Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Rohhh    09/11/2016    1 recensioni
A chi non è mai capitato di sentirsi troppo diverso da qualcuno e non provare ad andare oltre quelle apparenze? Ashley ha 21 anni, è una studentessa universitaria seria e posata, ha due sorellastre e una madre che sente troppo diversa da lei. In vacanza dal padre conosce Matt, il figlio della sua nuova compagna, ribelle e criptico, lui con la propria madre ci parla appena. Quell'incontro cambierà il modo di vedere le cose di entrambi e farà capire loro che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto o per stringerne di nuovi con chi non ci aspettavamo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 37

 

Ashley salì sull'autobus affollato, colmo di studenti diretti verso la sua stessa meta: l'università.

Non era un viaggio lungo, distava solo mezz'ora dal suo paese ed era perfettamente abituata a compiere quel tragitto, come faceva ormai da tre anni, ma quel senso di smarrimento era la prima volta che lo provava.

Osservò i visi degli studenti, qualcuno era annoiato, altri assonnati, altri ancora intenti a chiacchierare col vicino e ne salutò qualcuno che conosceva con un cenno del capo e un sorriso forzato.

Finalmente tra le file scorse una mano che cercava forsennatamente di attirare la sua attenzione e poi riconobbe il volto di Sophia. L'amica la chiamò e spostò la borsa che aveva poggiato sul sedile per conservarle il posto.

Le baciò le guance e le sorrise amichevolmente, provando a farla ridere e attaccando a parlare a ruota libera di una miriade di argomenti diversi.

Tutti tranne quello.

Sophia aveva intrapreso una tattica spietata,l'unica che riteneva utile in quei casi: semplicemente non parlare più di lui, cercare di farla distrarre, allontanare i suoi pensieri da quel ragazzo e far sì che li concentrasse su altro.

Come se fosse facile, comunque!

Erano ormai quattro giorni che Ashley era ritornata e per lei quello significava quattro giorni senza Matt.

Non era qualcosa a cui si ci abituava come niente fosse e lei non l'aveva ancora fatto. Continuava a pensarlo e a chiedersi cosa stesse facendo, ma la vita era crudele e andava avanti e lei questo non poteva impedirlo.

Aveva ripreso lentamente a mangiare e a sorridere di più, aveva riaperto i libri per gli esami di fine mese e aveva provato a mettere piede fuori casa, anche solo per una passeggiata.

Spesso erano gesti che compiva per non fare preoccupare o insospettire la gente intorno a lei. Quello che le faceva più male era vedere come il mondo continuasse, ignaro della sua sofferenza. Non faceva altro che osservare la gente, chi studiava, chi andava a lavoro, i bambini che giocavano, tutto scorreva come aveva sempre fatto, mentre lei era rimasta ferma a quel giorno maledetto.

Annuì con poca convinzione a una lamentela di Sophia sul suo professore, poi voltò per un attimo la testa verso il finestrino, osservando il paesaggio, senza espressione.

All'università le lezioni non erano ancora cominciate, ma aveva dovuto fare un salto per accertarsi della data di un esame e per incontrare dei colleghi e scambiarsi del materiale per lo studio.

Un paio di sorrisi, di convenevoli, di 'come stai' e di risposte vaghe e poi era andata.

Il viaggio di ritorno lo fece sola e ne approfittò per prepararsi psicologicamente a ciò che la aspettava.

Aveva deciso di passare dall'officina del padre di Tyler, dove anche lui lavorava, per farsi viva durante una sua pausa. Non aveva potuto ignorarlo e il giorno prima lo aveva chiamato spiegandogli che era stata male per via dello sbalzo di temperatura dalla città di mare di suo padre alla loro e lui pareva averci creduto.

Gli aveva proposto di vedersi dieci minuti al ritorno dall'università. Sperava che in un tempo così piccolo non avrebbe potuto intraprendere qualche discorso imbarazzante e avrebbe guadagnato del tempo per prepararsi al loro futuro e inevitabile confronto.

L'autobus accostò alla fermata ed Ashley scese, prese un respirò profondo e si avviò.

Cinque minuti dopo era già arrivata, fece capolino e scorse Tyler impegnato a trasportare dei grossi scatoloni, impresa quasi impossibile per molti ma che lui affrontava come un gioco da ragazzi, visto il fisico allenato che si ritrovava.

Rimase in silenzio, in attesa che lui la notasse e questo avvenne poco dopo.

Gli occhi di Tyler si illuminarono nel riconoscere la figura di Ashley. Poggiò il carico a terra e si avvicinò a lei.

Era bella come sempre, forse aveva i capelli più lunghi che gli ricordavano il periodo in cui erano stati insieme, quando ancora li portava così, e sembrava più sciupata, deperita ma lo attribuì al malessere di stagione. Teneva stretta la cinghia della sua tracolla e aveva l'aria di essere quasi impaurita di vederlo.

Tyler non resistette più, la raggiunse e la abbracciò stretta, Ashley tremò a quel contatto e si limitò ad appoggiare le braccia sulla sua schiena, senza stringere la presa.

«Finalmente ci vediamo! - esclamò lui, non sembrava cambiato, i suoi occhi castani erano sempre allegri, forse ancora di più adesso che la vedevano e i capelli un po' più corti.

«Già» disse Ashley, impegnandosi di risultare convincente e ricambiare la felicità che lui sembrava sprizzare da tutti i pori.

«Facciamo una passeggiata, ti va?» propose Tyler, Ashley annuì, e insieme si diressero verso un parco lì vicino.

Il ragazzo la osservò camminare accanto a lui, sembrava triste, angosciata e cominciò a dubitare che fosse per il raffreddore. Il suo sguardo si accigliò e una certa preoccupazione e ansia lo invasero.

Forse non doveva più aspettare, doveva togliersi quel dubbio adesso.

Si sedettero su una panchina, Ashley poggiò la borsa sulle ginocchia e se la strinse al grembo, in un atteggiamento di chiusura che Tyler non si spiegava.

«Sei strana» affermò dopo qualche minuto perso a parlare delle solite cose che si chiedono quando non ci si vede da un po'.

Ashley sussultò e di riflesso strinse i pugni attorno al tessuto della tracolla.

Cosa avrebbe dovuto rispondere ora?

«In che senso?» domandò, sperando di riuscire a tergiversare.

«Non lo so, sembri assente, diversa»

«Forse lo sono, non stiamo forse crescendo e cambiando tutti?» rispose, con un tono forse troppo freddo, che meravigliò anche sé stessa.

Tyler rimase in silenzio, poi guardò le fronde degli alberi sopra la loro testa, muoversi scosse dal vento e il vialetto del parco che si inoltrava e si ramificava andando avanti.

«Ti ricordi, venivamo spesso qui da ragazzini – iniziò, con l'intenzione di rivangare il passato – è qui che ci siamo dati il primo bacio»

Ashley cominciò a diventare sempre più nervosa, non voleva che la discussione andasse a finire lì, aveva sperato che almeno in quel loro breve incontro non sarebbe successo, ma Tyler sembrava troppo determinato e forse era stato preso dalla fretta di sapere.

«Sì, è stato il mio primo bacio - affermò, anche se adesso era a disagio con lui, non potè negare che fosse un ricordo piacevole quello, ma le cose erano cambiate e lui doveva accettarlo – ma è stato tanto tempo fa, adesso è tutto diverso»

«Forse sì – mormorò lui - o forse no»

Le ultime tre parole le pronunciò così piano che Ashley preferì fare finta di non averle sentite, scattò in piedi, controllando l'orario, poi si voltò verso il ragazzo, ancora seduto sulla panchina.

«Si è fatto tardi, se non vai ti beccherai una ramanzina da tuo padre, sai come se la prende quando fai il lavativo a lavoro» balbettò, in evidente imbarazzo.

Tyler abbassò lo sguardo rassegnato, poi la seguì.

«Che ne dici se ci vediamo di nuovo da soli uno di questi giorni, ho bisogno di parlarti con calma» la informò, serio ma anche un po' spaventato.

«Va bene, anche io devo parlarti» ribattè Ashley, in uno slancio di coraggio.

Poi Tyler fece per salutarla ma avvicinandosi al suo viso provò l'istinto irrefrenabile di baciarla, le circondò la schiena con un braccio e provò ad avvicinarsi alle sue labbra, ma Ashley riuscì a intuire le sue intenzioni e si scansò, porgendo la guancia, come in un normale saluto.

Poi corse via, frastornata. La sensazione di altre braccia che la circondavano che non fossero quelle di Matt l'aveva nauseata, la testa le aveva cominciato a girare e aveva iniziato a correre per tornare il prima possibile a casa. Il viso di Tyler così vicino al suo l'aveva terrorizzata, lei non voleva essere baciata, né toccata, voleva solo stare da sola.

L'unico che avrebbe voluto accanto e al quale avrebbe permesso di fare tutte quelle cose era Matt e per l'ennesima volta sentì crollare l'equilibrio che tanto difficilmente stava cercando di ricostruirsi.

'Lo amo, lo amo, non posso farci niente, perchè deve fare così male?» continuò a ripetere mentre il respiro le si affannava per la corsa, finchè non fu costretta ad appoggiarsi a un muro e fermarsi, affranta e in preda alla disperazione.

 

 

Monica aprì la porta a Mandy e la fece accomodare al piano di sopra, dove Matt la stava aspettando.

Si sentiva un po' più serena adesso, per qualche strana ragione che nessuno le aveva voluto spiegare, suo figlio e Gregory avevano ricominciato a parlarsi come se il loro rapporto non fosse mai stato incrinato da quell'incidente di percorso. Aveva provato più volte a farsi dare dei chiarimenti ma quei due erano stati delle tombe. Alla fine se ne era fatta una ragione, l'importante era che almeno tra loro le cose fossero tornate alla normalità.

Mandy ringraziò cortesemente Monica e poi fece capolino nella stanza di Matt.

Lo salutò e si sedette sul suo letto, strimpellando un po' il basso del ragazzo, negli anni le aveva insegnato qualche accordo e qualche giro di base.

Era venuto a salutarlo perchè Matt sarebbe partito il giorno dopo e non si sarebbero rivisti se non forse tra un'altra estate e in più era preoccupata per quello che era successo due sere prima. Voleva accertarsi che l'amico stesse meglio e soprattutto che avesse riflettuto sulle sue parole, sperava almeno di averlo scosso.

«Mi hai fatto prendere un colpo due sere fa, brutto cretino!» sbottò all'improvviso, mettendo giù lo strumento.

Matt rise, poi si accasciò su una sedia e fissò l'amica imbronciata.

«Scusami se ti ho dato pensiero, sono stato un idiota, ma quella sera stavo così male che avevo solo voglia di annullare quel dolore, e non ho ragionato più» si giustificò.

«E adesso come va? - chiese Mandy, arricciandosi i capelli tra le dita – hai deciso cosa fare?»

«Non capisco cosa intendi» ribadì Matt indifferente, facendo finta di non aver colto dove l'amica volesse andare a parare. Non poteva certo dirle che da quando aveva sentito le sue parole queste gli risuonavano in testa ininterrottamente, tentandolo. E lui non aveva ancora capito qual era la cosa giusta da fare.

«Andiamo Matt, non fare il finto tonto con me, sai che non mi inganni! Parlo di Ashley e del fatto che penso che dovresti tornare con lei, e anche tu sai che è così che dovrebbe andare» gli intimò, sventolandogli un dito minaccioso davanti al naso.

Matt sbuffò infastidito, poi si girò dall'altra parte.

«Tornare con lei implicherebbe che siamo stati insieme prima, ma non è stato mai così tra di noi!» tentò di arrampicarsi sugli specchi miseramente per evitare quell'argomento, ma ottenne solo di fare infuriare Mandy, come mai era successo prima.

La ragazza si alzò dal letto e si portò di fronte a lui, lo afferrò per la maglietta e gli lanciò un'occhiata terrificante.

«Ancora con questa cazzo di storia che non stavate insieme! Vuoi che ti prenda a schiaffi Matt? Guarda che lo faccio, perchè mi stai facendo incazzare tanto! - urlò, fuori di sé dalla rabbia, Matt era amico suo ma quando faceva così, quando si ostinava a fare l'indifferente e a sminuire i problemi lo avrebbe volentieri picchiato – ok, se per te Ashley non è stata niente abbi almeno le palle di ammetterlo, guardami negli occhi e dimmi adesso che è stata solo una delle tue scopate! Forza dimmelo! Dimmi che te la sei solo scopata come hai fatto con le altre, che mi hai detto un mucchio di stronzate quest'estate e che per te conta meno di niente!» prese a provocarlo senza dargli tregua, ferendolo con quelle insinuazioni terribili.

Matt si portò le mani tra i capelli, avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non sentire più nulla, chiuse gli occhi e si arrese, senza essere in grado di ribellarsi e di dire altro.

Mandy allora abbassò il volume della voce e gli parlò come avrebbe fatto una sorella.

«Non c'è niente di male ad ammettere quando si ama qualcuno, e se pensi che l'amore ti abbia reso una nullità e un debole non hai ancora capito niente. Non hai idea di quanta forza ti darà da ora in poi per lottare e per affrontare le prove che vi aspetteranno, ma io so che ce la farete, tu e lei insieme! Ma prima devi andare da Ashley e dirle quello che provi!» disse Mandy, poi si abbassò, gli prese il viso tra le mani e sorrise, lui era ammutolito come aveva previsto e aveva lo sguardo severo e accigliato, sconvolto da tutti quei discorsi.

Mandy allora lo abbracciò e decise di lasciarlo solo per riflettere, ma in cuor suo sapeva che Matt non l'avrebbe delusa, che alla fine avrebbe fatto la scelta giusta.

 

 

Ashley spalancò la porta di casa e si precipitò dentro, con un gesto rapido della mano la spinse indietro per richiuderla ma lo fece con così tanto impeto, da farla sbattere troppo violentemente e produrre un tonfo più rumoroso del normale.

Era stata impaziente di fuggire dal mondo esterno, dalla gente chiassosa, dalle luci delle auto, dal frastuono generale che le rimbombava in testa, e desiderosa di un po' di pace e serenità e finalmente si sentì sicura e protetta da quelle mura familiari.

Il panico provato prima abbandonò lentamente il suo corpo e assaporò il silenzio che adesso regnava.

Si fermò qualche secondo nella penombra dell'ingresso per riprendere il fiato che la corsa e i suoi pensieri soffocanti le avevano rubato, deglutì rumorosamente, prese un ultimo lungo respiro e proseguì decisa verso la cucina, dalla quale sentiva provenire il suono debole della tv accesa.

Lì Nancy, nel frattempo, aveva distolto l'attenzione dal telefilm che stava seguendo e voltato di scatto la testa in direzione del corridoio, distratta dal fragoroso rumore della porta.

Aveva allontanato di qualche centimetro la schiena dal divano per sporgersi in avanti e cercare di captare eventuali strani movimenti, ma alla fine si rilassò quando riconobbe il suono dei passi di Ashley.

Era capace persino di fare quello, di riconoscere le sue figlie anche solo sentendole camminare.

Capì di essere stata nuovamente infallibile quando vide spuntare la figura esile di Ashley, stretta dentro il suo giubbino, con il volto pallido e lo sguardo timoroso e inquieto di chi sta ancora lottando contro chissà quali mostri.

Sua figlia all'apparenza sembrava aver ripreso la vita di tutti i giorni ed essere tornata la ragazza di sempre, ma lei aveva capito che non era così, che c'era qualcosa che la turbava e di cui non riusciva a liberarsi.

Avrebbe tanto voluto aiutarla ma sapeva che doveva essere Ashley a permetterglielo, erano giorni che attendeva pazientemente che accadesse con la triste consapevolezza che potesse anche non succedere mai, così come era sempre stato in tutti quegli anni.

Lei non si era mai arresa, comunque. Continuava a sperarci.

«Mamma» mormorò Ashley, puntandole addosso quegli occhi disperati, mentre cercava di lisciarsi i capelli, sparpagliati dal vento.

Nancy si rizzò in piedi, mossa da quella richiesta di aiuto implicita, e le venne incontro, Ashley non indietreggiò ma si fece raggiungere.

«Tesoro che succede? Va tutto bene?» le domandò, accarezzandole lievemente il viso col dorso della mano e sistemandole una ciocca di capelli fuori posto.

«No»

La voce roca e spezzata di Ashley la spiazzò, era forse la prima volta che ammetteva l'esistenza di un problema, che non si nascondeva dietro una finta facciata rassicurante ma al contrario confessava una sua debolezza e fragilità.

La prima volta che mostrava di volersi aprire con lei.

Qualcosa era diverso in Ashley da quando era tornata da quella vacanza e non si trattava solo del suo stato d'animo, senza dubbio sconvolto e ferito, ma di qualcosa di più.

C' era un cambiamento nel suo modo di porsi in casa, era come se avesse perso quella sua maschera fredda e distaccata e cercasse un contatto o un modo per comunicare, mandando delle richieste di aiuto.

Lo aveva fatto con gli occhi, con i gesti e adesso anche con le parole.

Nancy rimase senza parole, le sue labbra si dischiusero per la meraviglia di quella risposta e anche per l'apprensione di conoscere cosa stesse logorando la sua bambina.

Vide che si torturava le mani, come quando era fortemente agitata, e che stava cercando di buttare fuori ancora qualcos'altro, così attese in silenzio, col cuore in gola.

«Io... ho bisogno di parlare con te» riuscì a bisbigliare Ashley in un soffio, senza abbassare lo sguardo.

Nancy sussultò, era da una vita che sognava di sentirsi dire quelle poche parole e si era ormai quasi rassegnata che quel suo desiderio non si sarebbe avverato mai.

Il suo cuore aumentò i battiti e le labbra le si piegarono immediatamente in un dolce sorriso.

«Ma certo – le rispose, poi si voltò e si diresse verso la credenza, aprì uno sportello e cominciò a frugarvi dentro – che ne dici di una bella cioccolata calda? Quando si è giù prendere qualcosa di dolce fa sempre bene all'umore!» esclamò gioiosa mentre si voltava di nuovo verso di lei dopo aver estratto le bustine col cacao.

«Sì, grazie!» fece Ashley, l'espressione calma e pacata della madre le aveva già trasmesso un piacevole calore e un senso di benessere, come una medicina buona e miracolosa.

Un po' come quando stava con la testa poggiata sul petto di Matt e poteva ascoltare il ritmo rasserenante del battito del suo cuore sotto l'orecchio, che le conciliava il sonno e la faceva sentire protetta.

Si accucciò sopra una poltrona che stava accanto alla piccola vetrata che dava sul cortile esterno, niente a che vedere con il giardino della casa di suo padre, ma Ashley amava quel piccolo angolo da cui riusciva a dare uno sguardo al mondo esterno pur rimanendo dentro casa, nella sua zona sicura. Da bambina era solita passare ore rannicchiata davanti a quel vetro col naso all'insù a guardare il cielo o la pioggia cadere, o degli uccellini di passaggio e quando era più fortunata persino qualche gatto e le piaceva immaginare e fantasticare, inventando storie e creandosi tutto un suo mondo nel quale a nessuno era consentito entrare.

Una decina di minuti dopo sua madre le si avvicinò, porgendole una tazza fumante.

«Attenta, scotta!» la avvisò, sorridendole.

Era bello il viso di sua madre, quegli occhi così simili ai suoi, l'espressione amorevole di chi ti vuole più bene di ogni altra cosa al mondo.

Chissà perchè se ne accorgeva solo ora.

Prese la tazza dalle mani di sua madre e ne respirò il profumo dolce, sentendosi già meglio e più rilassata. Il vapore caldo le colorò le guance di un bel rosa, eliminando il pallore precedente.

Nancy non si sedette, rimase in piedi davanti alla finestra, con lo sguardo perso in un punto imprecisato davanti a lei e il fumo della sua cioccolata che appannava il vetro.

Un silenzio imbarazzante scese tra loro: Ashley aveva così tante cose in testa da dirle che non riusciva a capire da quale fosse più opportuno cominciare.

Provò a bere un sorso della sua bevanda per impegnare ancora un po' il tempo ma era troppo calda e si scottò la gola, tossendo di conseguenza.

«Non c'è nessuno in casa?» domandò poi, per cercare di iniziare una conversazione in modo non troppo traumatico.

Nancy soffiò sulla tazza, poi rispose, scuotendo la testa.

«No, Phoebe è da Peter, dovevano passare da casa loro e poi avrebbero cenato insieme, July è con suo padre e non tornerà prima di sera. Siamo sole, nessuno farà irruzione disturbandoci» la rassicurò.

Ashley spostò rapidamente lo sguardo verso sua madre, poi lo abbassò, esitò ancora qualche minuto, si inumidì le labbra e parlò.

Mamma io...quando ero bambina e anche dopo, quando sono cresciuta... insomma da sempre...credo di averti fatto molto male col mio atteggiamento» trovò il coraggio di rivelare subito, a sangue freddo, Nancy spalancò gli occhi perchè non si aspettava proprio una simile ammissione di colpa da parte sua come inizio del discorso.

L'aveva buttata fuori di getto, dandole l'impressione che in realtà fosse un peso che si portava dietro da tanto tempo e adesso non ce la facesse più a sostenerlo.

«Ma che stai dicendo, Ashley?» Nancy si voltò verso di lei e si affrettò a sminuire quella triste verità, per quanto in tutti quegli anni avesse sofferto per la distanza tra lei e sua figlia, non poteva ammetterlo e caricare una colpa simile sulle spalle di Ashley, le voleva troppo bene per farlo.

«Mi sono sempre comportata da vittima, di continuo. Pensavo che la mia situazione familiare fosse una punizione per qualcosa che non avevo compiuto, odiavo gli sguardi di derisione o compassione degli altri e non facevo che domandarmi 'perchè proprio a me?', come se fossi la bambina più sfortunata della terra, come se mi mancasse qualcosa e così facendo non mi accorgevo che invece avevo tanto amore attorno – Ashley strinse le mani attorno alla tazza, i suoi occhi rimanevano fissi sul suo contenuto, senza avere la forza di guardare altrove – Ti ho anche incolpata dentro di me perchè se tu e papà non vi foste lasciati saremmo stati una famiglia normale e io non avrei subito tutta questa situazione. Più vedevo le mie sorelle vivere serenamente senza dare peso ai problemi che invece mi ponevo io, più mi innervosivo e mi chiudevo, non volevo accettare di essere io in realtà a crearli, di essere io il problema. La verità era che non riuscivo a essere ottimista come te, non mi andava di ridere alle tue battute o per le piccole gioie che avevamo, non sopportavo il tuo entusiasmo e la tua voglia di rialzarti sempre dopo le cadute e di rimboccarti le maniche per noi e per la nostra felicità, per non farci mancare niente. Io volevo vedere solo tutto nero. Mi sembrava di vivere un'enorme ingiustizia ogni giorno che passava e mi sentivo distante da te, troppo diversa e pensavo fosse un difetto, un ostacolo insormontabile. - Ashley fece una pausa, ma Nancy rimase in silenzio perchè la sua espressione era ancora tesa e concentrata e capì che non aveva finito, con la coda dell'occhio la vide aprire la bocca e cercare di fare uscire la voce – so che può sembrarti difficile da credere ma...quest'estate ho capito che le differenze non devono per forza dividere o allontanare, possono arricchire, migliorarci e farci scoprire più vicini di quanto potessimo immaginare con chi credevamo distante. Possono unire, a volte anche per sempre.» terminò a fatica quel discorso, quell'ultima parte era stata una dura prova per lei, aveva pensato a Matt e a quanto, nonostante fossero molto diversi, era nato tra loro un legame fortissimo che aveva lasciato molte cicatrici non ancora rimarginate.

La sua voce si era spezzata e le ultime parole furono quasi un soffio, per la difficoltà che ebbe nel pronunciarle. Le provocava troppo dolore ripensare a quei giorni con lui.

Poggiò per un attimo la sua cioccolata su un tavolino e si strinse le ginocchia al petto.

Anche volendo non sarebbe riuscita a dire più nulla per il momento, la sua gola era stretta in un nodo soffocante, tremava e, anche se non voleva darlo a vedere, sentiva le lacrime premere per uscire.

Nancy non ebbe bisogno di guardarla e farla sentire ancora più esposta, adesso che aveva messo a nudo tutti i suoi sentimenti e le aveva aperto il suo cuore.

Non doveva perdonarle niente, a lei andava già benissimo così e quello era il regalo più meraviglioso che le avesse potuto mai fare. Si sentì scoppiare d felicità e commozione, ma cercò di mantenersi calma per dare a sua figlia il tempo di riprendersi dopo quell'atto di coraggio e amore.

«Quando ho scoperto di aspettare te, per me fu una sorpresa. - cominciò all'improvviso, sempre intenta a guardare il cielo fuori, che adesso si era coperto con qualche nuvola grigia – ero giovane, avevo Phoebe ancora piccolissima e stavo con tuo padre da poco tempo. Ai tempi ero solo una ragazzina impulsiva e imprudente e mi ero innamorata follemente di lui, dei suoi modi raffinati, del suo fascino d'altri tempi. Litigai con i tuoi nonni che non accettarono quel mio secondo passo falso eppure dal primo momento in cui seppi che c'eri tu io mi sentii forte e felice. Con tuo padre, sai, scherzavamo, giocavamo a immaginare a chi avresti assomigliato di più – Nancy rise, persa tra quei ricordi teneri – io ero sicura che avresti avuto i capelli rossi come tuo padre, ne ero fermamente convinta, mentre lui continuava a ripetere che era improbabile, che il rosso non era un carattere dominante e altre robe scientifiche, come suo solito, sai com'è no? - Ashley abbozzò un sorriso, non potè darle torto, suo padre era un tipo fin troppo razionale e logico – e poi quando sei nata fu proprio come avevo previsto io, avevi i capelli di tuo padre. Io spesso lo prendevo in giro per quel colore, non perchè non mi piacesse, al contrario, ma perchè a volte gli conferiva un'aria buffa, che contrastava con la sua serietà quasi perenne – si voltò finalmente verso Ashley, gli occhi pieni di orgoglio – ma su di te, oh, su di te quel rosso splendente brillava di mille riflessi e ti rendeva luminosa come una piccola stella e io non facevo che guardarti sognante e pensare che quella piccola meraviglia l'avevo fatta io, era così diversa da me ma era mia, il mio piccolo gioiello»

Ashley si strinse di più le ginocchia alle parole toccanti e cariche di tenerezza di sua madre. Un misto di malinconia e sensi di colpa si fecero strada nel suo cuore perchè ancora più fortemente si rese conto, di fronte all'amore di sua madre, di quanto fosse stata dura e poco comprensiva con lei.

Nancy le si avvicinò, rimanendo in piedi. Adesso era tornata seria.

«Più tardi mi resi conto che la differenza con me non si fermava solo all'aspetto fisico, ma riguardava anche il carattere. Ho cercato di fare del mio meglio con te, Ashley, per riuscire a colmare quei silenzi tra noi, per far sorridere il tuo volto sempre troppo serio e per alleggerire i fardelli che sembravi portarti sempre appresso e mi dispiace per le mie scelte sbagliate che hanno influito anche sulla tua vita, però sappi che ti ho amato da subito e ti amo tantissimo, e che non hai nulla da farti perdonare, piccola mia, ti ringrazio molto per quello che mi hai confessato oggi, non sai quanto mi senta felice in questo momento!» le rivelò piena di gioia e commossa.

Ashley cominciò a imprecare dentro di sé, mentre osservava la figura di sua madre davanti a lei, perchè quelle dannate lacrime, che sentiva ormai pizzicare in maniera fastidiosa, non avevano la minima intenzione di arretrare.

Se soltanto ci fosse stato Matt lì con lei riusciva a immaginare come sarebbero andate le cose.

Probabilmente le avrebbe sollevato il mento senza chiederle il permesso, per guardarla dritto negli occhi e le avrebbe detto 'se vuoi piangere, allora fallo' con quel suo tono deciso ma allo stesso tempo confortante, per poi abbracciarla dopo e a lungo, ma lui non c'era, non ci sarebbe più stato e a quel punto non riuscì a contenere una lacrima, che le rigò il viso.

Si affrettò ad asciugarla nervosamente con un dito, sperando che sua madre non se ne accorgesse, ma molte altre la seguirono e non riuscì ad occultarle, mentre qualche singhiozzo cominciò a scuoterla.

Nancy si abbassò per arrivare al livello di Ashley, ancora rannicchiata sulla poltrona, poi le sorrise e allargò le sue braccia.

Senza più pensare, Ashley si strinse a sua madre, non ricordava di averlo mai fatto con un tale trasporto, e pianse a dirotto, rassicurata dal suo profumo dolce che la riportò all'infanzia.

Le parve di essere ritornata bambina e si lasciò andare, facendosi cullare senza più freni o barriere.

«Ti voglio bene, mamma. Mi dispiace» disse tra i singhiozzi.

«Non devi scusarti di nulla, tesoro. É tutto a posto» la rassicurò, accarezzandole i capelli lisci ed Ashley stavolta provò la certezza che fosse davvero così come diceva.

In quel momento tanto intimo con sua madre ebbe la sensazione di capire come si dovesse essere sentito Matt quando finalmente si era riconciliato con Monica, l'aveva solo immaginato finora ma le loro situazioni erano molto simili e adesso toccava a lei viverlo in prima persona e quest'esperienza la fece sentire più vicina a lui anche se adesso si trovavano distanti chilometri e chilometri, lo percepì dentro di lei, come se le loro anime fossero unite da un filo invisibile che non si spezzava.

 

Quando Ashley smise di piangere e si fu sfogata, liberandosi di quel macigno pesante tonnellate, lei e sua madre si accoccolarono sul divano per finire le loro cioccolate, ormai intiepidite e quasi fredde, mentre fuori una leggera pioggerella più simile al nevischio aveva cominciato a venire giù.

Non c'era niente di meglio che stare in casa al sicuro a sorseggiare una bevanda calda a guardare piovere, era una delle cose che più al mondo riusciva a rilassarla e anche stavolta, sebbene il suo animo fosse tutt'altro che sereno, riuscì ad avere un effetto calmante.

«Era solo questo che dovevi dirmi?» domandò Nancy con cautela, dopo alcuni minuti di silenzio.

«No – rispose Ashley, riscuotendosi dal piacevole torpore in cui era piombata e rigirandosi la tazza tra le mani – in realtà c'era dell'altro» mormorò, infine.

Nancy annuì, quella risposta non la sorprese, aveva intuito molto prima che qualcosa turbava Ashley, e le tornarono in mente le parole di Gregory quando l'aveva riaccompagnata a casa. Doveva essere una vicenda successa in vacanza e in quei giorni sapeva che Ashley si era confidata con Phoebe e la cosa l'aveva tranquillizzata, almeno era stata certa che avesse avuto qualcuno accanto a sostenerla.

«Poco fa, prima che rientrassi, ero stata da Tyler e lui...ha cercato di baciarmi – disse, stringendosi nelle spalle, timidamente – non l'ha fatto in maniera esagerata o prepotente, ma ho capito cosa volesse fare e l'ho scansato» concluse, a bassa voce.

Nancy si girò a osservare la figlia, di Tyler sapeva solo che era stato il suo primo amore a 16 anni, ma non aveva mai saputo nient'altro sulla loro storiella, né il motivo per cui fosse finita. Ai tempi Ashley era schiva e restia a raccontarle quello che faceva durante la sua giornata, figurarsi la sua vita sentimentale.

Il fatto che adesso le stesse rivelando quel particolare le riconfermò che davvero era cambiata e aveva intenzione di instaurare con lei un rapporto più profondo.

«Vi siete lasciati tanto tempo fa, non è così?» le chiese con delicatezza, Ashley annuì.

«A quanto pare lui prova ancora qualcosa per me, dopo tutti questi anni» commentò, la sua espressione si fece tesa e ansiosa.

Nancy le portò una mano sulla spalla, e la carezzò lievemente. «E tu, sei innamorata?» continuò a interrogarla non per metterle ancora più fretta, ma per aiutarla a tirare fuori quella verità, visto che aveva notato l'enorme fatica che stava facendo per riuscirci.

«No – rispose netta, con sicurezza, Nancy comprese che non doveva essere semplice per lei gestire quella situazione, dove amicizia e amore si erano mescolati, ma quando Ashley continuò capì che era tutto ancora più complicato – non di lui» rivelò, infatti, spiazzandola.

«Oh! – non trattenne quell'esclamazione di stupore – direi che questo è un bel problema» le sorrise, cercando di smorzare la tensione.

«Già – ammise sconsolata Ashley, poi bevve un sorso e tirò un sospiro – in vacanza da papà ho conosciuto un ragazzo, all'inizio non pensavo davvero potesse interessarmi ma poi, non so spiegarlo, è successo tutto così velocemente e prima che me ne rendessi conto mi sono trovata catapultata in questo sentimento forte e che non avevo mai provato - confessò, gesticolando per cercare di spiegare meglio qualcosa che era davvero arduo poter tradurre in parole – una volta siamo perfino andati in spiaggia di notte e ci siamo tuffati in acqua vestiti! Sono tornata a casa completamente inzuppata, avresti dovuto vedere la faccia di papà! – Ashley rise a quel ricordo, gli occhi le brillavano e Nancy giurò di non averla vista mai così spontanea, poi il suo tono si addolcì, diventò quasi malinconico – quella sera ci siamo baciati per la prima volta, lo ricordo come fosse ieri. Sai, è stato in buona parte per merito suo se ho capito quanto stavo sbagliando con te. In qualche modo è riuscito a leggere il mio disagio e quando parlavamo, da subito, è stato come se ci fossimo sempre conosciuti, riuscivo a dirgli tutto e a non sentirmi imbarazzata o giudicata... è assurdo vero?» pensò che dovesse suonare proprio stupida con quei sentimentalismi banali, che lei per prima aveva sempre disprezzato, ma che nel suo caso si erano rivelati terribilmente veri. Incrociò gli occhi impauriti con quelli di sua madre, in cerca di un sostegno, di un appoggio che non tardò ad arrivare.

«Niente è assurdo in amore! Credo a ogni parola che hai detto, Ashley anzi, se questo ragazzo ti ha aiutato con i tuoi problemi e ha contribuito a chiarirti le idee su di me, allora non posso che essergli debitrice!» la confortò, ma vide che i suoi occhi rimanevano tristi e si chiese cosa fosse successo di preciso tra loro, a vederla così non lasciava presagire nulla di buono.

«E.. poi com'è andata? Lui dov'è ora?» si convinse a domandare, incerta se aver osato troppo nel chiederle direttamente qualcosa che poteva farle riaffiorare dei brutti ricordi.

Ashley fece un rapido conto dei giorni e trasalì nel realizzare che per Matt quello era l'ultimo giorno che avrebbe trascorso in vacanza. Si chiese in un lampo che cosa stesse provando in quell'istante.

«Domani tornerà anche lui nella sua città – rispose, senza comunque rivelare la vera identità di Matt e cioè che fosse il figlio della fidanzata di suo padre, era un particolare superfluo, in fondo loro due non si sarebbero più rivisti quindi era inutile entrare nei dettagli – abbiamo vissuto insieme tanti bei momenti, sempre con l'ombra della mia partenza che ci soffiava sul collo, e alla fine abbiamo deciso che era meglio non sentirsi più, abitiamo in città diverse e sarebbe stato difficile, con tutti gli impegni che abbiamo, frequentarci normalmente. Lo abbiamo stabilito in comune accordo, a tavolino, come se stessimo programmando un piano di studi o una settimana di lavoro, come se ciò che c'era stato tra noi fosse ridotto a quello.» commentò amaramente, accorgendosi di quanto stupida fosse stata a rinunciare, ad accontentarsi che finisse così.

«Sarebbe stato difficile sicuramente, ma non impossibile magari! Certo, sarebbero stati tanti i sacrifici da fare e i cambiamenti nelle abitudini e tutta la quotidianità in cui hai sempre vissuto sarebbe stata stravolta, ma... pensi che non ne sarebbe valsa la pena?»

Ashley rabbrividì, la paura l'aveva frenata e adesso forse era troppo tardi per ripensarci, ma non ebbe dubbi sulla risposta da dare a sua madre.

«Sì, ne sarebbe valsa eccome, ora lo so» abbassò gli occhi, le sue mani erano di nuovo ghiacciate e pallide.

Nancy le circondò le spalle con un braccio e la scosse leggermente.

«A volte la vita ci regala una seconda chance, non credi?» le sussurrò.

Ashley scosse la testa dubbiosa, era diventata così pessimista da non voler più sperare in nulla.

«Proprio non lo so, mamma» sospirò, poi alzò lo sguardo verso il viso di Nancy, pieno di speranza e luminoso e anche se dentro si sentiva più scura della giornataccia che imperversava fuori, sorrise.

Quella notte dormì con sua madre, passarono ore a parlare e a raccontarsi, come se volessero recuperare il tempo perduto.

«Ma Ashley non è troppo grande per dormire con la mamma?» aveva chiesto July a Phoebe, ma la maggiore aveva ben capito quello che doveva essere successo.

«Non è mai troppo tardi per certe cose» le aveva risposto, col cuore pieno di gioia, al pensiero che finalmente e dopo tutto quel tempo, sua sorella avesse ritrovato una madre e Nancy una figlia che credeva ormai di dover perdere.

Ashley aveva provato un disperato bisogno di qualcuno accanto che non la facesse sentire sola.

Il pensiero che Matt l'indomani sarebbe partito, allontanandosi ancora di più da lei, le squarciava il petto. La presenza di sua madre accanto a lei la rassicurava, ma nel buio della stanza strinse forte le lenzuola e serrò gli occhi.

'Amore mio, come vorrei che fossi qui con me' pensò, prima di abbandonarsi al sonno.

 

Matt osservò le valigie pronte davanti alla porta e il suo basso ben sigillato dentro la custodia nera.

Era tutto pronto, tutto tranne lui.

Continuava a sentirsi irrequieto, a fremere e a camminare avanti e indietro per la stanza senza tregua.

A breve avrebbe dovuto mettersi in viaggio verso suo padre, verso casa sua, ma si sentiva più come un leone in gabbia in quel momento.

C'erano dei pensieri che non lo avevano abbandonato per un secondo dopo la sera della sua sbronza, insieme all'orrenda sensazione di avere rinunciato alla cosa che più lo aveva fatto stare bene nella vita, così, senza lottare, come un perdente.

Dentro sentiva esplodere una guerra, era un tormento difficile da sopportare e quel tumulto si rifletteva esternamente, nei suoi movimenti, nel suo viso stravolto e nei gesti nervosi.

Si fermò a guardarsi davanti a uno specchio, e vide il volto di un debole, di chi si era arreso per non aver trovato la forza di tentare. Sapeva già che non se lo sarebbe mai perdonato e che quel rimpianto l'avrebbe perseguitato per il resto della sua vita.

Si passò velocemente le mani sul viso, per darsi una svegliata.

Non gli piaceva quel riflesso di lui, spento e arrendevole e lo odiò.

Tante volte negli anni era stato impulsivo e aveva creato un mare di danni e di sofferenza e allora perchè adesso, per l'unica cosa per cui valesse la pena di combattere e agire d'istinto, avesse assunto quell'atteggiamento passivo e codardo?

Certo, forse perchè Ashley per lui era così preziosa da aver paura di fare un casino con lei! Ma non l'aveva comunque persa? E per cosa, poi?

Per proteggerla da lui? O forse era la scusa che aveva trovato inconsciamente per non accettare di non avere avuto il coraggio di buttarsi in quell'avventura nuova che lo terrorizzava a morte?

All'improvviso una sensazione diversa nacque nel suo cuore, i suoi occhi mutarono espressione divennero seri e determinati.

No, non poteva accettare quell'immagine pessima di sé, sentì i muscoli risvegliarsi e una forza crescere senza sosta.

Amava Ashley e la sua mancanza lo stava distruggendo e quella era l'unica cosa certa, l'unico punto fermo in mezzo a quella confusione. Adesso ciò che doveva chiedersi era quanto fosse disposto a sacrificare per quell'amore, quanto rischio fosse in grado di prendersi anche a costo di una delusione. Si spostò e il suo sguardo finì casualmente sopra il foglietto che Ashley gli aveva lasciato prima di partire.

'Perdonami per aver avuto paura di osare» rilesse quelle parole e di colpo tutto gli fu chiaro, come una rivelazione che era arrivata tardi, ma forse non così tanto, forse non era ancora tutto perduto.

Osare, quel verbo che tanto aveva spaventato entrambi da portarli a rinunciare senza tentare.

Non erano dei supereroi ma solo dei ragazzi poco più che ventenni che si conoscevano da poco e quella paura era stata comprensibile, più che normale.

Così come altrettanto comprensibile era adesso la voglia di commettere una follia, di fare un ultimo estremo tentativo, che Matt sentiva forte finalmente e non voleva ignorare.

Non voleva tornarsene a casa con la coda tra le gambe, sconfitto e con la consolazione di averlo fatto per il bene di Ashley.

Si sarebbe fatto carico di tutti i sacrifici lui, avrebbe trovato un modo, non le avrebbe fatto pesare nulla a costo di viaggiare ogni santo fine settimana per venirla a trovare e di trascorrere metà della sua vita in auto. Lo avrebbe di certo fatto se fosse servito per fargli trascorrere l'altra metà con lei, qualcosa si sarebbe inventato, e adesso ne era certo, adesso sentiva di poterlo fare.

Forse non era tutto perso, il timore di ottenere un rifiuto, di scoprire che lei era già andata avanti con la sua vita o che lo odiava e non voleva più saperne di lui era ugualmente alto e gli procurava un'ansia tremenda ma anche un'adrenalina che non poteva più arrestare.

Velocemente raccattò le ultime cose rimaste sulla scrivania e decise.

Sarebbe andato da lei, ci avrebbe provato un'ultima volta prima di rassegnarsi, avrebbe rischiato.

Nessun ripensamento, nessuna indecisione. Poteva sembrare una pazzia e forse lo era, ma sentì che era l'unica cosa giusta da fare.

La voce di sua madre lo riscosse da quella frenesia e lo fece bloccare per poi voltarsi verso di lei.

Era in piedi sulla soglia della sua camera e lo guardava perplessa. Forse era evidente la sua agitazione e premura.

«Matt, sei pronto?» domandò Monica, dando una rapida occhiata ai bagagli e a suo figlio, nei cui occhi osservò una luce strana, diversa da quella dei giorni passati. Trattenne il respiro.

«Sì - esclamò lui – vado da lei»

Le labbra di Monica si piegarono in un mezzo sorriso, aveva capito e a fatica trattenne la gioia, perchè voleva avere la conferma, voleva sentirglielo dire chiaramente.

«Cosa? Non capisco» finse di cadere dalle nuvole.

«Vado da Ashley. Non posso perderla senza fare niente, mamma. La amo e non voglio passare il resto della mia vita a pensare di non aver fatto il possibile, di essermi arreso. Sono pronto a tutto, anche a una delusione, ma devo farlo, ora lo so!» le confessò, Monica guardò il suo viso, finalmente lo vide di nuovo pieno di vitalità e di coraggio, forte e determinato e pregò con tutta sé stessa che tutto si sistemasse.

Gli sorrise emozionata, comunicandogli con lo sguardo tutto il suo appoggio e Matt ricambiò.

Fece per correre verso il corridoio ma si sentì tirare per la maglietta, si voltò e vide sua madre che lo tratteneva.

Le lanciò un'occhiata interrogativa e Monica sospirò pesantemente. Suo figlio rimaneva comunque il solito tipo impulsivo e poco previdente.

«Dove credi di andare?» gli chiese, mollando la stoffa della sua t-shirt e incrociando le braccia al petto, con aria di sufficienza.

Matt sollevò le sopracciglia con aria perplessa, possibile che sua madre non avesse capito?

«Ma te l'ho detto vado da...» ma non riuscì a terminare perchè Monica lo interruppe parlando a sua volta, sovrastandolo col volume della sua voce.

«Questo lo so! Ma sai dove andare? Insomma, dove pensi di cercare Ashley? Sai dove abita?» incalzò con le domande.

Matt si fermò e roteò gli occhi, passandosi una mano dietro la nuca, un po' imbarazzato.

Effettivamente quel piccolo dettaglio non gli aveva sfiorato nemmeno l'anticamera del cervello e, va bene che il paese di Ashley era abbastanza piccolo, ma bussare porta per porta non era di certo un'opzione ragionevole.

Cominciò a farfugliare qualcosa di incomprensibile, non voleva credere che una cavolata come quella potesse davvero far sfumare la sua determinazione.

In preda a quelle congetture si sentì afferrare il polso da Monica, che poi lo ruotò, aprì il palmo della sua mano e ci mise sopra un pezzetto di carta.

Matt fissò sua madre dubbioso, poi si portò quel foglio vicino agli occhi e lesse.

C' era scritto sopra un indirizzo e il cognome di Ashley.

Di scatto sollevò lo sguardo verso sua madre e cominciò a balbettare.

«Ma.. questo è..è.. l'indirizzo di Ashley? - Monica annuì senza parlare, Matt rimase stranito ma felice di aver superato l'ultimo ostacolo che lo separava da lei – ma come hai fatto... io..» provò a dire, ma sua madre le mise un dito sulle labbra per farlo stare zitto.

«L'ho chiesto a Gregory, gli ho detto che mi serviva per inviare una sorpresa ad Ashley – gli raccontò tranquillamente – ovviamente non ho accennato che la sorpresa fossi tu»

Matt spalancò gli occhi, un turbinio di emozioni lo invasero tutte in una volta e non sapeva quale ascoltare per prima.

«Beh, ma come facevi a sapere che avrei deciso di andare? É successo qualcosa come dieci minuti fa!» chiese, totalmente spiazzato.

«Perchè ti conosco meglio di quanto tu possa immaginare. E sapevo che l'avresti fatto, ero sicura che non avresti rinunciato a lei, alla fine, perchè sei testardo, proprio come me! – gli rispose, sforzandosi di ignorare una forte commozione – come vedi non siamo poi così tanto diversi» fece in tempo a dire, prima che suo figlio si gettasse tra le sue braccia, abbracciandola così forte da stritolarla e farle male, era minuta in confronto a lui, adesso che non era più un bambino.

Una lacrima sfuggì inevitabilmente al suo controllo, ma poco importava.

«Grazie mamma, di tutto – le sussurrò all'orecchio, mentre ancora la teneva stretta – ti voglio bene, non sarà più come prima tra noi, te lo prometto!»

«Lo so, ma adesso vai, và da lei – disse, sciogliendo l'abbraccio e guardando i suoi begli occhi azzurri, ancora più luminosi e chiari del solito – non farla più aspettare!» lo incoraggiò, poi gli diede un bacio sulla guancia e con una leggera pacca sulla spalla lo spinse verso l'uscita della camera.

«Non lo farò» rispose Matt dal corridoio, poi afferrò le valigie e si catapultò giù per le scale, diretto verso la pazzia più grossa che probabilmente aveva mai deciso di fare.

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Rohhh