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Autore: Kaworu Nagisa    19/11/2016    0 recensioni
Ogni tanto può accadere d'innamorarsi, e il nostro protagonista lo fa in modo molto particolare: il suo è un amore che prende le mosse dalla necessità di essere compatiti ed apprezzati. È un'ossessione disperata, e per questo non può farne a meno. Più avanti arriverà a pensare che anche gli altri ne abbiano un bisogno spasmodico.
Fosse così, sarebbe di certo un grande amante.
Ripercorrere con la memoria la storia del proprio ultimo fallimento non gli sarà certo d'aiuto nel cercare una cura per questa sua mania.
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno l'aveva ospitata in casa, le aveva fatto conoscere i genitori, i fratelli. Pensava sarebbe andato peggio, invece nessuno aveva fatto storie, né causato problemi. Un po' gli dispiaceva, tanto avrebbe fatto la voce grossa contro di loro, cosa che gli riusciva solo in famiglia, e si sarebbe dimostrato un uomo cresciuto. E invece niente.
L'aveva poi portata nello studio, e si era messo a leggerle il racconto, lei gli si era seduta di fianco, su di una sedia di legno scadente. Smise subito; era troppo noioso e lei, che aveva preso a disegnare oscenità sui suoi quaderni, iniziò a parlare:
Sai, quando lo fai per la prima volta, fa anche male. Te lo infilano e senti questa cosa...
Le lanciò un'occhiata imbarazzata, e lei smise subito, improvvisando una rumorosa risata. Non lesse oltre, era tutto così caldo. Il cuore invece, gli era stato appena accartocciato. Non poteva sopportare che qualcuno l'avesse sverginata, gli sembrava troppo. Sapeva che lei aveva avuto un ragazzo più grande, lo nominava spesso, ma non voleva pensare che lo volesse ancora con sé, s'erano lasciati così male, a sentire lei.
 
Si mise a cercare gli errori nel suo racconto, correggerne qualcuno. Ma ormai era andata, ci sono cose per cui non si può tornare indietro. Ci mise un po' a ricomporsi, e si accorse di stare sudando. Si limitava a trascinare la matita sul foglio, dei caratteri in successione, per lei si muovevano, saltavano, e lui doveva calmarli, dar loro una regolata.
Nonostante tutto, un tarlo aveva in particolare, lui. Non riusciva a distogliere lo sguardo dalle sue cosce, e pure lei se n'era accorta, ne era sicuro. Certo, in due avevano tante di quelle fantasie da riempirci la stanza, ma lui s'era già immaginato tutta la scena: le mani sulle sue gambe, le più belle che avesse mai visto, il resto era tutto confuso, con i corpi che s'incontravano, si volevano bene, le articolazioni invece sparivano, senza scontrarsi, ma fluide.
Erano appena scesi dal condominio, quel pomeriggio, lui doveva accompagnarla alla fermata del bus, come faceva di solito. Subito gli disse: — Non era vero, quello che ti ho detto prima, non l'ho mai fatto...
— Cosa?
Rispondeva spesso così, non capiva le sue parole, tutte allusioni e frecciatine, e lei lo chiamava idiota.
Era divertente, pensava, per tutti e due. O almeno lei sembrava divertita. In verità ogni tanto lui coglieva il senso, ma rispondeva comunque così, per provare a scatenare in lei una reazione. Pensava poi che queste cose unissero, e tutto sommato ne aveva pure bisogno.
 
Aveva appena finito di piovere, e di certo l'autunno non li aiutava ad asciugarsi. Delle pozzanghere attanagliavano i loro piedi mentre attraversavano la strada.
Erano infine in stazione, sotto un tettuccio, seduti su di un'altra panca. Quasi non parlarono, solo qualche selfie in quell'aria sporca.
Alla fine iniziò lui: — Certe volte vorrei solo morire, ho pensato ancora al suicidio...
Diceva così a tutte le persone che conosceva un po', quanto bastava da intuirne le reazioni, di fronte ad una frase del genere. E allora voleva solo un qualche avanzo di compassione, e di solito la otteneva. In effetti avrebbe detto qualsiasi cosa pur di averne un po' per sé. Era il suo modo di mandare avanti queste relazioni, di aggrapparsi a quell'altra persona, e cercare che questa facesse lo stesso.
— Smettila di dire così. Non lo faresti mai.
Questa volta si sentì tradito, tradito da quella domanda, la propria, dalla sua risposta. Da lei, anche. Si aspettava che almeno una ragazza tanto cristiana potessa fornigli ciò di cui necessitava, e invece non fu così.
C'era tensione, non sapeva cosa ribattere, gli occhi lucidi, li nascose un po' girando la testa.
— Questo è il mio bus, ciao!
— Sì, ciao!
La seguì con lo sguardo, fino a che non salì sul bus. Lei non si voltò. A quel punto, sì, doveva per forza lasciarsi andare. E gli sembrava di sentire il suo sangue misto a veleno; le emozioni s'accavallavano, si schiantavano; un cancro, quella relazione. E lo stava portando con sé.
Poteva pure andarsene di lì.
   
 
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