Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    07/11/2016    3 recensioni
Per chi ha letto "Honey" e desidera rimanere immerso nel mondo di Hannah, Nick e famiglia, ecco una serie di OS dedicate ai vari personaggi della storia. Tra nuovi amori, vecchi amici e piacevoli incontri, ecco cos'è avvenuto prima e dopo la storia narrata in "Honey".FA PARTE DELLA SERIE "HONEY'S WORLD".
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Una piacevole trasferta – 7 –

Febbraio 1976/Agosto 1981

 

 

 

 

Come dire a un Brown che qualcosa è sfuggito al suo controllo?

Non era un’impresa esattamente facile, e Grace non aveva la più pallida idea di come suo padre – e suo nonno – avrebbero preso la cosa.

La mamma e la nonna sarebbero state incondizionatamente dalla sua parte, questo lo sapeva.

Le donne Brown si spalleggiano sempre e comunque, anche quando combinano guai.

Ma il resto della famiglia? Suo fratello?

Oddio, con Bart si era dimostrata molto coraggiosa e pronta ad affrontare i benpensanti inglesi – di cui, onestamente, non le importava nulla.

Ma la sua famiglia era altra cosa. Come ostracizzava lei, nessuno poteva.

D’altra parte, Charlotte aveva ragione. Non potevano puntare a un matrimonio riparatore senza averlo prima detto anche a loro.

Quando alzò la cornetta del telefono, perciò, si assicurò di avere una buona scorta di monetine e, preso un bel respiro, chiamò suo padre in ufficio.

“Brown Associated Inc., chi parla?”

“Ah, Bethany, ciao… sono Grace. Mio padre è libero?” domandò la ragazza, sorridendo appena nel sentire la voce della segretaria.

“Oh, Grace, cara. Ciao! Sì, te lo passo subito” trillò la giovane, mettendola un attimo in attesa.

Dopo aver ascoltato Bach per circa quattro secondi e mezzo – o quattro minuti, non aveva le idee chiare, al momento – suo padre esordì dicendo: “Ehi, tesoro! Qual buon vento?! Mi hai dato retta, allora!”

“Riguardo a cosa?”

“Al chiamarmi più spesso.”

“Ah, oh, sì. Certo” assentì Grace, giocherellando nervosamente con gli alamari del parka.

“Ebbene? Hai notizie dei miei gemelli? Bart li indosserà?”

“Aaahhh, senti papà, prima di parlare dei gemelli, dovremmo affrontare un altro argomento” tentennò lei, storcendo la bocca.

Come avrebbe lanciato la bomba?

“E cosa può esserci di più importante, al momento? Ah, la mamma ha detto di averti preso un velo da sposa, e vorrebbe che tu lo provassi, il mese prossimo, quando verrai per Pasqua. Non chiedermi com’è, perché io non so la differenza tra un tulle e uno strass, quindi rinunciaci in partenza. Però mi sembra bello.”

Se solo fosse esistito un sistema per azzittire suo padre…

Dal velo, passarono alle scarpe, che Oscar descrisse come pericolose armi di distruzione di massa.

Grace ipotizzò che avessero un tacco piuttosto importante, vista la descrizione.

Quell’inizio di telefonata perdurò per circa cinque minuti finché Grace, all’ennesima monetina infilata nel telefono, sbottò dicendo: “Aspetto un bambino, papà!”

Oscar si fermò di botto, ridotto al silenzio da quell’autentica bomba atomica gettata nel bel mezzo della sua vita e, con un tossicchiare confuso, borbottò: “Che hai detto, scusa?”

“Che. Aspetto. Un. Bambino” scandì per bene Grace.

“Da quel damerino impomatato del tuo fidanzato?!” sbottò Oscar con tono stentoreo.

“Da chi altri, scusa? Con quanti uomini pensi che io mi veda?” strillò Grace, preoccupando un poco Bart e Charlotte, fuori dalla cabina.

Lei scrollò la mano per chetarne i timori, ma aggiunse irritata: “Non sono una farfalla che vola di fiore in fiore, papà. Sto solo su uno!”

“E molto bene, a quanto pare” la prese in giro Oscar, sorprendendola e lasciandola a bocca aperta per alcuni secondi, secondi di totale, sconcertante incredulità.

Osava anche prenderla per i fondelli, quel disgraziato?

“Ma hai capito cosa ti ho detto?!” ringhiò la giovane, la paura molto ben sostituita dalla rabbia.

“Eccome. Fino a prova contraria, le orecchie mi funzionano benissimo. L’avete fatta grossa, eh?”

Ancora quel tono derisorio. Ma cos’aveva bevuto, suo padre, quella mattina? Whiskey corretto grappa?

Passandosi una mano sulla fronte come per darsi una calmata, Grace disse più pacata: “Papà, se non te lo ricordassi, io e Bart non siamo sposati.”

“Ebbene?”

“Fingi di non capire il problema? NON SIAMO SPOSATI!” urlò allora Grace, chiedendosi quando, suo padre, sarebbe tornato in sé.

“Bambina…” cominciò col dire Oscar, con tono finalmente serio. “… pensi davvero che la cosa mi preoccupi? Edward è nato fuori dal matrimonio. Io e la mamma ci siamo sposati dopo, perché voleva mettersi quel bell’abito che ha nelle foto e, quando abbiamo scoperto che era incinta, i tempi sarebbero risultati troppo stretti, per fare qualcosa prima.”

“Cosa?” esalò Grace, incredula. Non l’aveva mai saputo!

“A nessuno è interessato e, anche se la stampa ha chiacchierato per qualche mese, non è importato a chi veramente contava. Ergo, dimmi … dov’è il problema? La famiglia di Bart non è contenta?”

“No, beh, ecco… Leonard ha detto che è felice di diventare nonno, ma ha anche detto che parlerà con l’Arcivescovo per farci sposare quanto prima. Vuole proteggere il mio nome. Bart ha detto proprio così. Il mio nome.”

“Perché sa che quei bigotti di inglesi suoi pari guarderanno a te come a colei che ha irretito il figlio di un conte, l’americana arrivista che vuole entrare in una famiglia nobile” borbottò Oscar, ora vagamente irritato.

“Già, Bart mi ha anche detto che si è preso una lavata di testa, per questo, perché ha messo me in una posizione scomoda” sottolineò Grace.

Oscar allora rise sommessamente, replicando: “Quel ragazzo avrà una bella gatta da pelare quando lo saprà sua madre, ma mi fa piacere che Leonard si sia preoccupato di te.”

Poi, liberandosi in una vera, grassa risata ‘alla Brown’, aggiunse: “Quel ragazzo è più focoso di quanto pensassi. Mi dovrò congratulare con lui, per avermi reso già nonno!”

“Papà…” sospirò Grace, scuotendo il capo.

Oscar continuò ancora per un minuto buono a ridere, finché Grace minacciò di mettere giù.

A quel punto, Oscar disse: “Alla mamma penso io… ma tu devi dire a Bart che ora pretendo che indossi i miei gemelli. Lo considererò un pegno per averti messa incinta.”

“Ma se hai detto che ti fa piacere?!” sbottò lei.

“Sì, ma questo glielo dirò dopo che li avrà indossati” sottolineò Oscar. “Ricordatelo sempre, i Brown…”

“… vincono sempre” terminò per lui Grace, sorridendo nonostante tutto. “A presto, papà.”

“Aspetterò la tua chiamata sulla data del matrimonio, allora” disse lui, salutandola con un’altra risata.

E lei che si era aspettata liti e strepiti… era proprio vero che i Brown erano imprevedibili… anche per una Brown.

Quando uscì, quindi, levò i pollici verso l’alto e disse: “Non ti ammazzerà, Bart, ma vuole che indossi i suoi gemelli, al matrimonio.”

“Tutto quello che vuole, non c’è problema” sospirò di sollievo Bart, baciandola con trasporto. “Ma perché urlavi? Non abbiamo capito granché.”

“Perché mio padre è pazzo” sospirò Grace, scrollando le spalle.

“Amen” sorrise allora Charlotte, dandole una pacca sulla spalla.

“Già… amen” sorrise a sua volta Bart, dando un bacio sulla fronte alla fidanzata.

***

Se Grace immaginò anche solo per un attimo che Leonard potesse non riuscire nell’impresa, dovette ricredersi alla svelta.

Tre giorni dopo la ‘famosa telefonata’, come ormai lei e Charlotte avevano soprannominato quell’episodio, Leonard chiamò il figlio allo studentato per dargli la data.

Si sarebbero sposati a York, nella cattedrale, e avrebbero celebrato il pranzo di nozze a Ingleton Manor, alla presenza di almeno quattrocento invitati.

Da quello che Bart le aveva riferito, sua madre e Maggie si erano già sentite per stilare una prima lista di invitati, e quello era il numero che avevano raggiunto.

Bart non le aveva però detto come l’avesse presa sua madre e, pur con tutte le sue richieste, nulla era giunto dalla sua bocca.

Stranamente, anche chiedendo a sua madre, Grace non aveva ottenuto alcunché, solo la promessa che si sarebbero viste entro la fine della settimana assieme alla modista.

L’idea che sua madre prendesse un aereo assieme all’amica Philomena, e solo perché lei non era stata abbastanza attenta, la fece sentire più in colpa che mai.

Lei, che di solito organizzava tutto alla perfezione, che era sempre attenta a ogni cosa, era caduta su ciò a cui teneva di più.

Il suo rapporto con Bart.

Forse, in quel momento, Gwendolin la odiava per il gran guaio in cui aveva messo il figlio, e nessuno voleva dirglielo per non ferirla.

Fu per questo che, dopo una settimana di tentennamenti, Grace uscì di buon’ora dallo studentato e prese il treno per York senza dire nulla a nessuno.

Neppure a Bart.

A Charlotte aveva lasciato un biglietto, spiegandole che sarebbe stata via tutto il giorno e pregandola di non dire nulla a Bart, solo che lei non poteva vederlo.

Aveva bisogno di parlare con Gwendolin, prima che il dubbio la uccidesse, ma non voleva farlo per telefono.

Non con lei.

Lasciò quindi che il treno la accompagnasse fino a quella brillante e vivace cittadina del nord, e lì prese un taxi per raggiungere il palazzo degli Ingleton.

Essendo un giorno di apertura, Grace trovò diverse comitive pronte per entrare nella parte espositiva del palazzo, ma lei sapeva già come evitare quell’ingorgo.

Aggirò il maniero, si fece notare da uno dei domestici – che la riconobbe subito – e, pregandolo di accompagnarla da Mrs Ingleton, entrò all’interno.

Il freddo del viaggio le scivolò di dosso non appena il calore di quei luoghi le scaldò le carni e, lasciata ad attendere in uno dei salottini, Grace si sedette e sospirò.

Non aveva la più pallida idea di quello che si sarebbero dette, ma aveva sentito il desiderio di parlare con Gwendolin, e a questo si era attenuta.

Quando, però, la vide entrare nel salottino, turbata e sorpresa dalla notizia del suo arrivo, Grace poté solo alzarsi in piedi e, senza poterle fermare, le lacrime iniziarono a scivolare sul suo viso.

Gwendolin si affrettò a chiudersi la porta alle spalle e, mentre Grace crollava a sedere sulla poltrona dietro di lei, la donna la raggiunse e le batté una mano sulla schiena.

Scossa dai singhiozzi, Grace si coprì il viso con le mani e, spiacente, mugolò: “Oddio, mi spiace, mi spiace davvero tanto… non avrei mai voluto…”

“Grace, prendi un bel respiro e dimmi dov’è il problema. Così, non riesco a capire cosa stia succedendo. E poi, dov’è Bart? Perché sei qui da sola?”

“Lui… lui non sa che sono venuta qui in treno, e…” balbettò lei, sempre nascosta dietro il velo offerto dalle mani premute sul viso.

Gwendolin inspirò a fondo, sgomenta, ed esalò: “Oh, cielo, bambina… ma perché ti sei sobbarcata un viaggio simile, e da sola? Avrei potuto venire io e…”

“NO!” strillò Grace, liberandosi finalmente dalle mani per guardarla. “Le ho già causato un disturbo enorme, oltre che un imbarazzo degno di tale nome!”

“Oh” mormorò soltanto Gwendolin, scostandosi da lei per accomodarsi sulla poltroncina a fianco. “Pensi io sia arrabbiata? O rattristata?”

“Bart non mi dice nulla, e neanche mia madre mi ha detto alcunché. Così, ho deciso di venire da lei per chiederle scusa. Di solito, sto attenta a ogni cosa, sono scrupolosa, eppure, dove avrei dovuto mettere più impegno…”

La donna batté una mano sul braccio di Grace, offrendole un debole sorriso e, scuotendo il capo, replicò: “So bene che sei attenta e scrupolosa, Grace. Anzi, a dir la verità, io penso persino troppo. Per questo, quando Leonard mi ha parlato del bambino, mi sono sorpresa. Ma non in negativo.”

“Come?” esalò Grace, più che mai sorpresa.

“Non fraintendermi…, questa cosa non passerà sotto silenzio, e dovremo stringere i denti diverse volte, prima che il parentado la smetta di porsi domande tendenziose sul piccolo che porti in grembo” ammise Gwendolin, seria in viso pur se non irritata.

“E’ per questo che volevo scusarmi” sospirò Grace, reclinando il viso.

Gwendolin, però, glielo risollevò con un dito e, granitica, le disse: “Sarai una Ingleton, tra poco più di un mese, Grace. Non dovrai mai chiedere scusa per le tue decisioni, anche se questa è stata più una sorpresa, che altro.”

Addolcendo un poco il tono della voce, poi, aggiunse: “Inoltre, non credo che i Brown siano da meno, no?”

“No, non siamo da meno” assentì con un leggero sorriso la giovane.

“Bene. Perché riceverai delle critiche, ci saranno delle frecciatine più o meno velate, ma io so che potrai tenere loro testa, se mi dimostrerai che i Brown sono tosti come dicono di essere.”

Grace la fissò senza parole – soprattutto quando la udì dire la parola ‘tosti’ – e, limitandosi ad annuire, ritrovò finalmente il sorriso.

“Naturalmente, mi aspetto che sia una femmina, perché ho davvero speso tutta la mia pazienza con due maschi, e non voglio ripetermi con mia nipote” sottolineò Gwendolin, con una certa alterigia.

“Oh… non vuole un erede maschio?” esalò sorpresa Grace.

“Come direste voi giovani, Dio ce ne scampi e liberi. Il mio primogenito ha deciso che vuole dedicarsi alle attività pro bono e, pur se apprezzo il gesto, temo possa cacciarsi nell’ennesimo guaio. Quanto al mio secondogenito, ha messo incinta la sua fidanzata senza neppure avere il coraggio di dirmelo di persona. Da qualche parte, ho sbagliato di sicuro, perciò evitiamo i maschi, per questa volta, per favore” ironizzò a suo modo Gwendolin, dandole una pacca sul braccio con affetto.

No, Gwendolin Ingleton non sarebbe mai stata come Maggie Brown, che dispensava amore con ogni stilla del suo essere.

Forse, non era stata educata a farlo, forse era timida per natura, ma sapeva come far capire alle persone il suo apprezzamento.

E a Grace bastò questo.

Le sorrise con maggiore convinzione e, poggiando le mani sul ventre ancora piatto, dichiarò lapidaria: “Sarà femmina, a costo di spezzare il mondo in due e, se lo dice una Brown…”

“Una Ingleton…” sottolineò Gwendolin, facendola ridere.

“Una Ingleton-Brown…” concesse a quel punto Grace, notando il divertimento negli occhi della donna. “… se lo dice una Ingleton-Brown, allora può star certa che avverrà.”

“Ne sono convinta. Ma ora è meglio se mangi qualcosa, e poi tornerai a Cambridge assieme a Leonard” dichiarò a quel punto Gwendolin, levandosi in piedi con aria quasi militaresca.

“Oh, ma no… riprenderò il treno…”

“Leonard deve comunque scendere a Cambridge per vedere Bart. Non gli cambierà nulla avere una persona che gli tenga compagnia durante il viaggio. Anzi, gli farà bene. Era un po’ in ansia per te.”

“Ma io sto bene” sottolineò Grace, levandosi in piedi.

Gwendolin, allora, le sfiorò il viso con una mano e disse: “Bartemius ti ha messa incinta, e spettava a lui badare a che non succedesse. E’ questo che abbiamo insegnato ai nostri figli. Leonard si sente in qualche modo in colpa e, se vedesse che tu stai bene e non sei in qualche modo irritata con nostro figlio… beh, si sentirebbe meglio.”

“Oh, ma tu guarda…” brontolò a quel punto Grace, piazzando le mani sui fianchi con espressione risoluta. “… lo sfiancherò di chiacchiere e, alla fine, non baderà più a queste sciocchezze. Anzi, dovrebbe essere felice che io e Bart abbiamo combinato questo guaio, se così si può definirlo.”

“In che senso?” volle sapere la donna.

Sorridendo con amore quando tornò a sfiorarsi il ventre piatto, Grace mormorò: “Significa soltanto che siamo così innamorati che tutto il resto, anche il nostro giudizio, è passato in secondo piano. Non è una bella cosa?”

Gwendolin vi rimuginò sopra un attimo e, nell’accompagnarla nella saletta dove pranzavano solitamente, sorrise e asserì: “Sì, è una bella cosa. Ma sarà meglio che tu glielo dica. Certe cose, i maschi vogliono sentirsele dire.”

“Lo sfinirò, promesso, e… grazie.”

“Come hai detto tu, lo ami così tanto che tutto il resto è passato in secondo piano” disse solennemente Gwendolin, prima di domandarle: “Posso osare di sperare che, una volta avuta la bambina, tu rinunci alla carriera da avvocato?”

Scoppiando a ridere sommessamente, Grace scosse il capo e replicò: “Ah, no, mi spiace. La mia bambina avrà un grande avvocato come madre, e un imprenditore come padre.”

“Poteva capitarle di peggio” sorrise a quel punto lady Ingleton, e con lei Grace.

***

Sorseggiando del succo di mela – non potendo bere vino, aveva optato per quello – Grace sorrise al suo Bart, seduto accanto a lei, e mormorò: “Tutto sembra andare per il meglio, non trovi?”

“Se intendi dire che tuo padre non ha ancora litigato con uno dei miei parenti, direi di sì” sussurrò per contro Bart, facendo un gran sorriso.

Lei assentì, ridendo piano e lui, spinto dall’esigenza, si allungò per baciarla sulle labbra con un certo entusiasmo.

Grace replicò al bacio, ma solo per un attimo, non volendo mettere in imbarazzo Gwendolin o Leonard.

Non sapeva ancora esattamente quanto li avrebbero tartassati i parenti, e non voleva dare loro troppe frecce al loro arco per punzecchiarli.

Quando si scostò, però, non poté fare a meno di divorare Bart con lo sguardo, splendido e perfetto nel suo frak da cerimonia nei toni del grigio e dell’argento.

Il ricordo le tornò a poche ore prima, quando lo aveva visto nei pressi dell’altare, alto e fiero, la tuba in testa e il bastone nella mano destra.

Al suo fianco, Andrew le aveva sorriso estasiato, mentre Edward le aveva dato un bacetto sulla guancia, quando era giunta accanto a lui.

Damigelle d’onore e garçon d’onneur si erano allineati alla perfezione ai loro lati – tre per parte – mentre i testimoni erano rimasti leggermente in disparte.

Tutto si era svolto nel migliore dei modi, e i complimenti per il suo abito principesco, dalla lunga e ampia gonna con lo strascico e il corpetto a cuore ricoperto di perline, si erano sprecati.

Raggiungere Ingleton Manor su una carrozza le era parso assurdo e stranamente divertente e, quando infine Bart l’aveva scortata nel salone, Grace si era sentita davvero una principessa.

E il principe al suo fianco l’aveva fatta sentire tale per tutto il tempo, pur se aveva idea che avrebbe continuato anche negli anni a venire, conoscendo il carattere di Bart.

Sorrise lieta, si volse a scrutare tutti i loro invitati e, quando raggiunse Charlotte con lo sguardo, levò entrambi i pollici in segno di vittoria, e lei con Grace.

Se si fossero affidati a quel loro colpo di testa, non avrebbero riunito per sempre le loro due famiglie, né avrebbero avuto tutto questo.

La pace, l’armonia, e solo qualche punzecchiatura ogni tanto.

No, tutto sarebbe stato molto peggio, senza di lei, senza Charlotte e, prima o poi, Grace si sarebbe sdebitata con l’amica.

In un modo o nell’altro.

***

“Okay, Charlie, se avevi in mente questo, quando pensavi che io mi sarei sdebitata con me, dovevi aver bevuto più whisky di mio padre e mio nonno messi assieme…” brontolò Grace, lanciando un grido disperato subito dopo, quando l’amica quasi le massacrò una mano.

Soffiando dalla bocca come una locomotiva a vapore, Charlotte la fissò malissimo e replicò: “Non è colpa mia se mio figlio ha deciso di nascere adesso, nel bel mezzo delle montagne rocciose, in uno sperduto alpeggio circondato da boschi…”

Altra contrazione, altra stretta di mano, altro urlo.

A quel punto fu Grace a sbuffare distrutta, e ribatté: “E io cosa ne sapevo che avrebbe deciso di nascere con due settimane di anticipo! Volevo che ti godessi un po’ di frescura, tutto qui!”

Bart fissò le due amiche, il marito di Charlotte – Richard – che stava controllando la situazione e, dubbioso, domandò: “Come andiamo?”

“Male!” sbottò Charlotte.

“Direi bene, vista la situazione” rettificò Richard, sistemando bene il telo sopra le gambe della moglie.

Ripulendosi le mani con un telo pulito, l’uomo sorrise fiducioso alla moglie e aggiunse: “Sei dilatata di otto centimetri e le contrazioni sono piuttosto frequenti. Tra poco ti chiederò di spingere, tesoro…”

“Se non fosse che sei mio marito…” cominciò col dire lei, furiosa.

“… e un ginecologo…” aggiunse Grace.

“… ti picchierei seduta stante” terminò di dire Charlotte, lanciando un altro urlo furioso, e Grace con lei.

“Molto bene” disse soltanto Richard, imperturbabile agli insulti della moglie.

Bart sorrise di fronte alla flemma dell’amico – lui si era innervosito ben di più, all’epoca, ma andava detto che la loro piccola era nata con un parto davvero difficoltoso.

“Papà?” mormorò alle sue spalle la piccola Serena, attirando l’attenzione di Bart.

Lui le sorrise subito, la accolse in braccio e le carezzò la folta chioma riccia di capelli bruno-ramati.

“Cosa succede, Rena? La zia e la mamma ti sembrano due oche starnazzanti?” ironizzò Bart, ricevendo per diretta conseguenza due occhiate raggelanti.

“Sì” ammise con candore la bimba, prima di allungare il suo lecca-lecca a Charlotte. “Vuoi? E’ buono.”

“Oh, tesorino… sei davvero…” cominciò col dire Charlotte, senza mai arrivare alla fine della frase.

Lanciò un urlo tale che Serena lasciò andare il lecca-lecca per tapparsi le orecchie e Richard, assentendo, disse pacifico: “Spingi pure, cara. Più forte che puoi.”

“Ti strangolerò, Rich… sicuro come l’oro. Farò questo figlio poi ti ucciderò…” lo minacciò Charlotte.

Inattaccabile, lui le sorrise flemmatico e replicò: “Tutto quello che vuoi, cara.”

“Uccidilo tu per me, Grace… ti prego…” si lagnò Charlotte, dando un’altra spinta.

In lontananza, si udivano le sirene di un’ambulanza in avvicinamento.

“Penso che mi assenterò per un attimo… giusto per non far impressionare Rena” dichiarò a quel punto Bart, levandosi in piedi per raggiungere la porta d’ingresso.

Un ‘sei solo un cordardo’ lo seguì fino alle scale di legno del cottage e Rena, ridendo divertita, disse: “La zia ti prende in giro… la zia ti prende in giro…”

“Eh, già, piccola… pare proprio di sì.”

Quando si udì il primo vagito, Bart baciò Serena sul nasino, salutò con un cenno i paramedici smontare dall’ambulanza e disse: “Pare vi spetterà il compito più semplice… forse.”

“E’ molto irritata?” ironizzò il dottore, entrando con lui nel cottage.

“Io mi armerei di pazienza…” lo mise in guardia Bart, entrando nel salotto dove avevano approntato una sala parto d’emergenza.

Richard stava tenendo tra le braccia il suo piccolino, perfettamente sano e urlante, mentre Charlotte e Grace erano stese sul pavimento, distrutte entrambe ma molto soddisfatte.

Quando i paramedici sollevarono la prima per metterla sulla lettiga, Charlotte allungò una mano aperta in direzione di Grace che, battendole il cinque, disse: “Debito pagato.”

“Ci puoi scommettere, sorella” sorrise Charlotte, lasciandosi portare fuori senza strepiti.

Bart, allora, sorrise a Richard – impegnato in una fitta conversazione con il dottore – e aiutò Grace a rimettersi in piedi.

Ciò fatto, la baciò e le domandò: “Stai bene?”

“Se mai recupererò l’uso della mano, potrò dirmi soddisfatta” ironizzò Grace, con gli occhi lucidi di commozione.

Richard, in quel mentre, li avvisò che sarebbe sceso a valle con il piccolo e Charlotte e Bart, assentendo, gli disse: “Chiudiamo casa e vi seguiamo. Voi andate pure avanti.”

“Grazie, amico. Ci rivediamo in ospedale” li salutò Richard, uscendo di gran carriera.

Quando la casa fu nuovamente avvolta nel silenzio, Bart si guardò intorno al pari di Grace e Serena ma, con una scrollata di spalle, sentenziò: “Metteremo a posto un’altra volta. Ora, dobbiamo pensare a Charlotte, Richard e al piccolino.”

Grace assentì con un sorriso e, nel baciare Serena sul nasino, asserì: “L’ultima volta che abbiamo trasgredito le nostre stesse regole, ci è andata bene. Credo che lasciare questo casino alle nostre spalle non ci farà finire nei guai.”

“Solo se mia madre piombasse qui di colpo… ma dubito possa succedere” ironizzò Bart, avviandosi verso la porta per uscire di casa e raggiungere gli amici.

“Che guaio avete fatto?” si informò allora la piccola Serena.

“Il guaio più bello del mondo. Tu” sorrise Grace, prendendola in braccio per farla volare.

Rena rise e allargò braccia e gambe e, quando Bart tornò con l’auto per scendere a valle, le trovò strette in un abbraccio mamma/figlia che gli aprì il cuore.

Sì, era davvero il guaio più bello del mondo.

 

 

 

 

 

 

Note: E con questo capitolo, termina il viaggio assieme a Bart e Grace che, spero, vi abbia divertito. 

Per il momento, non mi resta altro da dire, sul mondo di Honey ma, se vi venisse in mente qualcosa di speciale, non esitate a chiedere. Forse, potrei sfornare qualcosa.

Vi ringrazio per aver pazientato e avermi seguita fino a qui! Alla prossima (non si sa in quale avventura, ma ci sarà)

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark