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Autore: MAFU    06/11/2016    1 recensioni
[Lilith x Amaimon] - [Lilith x Mephisto] - [Lamia x Yukio]
“Yukio , non vedo niente …” Si lamentò Rin che mentre seguiva Yukio come un ombra avanzava nell’oscurità del corridoio. Le vecchie e malconce travi di legno del pavimento polveroso scricchiolavano ad ogni loro passo riecheggiando nel silenzio più tetro.[...] Dalla parte opposta del corridoio, a passo fiero, Mephisto camminava con disinvoltura nell’oscurità. Passando accanto ad una delle massicce porte delle stanze del dormitorio si fermò sentendo un rumore sospetto. Un rumore di acqua corrente aveva attirato la su attenzione. “Qui c’è qualcosa che puzza …” Pensò rimanendo in ascolto finché lo scrosciare non cessò. A quanto pare quella era la porta di uno dei bagni. “ Mhm .. qui c’è davvero qualcuno ..” Afferrò con decisione la maniglia di ottone e con uno strattone spalancò la porta.
Lilith e Lamia sono sorelle. Tutto lascia pensare che in passato abbiano avuto a che fare con Mephisto...ma la loro vera natura fatica ad essere tenuta a bada...
(!!!)Ci sono espliciti riferimenti al manga(!!!)
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amaimon, Mephisto Pheles, Un po' tutti, Yukio Okumura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP 16

I canini di Lamia affondarono con vigore nel collo di Yukio. Il ragazzo fu pervaso da un brivido di dolore sempre più lancinante. Per impedirgli di urlare, la donna gli tenne il viso con una mano stringendogli una guancia con dolcezza. Beveva grossi sorsi di liquido caldo e dal sapore divino. Le sue papille gustative in visibilio le urlavano di non fermarsi ma sapeva bene di doverlo fare al più presto. I muscoli di Yukio stavano perdendo elasticità, il ragazzo inerme fissava il soffitto con gli occhi lucidi. Stava cominciando a diventare insopportabile. Il dolore lo penetrava da parte a parte ma non aveva neppure la forza di dire basta. Quel contatto lo appagava, in quel minuto si sentiva paradossalmente libero dal gioco della donna. Sentiva di non dovere più trattenere il desiderio di farsi toccare e averla accanto. Quel rito era per lui una liberazione dalla razionalità che fino ad allora gli aveva imposto di trattenersi. Oltre il dolore sentiva la pace. Le preoccupazioni svanirono lasciando il posto a uno sfarfallare candido che gli annebbiò la vista. Con una mano tremante strinse quella di Lamia che poggiava sulla sua coscia e aggrappandosi a lei chiuse gli occhi lasciandosi sfuggire un gemito soffocato. La donna frenandosi a forza interruppe il pasto prima di prosciugargli ogni goccia di sangue e leccandogli quei due piccoli fori pulendoli per bene, chiuse la bocca in estasi. Yukio non aveva perso i sensi. Respirava affannosamente con la testa come stretta in una pressa. Lamia era rimasta a pochi centimetri dal suo collo ad assaporare ogni briciola del suo profumo e lentamente si allontanò per guardarlo in volto. “Come stai?” domandò in un sussurro. Yukio annuì lentamente senza avere la forza di parlare. Socchiudendo gli occhi tornò a chiuderli inerme. “Sono riuscita a fermarmi appena in tempo… Riposati qualche istante ora.” Disse al ragazzo esortandolo a sdraiarsi. Senza opporsi, Yukio si abbandonò sul letto affondando la testa nel cuscino. Mezzo svestito non badava nemmeno al freddo, da quanto il dolore era ancora intenso. “Sei stato bravo.” Sogghignò Lamia spazzandosi la bocca con una mano. “Non tutti resistono al primo rito dopo il battesimo.” Commentò guardandolo stremato al suo fianco. “Lo sto facendo soprattutto per i miei studenti. È questo che mi dà la forza.” Rispose Yukio biascicando a fatica. Lamia aggrottò le sopracciglia ma senza farci troppo caso sogghignò guardando l’orizzonte. “Almeno ti sei saziata?” “Oh, certamente…” la donna strisciando all’indietro si sdraiò accanto A Yukio dando le spalle al muro per guardarlo riposare, “Tra meno di un’ora ho lezione.” Parlò senza riuscire a guardarla, “Tranquillo… Ci penso io a svegliarti in tempo.” Rispose poggiando il viso a una mano, “Sai… Non mi ero affatto sbagliata su di te… Il tuo sangue è davvero il migliore.”.
 
“Bon, Koneko… credevo che anche voi rivoleste Rin indietro…” Shima guardò prima l’uno poi l’altro camminando verso il piazzale davanti alla sede centrale. “Beh ecco…” Konekomaru si guardò i piedi a disagio, “Si e no…” “In che senso?” “Rin è figlio di Satana. Il nemico primario.” Intervenne Ryuji guardandolo torvo. “È per questo che non gli avete rivolto la parola?” Shima pareva incredulo. Koneko non disse nulla mentre Ryuji aggrottò ancora di più le sopracciglia. “Andiamo… Io l’ho pure abbracciato eppure sono ancora qui. Penso sia sempre lo stesso ragazzo di prima.” “Assolutamente no.” Suguro incrociò le braccia senza rivolgergli nemmeno lo sguardo. Shima sospirando fece spallucce scossando il capo. Izumo stava mangiando il suo pranzo sotto un albero in compagnia di Paku quando li vide passare. Fulminò con lo sguardo il trio ingoiando un boccone di riso e l’amica si limitò a sorseggiare il suo tè in silenzio. Origliava il discorso con un’espressione di ghiaccio. “Izumo…” Paku aprì bocca timorosa, “Perché non li invitiamo a pranzare con noi?” “No.” La risposta secca dell’amica l’azzittì. Kamiki arrossì lievemente aggrottando le sopracciglia all’inverosimile. Smise di osservare i ragazzi tuffandosi nel suo Obento. “Nemmeno… Shiemi?” “Assolutamente no! Lei no!” sbottò Izumo viola in volto. Paku ridacchiò nervosamente tappandosi la bocca con un Onigiri. “Buon… Pomeriggio.” Un’ombra si gettò sulle ragazze accompagnata da una vocina flebile. Paku alzò lo sguardo incrociando quello di Lilith con pranzo a sacco a seguito. Kamiki la fissò sull’orlo del crollo emotivo. “Che accidenti vuoi?” digrignò i denti nascondendo il massiccio imbarazzo. “Buon pomeriggio, Lilith.” La salutò Paku, “Ecco io… Posso pranzare con voi?” domandò la ragazzina sedendosi accanto a loro senza aspettare risposta. “Non so come funzionino i pranzi con gli…Amici quindi io mi piazzerò qui.” “Che? Ma se non ti ho ancora dato il permesso di rest…”, Paku intervenne silenziando l’amica con un gesto delicato. “Accomodati pure!” sorrise. Lilith prese il suo pasto adagiandolo sulle ginocchia e con garbo ne sollevò il coperchio. “Che buon profumo!” si lasciò sfuggire un commento estasiato. “Che cosa ti sei portata?” Paku fu l’unica a mostrare interesse per la nuova arrivata. Izumo la stava sapientemente ignorando impegnata a masticare con espressione nerissima. “Alla mensa mi hanno detto Tonkatsu.” Rispose lei assaggiandone un pezzetto. Gli occhi le brillarono. “Ma sei scema? Non riconosci nemmeno un Tonkatsu da sola?” Izumo sputò un po’ di veleno. Lilith tentò di ricacciare indietro l’istinto di strangolarla e mascherò la sua ira funesta dietro una faccetta innocente. Di norma non avrebbe mai tollerato un simile comportamento da parte di un essere umano. Ma doveva integrarsi.  “Izumo… Il suo cognome è Evangeline, potrebbe essere straniera…” Lilith sgranò gli occhi terrorizzata. “Già sì… Una specie…” guardò altrove ridendo nervosamente ammutolendosi con un boccone di cotoletta. “Da dove vieni?” insistette Izumo, ora meno insopportabile. Lilith iniziò a sudare freddo senza smettere di masticare. “Inghilterra…” sparò a caso il primo paese che le venne in mente. “Oh sì, ha senso.” Il responso positivo le fece tirare un sospiro di sollievo. “Da quanto tempo sei in Giappone? Parli bene la nostra lingua…” chiede Paku curiosa. “Diciamo che ci sono stata altre volte… Viaggio molto.” “I tuoi genitori viaggiano molto per lavoro?” “Si e no…” “Sei un half?” “Half?” “Ma sì, sangue misto…” “N…No! Scherzate spero!? Credete che io sia un demone!?” Lilith tornò a sudare violentemente smettendo di mangiare per lo spavento. “Demone?” sussurrò Paku confusa, “Chi ha parlato di demoni?” Izumo alzò un sopracciglio. “Io intendevo se per caso i tuoi genitori fossero di paesi differenti.” “Probabilmente erano fratelli.” Lamia sbucò alle spalle di Lilith freddandola all’istante. “Lamia!” un grido soffocato le morì in gola. “Salve.” La donna fulminò con lo sguardo le compagne incrociando le braccia. Kamiki si dimenticò all’istante del discorso concentrando tutto il suo odio su di lei. Paku in mezzo ai due fuochi si sentì in imbarazzo. “Sorellina cara, lo sai che non mi piace che si spiattelli in giro la nostra vita privata.” Recitò Lamia con estrema convinzione. “Scusa sorellona…” Lilith colse la palla al balzo facendo la parte della smemorata. “La nostra famiglia è affar nostro. Scusateci…” la maggiore prendendo per la collottola la minore la forzò ad alzarsi e a seguirla lontano dalle ragazze, rimaste a fissarle inebetite. “Che assurdità.” Schioccò la lingua Izumo mordicchiando le bacchette. “Izumo… In fondo anche tu sei molto riservata…” osservò Paku con tranquillità guardando l’amica. Kamiki non disse nulla intenta com’era a scheggiare il legno coi canini.
“Che stavi combinando?” Lamia sembrava averne abbastanza, “Cercavo di farmi degli amici.” “Parlando della nostra famiglia demone?” “Ma no! Che hai capito… Il discorso è uscito per caso…” “Oh sì, lo immagino. Buon pomeriggio ragazze, sapete mia mamma è una bestia di Satana uscita direttamente dalla bocca dell’inferno. Ah, ma a Natale lo facciamo il presepe.” “Lamia, smettila non è divertente.” “Oh ma davvero?”. La donna non mollò la presa dalla collottola della sorella. “E lasciami, ormai siamo lontane.” “Come si dice?” “Non lo dirò mai.” “Come desideri.” Continuò a trascinarsela dietro senza sentire scuse. “Lamia!” “Allora?” “…Grazie.”. Lamia mollò la presa all’istante. “Era così difficile?” Lilith non rispose guardando il suo pranzo mezzo consumato. Aveva lasciato il coperchio sotto l’albero. “Come hai fatto a capitare al momento giusto?” alzò gli occhi assurdamente innervosita dal suo tempismo perfetto. Di solito era una cosa da Mephisto, ma ora non poteva più aspettarsi niente del genere da lui. Per lo meno per un periodo. “Sai com’è, essendo allergica alle tue stronzate quando ho cominciato a starnutire senza sosta ti sono venuta a cercare.” “Ah…Ah…Ah… Simpatica. Dico sul serio.” “Passavo per di là e ti ho vista con Miss Sopracciglia. Volevo sentire che avevate di tanto speciale da dirvi.” sospirò, “A quanto pare niente di buono.” Aggiunse guardandola con aria di sfida. Lilith ignorò l’atteggiamento riprendendo a mangiare il suo Tonkatsu con le mani. Aveva perso pure le bacchette. “Tu piuttosto… Hai visto Yukio?” chiese con nonchalance. “Sì.” Sogghignò la donna, “Com’è andata?” “Bene direi. L’ho lasciato a dormire. Tra poco devo tornare a svegliarlo… A quanto pare ha un impegno.” Fece spallucce. “Ma che brava mamma premurosa...” ridacchiò Lilith ma il commento sembrò infastidire Lamia più del dovuto. “Idiota.” “Ops.” Lilith si ficcò in bocca l’ultimo pezzo di carne. “Pensi di farlo tutti i giorni?” “Ma che si arrangi! Esistono le dannate sveglie per un motivo.” “Non quello… Intendo il morso.” “Oh. Dipenderà dalla mia fame. Per ora sto bene così.” “Cerca di non ucciderlo.” “Santa pace, stai diventando un disco rotto.” “Sai, ho sempre l’impressione di non venir mai ascoltata…” “Oh, guarda un ufo!” “Dove!?” Lilith si girò di scatto sgranando gli occhi. Rendendosi conto di essere stata presa in giro tornò a rivolgersi alla sorella ma questa era sparita nel nulla. La ragazzina colpita nel suo orgoglio mise il broncio fumando anche dalle orecchie. “Stupida Lamia.” I suoi pensieri furono accompagnati dal suono lontano della campanella. La lezione l’attendeva.
 
Nel suo studio, Mephisto stava seduto alla scrivania con la testa tra le mani. Di fronte a lui una tazza di tè e dei biscotti. “Fratellone, non ti vedevo così da un bel pezzo.” Amaimon rannicchiato sul divano rosicchiava un piatto di porcellana su cui prima posava una generosa fetta di torta. Spazzolatasi quella era passato alla ceramica. “Amaimon…” sospirò l’uomo rassegnato, “Io per la cronaca penso spesso.” “Uh?” il ragazzo lo guardò senza espressione col piatto stretto nelle fauci. “E smettila di rovinarmi tutti i servizi.” “Roger.” Amaimon sputò il piatto finendo per frantumarlo al suolo. “Per diana…” gemette esasperato Mephisto. “Vedi di cominciare a comportarti a modo, hai ancora un cazzotto da farti perdonare.” “Andiamo fratellone… Essere rinchiuso nello spazio tempo per una settimana non è già bastato?” Amaimon puntò i biscotti sulla scrivania alzandosi dal divanetto. “Quello è il minimo.” Mephisto alzò la testa dalle mani incrociandole sotto il mento. “Quand’è che mi lascerai uscire anche dal tuo studio?” “Quando le acque si saranno calmate.” “Quali acque?” “Il Vaticano…” “Quegli esseri inferiori non sanno contro chi si stanno mettendo.” “Non è per te.” “Ah no? E per chi?” il ragazzo si ficcò in bocca una manciata di dolcetti senza tanti complimenti. Mephisto lo guardò rabbuiandosi. “Oh…” bofonchiò con la bocca piena Amaimon, “Abbiamo ancora quella questione in sospeso ora che ricordo.” Deglutì i biscotti senza fare una piega, “Non mi hai ancora detto niente di Lilith…” indagò appollaiandosi sulla poltrona di fronte al fratello. Mephisto sospirò osservando il piattino spazzolato e dando le spalle ad Amaimon ruotò la sedia dall’altra parte. “Non c’è nulla che tu debba sapere.” “Ne sei certo?” “Sì.”. “Capisco… Allora posso andare a prendermela.” “No.” “Visto? Avevo ragione…” “Per l’ennesima volta Amaimon, devi lasciarla in pace.” “Perché?” “Te l’ho già spiegato.” “Ricordamelo.” “Usa la testa.”. Amaimon si grattò una tempia fissando il vuoto. Mephisto girò nuovamente la poltrona guardandolo senza speranza. “Lo avevi promesso. Ora che ho svolto il mio compito con Rin Okumura sono libero.” Il ragazzo continuava a fissare l’oblio senza espressione. L’uomo sospirò posando il viso sul palmo di una mano. “Ahimè un gentiluomo mantiene sempre la parola data.” Si arrese. “Oh sì…” sogghignò Amaimon mordicchiandosi l’unghia del pollice. Mephisto guardò altrove pensieroso. Glielo aveva promesso prima di ricevere il bacio di Lilith. Ora se ne pentiva. Si morse un labbro a costo di tener fede a se stesso.
Lilith si accasciò sul libro aperto sul suo banco. Era a metà dell’ora di lettura della Bibbia e stava esplodendo dalla noia. Quei testi ormai li sapeva a memoria. Per una buona parte, lei e Lamia li avevano addirittura vissuti. I suoi compagni di classe, nonostante fosse ormai passata più di una settimana erano restii ad avere rapporti con Rin, che aveva anche cominciato a seguire lezioni differenti con Yukio e Shura. Chissà che combinavano. Aveva solo notato un anello legato alla base della coda del ragazzo. Un mezzo per tenerlo sotto controllo, probabilmente. Deglutì orripilata dal pensiero. In un certo senso lo poteva capire fin troppo bene. “Signorina Evangeline!” la professoressa la richiamò all’attenzione e la ragazza sollevò la testa in un lampo, “Sì!” strillò in preda alla tachicardia. “Non lei, sua sorella.” L’insegnante si aggiustò la blusa imbarazzata, Lamia accanto a lei si era tolta le scarpe per darsi lo smalto. “Lamia…” sospirò Lilith esasperata. “Che c’è? Mi sono dimenticata prima…” “Signorina Evangeline!” la chiamò la professoressa per la seconda volta. “Sì, sì… Un attimo.” La studentessa indisciplinata le fece un cenno distratto finendo l’ultima unghia. “Fatto. Che voleva?” ma la professoressa era rimasta allibita. Senza fiatare alzò il braccio indicando la porta e Lamia si alzò sbuffando a piedi scalzi. Lilith alzò gli occhi al cielo e la osservò uscire per salire sul treno per la presidenza. “Bene, proseguiamo.” L’insegnante si schiarì la voce voltando pagina della Bibbia.
“Carissima…” Mephisto accolse sarcastico Lamia nel suo studio. Amaimon si era dileguato giusto in tempo. L’uomo sbirciò alle spalle della donna fiutando l’aria. “Lilith non c’è.” Questa entrò senza tanti complimenti. Mephisto chiudendo la porta si voltò con un’espressione indecifrabile. “Cos’è successo stavolta?” “Nulla degno di nota.” Lamia si stravaccò in poltrona stendendo i piedi nudi sulla scrivania presidenziale. “Bello smalto.” Commentò l’uomo avvicinandosi alla sua postazione sedendosi di fronte a lei, “Vero? Non mi capacito che mi abbiano mandata qui per questo.” “Ero sarcastico. Togli i tuoi piedi lerci dalla mia scrivania.” “Ah.” Lamia abbassò le gambe seccata. “Bene, devo stare qui molto?” incrociò le braccia scocciata, “Giusto il tempo perché pensino che ti stia facendo una bella ramanzina.” Sospirò Mephisto col medesimo umore. “È da un po’ che non ti vedo in giro… È successo qualcosa?” domandò Lamia tanto per farsi i fatti suoi. “Come mai non ti vedo più incollato al culo di mia sorella?” Mephisto deglutì guardando altrove. “Ho avuto da fare.” Tagliò corto. “Ah sì? E cosa? Seg…” “No.” “Lo sai meglio di me che sei ossessionato da Lilith.” “Tu cosa ne sai?” seguirono attimi di tensione. Lamia non era a conoscenza di quello che era successo tra i due nel bosco. E Mephisto non sapeva fino a che punto sarebbe potuto spingersi. “Da quando siamo piombate qui non hai fatto altro che girarle intorno come uno squalo affamato. La prassi direi, considerando che stiamo parlando di Lilith. Eppure non hai ricevuto il suo battesimo… O si?” Mephisto non rispose.  “Vai in classe.” La intimò infine con voce estremamente profonda e intimidatoria. Lamia ridacchiò divertita, “Scherzavo… Non te la prendere…” alzò un sopracciglio sollevandosi dalla poltrona, “Comunque non me la racconti giusta, pizzetto…” mutò espressione dandogli le spalle. “Tu piuttosto, mi è giunta voce che Yukio Okumura sia diventato ufficialmente tuo partner.” Lamia si arrestò. “Proprio così.” Rispose suadente, “Sta reggendo bene, come previsto.” “Lieto di sentirtelo dire.”. Lamia riprese a camminare lentamente, “Devo salutarti Lilith?” si fermò sulla porta. “Se devi.” Mephisto posò il mento sui pugni chiusi restando alla scrivania, “Come sei bravo a reggere la maschera…” sogghignò la donna sparendo dietro l’uscio.
Nel frattempo Lilith era sulla via del ritorno per la sua stanza. La lezione era finita dopo quella che le era parsa un’eternità. Lamia non era tornata così si era convinta che probabilmente l’avrebbe rivista al dormitorio. “Palle…” sospirò tutta sola sulla via del ritorno con la cartella a tracollo. La Bibbia era il libro più pesante che si portava appresso. Quale calvario. Oltre al peso pure la beffa per un demone come lei. Mentre passeggiava dette un’occhiata al suo cellulare. Scorse i messaggi nel registro e le venne voglia di scattarsi foto. Ripensando però all’incidente dell’ultima volta le passò la voglia. Al che ormai di fronte all’edificio si convinse a rimettere l’arnese nel dimenticatoio e salire in stanza a fare i compiti. Percorse soprappensiero l’atrio e salì le scale tutto d’un fiato. “Lamia sono qui.” Spalancò la porta facendo irruzione in camera. Ma della donna nessuna traccia. La ragazza si sfilò le calzature posando la cartella. “Oh, ciao Yukio.” Disse tutta tranquilla andando alla scrivania. Ormai si era abituata a trovare il ragazzo di tanto in tanto collassato sul suo letto. “Ciao Lilith…” il suddetto biascicò in imbarazzo senza avere la forza di tirare su la testa. “Hai visto Lamia?” chiese Lilith cercando il libro che le serviva, “Direi di sì…” anche se messo male non aveva perso la sua arguzia e il suo cinismo. “Oh… Scusa.” La ragazza si rese conto di quanto doveva essere suonata stupida. “Credo sia andata a prendermi una barretta di cioccolato.” Aggiunse lui in un sussurro. “Capito!” Lilith si sedette sulla sedia a gambe incrociate aprendo il quaderno e inforcando una matita. “Senti Yukio, finché sei qui non ti andrebbe di darmi una mano a fare i compiti?” “Lilith…Ti sembro dell’umore adatto?” “Come non detto...” fischiettò lei tendendo i muscoli della bocca come un’idiota. “Sono senza forze…” Yukio strizzò gli occhi in preda a uno spasmo di dolore. “Ancora non riesci a farci l’abitudine?” la ragazza alzò un istante gli occhi dal testo. “Pare di no…” “Però non sei ancora morto.” “Dovrei gioire?” “Sì.” Sorrise Lilith dondolando le ginocchia come se volesse spiccare il volo. “Un po’ sono sollevata che Lamia abbia scelto proprio te.” “Perché?” “Perché sento che nonostante tutto il nostro segreto sia al sicuro.” Questo fece ridacchiare sommessamente Yukio anche se effettivamente non c’era niente di divertente. “Mi avete incastrato proprio per bene voi due…” commentò con una punta di amarezza. Lilith non disse nulla. Tornò ai suoi compiti con diligenza. La sua bassissima soglia dell’attenzione però le faceva scivolare di continuo l’occhio sul giardino oltre gli spessi vetri della finestra. Sentiva mancarle qualcosa. Nonostante sembrava finalmente avere trovato un equilibrio assieme alla sorella non poteva fare a meno di pensare che ora la sua vita fosse più vuota di prima. Lamia aveva Yukio con cui svagarsi. Ma lei? La noia l’attanagliava e la sua unica distrazione erano i compiti a casa. Che gioia. Il povero ragazzo si era abbandonato a un dormiveglia stremato dal morso di Lamia che ancora non si vedeva comparire. Era andata direttamente alla fabbrica a farsi dare la cioccolata? Sua sorella era diventata stranamente premurosa. “Se non si sbriga a succedere qualcosa, giuro che vado davvero a scolarmi dell’acqua santa. Anche se in fondo è meglio così” Sospirò sottolineando un intero paragrafo con l’evidenziatore. Ovviamente non aveva un metodo di studio che reggesse. Come finì di lamentarsi la porta si spalancò alle sue spalle e la sorella entrò come un treno senza nemmeno togliersi le scarpe. “Yo!” salutò i presenti tirando una scarpa contro il muro reggendo una barretta di cioccolato incartata in mano. “Yukio ti ho portato la cioccolata.” Disse avvicinandosi al letto ma il ragazzo dormiva della grossa. “Ah… Come non detto.” “Lamia!” Lilith si voltò abbandonando lo studio. “Yo di nuovo.” La sorella la salutò distrattamente sedendosi sul bordo del letto. “Ah, non sai che fatica ho fatto per rubarla.” Lanciò la cioccolata a lato della testa di Yukio dormiente fermandosi a fissarlo da dietro le lenti degli occhiali. “Lamia… Non si rubano le cose!” La sgridò Lilith ruotando sulla sedia. “Era questione di vita o di morte.” “Quando sono entrata Yukio stava bene.” “La sua produzione di globuli rossi è calata negli ultimi tre giorni. Credo di dover cominciare a saltare qualche pasto.” Disse la donna arricciando il naso. “O a dargli più cioccolato.”. Lilith fece spallucce scossando la testa rassegnata. Afferrando la matita fece per tornare a scarabocchiare appunti senza senso quando la voce di Lamia la distrasse nuovamente. “Piuttosto…” la donna accavallò le gambe con circospezione, “Prima sono stata a trovare pizzetto…” sogghignò vedendo Lilith tendere i muscoli. “È successo qualcosa tra di voi?” “No…” disse la sorella esitando. “Ah no? In ogni caso ti manda i suoi saluti…” Lilith deglutì guardando altrove. “Mi fa piacere.” Disse poi tracciando segni casuali sulla pagina con la matita, fingendosi indaffarata. Lamia non riuscì a trattenere un ghigno sempre più maligno. “…E un bacio.” La fulminò con lo sguardo assaporando ogni istante della reazione della sorella. “Un bacio grande grande.”. 
   
 
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