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Autore: Snow_Elk    10/11/2016    1 recensioni
Che cosa hanno in comune un mercenario di Reilly e una predatrice ribelle? Niente, probabilmente si sparerebbero a vicenda ancor prima di chiedere "Ehi, hai una sigaretta??". Ma non è il caso di Jeff e Dave che, catturati dall'Enclave, si ritroveranno ad affrontare un viaggio lungo che li costringerà ad attraversare tutta la zona contaminata di DC. Tra incontri fuori dal comune, scontri all'ultimo sangue e disavventure di ogni genere i due scopriranno che la zona contaminata non è semplicemente una distesa in rovina, un monumento ai peccati dell'uomo, bensì un luogo che ha una vita propria e secondo alcuni...anche una coscienza.
NOTA BENE: questa è una storia scritta a 4 mani in cui io sarò il mercenario"Jeff" mentre madame_red_, l'altra scrittrice, interpreterà la predatrice "Dave". Qui potrete trovare il suo profilo: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=141224
Speriamo che questo nostro esperimento vi piaccia.
Enjoy and stay close!
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Odissey in the Wasteland



Capitolo X- Si chiude una porta e... si apre una cella
 

Note dell'autore:Ed eccoci qui! Ci credete? Siamo arrivati al X capitolo ( o episodio, come vi suona meglio ), chi l'avrebbe mai detto? Nonostante le difficoltà, i lunghi tempi di assenza, gli impegni nella vita di tutti i giorni e le radiazioni (?? no aspetta, queste no ) siamo arrivati fin qui, è un piccolo traguardo, ma è un bel traguardo e vogliamo cogliere questa occasione per ringraziare tutti voi che ci leggete e che continuate a seguire questa bizzara storia. Grazie di cuore.
Un abbraccio

Snow & Madame



Jeff Callaghan
 
Dintorni del Broadcast Tower                                                    5 Settembre 2275

 
“Tu hai bisogno di uno psicologo, forse due” fu la prima frase che gli passò per la testa osservando il macabro siparietto di Dave.
Quella ragazza aveva dei seri problemi, non che la popolazione di DC e dintorni fosse normale, l’Apocalisse aveva ridotto in pezzi tutti a modo suo, ma qui si andava oltre.
- Smettila di agitare quel coso, non è un gioco – sibilò, controllando che fosse rimasto qualche proiettile nel caricatore della pistola.
Nel frattempo anche “occhi blu” era tornato, con un tubo di ferro arruginito ancora conficcato nello spallaccio. Anche lui guardò Dave in malo modo e la ragazza sbruffando abbandonò il suo originale trofeo e andò a sedersi su una roccia.
 
- Si può sapere che diavolo sono quelle bestiacce? – chiese, lanciando a Dave una bottiglietta d’acqua. La ragazza annuì e l’afferrò senza problemi.
- Noi li chiamiamo Noctar, non sappiamo da dove siano spuntati né tantomeno che cosa sono, ma di una cosa siamo certi: sono tutt’altro che amichevoli e attaccano qualunque umano, ghoul o supermutante gli capiti a tiro. Quelli che abbiamo affrontato sono i più deboli – rispose il soldato staccando il pezzo di tubo dallo spallaccio.
- Cosa?! – esclamarono in coro, sorpresi da quella risposta.
- Quel liquido violaceo che li ricopre è una sostanza in cui sono immersi fino alla fine dello stadio di crescita – aggiunse “occhi blu” controllando lo stato del fucile.
Non sapeva se quei “Noctar” fossero collegati al blowout, probabilmente sì, ma di una cosa era certo: erano un problema, un grosso problema, se perfino l’Enclave aveva messo da parte i suoi “grandi ideali” per combatterli.
 
- E adesso che cosa facciamo? – la voce di Dave ruppe il silenzio in cui erano caduti. In lontananza si potevano ancora udire i boati e le esplosioni.
- La radio è andata – rispose il soldato lanciandone i resti.
- Di certo non possiamo tornare indietro, non ho voglia di fare l’eroe – controbatté lui.
- Continueremo verso sud/est, tenendoci alla larga da Paradise Falls, finché non troviamo un’altra radio o qualcosa con cui segnalare la nostra posizione alla mia compagnia – aggiunse “occhi blu” indicando in lontananza la sagoma malforme di Paradise Falls.
- Perché non dici nulla? Perché diamo carta bianca a questo tizio? – gli chiese Dave sussurandogli nell’orecchio.
- Perché lui sa che cosa sta succedendo e noi no – rispose lui di rimando e lei sospirò lanciando un’occhiataccia al soldato – non mi piace quel tipo –
- Ce l’hai un nome? – gli chiese incrociando il suo sguardo.
- Puoi chiamarmi Dan136, non ti serve sapere altro – Dave sospirò ancora di più, probabilmente l’odio nei suoi confronti era aumentato dopo quella risposta.
- Bene, io sono Jeff e lei è Dave. Se non c’è altro direi di mettere una bella distanza tra noi e quei cosi...ehm..Noctar – disse e gli altri due annuirono, incamminandosi poco dopo.
 
Proseguirono per quasi due ore, senza incontrare troppe difficoltà, e doveva ammettere che quella bocca di fuoco in più non gli dispiaceva.
Superando l’ennessima collina scoscesa si ritrovarono davanti ad una fabbrica diroccata. Sembrava disabitata, ma la zona contaminata insegnava a caro prezzo che non bisognava mai fidarsi della prima impressione.
- Questo posto non appare nella mappature – osservò Dan controllando quello che sembrava una versione militare del pipboy 3000 della Vault Tec.
- Anche l’Enclave ogni tanto fa cilecca, eh? – ironizzò e Dave sghignazzò.
- Teniamo gli occhi aperti, se il luogo è libero lo useremo come accampamento – proseguì il soldato ignorando la battuta.
- Prima le domande e poi le pallottole – aggiunse lui, stanco di tutte quelle sparatorie peggio che nel far west.
 
Mentre si avvicinavano all’edificio Dave si bloccò di colpo.
- C’è qualcosa che non va? – le chiese.
- Eh? Oh nulla... mi era sembrato di vedere qualcuno – guardò nel punto indicato dalla ragazza ma non vide nulla.
- Fantastico, ora vedo anche i fantasmi, e ormai non sono più neanche fatta –
- Quel cazzo di blowout ha scombussolato un bel paio di cose, non pensarci troppo – concluse e proseguirono.
Esaminarono il perimetro della fabbrica e non notando nulla di strano si avvicinarono ad una delle enormi porte: Dan avanzò per primo con il fucile spianato, seguito da Dave e lui chiudeva la fila, coprendo le spalle a tutti.
La fabbrica era in pieno stato di abbandono, come ogni altro luogo nelle wastelands: vetri infranti, macchinari arruginiti, rottami sparsi e cumuli di macerie dove questa o quella parete aveva ceduto alla intemperie. In conclusione nulla di nuovo.
- Sembra a posto – osservò Dave poggiando il calcio del fucile a terra.
- Sembra... – controbatté il soldato guardandosi intorno.
- Concordo – aggiunse lui, percependo una leggera tensione nell’aria.
 
Proseguirono a passo lento attraverso l’enorme sala, voltandosi verso ogni singolo rumore che sentivano, anche minimo, inseguendo le ombre con le canne dei fucili.
- Ehi, c’è qualcosa da questa parte – esordì la predatrice, superando la carcassa bruciacchiata di un pistone e la seguirono continuando a guardarsi nervosamente intorno come se fossero in pieno territorio nemico.
- Che cosa hai visto? – le domandò, avvicinandosi, ma la ragazza non rispose.
- Dave? – in quel momento si accorse che stava fissando una sorta di murales con su scritto “Sorpresa!!” circondato da svariati oggetti ed ossa inchiodati al muro.
- Mi spiace – sussurrò lei e solo allora si accorse che aveva tirato il filo di qualche trappola.
- Oh cazzo...- imprecò, osservando la situazione – rimani ferma e non muovere un muscolo. Chiaro? – lei annuì.
Anche Dan aveva capito cosa stava succedendo e si era subito messo a cercare la suddetta trappola per disinnescarla.
Dave stava sudando freddo e si era irrigidita come una statua.
- Quella non è una trappola... è un diversivo – una voce incorporea risuonò nella fabbrica seguita da una risata, ma non riuscirono a capire da dove provenisse, c’erano troppi macchinari e pontili in quel posto.
- Questa è la trappola – alcune bombolette caddero dai pontili sprigionando una nuvola di fumo azzurrina.
 
Come una nebbia la nube invase la sala, cercarono di uscire dalla fabbrica, di trovare un punto per non respirare quella roba, ma iniziarono subito a tossire e a sentirsi mancare.
- Cloroformio in versione gassosa, è inutile scappare -  sghignazzò la voce di prima e vide Dave accasciarsi a terra, seguita poco dopo da Dan che arrancava verso una finestra.
Anche lui tentò di allontanarsi, ma fu tutto inutile, pochi secondi e perse i sensi, inghiottito dal buio e da una melodia flebile e indistinta.
 
                                                                 [...]
 
- Jeff? – quella melodia risuonava ancora nelle orecchie, sembrava familiare ma era distante, troppo distante. Musica classica? O forse un vinile sul grammofono? Non riusciva a distinguere la cosa.
- Jeff! – l’oscurità l’avvolgeva come un manto, ovattava tutti i suoni, li distorceva, inghiottiva ogni immagine, il mondo intero. – Lucy... –
- Avanti Jeff, svegliati! – no, quella non era la voce di Lucy, la sua voce era più calda, questa invece era più acerba, più vicina, non lontana come la melodia.
Aprì gli occhi: era poggiato con la testa sulle gambe di Dave e la ragazza lo stava fissando con i suoi grandi occhi.
Per un attimo rimase a fissarli, come se si ci fosse perso dentro, ma ben presto gli ultimi ricordi riaffiorarono: la fabbrica, il cavo della trappola, la nube azzurrina e poi il nulla.
Cercò di rialzarsi ma vide il mondo girare e si bloccò.
- Finalmente ti sei ripreso! Mi hai fatto preoccupare! -  esclamò la ragazza abbracciandolo e quel gesto lo stupì: era ancora frastornato e con i pensieri fuori posto, ma sentì che doveva ricambiare e per una frazione di secondo ricambiò l’abbraccio non senza un pò di disagio. Dave abbozzò un mezzo sorriso.
- Dove siamo finiti? – chiese, massaggiandosi le tempie.
- Non lo so, ma sembra siamo sotto la fabbrica e questa... beh... penso sia una cella – la ragazza non aveva tutti i torti:  qualcuno si era preso la briga di trasformare quei magazzini, o qualsiasi altra cosa fossero, in delle strane celle con tanto di lettini, un tavolino e due sedie.
Sembrava quasi che qualcuno si fosse divertito ad arredare quel posto.
- Ci hanno preso anche le armi, ma non sono riuscito a capire chi, eppure non mi sembravano predatori –
- Da cosa lo deduci? –
- Beh, se lo fossero stati ci avrebbero già torturati...un paio di volte – un’osservazione piuttosto macabra ma alquanto veritiera.
Finalmente riuscì ad alzarsi e si avvicinò alla grata per guardare oltre: c’era un lungo corridoio con altre porte che probabilmente portavano ad altre “celle” come la loro o in chissà cos’altro, non si aspettava che sotto la fabbrica ci fosse una struttura del genere.
- Come hai fatto a riprenderti prima di me? –
- Semplice, mi faccio di roba peggiore, il cloroformio è come una canna per me, mi ha stesa sì, ma non è durato troppo – la ragazza sorrise nel rispondere alla domanda, era soddisfatta di aver vinto in quella “gara” di resistenza o cosa?
- E immagino che abbiano chiuso Dan da qualche altra parte – si diresse verso il tavolino e si accomodò su una delle sedie, sospirando:
- Dannazione, se scopro chi ci sta mandando tutte queste sfighe del cazzo giuro che gli farò bere l’acqua stagnante degli scarichi di Rivet City come se fosse un cocktail, dopo averlo pestato a sangue! – Dave scoppiò a ridere nell’udire quell’imprecazioni e si accomodò accanto a lui, poggiando i piedi sul tavolino.
- E non posso neanche fumarmi una sigaretta – aggiunse, tichettando con le dita sulla superficie in metallo.
- Guarda il lato positivo della cosa, per essere una cella, ci stanno trattando bene, no?- non appena finì quella frase qualcuno bussò con forza alla porta della cella.
- Il pranzo! – urlò il tipo e un vassoio slittò da sotto la porta.
- Visto? -  ammiccò con fare ironico e indicò il suddetto vassoio.
- Mangiate e preparatevi, tra due ore incontrerete le Twin Sisters –
Si erano persi ad ammirare il cibo fumante nel vassoio, affamati da fare schifo, ma quell’affermazione li riportò con i piedi a terra.
- Le Twin Sisters? -

Dave Campbell
 
Dintorni del Broadcast Tower                                                                                                  5 Settembre 2275

 
Dave guardava quel piatto dall’aspetto invitante da almeno un minuto buono , era una sorta di stufato di carne, presumibilmente di bramino con una salsa di colore rossastro che somigliava a quelle salse prodotte in casa dai coltivatori di tatos con una punta di erbe essiccate, di quelle che crescono nelle zone più aride dei dintorni di DC, il vapore della pietanza emanava un profumo speziato e dolce allo stesso tempo.
Aveva troppa fame, erano secoli che non si faceva un pasto decente e lo stomaco le si contorceva alla vista di quel piatto così meraviglioso.
Guardò Jeff e quasi implorante gli chiese : “Ti prego, possiamo mangiare?”
Jeff sorrise un po’ teso e annuendo raccolse il piatto da terra.
I due mangiarono con una rapidità impressionante prendendo il cibo da quella grossa ciotola direttamente con le mani, dopotutto avevano vissuto per qualche giorno solo di piccole bestie della zona contaminata come scarafaggi radioattivi o cibo in scatola prebellico, il che faceva di quel piatto una vera prelibatezza.
Dopo aver mangiato, sazi, si sdraiarono a terra, sul pavimento di quella cella. Era una stanza abbastanza larga, circa cinque metri per cinque, illuminata debolmente da piccole lucine elettriche tipo lampadine prebelliche, i muri erano in pietra scavata a mano, dietro la loro porta potevano percepire dagli echi dei passi che si aprisse una sorta di corridoio o comunque uno stanzone molto lungo dal fondo del quale sovente provenivano grida e gemiti.

Dave si tirò a sedere con le spalle contro al muro e guardò Jeff : “ Chi credi siano le Twin Sisters? Secondo te vogliono farci del male?”
Jeff, seduto dall’altro lato della cella le rispose seccamente : “Non so chi siano, ne so quanto te, non credi? Posso solo immaginare che visto che ci hanno nutrito bene non siano poi così cattive…”


La loro conversazione venne interrotta dalla stessa voce di prima che annunciò freddamente : “ Tra due ore incontrerete le Twin Sisters, cercate di mantenere un aspetto…decoroso.” E scoppiò in una fragorosa risata allontanandosi dalla cella.
Dave non ci poteva quasi credere, due ore di tempo, cosa avrebbe potuto fare in due ore chiusa in una cella con Jeff?.
Jeff dall’altra parte della stanza, in silenzio restava seduto con le spalle al muro.
Dave gli si avvicinò a gattoni, lentamente e poi, gli scivolò al fianco regalandogli un sorrisetto beffardo:
“Ebbene, siamo rimasti qui, e siamo qui in attesa di qualcosa che non sappiamo neanche cosa sia, parla ti prego, teniamoci compagnia”.
Jeff alzò gli occhi dal pavimento e la guardò : “Che idee hai?” la sua voce aveva un che di brillante e a Dave piacque tantissimo.
“Dai, facciamo un gioco” disse la ragazza mentre si strappava un lembo di stoffa ormai penzolante dai pantaloni: “Io ora ti bendo e tu mi devi cercare per tutta la stanza, se mi prendi hai vinto,ci stai?” La sua voce era fresca e giocosa, come se quel gioco fosse la cosa che più la divertiva al mondo.
-Almeno così passiamo un po’ di tempo- pensò Dave

Ma lo sapeva benissimo che stava mentendo perfino a se stessa, sapeva che fino a qualche ora prima avrebbe pagato per poter passare un po’ di tempo da sola con lui, e il gioco non era altro che una scusa per  non sprecare quelle due preziose ore in silenzio.
Jeff inizialmente un po’ riluttante, tese la mano verso la pezza che Dave gli stava porgendo.
“Davvero lo sto facendo?” esordì il mercenario.
“Non fare lo stupido, dai fallo per me, fammi divertire un po’” Supplicò la ragazzina giocherellando con le mani.


Il mercenario si legò la benda improvvisata intorno agli occhi e iniziò a cercarla a tentoni per la stanza, Dave scappava da lui quasi come se volesse prenderlo in giro, inizialmente restando sui muri della stanza, ma col passare del tempo si avvicinava a lui passandogli da dietro la schiena, divertita nel vederlo girarsi attorno senza riuscire a prenderla.
Il mercenario bendato nel frattempo la chiamava: “Dave! Ma dove cazzo sei? Giuro che se ti prendo ti faccio male, signorina.” Ogni volta che Jeff la rimproverava Dave arrossiva, alla fine nonostante tutto un po’di bene glielo voleva.
La ragazzina ridacchiando scappava ancora per la stanza correndo prima da una parte e poi dall’altra.
Finalmente si sentiva felice, poteva sembrare una stupidaggine dopotutto erano intrappolati e nessuno dei due sapeva che cosa li avrebbe accolti ma quello per lei era un momento di felicità vera, si sentiva tornata bambina quando a Paradise Falls inventava dei giochi per non pensare a quello che avrebbe dovuto subire di lì a poco e quei giochi sembravano così reali, come una medicina.

Fermatasi nel muro di destra della stanza, Dave riprendeva il fiato, non era certa del tempo che era passato da quando avevano iniziato a giocare e la stanchezza iniziava a farsi sentire.
Vide Jeff avvicinarsi a lei, ma questa volta non scappò, anzi rimase ferma.
Il mercenario ormai le era particolarmente vicino e di sicuro l’avrebbe trovata, difatti la spinse contro al muro : “Presa! Ora basta con questa cazzata dai”
Lei restò in silenzio, aveva Jeff a pochi centimetri da lei, era decisamente più alto della predatrice, la sovrastava di una spanna almeno e lei poteva sentire il suo cuore come se le fosse salito in gola.
Lo voleva, voleva quel mercenario, terribilmente, non se lo sarebbe lasciato sfuggire, senza pensarci si alzò sulle punte e gli diede un bacio leggero sull’angolo della bocca, poi imbarazzata si ritrasse con la mente offuscata.
Fece per allontanarsi anche abbastanza in fretta quando Jeff si tolse rapidamente la benda e tirò la predatrice nuovamente a se, la sollevò dalla vita e la prese in braccio.


Dave si sentiva come morire, come se qualcuno l’avesse presa per i capelli e stesse cercando di farla affogare in un mare rosso e bollente di cui non riusciva a vedere le sponde, aveva le guance in fiamme e come se fosse la cosa più naturale del mondo mise le gambe intorno alla vita di Jeff.
Lui, le accarezzò con un dito la guancia e le labbra, aveva le mani ruvide e morbide al tempo stesso, la guardò negli occhi : “Dave…” furono le uniche parole che pronunciò prima di avventarsi sulle sue labbra come un cane che non vede un brandello di carne da giorni.
Le sue labbra erano aggressive e la sua lingua tagliente, Dave non avrebbe potuto desiderare di meglio.
Si sentiva tremare, aveva caldo, un caldo infernale, strinse le gambe intorno alla vita del mercenario mentre con le mani gli accarezzava piano il viso e la nuca.
Jeff nel frattempo era scivolato con la mano dietro la schiena di Dave giocherellando con l’allacciatura della sua armatura leggera, fino a che lo schiocco metallico tipico della painspike non lasciò intendere che la parte di sopra dell’armatura era appena stata slacciata, con la stessa mano fece scivolare il pezzo metallico lungo il corpo della predatrice fino al momento in cui cadde a terra con un rumore tintinnante.
La porta si spalancò di botto con un rumore sordo e una donna entrò nella stanza reggendo tra le mani quelle che sembravano delle catene.
Jeff lasciò quasi cadere Dave  in terra, la quale, in un misto di terrore e imbarazzo si coprì il seno con una mano e con l’altra raccolse da terra il pezzo superiore della painspike.
Jeff tossì distrattamente mentre la donna fissava la scena quasi interessata : “Benissimo! –esordì- Voi tornerete molto utili alle Twin Sisters, devo dire  che le erbe essiccate che avevate nel piatto hanno fatto il loro effetto”
Jeff le ringhiò contro : “Che cazzo ci hai messo in quel piatto?”
La donna ridacchiò: “Ehi, non ti scaldare, consideralo un aiutino, no?- mentre parlava porse ai due ragazzi due collari legati a due catene molto spesse delle quali teneva le estremità – Indossateli, forza, le Twin Sisters vi aspettano”


Dave fu la prima, dopo essersi ricomposta, ad avvicinarsi al collare, prenderlo a due mani ed ad indossarlo, non disse niente però, non esortò Jeff a fare lo stesso talmente le sembrava surreale la situazione, rimase con la testa bassa e le guance rosse per l’imbarazzo.
La donna ,che aveva precedentemente fatto irruzione nella stanza, si rivolse a Jeff con voce più seria : “Forza, indossalo.”

 
   
 
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