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Autore: Elendil    09/11/2016    1 recensioni
Sequel del primo libro della saga "Nihaar'ì".
Le vicende di Harryan continuano ma i punti di vista ancora una volta cambiano. Il destino della Veggente prosegue con nuovi e improbabili risvolti!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ri-ciao!

Dopo Lucca, dopo mille ore di preparazione Cosplay e altre meravigliose incombenze, eccomi ritornata per la gioia (spero) di tutti!

Spero che questo capitolo possa appassionarvi e divertirvi! Grazie a tutti di tutto e alla prossima!

Baciozzi

Elendil

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Quando giunsero gli altri Danzatori era già giorno inoltrato e l’arsura aveva arrossito li viso di Atam di un lucido strato di sudore. Nessuno disse niente, ma dalle rapide battute che si scambiarono, fu chiaro che non avessero affatto gradito l’ennesima deviazione del percorso imposta dalla Nihaar’ì.

Ripresero la marcia a fatica, la sella di Matnery a ricominciare il suo doloroso e inesorabile vilipendio delle gambe della Nihaar’ì.

Non dormirò più. Si disse lei mentre, testa china e spalle ingobbite, già cominciava a pregustare le nuove e insopportabili ore di veglia che l’attendevano. Prima questo pellegrinaggio finirà meglio sarà per tutti quanti, soprattutto per me.

Ma ovviamente la Nihaar’ì si addormentò più e più volte, ognuna delle quali accompagnata da una rocambolesca e quantomai avventurosa rincorsa nel deserto cui seguiva poi una altrettanto deliziosa marcia a ritroso per ritornare sulla pista tristemente perduta. Alla quarta volta fu lei stessa a proporre di essere legata, indicazione che fra le proteste di Matnery e l’indignazione di Atam fu malgrado tutto accettata.

Ma poteva dunque finire così? No, certo che no. Come la più astuta dei Goshi (ladri) ella pareva in grado di slegarsi ogni volta, un cumulo di corde e nodi sfatti a vestigia della constatazione che da addormentata ella pareva essere assai più scaltra e tenace che da sveglia. Tutto ciò, per quanto a tratti acuito dalla costante e inesauribile ironia di Hiras (ghigno) -a volte più velenosa di quanto la Nihaar’ì fosse in grado di sospettare- non avrebbe di certo sfiancato la tenacia dei Danzatori senonché fuga dopo fuga la possibilità di ritrovarsi a corto di acqua, viveri e non per ultimo ad un passo dal confine delle Vele cominciava a gettare un’ombra di allarme sul gruppo.   

“Ancora un salto e saremo dall’altra parte, Agves Anaphat” fu il commento di Hiras quando tutti giunsero infine alla memorabile vista delle Vele. Rosse come sangue, le enormi Vele sporgevano come bruni canini dalla sabbia, infossate fra le dune in pance e conche fischianti a causa del vento. Il suono delle correnti d’aria contro di esse vibrava anche da miglia e miglia di distanza, muto segnale d’avvertimento cui il gruppo rispose con un sempre più denso e brumoso silenzio.

“Questa notte veglierò con voi” la voce di Atam giunse opaca come un sussurro lontano “Magari così vi sarà più facile rimanere sveglia”.

Ancor prima di annuire, la Nihaar’ì seppe che sarebbe stato del tutto inutile. Qualcosa -anche se non riusciva ancora a capire cosa - la spingeva ad andare là e nessuno, fosse Danzatore o Atam, sarebbe stato in grado di fermarla.

Questa volta non furono il deserto e la sua arsura a svegliarla. Non le gambe stanche e doloranti per ore e ore di marcia notturna. Non la fame e la sete.

Fu in effetti Hiras a strapparla dai suoi quasi sogni. A stropicciarle di malomodo le vesti ancora avvolte attorno al corpo disteso sul fianco inerme nella posa del riposo tanto agognato.

Fu Hiras e la sua voce a scuoterla con la forza dell’inferno da una parte all’altra mentre questi vicinissimo, le intimava di alzarsi e stare zitta.

Sbattè confusa le palpebre una, due volte, il mondo ancora avvolto nell’oscurità che lentamente tentava di mettersi a fuoco in un vago baluginio di sfumature cobalto e magenta.

Il fuoco era stato spento e qualcuno alle sue spalle lavorava alacremente per disincagliare i pali “protettori” posti come solito tutt’attorno all’accampamento. Desiderò voltarsi e vedere di più ma ancora una volta il viso di Hiras le si parò davanti in tutta la sua tempestiva ed affatto delicata impazienza.

“Siete sorda?” la sua voce parve una frustata contro le guance “Ho detto di stare giù”. A comprova di ciò, egli le puntò allora una manata sulle spalle premendo fino a costringerla a cadere sulle ginocchia. Solo allora, più rassicurato, egli la congedò dalle proprie cure per dedicarsi a qualcosa più avanti e distante dalla sua visuale. Forse gli Yenavo’r?

“State bene?” il sussurro di Akanj la raggiunse da dietro le spalle facendola sobbalzare. Si voltò piano, incerta, notandolo disteso nella sabbia poco distante a pancia in giù, il capo appena alzato a sporgersi oltre la cresta di una piccola duna. Si accigliò, lo sguardo che automaticamente si alzava nel tentativo di seguire quello di Akanj. Sbattè le palpebre. Poi improvvisamente le parve di vedere qualcosa. Istintivamente si appiattì anche lei a terra, due respiri contratti prima di tentare un’occhiata più audace.

“State giù” la tensione nella voce di Akanj le fece scorrere un brivido lungo la schiena ma non desistette. Del resto, esitò, cosa poteva esserci di tanto pericoloso in un...Fiore? Lontano, remoto, poco meno che un vago fulgore rossastro all’orizzonte.

Akanj...” tentò di chiamare ma questi la zittì con un sibilo acuto “Ama’hi nei jak! Vi prego non parlate!” Mordendosi le labbra la Nihaar’ì ritornò alla vaga osservazione di quella apparizione più avanti. Poi eccone comparire un’altra. Nemmeno il tempo di intravederne i contorni distorti e ne sbucò una nuova. E una terza.

Improvvisamente una mano calò su di lei afferrandole la spalla in una morsa di ferro.

“Alzatevi” era Hiras e dal tono pareva non essersi affatto tranquillizzato. Il tempo di balbettare un paio di esclamazioni e fu lui a tirarla su di peso prima di trascinarla nell’oscurità.

“Che succede?” La Nihaar’ì inciampò nei propri piedi. Lui la ignorò, pochi passi a condurli verso la sagoma di uno Yenavo’r poco distante. Lei si sentì ghermire nuovamente, questa volta per i fianchi e schiantare sulla sella. Pochi sussurri nel buio e lui le fu subito dietro.

Vor chakat ughets’i me (Che la sorte ci accompagni)” esalò l’uomo e subitoil Drago partì di gran carriera.

Il freddo della notte a sferzarle improvvisamente il viso, la Nihaar’ì si rese conto solo allora che nella fretta si era dimenticata di portare stoffe o tele per proteggerla. Sospirò di freddo.

Fu solo dopo alcuni istanti che ella si arrischiò a voltare appena il capo in direzione di Hiras. Nel buio faticò persino ad intravedere i contorni del suo viso. Strinse appena le labbra.

“Cosa sta succedendo?”

Per un istante temette di non aver parlato abbastanza forte perché lui non le rispose. Poi una smorfia.

“Ci hanno trovati” c’era qualcosa di ruvido nella sua voce. La Nihaar’ì non potè che accigliarsi “Chi?”.

Fu certa di vederlo fare spallucce “Non credo li conosciate. Di solito non ricevono inviti per la Torre del Tempo”.

Ma che simpatico.

“Potrei stupirvi” lo sfidò comunque le. Nuova smorfia. “Ne dubito” “Se solo mi faceste tentare...” “Sono i Kamin Y’red (Predatori del Vento)” esalò lui con un gemito “Ed ora su, stupitemi”

Suo malgrado, la Nihaar’ì non potè che mordersi dolorosamente l’interno guancia, un senso di stizza che in un attimo le risaliva il volto tinteggiandolo di una nota purpurea e imbarazzata.

Pochi centimetri oltre, lui strinse appena la presa su di lei “Li conoscete quindi?” “E se vi dicessi di si?” sibilò lei di rimando. Avvertì, più che vederla, la sua debole risata.

“Penserei che siete una bugiarda. Chiunque guardandovi capirebbe che non sapete nulla di Arryan e dei suoi criminali”

Suo malgrado, la ragazza non potè che rimanere in silenzio aspettando che Hiras riprendesse a parlare.

“Si tratta di trafficanti di schiavi dell’Oltre“ “Non c’è nulla nell’Oltre” replicò subito lei aggrottando appena le sopracciglia. Lo sentì scrollare appena le spalle.

“Questo se non si è tanto stupidi o sventurati da andarsene a verificarlo di persona. Per quanto ne so, ci sono più persone laggiù che in tutta Arryan”.

Lei meditò un attimo sulla risposta, il freddo avanzare nell’oscurità dello Yenavo’r a scuoterla con brevi e violenti scossoni da una parte all’altra. Poi scosse il capo.

“Ammesso che vi creda, avete detto schiavi dell’Oltre?” lo sentì annuire nuovamente “Fra i più pregiati di tutto il continente. Sfortunatamente, i meno facili da catturare” “Pensavo che gli schiavi venissero commerciati, non catturati” Hiras si strinse nelle spalle “Chi vive oltre il confine non ha particolarmente voglia di tornare indietro solo per per servire questo o quel Kirey

Nervosa lei si limitò a valutare per qualche istante le parole dell’altro. Le trovò fastidiose sotto la lingua, pruriginose fra i denti e con un vago retrogusto di insensatezza che la costrinse a storcere il naso. Eppure, suo malgrado, sapeva che Hiras non le stava mentendo.

“Ed esattamente cosa vogliono questi Kamin da noi?” soffiò quindi dopo un attimo. L’uomo parve stupito “Noto con piacere che non mi avete ascoltato granché” sogghignò dopo un attimo per po aggiungere “Da me probabilmente due braccia. Da voi qualcosa di più interessante” “Non oseranno” lei strinse appena gli occhi “Io sono la Nihaar’ì” “Giusto. La Nihaar’ì” convenne subito lui con un ghignetto accondiscendente. “Ed esattamente i Kamin come dovrebbero saperlo?”

Il Danzatore la bloccò prima ancora che lei riuscisse ad aprire bocca “Fossi in voi lascerei stare. I Kamin non sono esattamente tipi da grandi spiegazioni” “E che tipi sono?” si arruffò lei piccata. Lui diede una vigorosa frustata allo Yenavo’r costringendolo a un’avanzata più vigorosa “Tipi da fuoco e segugi. Non necessariamente in quest’ordine”

 

“Credi che gli altri se la caveranno?”

Impossibilitati ad accendere un fuoco, Nihaar’ì e Hiras se ne stavano l’uno accanto all’altro accovacciati in una piccola conca scavata nella sabbia. Non era molto, ma dopo la lunga marcia forzata, quel rimedio abbozzato pareva ad entrambi un imprevisto quanto meraviglioso conforto contro le basse temperature della notte.

Fronte appoggiata alle gambe rannicchiate, Hiras piegò appena il capo di lato incontrando il profilo della ragazza. Sopirò.

“Se dipendesse dalle sole capacità, più che certamente” si strinse nelle spalle “Dubito però che fare da esca giochi a loro favore”.

Lei lo studiò per un attimo, il riflesso della seconda luna di Arryan a stagliarsi sul suo volto in un’ombra rosso pallida “Credi li abbiano già presi?” sussurrò quindi. L’altro si irrigidì “Quasi certamente” ammise poi monocorde “Gli faranno del male?”

Questa volta non rispose, limitandosi ad affondare indice e medio nella sabbia grigio bianca per poi ritirarli ad uncino. Polvere sottile scivolò come una cascata disegnando una piccola montagnetta scintillante.

“Siete molto legati?” riprese lei dopo un attimo. Lui scrollò appena le spalle “Voi non lo sareste?” No, lei non era legata a nessuno. O quasi. “Si certo. E’ che...” “Giunsi nella compagnia quando Matnery era poco più che un ragazzino” esalò lui senza lasciarla continuare “Akanji e Atam si unirono pochi mesi dopo. Da allora non ci siamo mai separati.”

Fino a oggi.

La ragazza annuì piano, il capo che si chinava appena a incontrare le ginocchia strette al corpo. Senza fuoco faceva freddo, eppure la vicinanza con l’altro rendeva la temperatura quasi sopportabile.

“Anche io avevo un’amica” fece poi dopo un attimo “Per tutta la mia infanzia fummo come sorelle” “Era una vostra serva?” lui volse appena il capo. Scosse la testa “Una Hayeli’vo, il mio Specchio Velo”. I denti di lui scintillarono un attimo nel buio “Conosco le Hayeli’voAh si? “Pensavo però fossero delle figure di semplice rimpiazzo utilizzate nelle situazioni pericolose.” la Veggente piegò appena di lato le labbra in una smorfia incerta. Si e no. Ma non solo.

“Per poter essere credibili è necessario che le Hayeli’vo trascorrano gran parte del loro tempo con le Nihaar’ì così da poterne assorbire atteggiamenti, postura e così via” immobile al suo fianco fu difficile, l’espressione del Danzatore parve quasi irrigidirsi.

Sembrava, notò solo in quel momento lei, in qualche modo più giovane di come l’aveva percepito fino ad allora. Si accigliò. Più un ragazzino che un uomo.

“E questa convivenza forzata farebbe di voi delle amiche?” la voce di lui la distrasse dai propri pensieri costringendola a sbattere una, due volte le palpebre. Si umettò le labbra a disagio “Non vale forse la stessa cosa per voi Danzatori?” buttò quindi lì per togliersi d’impiccio.

Lui le rifilò un sorriso sghembo per poi tornare improvvisamente serio “Se li hanno presi, non sarà che questione di giorni prima che catturino anche noi” la guardò per un attimo, ogni traccia di divertimento improvvisamente svanita “Quando ciò avverrà, vi chiedo di non rivelare a nessuno di essere la Nihaar’ì” lei si sentì appena aggrottare le sopracciglia “E perché non dovrei?” “Perché non vi crederebbero” spiegò lui semplicemente.

E perché non avrebbero dovuto crederle?

Come percependo la sua confusione, lui si fece di poco più vicino “Se Zaphil ha agito come credo ora tutta Arryan vi crede al sicuro con il vostro Corteo ad Anaphantum. Rivelare la vostra identità non farà altro che esporvi a inutili pericoli. Ricordate che i Kamin sono mercanti di schiavi, non benefattori dell’Umanità”.

Da quella distanza era impossibile non notarlo. Hiras non era ancora un uomo malgrado la barba su zigomi e mento. Nonostante la polvere addensata fra naso e bocca. Mordendosi appena l’interno della guancia, lei si concesse un paio di istanti di pura e semplice osservazione. Poi sospirò.

“Ammettendo che io non riveli la mia identità” gli concesse infine dubbiosa “Cosa potrebbe accadere?” Lui fece un gesto vago con la mano “Difficile dirlo. Siamo entrambi giovani e in forze, qualità che nessun Kamin si sognerebbe mai di farsi scappare. Ma le nostre origini sono incerte” indicò prima le proprie vesti consunte per poi passare a quelle di lei assai più sfarzose seppur egualmente logore e sbrindellate “Scarterei quindi sia la Città del Cielo che Anaphantum dove i controlli hanno spesso del maniacale. Molto probabilmente ci dirotteranno verso Yevtsuk’han (La città Nero Fumo). Lì la fame cronica di manodopera permette ai Kamin di far chiudere qualche occhio sulla sicurezza...” “Stai parlando della Città Nera?” lo interruppe lei incredula. Lui le rivolse il medesimo sguardo senza capire.

Annui poi piano, incerto.

“La Città del Carbone e delle Forge?” per qualche attimo lui non potè far altro che annuire ancora una volta, meccanicamente. Poi improvvisamente capendo dove ella stesse mirando, si lasciò andare a una lunga risata liberatoria.

“Non ridere” lo ammonì lei per nulla divertita “Non lascerò che un Kamin qualunque mi butti in qualche cava o pretenda di mettermi al servizio di un non meno precisato intagliatore di pietre” “Preferite forse le case di piacere di Anaphantum?” ribattè lui senza smettere di ridere.

Preferirei tornarmene semplicemente a casa. Si ritrovò a pensare lei ma non ebbe il coraggio di dirlo.

“Preferirei che non mi si trattasse come una Knohar (umile donna) qualsiasi. Osare anche solo accostare la mia figura a simili e inconsistenti...” “L’avete sentito?” la mano di lui le ghermì improvvisamente una spalla bloccandole le parole in gola.

Il volto di Hiras parve risalire appena rispetto alla linea intercettata dal suo sguardo per guardare oltre, poco sopra il bordo sottile della conca da loro scavata ore prima. Lei attese, le orecchie tese nell’indecisione se voltarsi e guardare anch’ella nella medesima direzione o limitarsi solamente ad ascoltare, silenziosa, il (forse) suono intercettato dal Danzatore.     

Ma, manco a dirlo, non percepì nulla. Poi lontano, lontanissimo, ecco risalire una vibrazione alta e monotona. Niente di interessante, tentò di minimizzare la sua mente ma dopo qualche istante eccolo tornare un poco più forte, più alto. Trattenne il fiato, sforzandosi di sentire meglio. Più canino.

Improvvisamente un nuovo brivido le percorse palmo a palmo la schiena costringendola a voltare lo sguardo verso un Hiras intento ora a fissarla a sua volta.

“Sbrighiamoci” fu il suo commento gelido “Sono più vicini di quanto pensassi”.

  
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