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Autore: FreddyOllow    13/11/2016    0 recensioni
Dopo che l'infezione ha divorato mezza città, Erik e il suo fratellino Brad trovano rifugio in un campo profughi della BlackWatch. Ben presto si accorgeranno che la Blackwatch non è lì per salvarli, ma per usarli come cavie. Cominciano così a prendere i bambini e trascinarli nei laboratori con la forza. Quando i sopravvissuti ribellano, i soldati li fucilano tutti.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erik si svegliò su un lettino d'ospedale e aprì gli occhi lentamente. Si mise a sedere. Indossava un camice da paziente azzurrino e si guardò le mani sporche di terra.
Nella stanza c'era soltanto il letto e un piatto con pane e acqua ai piedi alla porta di ferro.
La testa gli doleva un poco e si guardò intorno. Era stato rinchiuso in una camera d'ospedale, l'unica finestra sbarrata da un inferriata.
D'un tratto si udirono dei passi fuori dalla porta. Qualcuno stava venendo nella sua direzione. Non sapeva cosa fare.
Un soldato della blackwatch aprì la porta e lo fissò fermo sulla soglia con il fucile d'assalto a tracolla. Un momento dopo entrò un uomo anziano dai capelli grigi scompigliati, un paio di occhiali rotondi e un camice bianco. Il cartellino sul petto portava il nome di Jeremia Scott.
Erik sbarrò gli occhi. Lo scienziato di cui aveva tanto sentito parlare era davanti a lui. Strinse i pugni per il nervoso e lo fisso torvo. L'unica che poteva sapere dove si trovasse Brad, era proprio Jeremia Scott.
Lui gli si fermò davanti con le mani dietro la schiena e lo squadrò da capo a piede. - Sai, sei un esemplare interessante.
Erik non rispose.
- Ma sei piuttosto difficile da trovare - continuò Jeremia. - Ogni volta che ti localizzavamo, poco dopo perdevamo le tue tracce. Quel maledetto Mercer... Era lui che ti aiutava, ne sono sicuro! E non è da lui aiutare gli altri. Proprio no.
Erik era confuso. Alex lo aveva aiutato senza chiedere nulla in cambio. Voleva solo trovare una persona, ma Mercer non gli aveva mai detto chi era. E poi il suo unico interesse era stato solo per l'essere che Erik aveva in corpo. Aveva cercato di aiutarlo a dominarlo, ma senza grandi progressi.
- Siamo di poche parole, eh? - sorrise Jeremia, sardonico.
- Alex... - rispose Erik, accigliato. - Lui mi ha aiutato senza tornaconto. Quello che dici non è vero.
- Sembra che ti abbia manipolato per bene. Alex fa tutto per un preciso scopo. E tu facevi parte del suo gioco.
Erik serrò gli occhi, infastidito.
- Sono sicuro che vuole la stessa cosa che voglio io - disse Jeremia.
- Cosa?
- L'essere che hai dentro.
Come sapeva dello strano essere? Chi glielo aveva detto? James Heller? Anche lui lo sapeva? Per questo voleva ucciderlo?
- Facciamo un'accordo - disse Jeremia, piano. - Tu mi dai qualcosa e io ti do qualcosa. Che ne dici?
- Devi essere più specifico?
- Tuo fratello Brad. So dove si trova.
Erik spalancò gli occhi, incredulo. - Dov'è!? Sta bene!?
- Sta bene, sta bene. Ma potrebbe non esserlo più, se tu non accetti la mia offerta.
Il cuore di Erik batteva all'impazzata. Voleva rivedere Brad, abbracciarlo, confortarlo e portarlo via da questo schifo. - Cosa vuoi in cambio?
Gli occhi di Jeremia si illuminarono, estasiati. - Devi sottoporti ad alcuni esami. Niente di pericoloso, ma... Diciamo che possono esserci effetti collaterali.
Erik sapeva che Jeremia voleva ciò che aveva dentro. E lui voleva sbarazzarsene. Non poteva convincere con una cosa del genere assieme a Brad. Se avesse perso il controllo, poteva ucciderlo. Ma come avrebbe fatto Jeremia a estrargli il mostro? Non sapeva nemmeno se ce l'aveva nel DNA, oppure era solo un fattore mentale.
- Cosa ne dici? - chiese lo scienziato. - Lo farò.
Jeremia sorrise e si voltò verso la guardia. - Mettetegli le manette e scortatelo nel mio laboratorio.

Una volta fuori dalla sua cella, si incamminò lungo il corridoio intervallato da una dozzina di celle. Sembrava una vera e propria prigione. Quasi tutte erano piene di pazienti dai volti scavati e malattici che guardavano Erik dietro le piccole finestrelle poste al centro della porta.
Chissà da quanto tempo erano qui? Avevano il suo stesso problema? Avevano qualcosa dentro? Erano simili a Mercer e Heller? Oppure era soltanto della povera gente rapita a caso?
Arrivarono nel laboratorio. Il soldato tolse a Erik le manette e lo fece stendere sul lettino. Jeremia lo raggiunse, spingendo un carrello pieno di attrezzi medici.
L'essere dentro Erik non aveva dato segni di vita. Da quando il sergente gli aveva sparato con quella strana pistola, sembrava essere svanito. Gli doleva soltanto la testa. Forse gli avevano somministrato un calmante mentre era privo di sensi. Magari serviva a non risvegliare l'essere?
Jeremia gli infilò una siringa nel braccio e gli iniettò un liquido nero. Erik si addormentò sotto lo sguardo compiaciuto dello scienziato.

Quando si svegliò, il laboratorio era distrutto e una sirena suonava ininterrottamente dagli altoparlanti. Una luce rossa girava senza sosta al muro. Un soldato della Blackwatch giaceva con il corpi dilaniato a metà sul pavimento cosparso di sangue e arti mozzati.
Erik si alzò un poco stordito dal lettino e si guardò attorno. Nessuna traccia di Jeremia. Cosa diavolo era successo? Era stato lui a uccidere un'intera squadra della Blackwatch?
D'un tratto qualcuno si mosse alle sue spalle. Si voltò.
Heller gli abbozzava un mezzo sorriso con le braccia incrociate. Erik indietreggiò un poco. - Stai... stai lontano da me!
Heller scosse la testa. - Non voglio farti del male.
Erik era confuso. Pensava che lo stesse prendendo in giro.
- Sai, ora so tutto - continuò l'altro. - Ho sbagliato su di te. Pensavo fossi un altro di quei evoluti che lavorano per Mercer. Uno di quegli stronzi che cercano sempre di ammazzarmi.
- Evoluti? - domandò Erik, perplesso. - Di cosa parli?
Heller gli sorrise. - Quindi non sai niente sugli agenti infiltrati da Mercer?
Erik si accigliò ancora più confuso. - Ma di che diavolo stai parlando?
- Mercer ti ha usato, come ha usato me! Ma presto ammazzerò quel figlio di puttana!
- Chi sono gli evoluti? - chiese Erik, turbato.
- Sei un tipo curioso, eh? Gli evoluti sono come me e te. Hanno gli stessi poteri di Mercer, ma lavorano per lui. Fanno tutto quello che gli dice come bravi cagnolini. - Fece una smorfia, irritata. - Sai, ha cercato di tirare dentro anche me. Ha cercato di manipolarmi, di farmi credere che fosse dalla mia parte. Ma quel fottuto stronzo 'sta solo dalla sua! - Poi gli raccontò tutti gli avvenimenti successi fino a quel momento e lo sporco progetto di Mercer di infettare il resto del mondo.
- No... non è vero - disse Erik, sconvolto. Si sedette sul lettino, le mani tra i capelli. - Alex... lui non è capace di una cosa simile.
- Allora sei più stupido di quanto sembri - rispose Heller, serio. - Sono a conoscenza della tua peculiarità. Quella cosa che hai dentro... Mercer la vuole! Per questo ti ha aiutato. Voleva che tu la scatenassi interamente, così da consumarti.
Erik era troppo disorientato per capire. Non vedeva Alex sotto quella luce. Lui non era cattivo.
- Tu hai un grande potere, ma non ne sei a conoscenza. Io ad esempio sono in grado di assorbire molti colpi pesanti e le pallottole leggere mi fanno il solletico. Mercer voleva consumare anche me. Voleva il mio potere. E ha fatto la stessa cosa con te, solo che io gli ho rovinato i piani. - Scoppiò a ridere.
- Se quello che dici è vero, perché non mi ha consumato prima? - domandò Erik.
- Te l'ho detto - rispose Heller, seccato. - Aspettava che tu facessi uscire fuori la cosa che hai dentro di te, che si mostrasse in tutta la sua potenzialità. Se ti avesse consumato prima, ciò che hai dentro sarebbe stato distrutto durante l'assorbimento.
Erik non ci capiva più niente. Tutto ciò sembrava mera fantascienza, un videogioco. - Ma... ma Mercer mi ha sempre aiutato, mi ha difeso dalla Blackwatch
- Sei proprio cocciuto, cazzo! - disse Heller, infastidito. - Mercer ti ha usato! Lo capisci? Aspettava solo il momento giusto per consumarti. E quel figlio di puttana sa essere molto paziente. Mentre giocava a fare l'amichetto comprensivo e protettivo, si assicurava che tu rimanessi in vita per poi consumarti al momento giusto. Cazzo, non è difficile da capire!
Erik abbassò gli occhi, affranto. Alex era un suo amico, non poteva essersi approfittato di lui per fargli del male. L'aveva sempre aiutato. Ma nelle parole di Heller c'era qualcosa di vero, lo sentiva.
- Mercer deve morire! - aggiunse Heller. - Sei con me o contro di me?
Erik lo guardò per un momento. - Sono con te.
- Sapevo che avresti capito. Ora andiamo.
- Aspetta!
Heller si voltò. - Cosa c'è?
- Devo... devo trovare Brad, mio fratello. È qui da qualche parte.
Heller scosse la testa con un sorriso. - Tuo fratello è con Ginevra.
Erik sentì un tonfo al cuore e uno strano formicolio propagarsi attraverso il corpo. Non ci capiva più niente. Heller aveva cercato di uccidere lui e Ginevra, e ora aveva salvato Brad? Era una trappola? Se lo fosse, non aveva senso. Heller lo avrebbe potuto uccidere mentre era privo di sensi.

Uscirono dall'edificio ridotto a un cumolo di macerie. Decine e decine soldati e scienziati giacevano morti tutt'attorno. Era stato Heller a combinare tutto questo casino? Doveva essere stato lui.
Superarono la recinzione di cemento alta due metri dell'edificio e saltarono su una torretta. Migliaia di infetti erano ammassati nelle strade. Si urtavano, urlavano, strillavano e correvano senza meta.
Non ne aveva mai visti così tanti. Forse la distruzione della base aveva li aveva attirati qui. Una nube rossastra avvolgeva la città e in alcuni punti era molto densa.
- Dove sono Brad e Ginevra? - chiese Erik, preoccupato.
- Sono al sicuro - rispose Heller. - Ora dobbiamo preoccuparci di Mercer.
- Sai dove si trova?
- Alle calcagna di Jeremia.
Erik era sorpreso. - È sopravvissuto?
- L'erba cattiva non muore mai, no? Quel verme è scappato appena ho attaccato il laboratorio. Mi è sfuggito solo perché ero impegnato a fare a pezzi tre evoluti di Mercer.
I due balzarono in aria e atterrarono su un palazzo accanto. Poi saltarono da un edificio all'altro. Mentre procedevano spediti, Erik osservava gli infetti nelle strade. Erano davvero tanti. Ogni tanto scorgeva un bruto arrampicarsi agilmente sulla facciata degli edifici, altri balzavano da un tetto all'altro. Spesso erano impegnati a squartare le unità di soldati che pattugliavano la Zona Rossa sui furgoni.

Si fermarono nei pressi di un palazzo di ventidue piani. L'intero isolato era un groviglio di edifici e strade distrutte, pezzi di terreno che si sollevavano in aria e fosse profonde metri. Diverse porzioni della cinta muraria di cemento era crollata. Scienziati e soldati erano riversi al suolo, schiacciati, trafitti, squartati, dilaniati. La spessa porta di acciaio rinforzato, che era l'unico accesso alla struttura, era stata divelta e scaraventata via.
Quando i due entrarono, l'atrio era un lago di sangue. Una decina di soldati morti era stata schiacciata sotto il peso di qualcosa come formiche.
Seguirono un lungo corridoio, salirono una scale e procedettero per altri corridoi. Si fermarono davanti a una stanza illuminata da luci d'emergenza, dove altri soldati della Blackwatch erano morti.
Un soldato si diresse a un bancone e frugò tra le carte.
- Guarda un po', un evoluto - disse Heller.
Quello si voltò di scatto e trasformò le mani in lame affilate. - Mercer mi aveva avvisato del tuo arrivo! Ma non uscirai vivo da questo posto! - Si scagliò contro Heller, che deviò il suo colpo con lo scudo puntellato.
Erik indietreggiò un poco. Non sapeva se aiutare Heller, oppure starsene fermo.
Heller mutò le sua mani in artigli affilati e balzò verso l'evoluto, che arretrò con un balzò e gli sferrò un colpo. Heller gli saltò sopra la testa, atterrò alle sue spalle e lo infilzò. - Sei lento! - Allargò gli artigli e gli squartò orizzontalmente il corpo in due. Un fiume di sangue schizzò ovunque.
Heller si voltò. - Andiamo.

Superarono altre stanze e corridoi, dove Mercer si era lasciato alle spalle una scia di morti, e salirono il dodicesimo piano.
Giunsero in una grande laboratorio, puntellato da macchinari, tavoli e scaffali distrutti. Lungo le pareti correvano venti gabbie piegate usate per imprigionare le cavie umane. Poco distante, un grande cancello aperto.
Erik sapeva che era il luogo dove gli scienziati testavano i loro esperimenti. Si diceva che usavano i sopravvissuti per osservare la reazione dei brutti e di altre creature. Testare la loro violenza, la loro potenza.
- È la stessa stanza dove mi hanno rinchiuso... - disse Heller, arrabbiato. - Casa dolce casa - ghignò.
- Sei stato una cavia? - chiese Erik.
- Sì, ma per poco. Quando Mercer mi ha infettato e lasciato in vita, quei figli di puttana della Blackwatch hanno pensato bene di rinchiudermi qui. Hanno sperimentato su di me, ma non è finita bene per loro.
Erik era stupito. - Quindi... quindi Mercer ti ha infettato?
- Sì, quello stronzo pensava che mi sarei unito a lui. Beh, è stato un grosso errore per lui lasciarmi in vita.
Alex sbucò da dietro un pilastro con un sorriso sinistro. - Erik, cosa ci fai vicino a lui? Non sai che vuole ucciderti?
Heller grugnì per la rabbia. - Getta la maschera, Mercer. Il tuo piano è fallito. Erik sa tutto, gran figlio di puttana!
Erik spostò lo sguardo da Heller, a Mercer. Non sapeva cosa dire. - E tu gli credi? - chiese Alex Mercer. - Ha cercato di ucciderti, ricordi? Io ti ho salvato la vita! Davvero credi a lui?
- Falla finita, Mercer! - aggiunse Heller. - Sappiamo entrambi perché lo hai salvato. Volevi consumarlo una volta che avrebbe fatto uscire la cosa che ha dentro. Erik lo sa. Smettila di fingere!
- Erik? - domandò Mercer, serio.
Lui abbassò lo sguardo. Ormai non gli credeva più. Heller aveva salvato Brad e Ginevra. Non lo sapeva per certo, ma qualcosa in lui gli diceva di fidarsi.
Alex trasformò le sue mani in lunghe fruste. - Mi hai tradito, Erik. E io anniento i traditori! Ti farò soffrire prima di ucciderti.
Erik spalancò gli occhi, sconvolto. Quindi era vero? Alex aveva solo finto di essergli amico. Non si aspettava un volta faccia così rapido.
Alex schioccò la frusta in aria. - Heller, sei venuto qui per uccidermi, ma sarò io a uccidere te! Credi davvero di battermi?
Heller mutò i pugni in artigli. - Invece di perdere tempo a parlare, fatti avanti, stronzo! Fammi vedere cosa sai fare!
Mentre Alex e Heller si scambiarono rapidi colpi in aria, Erik arretrò fino alla scala che saliva nella sala comandi dei macchinari.
Alex sferrò una frustrata alla schiena di Heller, che cadde sul pavimento, ma subito di rialzò e si scagliò contro di lui. Mercer balzò in aria, ma Heller lo colpì in faccia con un calcio e si schiantò contro il muro.
Erik sapeva che doveva aiutare Heller, ma non trovava il coraggio. Non sapeva cosa fare. Era l'essere che combatteva.
Alex scaraventò Heller contro il muro con una frustrata. - Fai pena! Mi sono bastati due colpi per metterti a terra. Davvero credi che uscirai vivo da qui?
Heller si sollevò in piedi e scattò verso di lui, artigliandogli la faccia. Alex salto sopra la sua testa e lo colpì dietro alla testa con la pesante frusta. Heller crollò sul pavimento.
- Sei una vergona per tutti gli evoluti - disse Mercer, compiaciuto. Poi si voltò verso Erik. - Ora tocca te! Dai, fammi vedere ciò che hai dentro! Mostrami!
Erik indietreggiò, il cuore che gli martellava nel petto, il fiato corto. Sbatté le spalle contro il muro e sussultò per lo spavento.
Alex trasformò le mani in artigli e gli si avvicinò con un sorriso sinistro.
Quando alzò gli artigli per dilaniarli il corpo in due, l'essere prese il sopravento e mutò in due grosse lame. Sorrise. - Consumare. Voglio consumarti!
Mercer sbarrò gli occhi, sorpreso e compiaciuto. Finalmente aveva davanti l'essere. Ora poteva uccidere Erik e consumarlo. Ma la frase detta da lui lo aveva spiazzato un po', ma scacciò subito quel brutto pensiero. - Ora potrò finalmente farti a pezzi!
L'essere sferrò un colpo a Alex e lo scaraventò contro il muro di cemento, creando un buco. Mercer uscì dalle macerie con un sorriso malefico. - Perfetto! Sei nel pieno delle forze. Non vedo l'ora di acquisire quel potere! - Si lanciò contro l'essere e lo tartassò di colpi con la frusta, ma l'altro li parava tutti. Alex era stupefatto. - Incredibile! Sei meglio di quanto pensassi!
L'essere gli sferrò un calcio alle gambe e lo colpì a mezz'aria con una gomitata. Alex si affossò nel pavimento e sputò sangue. Le cose si stava mettendo male. Mentre si alzava, l'essere lo schiacciò con un pugno a martello. Mercer si affossò ancora di più e cadde nel piano sottostante.
La cosa gli atterrò affianco e lo sollevò per il colpo. - Consumare!
Alex gli sferrò un calcio nel petto e balzò all'indietro. Aveva sottovalutato il suo avversario. L'essere sembrava molto più forte di lui. Come poteva essere? Non era possibile. Era lui il più forte di tutti. Lui e soltanto lui.
L'essere scattò in avanti e gli squarciò il petto con la lama. Era stato una scatto così veloce, che Alex non l'aveva seguito con gli occhi. E ora era scioccato, il sangue che fiottava dallo squarcio. Quando l'essere alzò la lama per colpirlo alla testa, Alex si precipitò verso l'ampia finestra per fuggire. Non poteva batterlo. Doveva consumare Erik quando sarebbe stato dormiente. Era l'unico modo per acquisire quel potere.
L'essere gli apparve davanti agli occhi. - Consumare!
Mercer sbarrò gli occhi. L'essere gli mozzò la testa con un fendente della lama e assorbì il suo corpo. Poi crollò a terra privo di sensi.

Quando Erik riaprì gli occhi, era sul tetto di un edificio. In lontananza, colonne di fumo nero si elevavano dal quartier generale della Blackwatch divorato dalle fiamme.
- Non ti facevo così forte - disse Heller con le braccia conserte. - Quindi quella cosa che hai dentro... Può essere un pericolo, lo sai?
Erik si alzò in piedi, frastornato. - Lo so... - D'un tratto gli passarono davanti agli occhi i ricordi di Alex Mercer alla velocità della luce. Ora sapeva tutto. Sapeva ogni cosa.
- Lo hai consumato.
- Chi?
- Mercer.
- Cosa? Io... non... non ricordo niente. L'ultima cosa che ricordo era lui che si avvicina a me, poi buio totale.
- Per questo devi controllarlo. - Non so come fare. - Lo sai. - Che vuoi dire? - Non farti travolgere dalla paura - aggiunse Heller, serio. - Se lo fai, lui uscirà fuori come un bruto. Ucciderà chiunque. E ucciderà anche tuo fratello, se non riuscirai a controllarlo.
Guardarono le colonne di fumo che si elevavano dal palazzo della Blackwatch per un lungo momento.
- Ci proverò - disse Erik.
- E se fallirai, io sarò l'ultima cosa che vedrai. Non posso permettere che qualcuno se ne vada in giro a uccidere e distruggere. Lo capisci, vero?
Erik si accigliò, turbato. - Certo.
- Bene. - Heller si avvicinò al bordo del tetto.
- Ora cosa farai?
- Quello che faccio sempre. Osserverò la città e cercherò di distruggere il virus. - Si voltò verso di lui. - Tuo fratello e Ginevra sono in un palazzo sulla trentesima strada.
Prima che Erik lo potesse ringraziare, lui balzò già dall'edificio.
Mezz'ora dopo Erik arrivò a destinazione. Entrambi i lati della strada erano sbarrati da auto e furgoni, che impedivano l'accesso agli infetti. Poco distante, un posto di blocco cinto da una rete metallica su cui correva del filo spinato e spartitraffico di cemento. I soldati, morti settimane prima, erano stati spolpati fino all'osso. Un cadavere giaceva sul filo spinato. Casse e sei blindati erano stati abbandonati lungo la strada puntellata di infetti e soldati morti.
Mentre camminava lungo la via, una voce gli giunse alle spalle. Sembrava che lo stesse chiamando. Si voltò.
Brad correva nella sua direzione con un sorriso stampato sulle labbra, le braccia larghe pronto ad abbracciarlo. Ginevra era alle sue spalle con un sorriso felice.
- Brad! - Gridò Erik, estasiato.
I due si strinsero in un lungo abbraccio, tra lacrime e sorrisi. Poi lui strinse anche Ginevra e la baciò.



PS: Ringrazio tutti quelli che hanno letto questo racconto! Un ringraziamento speciale va chi ha commentato! Spero che questo racconto via sia piaciuto! : )

   
 
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