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Autore: Vago    18/11/2016    2 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Il nuovo re dei draghi parve ben lieto di sapere che quei pochi appunti che aveva recuperato fossero stati utili alla causa, aggiungendo che tre dei suoi uomini migliori sarebbero stati a loro disposizione per portarli fin sulle coste delle Terre, dove avrebbero potuto continuare il loro viaggio.
Fu così che, appena il sole sorse per la seconda volta da quando il regno dei draghi aveva di nuovo un regnante, quattro imponenti figure si librarono in volo dalla bocca del vulcano di El Terano, con il fedele Karver Marja in testa e il drago di cristallo a chiudere in coda.
Come comandato da Vanenir, la scorta superò il largo tratto di mare che separava l’isola dal continente abitato, facendo cadere la loro ombra anche sulle burrascose acque del gorgo del leviatano, al cui centro il profondo mulinello inghiottiva qualunque cosa fosse stata talmente sventurata da finire nel suo abbraccio mortale.
La costa comparve all’improvviso, dopo una notte in cui nessuna nuvola osò oscurare una luna piena che si rifletteva sulle acque del mare.
I draghi atterrarono leggeri, nella piana, smuovendo l’erba  che ricopriva il terreno con le folate generate dal lento battere delle ali, per poi riprendere una forma umana non appena i loro passeggeri furono scesi.
Hile sentì un fremito nei muscoli delle gambe, una sensazione strana, esterna, come se provenisse da qualcosa esterno al suo corpo ma, al contempo, dentro di lui. Batté un paio di volte il tallone destro sul suolo, cercando di scacciare quella sensazione.
Di fronte a lui, intanto, i due sudditi di Vanenir ripiegavano diligentemente le coperte che avevano ricoperto le dure squame dei loro dorsi, in modo da evitare di ferire quegli ospiti che si erano rivelati così importanti per il loro regnante. Karver, intanto, si avvicinò solitario agli assassini, con passo risoluto.
- Qui le nostre rotte si dividono. – disse a voce moderata. – La mia mi porterà oltre il mare, dove voi già avete messo piede, quindi non credo avremo ancora modo di vederci. Che il vento soffi sempre nella vostra direzione. –
- E nella tua. – lo interruppe Mea.
Il capo esploratore parve compiaciuto della risposta datagli, come se non si aspettasse che un’altra razza potesse utilizzare i rituali di saluto dei draghi. – Non credo di dovervi ricordare che il mio signore conta sul vostro silenzio. –
- Noi non abbiamo intenzione di romperlo, così come ci comanda il codice della setta, ma contiamo che Vanenir mantenga fede all’amicizia che ci ha promesso. – gli rispose Keria.
- Sono sicuro che così sarà. Vi saluto, la strada che ci separa delle nostre case è tanta e non abbiamo tempo da sprecare. Buon viaggio. –
Karver si voltò, tornando ad assumere la sua reale forma dalle squame candide, per poi decollare nella stessa direzione dalla quale era arrivato, seguito dai suoi sottoposti.
Il Lupo si guardò intorno, passando continuamente lo sguardo tra i suoi compagni e la pianura toccata dai primi raggi di un sole mattutino.
Nirghe sembrava agitato, così come Buio e il grosso gatto che parevano non aver apprezzato il viaggio per aria.
- Non abbiamo tempo per saltellare da una parte all’altra delle Terre per prendere tutto, dovremo dividerci, in un modo o nell’altro. – disse la maga rompendo il silenzio.
- Abbiamo bisogno del sangue di Niena, che sappiamo si trova, o almeno abitava, a Zadrow. – continuò Jasno – E sappiamo anche che l’urna è sotto la Terra degli Eroi. Due gruppi da tre dovrebbero bastare per far tutto, ci potremmo trovare poi al Passo del Messaggero e, da lì, arrivare al versante orientale. –
- Però ci serve anche il sangue di Mero. – disse Hile, facendo un passo avanti. – Io e Nirghe potremmo dirigerci a nord, verso la Grande Vivente; Keria, Seila, voi potreste arrivare nella Terra degli Eroi in un attimo a dorso di drago; mentre Mea, Jasno, voi potreste andare a Zadrow. Facendo così, se Niena sapesse dirci dove abita ora Mero, potremmo raggiungerlo in un attimo, sarebbe sufficiente un messaggio da parte di Mea come quello che ci ha mandato ad El Terano. –
- Si potrebbe fare. – brontolò Mea a voce a malapena udibile – Ma se Mero si trovasse, mettiamo, a Norua, voi due avreste fatto molta strada inutilmente. –
- Meglio quello che dover perdere tempo dopo. – continuò il Lupo.
Mea non parve completamente convinta da quel piano, ma si limitò ad abbassare il capo. – Va bene. Preparerò un incantesimo di risposta per ognuno di voi. –

Non temete, io sono ancora qui, sull’isola.
Figuratevi se sono riuscito a condensarmi a sufficienza per arrivare fino a loro.
Sarà decisamente una lunga permanenza, qui, la mia.


Hile ripose il foglio di carta che gli era stato dato sul fondo della sua borsa. Davanti a lui, intanto, con poderosi battiti d’ali il drago di cristallo sollevava la sua mole da terra per puntare verso i lontani Monti Muraglia, che parevano nulla più di una linea scura, da quella distanza.
- Tenetevi comunque fuori dalla Grande Vivente. – disse Mea assicurandosi che la sua borsa fosse ben chiusa, prima di salire sul dorso della maestosa aquila appollaiata lì a fianco – Non voglio che perdiate tempo ad entrare e uscire da là. Vi avvertirò il prima possibile, sperando che Niena sappia dove si trovi adesso Mero. –
- Tranquilla. Vedrò di tenere a bada la nuova testa calda del gruppo. – Le rispose Nirghe indicando con un cenno del capo il lanciatore di coltelli.
- Sarà meglio. Comunque vi farò avere nostre notizie al più presto. – la mezzelfa con un salto agile prese posto dietro Jasno.
L’aquila allargò le imponenti ali color rame, alzando il becco al cielo e preparandosi a partire verso est. Il corvo, intanto già disegnava ampi cerchi nell’aria sopra di loro.

- Perché hai deciso una cosa del genere. – chiese scocciato lo spadaccino non appena i due volatili non furono altro che puntini tra le sporadiche nubi – Con l’aquila di Jasno o il drago di Keria avremmo potuto raggiungere qualsiasi punto delle Terre in meno di due giorni di viaggio. Cosa vuoi fare, davvero? –
- Correre. – fu la risposta gelida del Lupo.
- Cosa vuoi dire? –
- Sento che qualcosa in me sta cambiando, così come lo avverto in tutti voi. Non è più solo una questione di istinti o sensi acuti, so che c’è qualcos’altro. E credo che tu sia nella mia stessa condizione. –
- Non riesco a capire perché, allora, non ne hai parlato anche agli altri. –
- Perché ho paura. Ho paura di quello che stiamo diventando. Seila produce veleno, Jasno ha un odore strano, che non ho sentito su nessun’altro e tu, prima non riuscivo ad avvertire i tuoi passi, ma ora è come se non esistessi, non sento nemmeno il battito del tuo cuore. –
- Non hai parlato di Mea e Keria. –
- Loro non mi preoccupano. Mea si sta impegnando per rompere il guscio che gli si è creato attorno, mentre Keria non mi sembra… diversa da prima. Quindi l’hai sentito anche tu. –
- Non lo so. Non ancora, almeno. Ora, comunque, cosa vuoi fare? –
- Da quando siamo arrivati sento che le mie gambe vogliono correre. Ho scelto te come mio compagno perché credo che anche tu avverti questa sensazione. –
Nirghe non rispose. Teneva lo sguardo basso, mentre il peso del corpo veniva spostato ritmicamente da un piede all’altro.
- Va bene. Andiamo. –
Hile non se lo fece ripetere. Il primo piede si staccò da suolo in un attimo, per poi riposarsi sull’erma  con un leggero tonfo per far spazio alla falcata successiva.
Nirghe, Buio e il gatto scattarono poco dopo.
L’aria fischiava intorno al volto del Lupo, riempiendo le sue narici di centinaia di odori. Il cuore batteva innaturalmente piano mentre l’assassino correva molto più velocemente di quanto un normale umano non potesse fare.
Nirghe, curvo, comparve alla sua sinistra, guardandolo con gli occhi chiari.
Non c’era più bisogno di parole, il loro corpo aveva cominciato a mutare da quando avevano superato la prova.
La piana scorreva rapida sotto le loro suole, mentre, lontano di fronte a loro, la Grande Vivente attendeva il loro arrivo.

Keria guardò verso la terra. Vigneti e campi coltivati si contendevano il suolo, intervallati sporadicamente da piccoli paesi più o meno fortificati.
Le ali traslucide del drago battevano ritmicamente per sostenere il corpo imperioso.
Sul viso dell’arciere comparve un sorriso timido. Tra tutti i compagni che avevano ricevuto, il suo era nettamente il più incredibile e magnifico.
Alle sue spalle, Seila si mosse appena, mentre il serpente strisciava sul suo grembo per allontanarsi il più possibile dal baratro che seguiva alle squame cristalline che li sorreggevano.

Mea prese un profondo respiro, per poi chiudere gli occhi viola.
In un attimo il mondo cambiò radicalmente, perdendo molte sfumature, ma acquistando una nuova prospettiva.
Il corvo deviò leggermente la sua rotta, per lasciarsi accarezzare da una calda corrente ascensionale che gli gonfiò le piume delle ali e della coda.
Avrebbe voluto lasciare il suo corpo per sempre, gli bastavano quelle sensazioni attutite per farle desiderare che quelle ali fossero le sue, ma un sentimento martellante la portava sempre nelle sue vesti.
A fianco a sé avvertiva chiaramente un’altra coscienza, che pareva compenetrare la sua e in quei punti di contatto lei vedeva e sentiva quello che vedeva e sentiva il corvo.
L’attenzione della maga fu colta da uno stormo di piccioni che passò lì vicino. In tutta risposta il corvo virò rapidamente, raggiungendo i volatili dalle piume grigie e irrompendo nella loro formazione, facendoli disperdere per qualche secondo.
La mezzelfa era estasiata da quelle sensazioni, se solo avesse avuto una bocca, avrebbe voluto urlare la sua felicità verso quel cielo che faceva da sfondo alle evoluzione che le inebriavano la vista, facendo mescolare il sole alla terra.
A ovest, intanto, buie nubi temporalesche si avvicinavano veloci, come a voler rincorrere la sua coda.

Hile si fermò all’ennesimo gruppo di rovine che si presentò sul loro percorso.
Due giorni di corsa li aveva portati in vista degli altri tronchi e della volta verde degli alberi più giovani.
L’aria era umida, fredda e il vento che soffiava da ovest portava con sé un vago sentore di salsedine e pesce.
Nirghe lo raggiunse un paio di secondi dopo. – Perché ti sei già fermato? Qualcosa non va? –
- Credo che stia per arrivare un temporale. Non so quando potremo trovare un altro riparo, credo ci convenga fermarci qui, almeno finché non avrà spiovuto. –
- Li senti, anche tu, vero? –
- Credo di si. Odore di un gruppo di persone, sudore, fumo e forse anche sangue. Ma, finché  non ci verranno a disturbare, io non ho intenzione di cercare problemi. –
- Non l’avevo sentito il fumo… Comunque, cerchiamoci un tetto che non rischi di caderci sulla testa, forza. Queste case saranno abbandonate da almeno trent’anni, guarda che rovi sono cresciuti su queste pareti. - 

   
 
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