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Autore: Kanda_90    14/11/2016    1 recensioni
Il mondo di D.Gray-man...la sua storia...i suoi personaggi...
Ma come si sarebbero svolti gli avvenimenti, come sarebbero cambiati gli equilibri tra i membri dell'Ordine, se fin dall'inizio ci fosse stata un'esorcista in più?
Tutto ha inizio in una calda e limpida mattina, alla alba. Una ragazza e il suo cavallo nero si concedono una lunga cavalcata...
Sostano sulle rive di un piccolo specchio d'acqua....
Lei non ricorda il suo passato...non pensa al suo futuro...ma sta per fare un incontro che le cambierà drasticamente la vita.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yu Kanda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno a tutti.
Si...è tantissimo che non aggiorno, anni in realtà, ma purtroppo la mancanza di tempo e gli studi mi avevano costretta a lasciare questa e molte altre fic in sospeso.
In ogni caso, eccomi di ritorno con un nuovo capitolo!
Era parecchio tempo che non scrivevo e ho paura che il mio stile sia un tantino arrugginito, ma spero comunque che la continuazione di questa storia possa piacere ^_^ Buona lettura!

Kanda

9th Night: Noi siamo distruttori, non salvatori

Arcate buie…un lungo corridoio…lampadari gotici pendono dal soffitto…
L’ingresso si apre, due figure entrano…Lei…
Lei mi viene incontro, ma non è sola…chi è…
Certo, è Quell’altra…camminano fianco a fianco, Lei la accoglie…
Quella è appena arrivata…il suo primo giorno…perché non riesco a vederne il viso…?
C’è troppa luce…
Lei mi sorride…avanza…
C’è ancora troppa luce…troppo bianco…
Chiudo gli occhi, li riapro…no…
Ancora quel prato…ancora quell’Akuma che avanza verso di Lei…
“Ti prego…fammi restare insieme a lui fino alla fine!”
La sua voce è flebile, eppure la sento così chiara…
“Ti prego…”

“Fatemi restare con lui fino alla fine!” Una voce si fece lentamente strada nella mia mente, sovrapponendosi alla Sua, che ancora rimbombava nella mia memoria. Un’altra visione…no. Solo un altro ricordo, nient’altro.
Lentamente mi riscossi dal torpore dell’incoscienza, senza tuttavia riuscire ancora ad aprire gli occhi. Sentivo la testa pesante, i pensieri ancora confusi, poi lentamente iniziai a riordinare i pezzi. Ma certo, l’Akuma. Ecco com’era andata. Dovevo essere svenuto dopo che quel buffone con la faccia da clown mi aveva messo al tappeto.
Maledetto…
Essere battuto con un tranello così meschino mi bruciava ancora sin nel midollo, e il dolore lancinante che mi pervadeva dall’addome al petto certamente non mi aiutava ad ignorare la fitta al mio orgoglio.
Socchiusi un occhio per cercare di capire dove mi trovassi. Sopra di me campeggiava un’enorme volta di pietra poggiata su immense colonne cilindriche. Malgrado gran parte di essa fosse crollata, lasciando filtrare qualche esile raggio di luna, la costruzione sembrava solida. Attraverso le crepe del soffitto riuscivo a scorgere quelle che parevano rovine di abitazioni.
Dunque eravamo sotto la città. E quella voce…
“Dopo la sua morte, non importa cosa sarà di me. In cinquecento anni, Gsor è stato l’unico ad accettarmi.” Ignorando le fitte lancinanti, voltai lievemente il capo. Fu allora che la vidi e compresi appieno l’altro errore madornale che avevo commesso. Non era il vecchio la bambola, ma la ragazzina. Ora che aveva rimosso il ridicolo cappello che le celava il volto, i lunghi capelli fluenti erano perfettamente visibili, così come i due piccoli apparati metallici che le incorniciavano il capo. L’apparenza non lasciava alcun dubbio.
Maledissi mentalmente la sequela di errori di valutazione che mi avevano inseguito in quella missione. Come avevo potuto essere così cieco? A quanto pareva, l’intensificarsi delle dannate visioni stava davvero minando la mia concentrazione.
Non potevo permettermelo.
Soprattutto, non potevo permettermi ulteriori divagazioni.
La missione andava completata in fretta e la soluzione era a portata di mano. Per quale motivo quell’insignificante mammoletta si stava ostinando ad ascoltare le parole di quella bambola? Cosa diamine stava aspettando?
“Fatemi funzionare come bambola fino alla fine! Vi prego.”
“No.”

Ne avevo abbastanza. Con la forza appena recuperata mi issai a sedere, senza curarmi degli aghi di acuto dolore che punsero la mia carne, là dove era stata lacerata dall’Akuma. Le ferite sarebbero guarite, come sempre. Ora la priorità era terminare in fretta quella seccatura di missione e levarmi dalla vista l’albino incompetente.
“Aspettare che quel vecchio muoia? In questa situazione non possiamo esaudire un desiderio del genere.”
Il novellino mi fissò interdetto, quasi non credesse alla freddezza delle mie parole. Poco me ne importava di quello che stesse pensando. Se aveva intenzione di indugiare a quel modo in ogni sua missione non sarebbe durato nemmeno un mese.
“Noi siamo venuti qui per proteggere l’Innocence!”
Nient’altro. Era un compito semplice, pulito, anche un’incompetente come lui avrebbe potuto portarlo a termine, se solo non si fosse lasciato coinvolgere come un ragazzino.
“Prendi immediatamente il cuore di quella bambola!”
L’albino non si mosse, nemmeno di fronte al mio ordine perentorio. Si pietrificò, fissando il mio sguardo con quello che pareva un misto tra odio, indignazione e incredulità.
Non l’avrebbe preso. Non l’avrebbe mai fatto, glielo si leggeva negli occhi.
Non si sarebbe mai sporcato le mani con quello che, ai suoi occhi, evidentemente altro non era che uno sporco omicidio.
La sua immobilità mi dava sui nervi. Se solo non fossi stato ancora così debole…
Stupido idiota.
“Cosa siamo venuti qui a fare noi?” gli sbraitai contro. Ansimando per le ferite che mi indebolivano, non gli staccavo gli occhi di dosso. L’avrei trapassato da parte a parte se avessi potuto…o dovuto.
Il novellino alla fine abbassò lo sguardo, quasi fosse indeciso sul da farsi. Questo non fece che darmi ancora di più sui nervi.
“N-non posso prenderlo…”
Che cosa…?
“Scusa. Non voglio prenderlo.”
Fuori da ogni grazia, lo fissai con disprezzo. Cercai Mugen intorno a me, ma incontrai il cappotto della mammoletta. Vi avevo dormito sopra per tutto quel tempo. Aveva usato la sua uniforme come un materasso per i feriti.
Non aveva capito niente.
Si era imbarcato nella vita dell’Esorcista senza comprendere nemmeno lontanamente cosa volesse dire.
La mia considerazione della sua infima persona non faceva che peggiorare.
Con rabbia, afferrai l’uniforme e gliela lanciai addosso, letteralmente, con tutto il disprezzo di cui ero capace.
“Questo soprabito non serve come cuscino per i feriti! Serve per essere indossato dagli Esorcisti!”
Senza più degnarlo della mia attenzione mi rialzai, buttandomi sulle spalle l’uniforme, Mugen saldamente nella mano destra. Se non era in grado di mettere da parte i suoi stupidi sentimenti, allora avrei posto io fine a quella farsa.
“E’ perché ci sono i sacrifici che esiste la salvezza, novellino.”
Non mi aspettavo che potesse capirlo, era decisamente al di là della sua portata come concetto. Lui non avrebbe mai capito. Non poteva.
Senza esitare, puntai l’acuminata estremità di Mugen verso il cuore della bambola, ignorando le suppliche sue e del vecchio. Attendere non aveva senso. L’uomo sarebbe morto a breve, in ogni caso, a giudicare dalle sue condizioni, e in quanto alla bambola, prima o poi avrebbe cessato di muoversi comunque. Non c’era alcun motivo che potesse convincermi a non agire.
Nessuno, a parte un idiota coi capelli bianchi.
Prima ancora che potessi muovere Mugen, l’albino si parò tra la lama e l’Innocence, proteggendoli. Quello stupido…
Avrei affettato volentieri anche lui, se si fosse rivelato d’intralcio. Ancora non l’aveva capito?
“Allora lo farò io.”
Una punta di incredulità si insinuò nel mio sguardo, ma non mossi un muscolo.
“Ti va bene se mi sacrificherò io per loro? Loro chiedono soltanto di incamminarsi verso la fine nel modo che preferiscono. Fino ad allora, non prenderò l’Innocence da questa bambola.”
Impercettibilmente, la lama di Mugen iniziò ad abbassarsi. Cosa stava blaterando quel pazzo? Sacrificarsi per due che nemmeno conosceva…era davvero più stupido di quanto pensassi.
“Se io distruggo l’Akuma non ci saranno problemi no? Una guerra vinta con soli sacrifici è una guerra vuota!”
Prima ancora che potessi pensare cosa stessi facendo, l’avevo già colpito in pieno viso con tutta la forza della mia rabbia. Un’azione che pagai cara. Mentre crollavo in ginocchio, l’amaro sapore del sangue in bocca, non smisi mai di fissarlo con odio.
Cosa ne sapeva lui? Cosa ne sapeva di che sacrifici quella stupida ed eterna guerra richiedeva e aveva sempre richiesto? Niente. Era solo un bambino immaturo e pensava come tale.
Io lo sapevo. Sapevo cosa voleva dire sacrificare tutto, contro la propria volontà persino. Non era qualcosa che si potesse accettare, ma nemmeno poteva essere cambiato. Ma almeno potevo decidere di non rendere vano quel sacrificio.
“Che ingenuità mostruosa!” riuscii a urlargli tra un respiro e l’altro. “Ehi…visto che ti fanno pena, sei pronto a svendersi per il tuo prossimo?”
Situazioni come questa se n’erano sempre presentate e sicuramente altre ne sarebbero venute. Qualcuno poteva considerarle problematiche, dolorose, magari persino struggenti, ma la questione non cambiava. L’unico modo per salvare quello che più avevo di caro era sacrificare il resto. Tutto il resto. E non mi sarei fermato, nemmeno per considerare il rimorso, finché non avessi eliminato ogni ostacolo che mi impediva di proteggere il mio obiettivo.
Davvero quel bamboccio era disposto a perdere tutto per quei due sconosciuti?
“Non hai niente d’importante al mondo tu?!” gli urlai addosso.
Respirando a fatica, complici l’ira e le ferite non ancora rimarginate, esaminai la sua odiosa espressione.
“Ciò che avevo d’importante l’ho perso molto tempo fa.” Rispose flebilmente, senza staccare gli occhi dal terreno sabbioso. “Non ho ragioni nobili come la compassione, è solo che non voglio vedere una cosa simile. Tutto qui. Io sono un minuscolo essere umano, quindi, piuttosto che alla vastità del mondo, il mio cuore si rivolge a ciò che ho davanti agli occhi. Non posso abbandonarli.”
D’un tratto non seppi cosa rispondere. Quell’odioso ragazzino era solo troppo disgustosamente buono per accettare di doversi sporcarsi le mani, eppure nelle sue parole c’era un dolore ed una convinzione che parevano avere quasi coerenza.
“Se posso, voglio proteggerli!”
Tsk. Povero illuso.
Nessuno avrebbe potuto proteggerli, nemmeno un pazzo incosciente e ingenuo come quel novellino. A volte, il miglior modo di proteggere qualcosa era fare in modo che non esistesse…
Non ebbi tempo di indugiare oltre sui miei pensieri.
Qualcosa non andava. Potevo sentire la minaccia intorno a me, una sensazione chiara e nitida, ma quando infine compresi da cosa provenisse era troppo tardi.
Un artiglio candido aveva trapassato completamente il vecchio e la bambola trascinandoli verso un vortice di sabbia apparso dal nulla. Riconobbi l’arma con cui l’Akuma aveva tentato inutilmente di uccidermi, mentre la sua insopportabile risata isterica echeggiava nell’aria della volta di pietra. In un attimo bambola e umano vennero sollevati, il vortice di sabbia che prendeva la forma di quell’Akuma pagliaccio che ora non la piantava di ridere ed esultare fissando l’Innocence appena catturata.
Che nervi. Tutto quel tempo perso in modo insulso a discutere del da farsi.
Tutta colpa di quella stupida mammoletta.
Se pensavo che poco prima stavo quasi per dare un minimo di senso alle sue parole…
Con rabbia e fastidio strinsi Mugen, preparandomi all’attacco…ma mi fermai. Una potente aura omicida pervase velocemente lo spazio del campo di battaglia, quasi oscurando la poca luce lunare che filtrava dalla volta, o almeno così mi parve, tanto la cappa di quell’atmosfera si fece pesante.
Mi voltai verso l’origine e, con sorpresa, constatai che era proprio il novellino ad emanarla.
“Ridammi quell’Innocence.”
Persino la voce pareva non essere più la sua. L’odio l’aveva trasfigurata e stava facendo lo stesso al suo braccio, plasmando l’arma anti-Akuma. Osservai, pronto all’azione, ma stranamente consapevole che, forse, la mia presenza non sarebbe servita. L’arma del bamboccio era potenzialmente potente e, unita alla sua rabbia, avrebbe potuto distruggere quell’Akuma, o quantomeno ne avrebbe avuto la possibilità.
Il braccio del ragazzino continuava a contorcersi, assumendo diverse forme, quasi fosse stato una creatura viva. Avevo sentito degli effetti che le emozioni potevano avere sulle armi dei Parassita, ma non avevo mai avuto occasione di constatarlo. Sarebbe potuto essere un risvolto positivo, se quello stupido fosse stato in grado di controllarlo…
No. Ovviamente no.
Senza nemmeno aspettare che la sua arma si fosse rigenerata completamente, la mammoletta si scagliò sull’Akuma.
Quello stupido.
La rabbia e il dolore avevano preso il sopravvento sulla ragione. Si sarebbe fatto ammazzare come un idiota.
Attivai Mugen, pronto a dover raccogliere i pezzi del bamboccio per la sala, una volta sconfitto l’Akuma, ma accadde l’impensabile. Proprio quando l’albino stava per calare sull’Akuma, la sua arma prese forma, trasformandosi in quello che sembrava a tutti gli effetti un cannone. E sparò.
Nemmeno un Livello 2 sarebbe potuto sopravvivere, crivellato di colpi a quel modo. Ma quest’Akuma sembrava fastidiosamente furbo. Un vortice e divenne nuovamente sabbia, sfuggendo ai colpi dell’albino, che però continuava a seguirlo con il suo occhio maledetto. Il desiderio di uccidere era palese in lui.
L’Akuma scomparve per un attimo, prima di esplodere di nuovo intorno al novellino, inglobandolo completamente e iniziando a colpire sé stesso nella speranza di uccidere l’Esorcista. Il Finder era visibilmente allarmato, convinto che per il bamboccio non vi fosse più alcuna speranza, ma io non mi mossi né persi la concentrazione.
Lo sentivo ancora. Il suo istinto omicida era ancora forte e presente.
Infatti.
L’arma trasformata ora in una sorta di spada squarciò l’involucro sabbioso del demone, liberando l’albino. Senza lasciare all’Akuma il tempo di reagire, il novellino distrusse la pelle mutante dell’Akuma, esponendolo. Nel tempo di un pensiero la sua arma riprese a sparare contro il nemico, che inutilmente tentava di proteggersi con l’arma copiata all’Esorcista, ormai ridotta a un colabrodo.
Aveva raggiunto il suo limite. Anche se avevano la stessa arma, era diverso chi ne faceva uso. Solo gli Esorcisti sono realmente in grado di controllare le armi anti-Akuma. Più si sincronizza con l’Innocence più l’Esorcista può diventare potente.
L’Akuma stava soccombendo, era evidente.
Ancora un po’…
Gli spari si fermarono all’improvviso, mentre quell’inutile mammoletta sputava sangue su terreno.
Tsk. Ridicolo.
Un’arma così potente su un Compatibile che non riesce nemmeno a resistergli fisicamente. L’Ordine stava decisamente mandando in missione chiunque.
L’Akuma realizzò in fretta la possibilità di vittoria, già si stava lanciando contro l’albino.
“Tsk. Dannazione…”
Sarebbe morto, ma questo avrebbe significato perdere l’Innocence. Anche se detestavo doverlo ammettere, nelle mie precarie condizioni avevo bisogno di un diversivo per vincere, e quella era l’unica utilità che ero disposto a concedere a quel novellino. Non poteva ancora morire quello stupido.
Un balzo e gli fui davanti, Mugen che intercettava il braccio dell’Akuma. Fitte di dolore scavarono in profondità la mia carne, potevo sentire il sangue caldo inzuppare la stoffa che le avvolgeva, le forze scemare lentamente. Combattei quella sensazione con la rabbia, il fastidio per il patetico albino che mio malgrado avevo appena salvato.
“Brutto smidollato, non esaurirti proprio all’ultimo minuto! Non sei stato tu a blaterare di voler proteggere quei due!?”
Strinsi i denti, mentre i muscoli tremavano per lo sforzo di contenere la forza distruttiva dell’Akuma. A quel dannato novellino conveniva riprendersi in fretta.
“Detesto il tuo modo di fare da ingenuo, ma odio ancora di più i tizi che non mantengono la parola!”
“Ah ah” una risata priva di allegria e colma di sarcasmo. “In ogni caso…mi odi comunque, no?”
Piuttosto ovvio.
“Non sono mica esausto. Ho solo fatto un riposino.”
Dopo una frase del genere l’istinto di spaccargli la faccia era sempre più prorompente.
“Mi dai sempre più sui nervi…”
Non potendo sfogare la mia bile sull’albino, indirizzai la mia ira verso l’Akuma. Un colpo seco del polso e la perfetta lama di Mugen tranciò di netto la mano del demone, proprio mentre la mammoletta evocava nuovamente l’Innocence.
Gli spari riempirono l’aria, mentre le creature di Mugen volavano verso la distruzioni e le grida di agonia dell’Akuma echeggiavano nell’intera sala.
Un attimo, un’esplosione, poi tutto finì.
L’Innocence cadde lentamente, una piccola luce attraverso la volta della sala. La fissai mentre sentivo la forze abbandonarmi, senza poter fare nulla per impedirlo.
Caddi, e tutto divenne nero oblio.

Erba.
Solo erba, a perdita d’occhio.
E poi quel sole, così accecante, così fastidioso…
Metto una mano davanti agli occhi, cerco di coprirlo, di vedere il Suo volto…ma non riesco…
Quel dannato sole è sempre lì, imperterrito…

Aprii gli occhi, la fronte imperlata di sudore, come sempre quando il mio sonno indugiava su quel passato. Il forte sole italiano filtrava dalla finestra inondandomi il volto, costringendomi a stringere gli occhi. Almeno quello non me l’ero sognato.
Mi sedetti, esaminando la stanza intorno a me. Bianca, anonima, piena di medicinali. Il Finder doveva avermi trascinato in ospedale quando avevo perso i sensi. Fatica inutile.
Trovai il mio cordino bianco sul comodino e mi legai i capelli alla bell’e meglio, senza preoccuparmene troppo, mentre borbottavo senza sosta una sequela di imprecazioni.
Niente era andato come previsto. Niente.
E tutto per colpa di quell’idiota albino e del suo inutile cuore tenero.
Ero ancora immerso nei miei tetri pensieri verso la matricola, quando Toma, il Finder, entrò cautamente dalla porta.
“Messer Kanda, siete sveglio. Che sollievo.”
Sospirai infastidito. Che la piantassero tutti quanti di preoccuparsi.
Io non potevo morire.
“Chiama l’Ordine.” Ordinai, senza particolare interesse.
Una telefonata con quel pazzo del Supervisore era proprio quello che mancava per peggiorare quella già fastidiosa giornata.
“Messer Walker è rimasto alla città.” Aggiunse il Finder.
Come se me ne fregasse qualcosa.
“Ha riposto l’Innocence nuovamente nella bambola, ma…beh, non è più la stessa ormai.”
Capii cosa intendesse dire. Anche con l’Innocence, quella bambola non avrebbe mai potuto ricordare nulla di ciò che era stato di lei negli ultimi cinquecento anni. Non era un essere umano dotato di memoria, era solo un oggetto, animato per volere di quella forza divina. Non avrebbe mai potuto ricordare.
Presi la cornetta della radio che il Finder portava sulle spalle e aspettai una risposta dall’Ordine. Non aspettai nemmeno che qualcuno mi rivolgesse la parola.
“Sono Kanda, la missione è conclusa. Torno all’Ordine.”
Se avessi anche solo per un momento pensato che avrei potuto cavarmela così facilmente, sarei stato uno stupido. Due secondi di silenzio e quel demente di Komui iniziò a blaterare del tempo e del mare. Che gran seccatura.
“Allora, che vuoi?” chiesi, mentre con noncuranza mi levavo dalla guancia un cerotto.
“Che vuoi?”
Una risatina nervosa seguì la risposta del supervisore, prima che un uragano mi investisse i timpani. Quel lavativo rompiscatole. Non avevo la benché minima intenzione di rovinarmi l’udito ascoltando le sue inutili lamentele sul come e perché non avesse ricevuto notizie per tre giorni. Non ero nemmeno cosciente in quel lasso di tempo, cosa diamine pensava di fare il novellino senza nemmeno comunicare con l’Ordine? Già, probabilmente quello stupido stava ancora cercando di proteggere quei due.
“E non urlare!” sbraitai alla cornetta, mentre con uno scatto secco mi levavo dal braccio l’ago della flebo. “Lamentati con lui! Anzi, Komui! Io non ci vado d’accordo con quello!”
“Kanda, tu non vai d’accordo con nessuno, mi sembra. Dov’è Allen?”
“Tsk. È ancora in quella città, con la bambola!”

Quell’idiota. Sicuramente non si era mosso dal giorno in cui l’Akuma era stato distrutto.
“Quella bambola di nome Lala…ormai sarà la sua ora?”
“Probabile. Quella non è più la bambola che ha funzionato per cinquecento anni. Si fermerà presto.”

In quel momento un medico baffuto entrò dalla porta, senza nemmeno preoccuparsi di bussare. Pareva parecchio alterato, ma non stavo nemmeno seriamente prestandogli attenzione.
“Un momento! Cosa state facendo?!”
Non era chiaro. Avevo poltrito anche troppo in quel buco di posto, non vi avrei passato un minuto di più.
“Me ne vado. I soldi chiedili a lui.” Risposi, indicando Toma, già pronto con una cartelletta su cui segnare i dati necessari.
“No, no! Voi siete un paziente grave, guaribile in cinque mesi!”
Il medico pareva davvero allarmato, ma non ne aveva motivo. Cinque mesi. Figurarsi.
Un tempo sarebbero bastati meno di cinque minuti.
Già, un tempo…
Seccato, senza mollare la cornetta, iniziai a levare le bende che mi avvolgevano il torace.
“Sono guarito.” Risposi, ignorando i balbettii e le proteste del dottore.
Lanciai il cumulo di bende al medico e infilai la camicia. Non un graffio solcava il mio petto ora, non una macchia o un livido. L’unico segno era lì da sempre ed era la ragione della mia pronta guarigione.
Lo odiavo.
“Arrivederci e grazie.”
Abbottonandomi la camicia uscii dall’ospedale.
“Questa volta ci hai messo del tempo a guarire, eh Kanda?”
Già, ero ancora al telefono con Komui.
“Però sono guarito.”
Questo chiudeva la questione. Possibile che in quell’Ordine nessuno pensasse ai fatti propri?
“Si, ma il fatto che ora ci voglia del tempo, significa che stai iniziando a deteriorarti. Non puoi permetterti di sbagliare la stima della tua riserva vitale.”
Silenzio.
Lo sapevo da me, non avevo bisogno che fosse quel babbeo a ricordarmi l’ovvio. Pensarci era superfluo. Sarei guarito ogni volta. Non sarei morto.
Non potevo.
Non prima di aver trovato Quella Persona…
“Allora?” dissi seccato nella cornetta. “Cos’è che vuoi? Se è una molestia telefonica ti sbatto il telefono in faccia.”
Allontanai il telefono dall’orecchio in un moto di stizza, per evitare che i miei timpani risentissero delle urla di quella donnetta isterica del Supervisore.
Attesi che si calmasse e che, se era quella l’intenzione, mi dicesse qualcosa di più utile che non i suoi lamenti.
“Non è così! Riguardo alla prossima missione…ti piacciono i climi caldi?”
“Che razza di domanda sarebbe?”
irritato, strinsi con più forza la cornetta. “Se hai intenzione di parlare del tempo riattacco.”
“Oh insomma! Sei sempre così scorbutico!”

Alzai gli occhi al cielo, quasi sperando che un fulmine colpisse Komui e lo zittisse all’istante.
“Allora, che vuoi?!” urlai nel telefono.
“E va bene. Lascia l’Innocence ad Allen, ti imbarcherai subito per la tua prossima missione.”
“Dove?”
“Egitto. Ti incontrerai con un’Esorcista sul posto, insieme ad un Finder del luogo. Ah, sempre in questi bei posti, e io bloccato qui…”
“Tsk.”

Stavolta gli sbattei la cornetta in faccia sul serio.

Era ormai sera quando raggiunsi la mammoletta alle rovine della città. Nell’aria si sentiva l’eco di una melodia lontana, dolce e lieve, eppure quasi triste. La bambola stava ancora cantando, dunque.
Seduto con la testa tra le braccia, proprio sulla scalinata che portava alle rovine, stava l’albino.
“Che cavolo dormi? Fai la guardia come si deve.”
Era davvero un buono a nulla senza speranza.
“Oh…? Cosa ci fai qui, una persona guaribile in cinque mesi?”
“Sono guarito.”
“Stai mentendo.”
“Sta’ zitto!”

Mi sedetti seccato sulla scalinata, appena sotto al novellino che ancora non aveva sollevato lo sguardo da terra. Meglio levarsi subito di dosso quella zavorra.
“Comunicazione da parte di Komui. Io parto subito per la prossima missione, tu torna al Quartier Generale a consegnare l’Innocence.”
“Ho capito.”

La sua risposta del tutto apatica mi lasciò lievemente interdetto. Non era il tono che mi sarei aspettato da quello lì. Quello stupido si era lasciato coinvolgere ed ora soffriva per le scelte che sarebbe stato costretto a prendere, e per quelle già prese.
“Se devi soffrire, allora vai a fermare quella bambola. Tanto ormai non è più Lala, no?”
Aveva voluto proteggere quei due a tutti i costi, ma il vecchio ormai era quasi arrivato alla sua fine e la bambola non era nemmeno lontanamente la stessa. Non c’era nulla che lo trattenesse, era una tortura che si stava affliggendo autonomamente e senza alcun motivo.
“E’ una promessa tra loro due. Lala deve essere rotta da Gsor.”
Scossi la testa e tornai a fissare il vuoto di fronte a me, appoggiato a Mugen.
“Sei proprio un ingenuo, tu. Noi siamo distruttori, non salvatori.”
Se non riusciva a capirlo, non avrebbe mai potuto nemmeno provare ad essere un Esorcista. Non era nella nostra natura salvare.
“…lo so! Però io…”
Non poté finire le sue parole e compresi subito il motivo.
Il silenzio.
La lieve melodia, che aveva riempito l’aria sino a quel momento, era improvvisamente cessata. La bambola si era infine fermata.
Il novellino si alzò immediatamente, camminando con passo incerto verso la grande volta. Con un sospiro di malcelato fastidio, lo seguii. La bambola era al centro della sala, il vecchio, ormai defunto, sulle ginocchia, immobile. La bambola si accasciò inerte tra le braccia della mammoletta proprio mentre misi piede nella grande sala in rovina.
Potevo distinguere chiaramente i patetici singhiozzi del novellino.
“Ehi! Cos’è successo?”
Lo vidi asciugarsi il volto con una manica. Sempre più inutile…
“Kanda…nonostante tutto io voglio diventare un distruttore che salva le persone.”
“Tsk.”

Non sopportai oltre quello spettacolo, né le sue parole.
“Lascio a te.” Dissi velocemente a Toma, passandolo.
Scesi le scale quasi saltando metà dei gradini, allontanandomi il più in fretta possibile da quel luogo.
Sperai solo che il prossimo compagno che Komui mi aveva accollato si sarebbe rivelato quantomeno decente.
   
 
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