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Autore: mgrandier    06/11/2016    20 recensioni
"Se in quell’istante avessi avuto il coraggio di abbassare lo sguardo,
evitando quegli occhi trasparenti come cristallo e taglienti come il filo di una lama,
allora, forse, avrei avuto la libertà.
La libertà di obbedire."
Genere: Introspettivo, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cenere e brace
 
André rilassò le spalle, poggiando la schiena e il capo al tronco solido di un faggio, quasi godendo della sua ruvida e solida presenza e lasciandosi cullare dalla carezza calda della fiamma che da poco aveva preso a danzare energica, avviluppando con vigore la bracciata di legna che era riuscito a raccogliere mentre ispezionava i dintorni. Udì i passi del Conte di Fersen scricchiolare sul manto del sottobosco, fino a raggiungerlo e fermarsi accanto alla sua posizione: l’uomo si chinò a terra, sedendo su una grossa radice nodosa che affiorava dal terreno morbido e poi piegò le ginocchia, per appoggiarvi i gomiti, restando a sua volta come assorto nella contemplazione del falò. Con la coda dell’occhio, ne osservò la postura morbida, sorprendendosi quasi nel vedere come il suo nobile accompagnatore potesse apparire a proprio agio anche in quella precaria sistemazione. Indugiò qualche istante sul volto elegante, appena segnato dalla stanchezza della lunga cavalcata, che, lasciato Palazzo Jarjayes nel primo pomeriggio, li aveva condotti a passo sostenuto verso meridione, lungo la via di Orléans per poi virare a occidente, quando la città era comparsa a chiudere il loro orizzonte, con il profilo orgoglioso della meravigliosa cattedrale a svettare sulla distesa bruna dei tetti stretti tutto attorno ad essa, in una macchia calda e brillante, resa ancor più affascinante dal bacio ardente del tramonto. Allora avevano aggirato l’abitato, seguendo poi il corso della Loira fino a raggiungere una macchia fitta di alberi ad alto fusto che, coprendo come una coltre la scoscesa riva settentrionale del fiume, avrebbe potuto offrire un riparo tranquillo per la notte. Avevano scelto una posizione defilata rispetto al percorso sicuro della strada, ma dalla quale avrebbero potuto comunque controllare l’eventuale passaggio di viaggiatori notturni, e avevano verificato che il loro falò non risultasse visibile dalla via sterrata che correva a buona distanza, parecchio più in basso rispetto alla loro posizione, in modo da non attirare l’attenzione di ladri o malintenzionati.
André aveva dovuto ammettere la propria sorpresa nello scoprire quanto il Conte fosse collaborativo e attento, nella scelta del luogo per accamparsi, come nella sistemazione dei cavalli e nella preparazione del fuoco; l’aveva scoperto silenzioso e concentrato, con le labbra strette e lo sguardo assottigliato, mentre si prodigava nell’accendere la prima scintilla, maneggiando l’acciarino con evidente destrezza, e, ancor prima, energico e diligente nel prendersi cura del proprio cavallo, preparandolo al riposo notturno, dopo aver tolto la propria giacca e averla piegata con gesti precisi, per riporla sul terreno. Vestito di un abito aristocratico, ma decisamente meno elaborato e prezioso rispetto a quelli che solitamente André gli aveva visto indossare a corte, e messo in condizione di agire liberamente, senza il peso della rigida etichetta, il Conte di Fersen appariva differente sotto molteplici aspetti dall’immagine artificiale e quasi finta che mostrava a Versailles. In realtà, dal momento della partenza, non avevano intrecciato una conversazione degna di questo nome: si erano limitati ad una sorta di scambio di convenevoli, alla verifica di quanto entrambi avessero portato con sé, e poi non avevano fatto altro che cavalcare, il Conte a seguirlo senza chiedere né commentare alcunché, preservando entrambi un simmetrico contegno, almeno fino al momento in cui, di fronte all’esitazione di André alla vista della città di Orléans, il Conte non lo aveva sollecitato a procedere oltre, senza preoccuparsi di trovare una locanda per trascorrere la notte.
Tuttavia, con la capigliatura scompigliata, il volto un poco arrossato e la giacca coperta di polvere, anche il Conte aveva assunto un’aria piuttosto concreta e avvicinabile, pur nel suo silenzio. Vedendolo seduto accanto a sé, André si sporse verso la sacca delle provviste, rovistando con attenzione tra gli involti perfetti che la solerzia della nonna aveva ordinatamente stipato al suo interno, e ne trasse un pacchetto che, a giudicare dalla forma arrotondata, dalla consistenza croccante della superficie e dalla cedevolezza della parte centrale, doveva essere una delle pagnotte sfornate ogni mattino dal forno di Palazzo Jarjayes; cercò ancora riconoscendo sotto la tela la solida morbidezza di una forma di cacio e la tolse dalla bisaccia, deponendola a terra accanto al pane e ad un coltello, avendo cura di disfare gli involti, perché il contenuto fosse ben visibile. Lanciando un’occhiata al Conte, André spezzò gli indugi e il lungo silenzio.
- Prego, Conte di Fersen … non è una cena ricca, ma potrà comunque placare la fame e dare sollievo dopo la lunga cavalcata. – disse, mentre con un colpo deciso staccava un grosso pezzo di formaggio dalla forma.
- In realtà – esordì il Conte afferrando il formaggio e portandolo alle labbra – non potrei chiedere di meglio, visto che non sono stato in grado di farmi preparare una bisaccia di provviste …  Devo riconoscere che tu sei stato molto più accorto di me. -
André sorrise, chinando il capo in segno di ringraziamento e prendendo a sua volta del formaggio e del pane; sollevò lo sguardo dal fuoco, per controllare oltre la piccola radura, spingendosi tra i fusti degli alberi, nell’ombra scura che si mostrava come una fitta cortina appena al di là del limite labile della luce della fiamma, che danzava inquieta in una sorta di lotta con il fronte dell’oscurità della notte, poi, rassicurato dalla pacata voce del sottobosco, si volse al Conte, senza preamboli.
- Perché non avete voluto che ci fermassimo in una locanda? A Orléans non mancheranno di certo … - chiese allungandosi per tagliare una fetta di pane.
- Non credo fosse il caso di perdere tanto tempo, André: mi hai detto che siamo diretti nella zona di Tours e che non è il caso di indugiare, perché potrebbero verificarsi ulteriori trasferimenti, così … - si giustificò il Conte, lasciando intendere la conclusione del proprio pensiero mentre lo sguardo restava fisso sulla fiamma; l’uomo attese un poco, sotto lo sguardo obliquo di André, e poi sorrise tra sé, forse intuendone i pensieri – Non devi preoccuparti per il mio sonno, André: sono stato un soldato e una parte di me lo resterà per sempre. Ho imparato a mie spese la differenza tra gli agi di corte e la vita da campo … -
André sorrise a sua volta, nascondendo il proprio leggero imbarazzo; il Conte aveva compreso perfettamente i suoi scrupoli, ma aveva trovato anche un modo molto diretto per scioglierli, senza mostrarsi assolutamente sorpreso ma, anzi, mostrando con semplicità i propri trascorsi.
Poi lo vide allungare le gambe davanti a sé, accomodando i tacchi in una piccola buca e restare a scrutare a sua volta tutto attorno al loro piccolo bivacco; dopo un istante di silenzio, il Conte gli si rivolse direttamente, palesando la propria curiosità – Riflettendoci … ricordo che tu abbia parlato della città di Tours e della sua regione: ma ho la netta impressione che tu sappia esattamente dove siamo diretti. –
André non si sorprese della domanda; annuì immediatamente e, mentre si apprestava a stappare una bottiglia di vino tolta dalla propria sacca, rispose al proprio compagno – In realtà, non ho nessuna certezza che si tratti della meta corretta … eppure continuo a pensare che debba trattarsi del borgo di Azay, a poche miglia a sud da Tours, lungo il corso dell’Indre[i]. –
Il Conte inarcò le sopracciglia, osservandolo mentre prendeva un sorso dalla bottiglia appena stappata; poi allungò il braccio per afferrarla a sua volta, portandola alle labbra e gustandone il contenuto, prima di tornare a parlare.
- Il borgo di Azay?! Non ne ho mai sentito parlare. – ammise – Ma forse per voi ha un significato particolare, o sbaglio? –
- La notte in cui il Generale incontrò Sua Maestà il Re, al suo rientro, io ero nell’ingresso di Palazzo e, pur non volendo, ho avuto modo di ascoltare una conversazione tra il Generale e il suo attendente, Jerome, che veniva inviato a consegnare una lettera ad una sorta di collaboratore, un corriere che, ho poi appurato, solitamente opera nella valle della Loira. – iniziò a raccontare André, mentre il Conte lo fissava con evidente interesse, annuendo appena – All’epoca, non vi prestai attenzione … tuttavia, dopo il mio risveglio nella scuderia, trovai, lungo il viale che conduce al limitare della tenuta dei Jarjayes, un involto … in cui riconobbi un lembo di un parasole delle carrozze a servizio della famiglia, dentro al quale era stretto un bottone dell’uniforme di … – Andrè arrestò il racconto, portando alla bocca un pezzo di pane e prendendo a masticarlo, un poco assorto.
- Sei sicuro che si tratti proprio di un suo bottone? – chiese allora il Conte palesando il proprio dubbio – Esistono decine e decine di uniformi della Guardia Reale ... e forse i fermagli di altre uniformi potrebbero essere identici … -
- E’ probabile che questo valga per le uniformi dei soldati … - si affrettò a spiegare allora André – … o almeno per quelli dei pantaloni; ma vedete … i suoi sono differenti. – esitò un istante, mentre il Conte lo scrutava attento, poi riprese, per chiarire meglio – Normalmente, c’è una … patta centrale, ma lei … beh, i suoi, hanno una chiusura sul fianco. Sono diversi, realizzati dalle sarte di Palazzo … e anche i bottoni sono particolari, più piccoli e nascosti[ii]. -
Il Conte rimase a riflettere su questo dettaglio, masticando lentamente e annuendo con il capo; poi, d’un tratto, la sua espressione si fece più curiosa, mentre la fronte si aggrottava sotto le ciocche disordinate – E questo come si lega al borgo di Azay? –
André si riscosse quasi, all’udire la voce del Conte. Annuì leggermente, prima di riprendere – Si tratta di un vecchio episodio, accaduto quando eravamo ragazzini e il Generale ci condusse entrambi con sé in visita ad un conoscente, un tale Monsieur Vasse, un nobile che abitava una tenuta nei pressi del borgo di Azay … una tenuta dal nome singolare, nota come Azay le Brûlé … ma anche Azay le Rideau[iii]. –
- Azay le Rideau? Rideau, come tenda? – chiese attonito il Conte.
- Esatto. Lei conosce bene quella tenuta … e certamente ne condivide lo stesso mio ricordo, perché ci fermammo in quel luogo per alcuni giorni; forse una intera settimana. – spiegò allora – Ci esercitavamo ogni giorno, proseguendo gli allenamenti che normalmente si sarebbero tenuti a Palazzo Jarjayes, ma rimanendo nel giardino retrostante la dimora, duellando con la spada sulla riva dell’ansa dell’Indre[iv] che abbraccia il castello … e un giorno, concentrati nel gioco di lame, e solo su quello, cademmo entrambi nel fiume. Quando ho visto quel lembo di tenda e il fermaglio, non ci ho pensato; ma poi … in seguito, mi sono convinto che l’avesse lasciato perché io potessi comprendere. –
Il Conte rimase allora assorto, il volto segnato dall’aura morbida e calda che la fiamma vivace proiettava sul suo profilo elegante, donando al suo viso una nuova profondità; le labbra sottili si tesero, mostrando la piega del dubbio, mentre i palmi sfregavano uno sull’altro, inquieti – Se il Generale l’ha allontanata a forza da Palazzo, come poteva essere in grado di lasciarti una traccia … o anche solo conoscere la destinazione del suo viaggio? –
Lo sguardo grigio, sottile di preoccupazione raggiunse André, ma si fece immediatamente curioso, non appena ne scorse il negare con il capo.
- Qualcuno l’ha vista partire: lei ha lasciato il Palazzo seguendo il Generale dopo una lunga discussione, a quanto pare. – spiegò André allungando un braccio per affondare la punta di un ramo sottile tra la cenere raccolta attorno al cuore della fiamma – Sono più che convinto che abbia posto delle condizioni alla propria partenza, come aveva già tentato di fare[v], e che sia partita quanto meno conoscendo la meta del suo trasferimento, forse proprio per poter lasciare una traccia. –
- Tu la conosci meglio di chiunque altro, André: solo tu puoi comprendere i suoi pensieri … e immaginare come possa essersi comportata. – affermò il Conte con tono convinto, allungando verso di lui la bottiglia di vino – E quel che è più importante, è che lei è consapevole di questo. –
 
André sollevò lentamente le palpebre, scrutando nell’ultima ombra della notte, lambita ormai dalla carezza soave del primo soffio dell’aurora. Inarcò la schiena un poco provata dal sonno scomodo e disturbato dal giaciglio di terra e radici così come dai sogni avvelenati dalla preoccupazione. Richiuse per un istante gli occhi, godendo un ultimo respiro profumato del sentore umido del bosco, e poi li riaprì, mettendosi a sedere e discostando la coperta che lo aveva riparato durante il sonno.
Si volse in cerca del Conte che, poco distante, era seduto a vegliare l’ultimo fuoco, giocando con le braci e agitando la cenere. Avevano convenuto che non fosse opportuno lasciare il fuoco, le sacche e i cavalli incustoditi, perciò si erano accordati per dei turni di guardia durante la notte, in modo che entrambi potessero riposare senza correre rischi, e André, stanco ma piuttosto teso all’idea della ricerca intrapresa, non aveva esitato ad offrirsi per rimandare il proprio riposo. Il Conte, senza mostrare alcuna difficoltà, si era avvolto nella sua coperta e si era disteso a terra, poggiando il capo su di una sorta di cuscino di muschio, lasciando che il proprio animo di soldato affiorasse a governare il proprio sonno. Rimasto solo a vegliare, André aveva poi lasciato che il proprio pensiero vagasse lontano, volando oltre il bosco, la strada e il fiume, nella testarda speranza di aver seguito a ragione il proprio istinto …
- Buongiorno, André. – il saluto del Conte gli giunse limpido, così come era la sua espressione, incredibilmente distesa, per aver trascorso una notte di sonno spezzato su di un giaciglio di fortuna.
- Conte di Fersen … - rispose ossequioso, accompagnando le parole con un cenno del capo - … volete riposare ancora un poco? Credo che non sia necessario partire immediatamente. –
- Oh no, André. Credo di aver riposato a sufficienza. Tuttavia, se vi fossero ancora delle provviste … -
Presa la sacca, André non esitò a dividere con il Conte il pane e il formaggio rimasto dalla sera precedente, per poi occuparsi della propria coperta, scuotendola e ripiegandola con cura, e dei propri capelli. Ravviò con le dita le lunghe ciocche ribelli, per poi disciplinarle in una stretta coda, legandovi attorno il nastro, mentre anche il Conte pareva assorto nelle proprie silenziose occupazioni di riordino.
- Come pensi di agire, quando l’avrai trovata? –
La voce del Conte gli era giunta inattesa, ma la domanda, tutto sommato, era la medesima che gli aveva dato tormento per l’intera notte. Strinse il fiocco sulla propria nuca, prendendo tempo, e poi lasciò le braccia lungo i fianchi, ponendosi di fronte al Conte.
- In realtà, me lo chiedo io stesso, senza riuscire a darmi una risposta adeguata. So di non potermi presentare alla tenuta di Monsieur Vasse come suo attendente, perché, sempre ammesso che lei sia veramente a Azay, è probabile che il Generale abbia disposto perché lei venga quanto meno tenuta al sicuro da eventuali incursioni indesiderate … - esordì incerto – Credo che lui immagini che io possa cercarla, perché lei aveva chiaramente espresso la volontà di portarmi con sé; ma so per certo che, dopo i fatti di ieri, il Generale abbia perso completamente la fiducia che in passato aveva riposto in me. Probabilmente, il vostro aiuto sarà davvero importante … - ammise infine.
Il Conte annuì – In realtà, hai solo confermato i miei stessi dubbi … ma credo che sia necessario, tuttavia, cercare di entrare in quel palazzo per verificare che lei sia davvero affidata alla custodia di Monsieur Vasse. –
- Forse potreste farlo voi, Conte? So di chiedervi molto, ma potrebbe essere sufficiente chiedere asilo per la notte prossima … adducendo una motivazione qualunque … - ipotizzò André.
- Sì … potrei chiedere di essere ospitato, insieme al mio attendente, - convenne lo svedese - ma così si correrebbe il rischio che tu venissi ricoverato al di fuori del palazzo … -
- E’ vero … ma voi potreste comunque tentare di muovervi per scoprire se vi sia un altro ospite, no? – azzardò allora, già tentando di immaginare come, durante la notte, il Conte avrebbe potuto cercare di curiosare tra le stanze – Io ricordo la disposizione interna del castello in modo sufficientemente chiaro da potervi dare qualche indicazione per muovervi tra le stanze destinate ad eventuali ospiti: la tenuta è di piccole dimensioni e i servitori alloggiano in una dependance … non sarà difficile. –
L’esortazione di André parve illuminare il volto del Conte, nello stesso istante in cui, da oriente, l’alba riuscì a vincere l’orgogliosa cortina degli alberi serrati attorno al bivacco colorando di brace la capigliatura un poco disordinata. L’espressione di Fersen si fece brillante, gli occhi grigi stretti in uno sguardo furbo e le labbra appena tese in un accenno di sorriso.
- Tu conosci il palazzo e sapresti muoverti con precisione per cercarla … - mormorò, come se temesse che qualcuno potesse udire le sue parole oltre a loro; quindi il suo sguardo si fissò sulle spalle di André, passando poi alle proprie, come soppesando con attenzione la corporatura di entrambi, prima di chinarsi a raccogliere la propria giacca, per scuoterla e liberarla dalla polvere.
- Bene, Conte di Fersen. Vogliamo metterci in viaggio? –
 
[i] Affluente di sinistra della Loira
[ii] Libera interpretazione della moda dell’epoca. Le esperte in materia mi perdonino la licenza poetica …
[iii] La proprietà del castello di Azay le Rideau è effettivamente della famiglia Raffin-Vasse attorno alla metà del XVIII secolo, e pare che la tenuta fosse nota anche come Azay le Brulé, a seguito del devastante incendio del quale fu oggetto nel XV secolo il complesso precedente a quello oggi esistente, realizzato nel secolo XVI. In realtà, tra il 1780 e il 1790 la tenuta di Azay versa in cattivo stato di conservazione e solo dopo che l’acquisto da parte del Marchese Biencourt, vengono intrapresi lavori di restauro. Non avendo alcuna pretesa di divulgazione storia, mi sono presa alcune libertà. Per chi avesse curiosità in merito consiglio https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Azay-le-Rideau
[iv] Il castello è costruito su una palificata proprio dentro il letto del fiume, dove il corso crea un'ansa tranquilla
[v] Riferimento al Capitolo 40

Angolo dell'autrice: torno con un leggero anticipo, visto che vi ho fatto attendere per ben due settimane... Adesso siamo davvero in viaggio!
Colgo l'occasionedi salutare con affetto tutte le amiche che leggono dal Piemonte, dove ho trascorso qualche giorno di vacanza, in particolare quelle con cui ero in contatto... e che per un soffio non ho potuto incontrare; ringrazio di cuore tutte le lettrici, chi segue, ricorda, preferisce e commenta, e soprattutto l'amica carissima che mi supporta e sopporta leggendo in anticipo i miei deliri!
Il racconto si avvia alla fase finale... portate pazienza! Baci a tutte! A presto!
  
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