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Autore: alessandroago_94    14/11/2016    11 recensioni
Antonio Giacomelli è un ragazzo molto timido e introverso, a cui piace trascorrere i pomeriggi suonando il pianoforte. Vive una vita assolutamente normale fintanto che viene a contatto con una famiglia, la famiglia Arriga. E da quel fatidico momento, da quando ha modo di incontrarsi per la prima volta e di scontrarsi con uno dei suoi tre componenti, la sua vita cambierà per sempre, poiché sarà proprio quella stessa famiglia Arriga, assieme ai pesanti segreti che porta con sé, a sconvolgere e a cambiare la sua esistenza, tra immensi drammi e gioie inaspettate.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 34

CAPITOLO 34

 

 

 

 

 

Lei venne da me, senza titubare neppure per un secondo.

Come le avevo detto, la attendevo nel mio giardino, e il mio cuore quasi esplose dalla gioia quando la vidi avvicinarsi col suo solito passo sicuro.

Quando Jasmine fu ufficialmente entrata nel mio giardino, le feci cenno di venirsi a sedere vicino a me, ovvero su quel vecchio, piccolo ed arrugginito dondolo che se ne stava a disintegrarsi a pochi passi dalla nostra porta d’ingresso, a metà strada tra l’entrata di casa nostra e il capanno utilizzato come garage. Era l’unico oggetto che era posizionato nella nostra piccola sorta di cortile, a parte un paio di misere sedie di plastica lasciate sul ristretto marciapiede, ed era anche il più anonimo, quello a cui non ci prestava caso mai nessuno.

Quando i miei nonni erano ancora in vita, essi ci si sedevano sopra e osservavano la strada e i passanti, applicando uno dei classici passatempi tipici degli anziani, ma dopo la loro scomparsa nessuno l’aveva più utilizzato.

Che fosse stato per davvero un caso che io fossi finito per appollaiarmici sopra? Chissà. Stava di fatto che l’intelaiatura fatta di plastica dura e resistente era pure umida, pregna di quelle gelide goccioline di rugiada che durante le notti invernali tendono a congelare, diventando brina gelida entro il mattino successivo.

Io sentii che quella gelida umidità trapelava fin sotto ai miei vestiti, ma non m’importava molto. Ero così immerso nei miei pensieri che il resto del mondo passava in secondo piano, ai miei occhi.

Almeno, ciò accadde fintanto che non rividi chiaramente Jasmine.

La ragazza, quella volta a passi leggermente titubanti, si mosse lentamente verso di me, avendo individuato la mia sagoma posizionata nella penombra sul dondolo, quasi nella totale oscurità.

‘’Antonio? Che è successo?’’, mi chiese prontamente, con una sfumatura di preoccupazione nella voce.

‘’Un po’ di tutto, Jasmine. Un po’ di tutto’’, mi limitai a risponderle, sospirando tra la prima e la seconda frase. Se ad averla contattata mi aveva spinto una primordiale voglia di aprirmi e di parlare con qualcuno di fidato dei miei problemi e degli ultimi eventi, in quel momento quasi mi sentivo voglioso di restare chiuso in me stesso, di non parlare e di cercare di dondolarmi leggermente su quell’oggetto, i cui semplicistici e basilari componenti erano ormai preda della ruggine.

Però, poi, dopo un primo impatto da scorbutico, all’interno della mia mente fu sottolineato chiaramente il fatto che ero stato proprio io a contattare e a far preoccupare la ragazza, e quindi, giustamente, dovevo trattarla con grandissimo rispetto e gentilezza. E fu quello che feci.

È incredibile come le emozioni sappiano sempre donarci momenti altalenanti ed estremamente contrastanti, negli istanti difficili della nostra vita.

Jasmine, dal canto suo, parve per un attimo decisa a prendere posizione a mio fianco, dato che c’era posto, ma dopo aver sfiorato la superficie di plastica ritrasse in fretta il suo arto.

‘’Ma come fai a stare seduto lì sopra, in una serata del genere?! È anche tutto umido…’’, disse poi, allontanandosi di qualche passo da me.

Effettivamente, la tormenta di quel pomeriggio non aveva dato alcun esito in quanto accumulo nevoso; per un’oretta circa era caduta dal cielo talmente tanta neve che pareva dovesse formarsi un ghiacciaio di lì a poco, ed invece poi col giungere della sera aveva smesso di nevicare e ciò che era presente al suolo si era sciolto in fretta, quasi come se si fosse trattato di una burla. Tutta colpa del cambiamento climatico, avrebbe detto la mia prof di scienze, magari anche in modo leggermente ironico.

Un attimo dopo, la mia amata era di nuovo vicino a me, e notai che era andata a prendere una delle sedie di plastica asciutte, per poi sedersi lì sopra, infagottata come se si fosse trovata in Lapponia.

Non potevo darle torto, ovviamente, poiché nonostante il fatto che la neve del pomeriggio si fosse rapidamente tramutata in misere pozze al suolo, il cielo restava nuvoloso e di un rossore quasi infuocato, come a voler rabbiosamente promettere a noi miseri umani che la tempesta non era finita lì, e che altra neve sarebbe tornata ad avvolgere le nostre case, al momento più propizio. Non soffiava vento né altro, ma l’aria si faceva sempre più gelida ed immaginai che nel corso della notte molto probabilmente sarebbe caduta nuova neve, e che quella volta si sarebbe conservata fino al mattino e si sarebbe tramutata in duro ghiaccio.

‘’Nevicherà ancora questa notte, se è quello che ti stai chiedendo’’, mi disse la mia invitata, parlando dolcemente e con un tono molto controllato. Doveva aver notato il mio sguardo perso verso l’alto.

‘’Chissà’’, mi limitai a risponderle.

Per un attimo, fui in procinto di chiederle di entrare in casa. Ma mi accorsi, seriamente, di non riuscirci; non potevo tornare ad affrontare quella situazione perfida e caotica. Sapevo che stavo facendo congelare sia il mio corpo che quello della mia paziente amata, ma in fondo era come se stessi proteggendo la nostra integrità psichica, evitando ad entrambi di raggiungere l’interno riscaldato.

Era come se ormai ritenessi stregata la mia casa. Come se essa si fosse tramutata in un vero e proprio inferno. Per un attimo, mi lasciai percorrere da un brivido, che però non mi fu provocato dal clima rigido che avvolgeva il mio corpo, bensì dal fatto che la mia mente fu attraversata di nuovo dal pensiero dell’imminente partenza degli Arriga, e delle ripercussioni che ciò avrebbe avuto sulla mia vita.

Mi pareva scontato stare a ripetermi che l’allontanamento da me da parte della signora e di suo figlio si sarebbe potuto rivelare un vero e proprio toccasana per il mio animo e la mia salute, sia fisica che mentale, ma a terrorizzarmi era proprio la probabile partenza di Roberto. Anche se aveva lasciato chiaramente intendere che non se ne sarebbe andato fin da subito con moglie e figlio, data la frattura all’interno della sua famiglia, era tuttavia lampante che non se ne sarebbe rimasto con noi per molto. E questo continuava a farmi davvero molto male, e a ferire e a straziare la mia povera mente.

Mi sentivo come quando ero un bambino, ed avevo bisogno del supporto degli adulti. Roberto era diventato in fretta per me quasi una sorta di secondo padre, addirittura anche primo, dato il comportamento del mio vero genitore, e perderlo sarebbe stato davvero un trauma.

E poi, la vita di me e mia madre dopo la partenza degli Arriga era ancora tutta da decidere, vista la perdita di un’importante sostentamento economico e il fatto che non ci fosse alcun altro che fosse interessato a prendere il loro posto. Prevedevo un nuovo momento di gravi ristrettezze economiche in casa mia, e quindi addio università per me e addio pause e ferie per mia madre.

Entrambi ci saremmo dovuti rimboccare le maniche, e non riuscivo neppure a prevedere se avessi potuto concludere quell’ultimo anno di superiori in modo sereno.

Mio padre aveva vissuto a sbafo in casa nostra durante l’ultimo mese, e di certo avrebbe potuto mettere qualcosa anche lui per risollevare la nostra situazione che si preannunciava già gravissima, ma ero più che convinto che mia madre non gli avrebbe mai chiesto nulla, dato che da ciò dipendeva la sua ultima e rigida forma d’orgoglio, e d’altronde quell’uomo infame ed ingrato non avrebbe mai sborsato niente in ogni caso.

Neppure a me piaceva l’idea di chiedere denaro a mio padre per tirare avanti, e al solo pensarci mi sembrava un’infamia. Mai mi sarei chinato di fronte a lui, neppure per chiedergli un centesimo, un tozzo di pane o un passaggio in auto. Tutti i possibili ponti tra noi erano già pressoché crollati irrimediabilmente.

Insomma, in quegli istanti prevedevo solo guai e pasticci, e mi sembrava davvero tutto nero.

Ad un certo punto, mi accorsi che stavo parlando; stavo raccontando tutto, ogni mio pensiero, ogni mia paura e sofferenza a Jasmine, narrando a voce molto bassa come se quasi avessi voluto sussurrare tutto a me stesso, e la ragazza mi stava attentamente ascoltando, senza minimamente importarsene del freddo che ci stava avvolgendo e quasi congelando.

Vidi il suo viso come se si fosse trattato della prima volta in cui lo scorgevo, e tra l’altro potei osservarlo nella più debole penombra, siccome era marginalmente illuminato dalla luce di un lampione che dalla strada tentava di scacciare il buio della prematura notte invernale fin attorno ad ogni casa del paese, come se avesse avuto un grande coraggio e fosse stato un prode combattente.

Non mi fermai, né smisi di parlare e di riflettere, e non controllai neppure il flusso di frasi che stavo pronunciando, lasciandomi andare per davvero. La mia mente era assonnata e provata, e non volevo sottoporla ad altre prove o fatiche, e visto che la mia amata era una ragazza gentilissima, disponibilissima ed altruista, sapevo che mi avrebbe ascoltato e consolato senza andare a spifferare tutto in giro o ridere sui miei problemi.

Jasmine era un tesoro, ed io ero fortunato ad averla accanto e ad averla conosciuta.

Le raccontai tutto, lentamente e col giusto tempo, quasi vuotando il sacco ed andando ancor più in profondità di quello che avevo detto ad ogni altra persona o amico del mio mondo. Parlare mi fece molto bene, soprattutto con una mia coetanea interessata ed amorevole come lo era la mia amata, pure molto intelligente e comprensiva.

Non so neppure ora quando conclusi la mia narrazione; forse ci misi una manciata di minuti, o forse addirittura più d’un ora. Mi lasciai semplicemente trasportare dalla forza delle mie parole fintanto che ebbi fiato, e la mia gola divenne un inferno bruciante.

Solo allora mi fermai, quando neppure più il naturale deglutire della saliva mi riusciva nel modo più normale ed indolore. E Jasmine a sorpresa si allungò e mi prese la mano tra le sue, caldissime nonostante il gelo che ci avvolgeva.

‘’Hai davvero passato tutto questo, negli ultimi mesi? Sei un eroe’’, mi disse poi, indirizzandomi quelle parole con un filo di voce.

‘’Non è così. Ho traballato tante volte, e traballerò ancora. Se Federico se ne andrà per sempre, credo che eviterò di tornare ad infierire penalmente, d’accordo anche con mia madre… e tutto tornerà come prima. Temo che resteremo con mio padre…’’, dissi, semplicemente senza seguire un filo logico.

Ammisi a me stesso che, dopo aver parlato tanto, nella mia povera mente aveva cominciato grandemente a scarseggiare l’attenzione. Difficilmente, da quel momento in poi, sarei riuscito a pronunciare un altro lunghissimo discorso coscientemente coerente.

‘’In ogni caso, io ci sarò, e tu resterai il mio eroe’’, replicò altrettanto semplicemente Jasmine, col suo solito piglio facile e spontaneo.

Avrei voluto sorridere, ma non lo feci; avevo davvero dato tutto, per quella giornata.

‘’Avrei voluto vedere le stelle, questa sera. Sarebbero state una bella presenza, sopra di noi, dopo questa lunga ed imprevista chiacchierata’’, tornò a dire la mia amata, dopo aver incassato qualche attimo di mio pensieroso silenzio e un’espressione impassibile e stanca impressa sul mio viso.

‘’Invece ci sono solo le nubi compatte, un po’ come sulla mia vita’’.

Quasi la corressi, con la mia frase rapida e diretta.

‘’Non dire così, perché sono certa che il sole tornerà a splendere anche su di te, e splenderà ancora di più su di noi. Più ci penso e più la vita mi sembra un’altalena! Ci sono periodi bui e tristi, magari anche molto lunghi, e altri così pacifici che si rischia davvero di annoiarsi e di lasciarsi sfuggire del tempo, come se fosse inutile pure esso… la vita è strana’’, disse Jasmine, dopo aver soppesato per un secondo le mie parole.

‘’La vita è come un gioco, ragazzi. Potete scegliere se giocarla bene, oppure se giocarla male… ma diciamo che, insita nella sua essenza, c’è anche una buona dose di fortuna o di sfortuna. Proprio come nel gioco vero e proprio, dove non basta sempre la grande bravura del giocatore e la sua esperienza per vincere ogni gara o ogni partita’’.

Roberto, uscito silenziosamente da casa mia, si avvicinò a noi, lasciandosi immergere nella penombra e non perdendo l’occasione per dire qualche parola.

‘’E’ proprio vero! Lei ha ragione’’, riconobbe prontamente Jasmine, per nulla in soggezione a causa del nuovo arrivato.

‘’Disturbo, ragazzi? Scusate, ma avevo bisogno di un po’ d’aria fresca. In casa, si sa… il riscaldamento acceso a volte dà fastidio alla testa’’, disse l’uomo, cautamente e avanzando di qualche passo verso la strada, puntando il suo sguardo oltre la recinzione metallica del mio giardino. Colsi comunque un certo doppio senso in quelle parole.

Dubitavo che fosse uscito per prendere una boccata d’aria fresca, come d’altronde fui costretto a riconoscere che faceva molto spesso. Mi balzò alla mente anche l’idea che fosse venuto per darmi un’occhiata e comprendere se in me fosse tutto a posto, dopo l’orribile e violenta discussione a cui ero stato costretto ad assistere.

Mi pareva incredibile che il mio inquilino fosse ancora così tanto di buon cuore da cercare di dimenticare quello che stava vivendo all’interno della sua famiglia, per venire fuori a controllare me.

Roberto mi faceva sentire caldamente protetto, mi faceva sentire importante per qualcuno, così come stavano facendo anche Jasmine e mia madre, anche se quest’ultima lo stava continuando a fare più a modo suo che altro, e di questo ero davvero molto grato a loro.

Ma sia Jasmine che mia madre avrebbero continuato a far parte della mia vita in ogni caso, sperando in un pizzico di buona sorte, mentre lui ero condannato a perderlo. E questa vaga consapevolezza mi trafiggeva brutalmente il cuore.

‘’Assolutamente no’’, rispose educatamente Jasmine, dopo un sospiro, e di fronte alla domanda del nuovo interlocutore adulto.

Sospirai pure io, appoggiandomi allo schienale del dondolo, mentre Roberto raggiungeva la recinzione e si accendeva una sigaretta.

‘’Sembra una persona a posto e a modo’’, mi disse a bassa voce Jasmine, dandomi una leggera gomitata ed approfittando del fatto che l’uomo si fosse allontanato di qualche passo.

‘’Oh, lui sì. Come ti ho già detto, i pazzi sono gli altri due…’’.

Non dissi altro, non ce n’era bisogno. Un qualcosa cadde dal cielo, quasi all’improvviso ed inaspettatamente; si trattava di un piccolo fiocco di neve.

‘’Riprende a nevicare. La neve di questo pomeriggio e quella sorta di tormenta saranno nulla in confronto a quello che accadrà questa notte’’, suggerì tranquillamente Roberto, sempre un po’ fisicamente distante, notando anch’egli un fiocco. A dicembre inoltrato, ormai, era comunque il tempo del clima più rigido, e non ne eravamo stupefatti nessuno.

‘’Antonio! Antonio, sei lì fuori?’’, chiese mia madre, cautamente, venendo anche lei in giardino.

‘’Sì, mamma’’, le risposi, tornando a sospirare.

Per un istante, provai un improvviso e discreto timore; quello che la mia cara mamma notasse Jasmine, e facesse delle domande a riguardo. Ma poi, riflettendo un attimo, compresi che tutto ciò a cui stavo pensando erano semplicemente sciocchezze.

Avevo chiaramente intenzione di far capire al mio unico genitore decente che non era Alice che mi attraeva, o altre ragazze, bensì Jasmine, la ragazza tanto gentile e decisa che già aveva trovato il modo più diretto per farmi conoscere alla sua famiglia e farmi interagire con i suoi. Il mio ambiente familiare era totalmente diverso dal suo, e questo un po’ m’imbarazzava, ma non avevo intenzione di nasconderla o di tenerla celata come se io mi stessi vergognando di lei, quasi facendomi beffe della sua gentilissima e cortese apertura nei miei confronti.

‘’Chi è questa bella ragazza? E’ quella Jasmine, vero, la stessa che una volta è venuta a cercarti?’’, tornò a chiedere mia madre, quasi all’improvviso, riscuotendomi dai miei pensieri e rendendoli fondati.

Le sorrisi, nel buio. Mamma Maria era sempre stata una persona cordialmente curiosa, e si stava avvicinando a noi, decisa ad indagare. Forse, voleva vedere pure lei come stavo reagendo all’orribile scenata di poco prima, ma credevo sfuggisse a tutti il fatto che non ero più un bambino, e che le fughe di fronte alle scenate facevano parte dell’infanzia, di fatto.

A quei pensieri, quasi scoppiai a ridere da solo; la verità era che ero una persona debole e fragile, e che dopo la scorsa scenata, in cui ero stato coinvolto in modo ancor più diretto poiché era stata gestita da mio padre, che mi aveva deriso davanti a tutti, mi ero comportato come un folle. O come un bambino.

Gli adulti facevano quindi bene ad avere un dubbio su di me, e ciò era fondato.

‘’Mamma, sì, lei è Jasmine. È una grande amica di Alice, come sai già… ed è la mia ragazza’’, le buttai lì, senza aspettare troppo e concedendomi solo un attimo di riflessione.

Quasi mi mangiai la seconda metà della seconda frase, ma non potevo rischiare di perdermi in un qualche discorso, prima di arrivare al punto, così come avrebbero fatto tutti ed ogni persona normale. Mi conoscevo ormai, e sapevo che se non avessi fatto chiarezza in quel momento, avrei rischiato di non farla mai per via della mia timidezza e del mio carattere difficile.

Mia madre parve rimanerci di stucco, per qualche secondo, e anche ciò era perfettamente comprensibile dato il mio poco tatto, ma poi prontamente si sciolse, e si avvicinò rapidamente a Jasmine.

‘’Oh! Immaginavo che il mio figliolo fosse innamorato di qualche ragazza! E mi fa tanto piacere scoprirlo ed avere di fronte questa persona speciale! Lasciati abbracciare, cara!’’, disse in fretta, avvicinandosi alla mia amata, che velatamente imbarazzata ed impacciata si alzò dalla sua sedia e si lasciò travolgere dall’abbraccio caloroso e sincero di mia madre, che da parte sua aveva improvvisamente cominciato a piangere, evidentemente emozionata.

Le due donne si scambiarono un abbraccio fraterno ed estremamente caloroso, e mi venne da distogliere gli occhi per un attimo da quella scena così dolce per puntare il mio sguardo nomade su Roberto, e notare che anche l’uomo stava guardando la scena, ma non riuscii a scorgerne con chiarezza il volto, nascosto dalla semioscurità. Mi piacque immaginare però che ci avesse ben impressa un’espressione di compiacimento, come suo solito durante gli istanti più commuoventi.

Il rumore del cancelletto che si apriva mi costrinse a gettare una rapida occhiata a mio padre che rincasava, e che notando la moglie abbracciata con la ragazza di colore per un istante si soffermò a guardarle, poi riprese a camminare mugugnando qualcosa.

‘’Una nera. Pure una nera abbraccia… pure…’’, riuscii a comprendere, il tutto pronunciato con nervosismo, e per fortuna mia madre e Jasmine non udirono.

Avrei voluto dire qualcosa, ma non ne valeva la pena; avrei rischiato solo di generare un’altra scenata inutile, che sarebbe finita per causare qualche problema alla mia relazione con la ragazza. Feci quindi uscire quelle parole subito dall’orecchio opposto a quello che le aveva udite, ma mi soffermai ad osservare il mio genitore che rientrava in casa, e quando aprì la porta d’ingresso e fu investito in pieno dal fascio di luce del corridoio illuminato, notai chiaramente la sua espressione disgustata.

Quell’uomo mi faceva davvero schifo. Non aveva un minimo di rispetto per nessuno.

Mia madre e Jasmine parlarono per qualche minuto, dopo aver sciolto quell’impetuoso abbraccio, e tutto pareva andare a gonfie vele, ed io ero davvero felice in quegli istanti. Ormai, pareva che ogni problema o scenata appartenessero ad un passato remoto e distante.

Ma non era così, purtroppo.

‘’Maria! Maria, vieni a scaldare immediatamente questa sbobba! Non pretenderai mica che io mangi della schifezza del genere’’, disse di lì a poco mio padre, aprendo la finestra della cucina per farsi sentire meglio. Doveva essere davvero geloso ed innervosito per il fatto che mia madre stava intrattenendo una relazione sociale ed umana con qualcuno, e pareva che lui dovesse sempre isolarla da tutti e smontarla, offendendola e trattandola pubblicamente come una serva.

La mamma Maria, udendo quelle parole, si congedò frettolosamente ma educatamente da Jasmine, invitandola tante volte a casa nostra, ma non chiedendole di entrare in quel momento.

Non era del tutto una sprovveduta e doveva immaginare che mio padre, l’aristocratica e il pazzo avrebbero potuto irreparabilmente ferirla, durante quella serata, se l’avessero scorta in un ambiente a loro favorevole.

L’avrebbero fatto per far del male a me, alla ragazza che amo e alla mamma. Perché loro erano persone cattive, e di questo ne ero e ne sono certo.

Maria avrebbe voluto cercare di rispondere a tono al marito, quella volta, ma compì la saggia scelta di non dire nulla di fronte a Jasmine, e ciò l’apprezzai, perché in fondo anche se la ragazza già sapeva che eravamo sommersi dai problemi familiari, sarebbe stato ingiusto renderla partecipe di uno scontro verbale poco educato.

Un altro rumore molto forte, quella volta proveniente dal piano superiore, fece sobbalzare anche Roberto, ed i due adulti si dileguarono e si congedarono molto rapidamente da noi, rientrando in casa ed andando a controllare che ambo le situazioni problematiche fossero almeno sotto un minimo controllo.

Inutile sottolineare che stavo male sia per Roberto che per mia madre, sapendo che entrambi non meritavano tutto ciò che stava accadendo loro, ma i due adulti si stavano comportando decentemente, a tratti in modo molto maturo. Sentivo che avevo molto da imparare dal mio inquilino, soprattutto nel modo che aveva di riuscire a dominare le sue emozioni.

Non capivo, in quei movimentati momenti, se l’uomo stesse soffrendo per ciò che stava accadendo all’interno della sua famiglia e stesse cercando di mettere sul suo viso una maschera, nel tentativo di insabbiare agli occhi degli altri il suo turbamento e la sua tensione, oppure se fosse come se avesse già più volte meditato su quella situazione, come se la situazione stessa e complicata che si era mostrata all’improvviso in realtà fosse qualcosa di poi non così tanto impensabile o lontano anni luce.

In ogni caso, per me Roberto era un vero duro, nonostante la sua parvenza esteriore da debole e passivo. Era un filosofo, semplicemente, e la sua mente era tutta da scoprire, e di certo non era chiusa e limitata. Era una sorta di miniera a tratti oscura, ma tutta da esplorare.

Mia madre e lui, sotto certi aspetti, erano molto simili, oltre ad essere accomunati da una discreta sfortuna famigliare.

‘’Hai notizie di Alice?’’, chiesi a Jasmine, non appena gli adulti si erano dileguati. Deglutii, prima di porre la domanda, perché avevo timore di sentirmi dire altre brutte notizie, ma d’altronde era certo che fosse così.

Tuttavia, dovevo e volevo affrontare l’argomento, perché mi stava a cuore e ancora mi sentivo un po’ in colpa. Tutto il resto, in quegli istanti, non contava più nulla.

‘’Sì, i miei si stanno costantemente tenendo in contatto con la madre, senza essere indiscreti e cercando di non disturbare. A quanto pare, la situazione è ancora invariata, e la nostra amica è ancora incosciente, immersa in un sonno indotto. Ma da quel che ho capito, presto tenteranno di farla risvegliare… e lì… chissà… se…’’.

Jasmine scoppiò in lacrime, all’improvviso, ed ecco che cominciai a star doppiamente male.

L’avvolsi subito in un tenero abbraccio, volevo che sapesse chiaramente che le ero vicino, fisicamente e mentalmente a lei e mentalmente alla povera Alice.

‘’Io… io spero solo che alla fine possa andare tutto bene’’, dissi, semplicemente.

So che forse non era la frase più confortevole che potessi pronunciare sul momento, ma almeno conteneva tutta la mia miglior speranza. Speranza in un miracolo, in pratica.

‘’Anch’io’’, mi rispose flebilmente la mia amata, tra le mie braccia ed annuendo debolmente.

Era così fragile! Mentre la cingevo con le mie braccia, me ne rendevo perfettamente conto. E l’amavo ancora di più. Dentro di me, io bruciavo per lei, e non sopportavo vederla piangere, anche se conoscevo il motivo di quel gesto che faceva soffrire anche il mio debole animo.

‘’Ora non piangere più, però. Non voglio vederti così disperata, perché mi piacerebbe che in cuor tuo vivesse la speranza, fino all’ultimo. Sono certo che la nostra Alice, quella che abbiamo avuto modo di conoscere prima che fosse troppo contaminata dalla malattia, avrebbe approvato queste parole’’, le dissi, cercando di farle forza. La sentivo così spossata e debole, mentre era quasi abbandonata tra le mie braccia, e stavo davvero in pena per lei.

‘’Hai ragione’’, acconsentì la ragazza dopo un sospiro, per poi staccarsi in fretta da me per asciugarsi le lacrime e soffiarsi il naso.

Mentre Jasmine continuava a risistemarsi, cercando di nascondere ogni traccia evidente del recente pianto, cominciò a nevicare di nuovo in modo fitto, e all’improvviso.

‘’Oh, ci risiamo’’, mormorai, mentre la mia interlocutrice alzava per un attimo gli occhi verso il cielo rossastro. Nuovamente, assieme ai primi copiosi e grandi fiocchi, cominciò ad alzarsi un vento gelido e tagliente.

‘’Eh, pare proprio di sì. Temo che farà bufera per tutta questa notte… e forse è meglio se vado a casa’’, riprese a dire Jasmine, ed io subito la incoraggiai a farlo.

Era già sera inoltrata, il paese era avvolto in più punti dal buio totale e la nevicata copiosa e il vento stavano rendendo il luogo spettrale e silenziosamente pericoloso, quindi la invitai caldamente ad andare a casa, anche se avrei tanto voluto che stesse ancora lì con me, ma non volevo mettere in nessun modo a rischio la sua incolumità o crearle problemi dovuti al mio egocentrismo.

La mia ragazza, ovviamente, capì che i miei caldi consigli erano fondati, e così ci salutammo sotto una fitta nevicata, dandoci appuntamento per i giorni successivi, anche se poi le avrei scritto un messaggino per augurarle la buona notte, com’era mio solito fare.

Mi tornò in mente anche il mio ultimo incontro con Melissa, avvenuto proprio durante quello stesso pomeriggio, e quel giorno mi parve il più strano della mia vita e mi è rimasto impresso nella memoria in un modo incredibilmente approfondito, forse proprio perché il ritmo dei miei più importanti saluti fu dettato da quella neve strana, pacata e copiosa.

In cuor mio, speravo che quella neve potesse seppellire anche il mio costante tormento interiore, una volta per tutte, dato che da troppo tempo soffrivo.

Speravo davvero in una svolta, e si vede che quella nevicata magica mi portò davvero un poco di fortuna, poiché dal giorno successivo tutto cominciò rapidamente a cambiare.

L’attesissima e profonda svolta era lì, finalmente ad un passo, ed ora già fremo per ricordarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Ciao a tutti!

Carissimi amici lettori, solo quattro capitoli ci separano dall’epilogo e dalla fine di questo racconto. Spero davvero che la storia continui ad essere di vostro gradimento, e che possa piacervi fino all’ultimo.

Ringrazio tutti coloro che continuano a sostenere con grande fedeltà e gentilezza questo racconto! Siete di una gentilezza infinita, e il vostro sostegno mi ha infuso davvero tanta forza e voglia di mettermi in gioco con questa vicenda.

Grazie di cuore per tutto, e buona giornata! A lunedì prossimo.

 

   
 
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