lo superavano sempre, sentendo i suoi sogni iniziare a svanire davanti ai suoi occhi.

Continua…

 

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Note dell’autrice:

L’Mpreg mi sembra davvero bello, ma, penso anche che abbia le sue difficoltà e tristezze. In questo capitolo ho approfondito un po’ di più questo aspetto, collegandolo direttamente coi sogni e le aspettative dei nostri amati nuotatori. Da un lato, Rin è troppo sconvolto e dall’altro Haruka volendo assumersi bene il suo ruolo di padre, alla fine dei conti lo stesso ha turbato Rin.

D’altra parte, Rin e Sakura sono sempre più uniti :3
 

Infine, passiamo a quello che NON è mio:

- Riferimento a Rin che passa i suoi giorni liberi sollevando pesi, correndo e facendo shopping. Questa informazione appare in Free! Iwatobi Swimming Club - Character Interview Vol.1 (Rin Matsuoka).

- La costa di Uradome esiste a Iwami. In Free! È quella spiaggia immensa che appare sempre, dove Haruka e Makoto corrono di notte.

- Il padre di Rin (Toraichi Matsuoka) era un pescatore, lo dicono nelle novel High Speed! 1, High Speed! 2 e anche in Free! Inoltre, proprio come detto in questo capitolo, il padre, il nonno e il bisnonno di Rin morirono in mare quando erano giovani. Questa informazione la trovate precisamente nel Capitolo 11 di High Speed! 2.

- I diari sono all’ordine del giorno per Rin. Lui ne ha uno perfino quando stava alla Samezuka, proprio come afferma Nitori nella Treccia 12 del secondo Drama CD della prima stagione: Iwatobi Koko Suiei-Bun Katsudo Nisshi 2.

Grazie mille per aver letto.

Aspetto i vostri commenti con opinioni e critiche costruttive, mi servono molto per poter continuare la storia!

   
 
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