Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Tada Nobukatsu    21/11/2016    0 recensioni
Eccoti qua! Sai, mi aspettavo una tua visita. Ho visto come lo guardi, ho letto la curiosità e il disagio nei tuoi occhi. Hai bisogno di una guida, non è così? Un guida per poter leggere i pensieri del capitano Levi, perché vedere costantemente quel suo sguardo freddo, come se disprezzasse ogni cosa, ti turba. È normale, lui è fatto così. Ma, vedi, Levi in realtà è più semplice di quello che sembra e, che tu ci creda o no, nemmeno lui è immune ai sentimenti profondi di affetto. Posso assicurartelo, io c'ero, l'ho visto con i miei occhi.
Per il momento però tutto ciò che ti serve sapere è che ci sono tante cose che Levi può disprezzare, ma tra queste quelle assolutamente da evitare sono tre: lo sporco, il colore rosso e le Calendule.
Sii tenace, non demordere e avrai la meglio, perché, vedi, alla fine Levi ha il cuore tenero.
Adesso però siediti e lascia che ti racconti una storia...
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Animale selvaggio


«Anche oggi ci onori della tua presenza» sorrise Erwin guardando Levi sedersi al suo fianco, all'interno di quella mensa, con un piatto tra le mani. Era stato l'ultimo ad arrivare, facendo per un attimo pensare che fosse partito la mattina stessa senza lasciar detto dove fosse diretto, e invece sorprendentemente era ancora lì tra loro. Forse per noia -Erwin si era ben premurato di non lasciargli ordini momentaneamente, perchè averlo al suo fianco anche durante l'addestramento delle reclute era pur sempre un vantaggio- o forse perchè sinceramente interessato a ciò che combinavano in quel luogo dimenticato da Dio.

«Hai detto che nella prossima spedizione vuoi portarti dietro alcune delle reclute. Voglio sapere quali volti e capacità avrò al mio fianco durante la cavalcata, per evitare brutte sorprese.»

«Non ti fidi di loro?» chiese Erwin, anche se in qualche modo sapeva già a chi in particolare si stesse riferendo. Levi, il giorno prima, aveva mostrato un certo interesse verso Mari, anche se la connotazione da dare al tutto sentiva non poteva essere propriamente positiva. Quella ragazza sembrava metterlo in agitazione, era più nervoso del solito quando ce l'aveva intorno e il motivo di tale -eccessiva, avrebbe aggiunto- reazione non era proprio chiara agli occhi del Comandante, anche se poteva avere dei sospetti. Ma poco se ne importava e preferiva lasciar andare il fiume alle sue rapide, aspettando solo con curiosità di vedere quando e dove fosse sopraggiunta la valle. Già solo il fatto che Levi si fosse interessato a qualcuno, negativamente parlando o meno, era pur sempre un evento degno di essere osservato. Ed Erwin era un grande osservatore.

«L'ho mai fatto?» e come volevasi dimostrare, Levi anche quel giorno era di pessimo umore. Erwin lo conosceva abbastanza da riuscire a cogliere quelle sottili sfumature della sua voce, sfumature che a volte nemmeno Levi stesso percepiva, e per lui questa era una sua personale vittoria. Ancora una volta provò a interrogarsi sul motivo di quel risveglio poco pacifico con se stesso che aveva subito il suo sottoufficiale, e ancora una volta credette di conoscere la risposta. Spostò cautamente lo sguardo sul corpo delle reclute che pranzavano dall'altro lato della sala, quei pochi che erano già arrivati, avendo dovuto lasciare la precedenza ai superiori. Isolata su un tavolo tutto per sé, Mari aveva appena cominciato a buttar giù cucchiaiate di minestra, masticando di tanto in tanto un tozzo di pane raffermo. Era come un'ombra dimenticata da tutti, i quali ben si guardavano dall'incrociare la strada con una come lei. Stato che alla fine, però, non sembrava nemmeno dispiacerle. Non erano i suoi bizzarri capelli rossi a turbare più di tanto e spingere chiunque avesse attorno a schivarla, ma quel suo sguardo cacciatore. Lo sguardo di chi non si accontenta di ciò che viene mostrato da colui che gli sta di fronte, ma ambisce alle verità più profonde della sua anima, scavando negli angoli remoti dei suoi occhi. Non faceva distinzione, come affamata di conoscenza, puntava lo sguardo nelle iridi di chiunque gli capitasse davanti, lo spogliava di ogni apparenza, e infine lo abbandonava ai margini di una strada nudo e violato. Era uno dei motivi per cui in molti la evitavano: la trovavano irritante, innaturale e spaventosa. Levi probabilmente stava vivendo la stessa cosa, con la sola differenza che lui essendo un ufficiale aveva tutto il diritto di manifestare apertamente quell'astio e colpire la diretta interessata.

Durante tutta la durata di riflessioni di Erwin, Mari non aveva fatto che mangiare avidamente, in silenzio. A prima vista nessuno avrebbe pensato che dentro una figura così minuta, così candida, fosse potuto celarsi un simile animale, perché proprio di un animale selvaggio alla fine dei conti si trattava. Interruppe il pasto che ancora aveva il proprio piatto pieno per metà e ignorata da tutti uscì all'esterno, senza che nessuno la fermasse chiedendole dove portasse il proprio cibo. Ignorata da tutti, tranne che dallo stesso Erwin e, scoprì appena dopo, da Levi che discretamente aveva alzato appena gli occhi dal proprio piatto per puntarli a lei.

«Vacci piano con lei. È solo una poveretta che è cresciuta per strada tra i gatti» si sentì di dirgli Erwin, un po' timoroso che l'irritazione di Levi nei suoi confronti lo portasse a renderle la vita impossibile in maniera ingiustificata.

«Gatti?» Levi stesso si stupì di aver posto la domanda.

«Lei e suo fratello vivevano di stenti e dovendo passare gran parte della vita per strada, una colonia di gatti l'ha accettata come fosse una di loro.»

«Una selvaggia» ora capiva molte cose. «Perché vuole arruolarsi nell'Armata Ricognitiva? Potrebbe avere tutto, stando nel corpo di Gendarmeria.»

«L'hai sentita, no? Vuole mettere le ali» e un leggero sorriso gli incurvò le labbra, sorriso che sarebbe potuto passare per divertito, forse velatamente denigratorio, ma che in realtà nascondeva una chiara consapevolezza. Lui sapeva qualcosa di più sul conto della ragazza, ormai i dubbi di Levi ebbero conferma.

«E il fratello?» chiese, ma Erwin esitò più del dovuto prima di dare una secca risposta: «Non è qui.»

«Capisco che il suo modo di fare possa darti sui nervi, non sei l'unico che ha difficoltà ad approcciarsi a lei» continuò Erwin, accantonando subito il discorso fratello. «Ma dovresti darle una possibilità. Ha ottime capacità, anche se inesperta.»

«È debole.»

«Ma agile e veloce.»

«Infantile.»

«Ma è un'attenta osservatrice. Hai visto anche tu come riusciva a schivare i tuoi colpi solo guardandoti negli occhi.» Erwin sapeva che la sua non era stata stregoneria, ma semplice strategia, sfruttando quel suo modo di scavare negli animi delle persone che gli conferiva la possibilità di prevedere dove e come l'avversario sarebbe andato a colpire.

«Non ha disciplina» continuò Levi, sempre più irritato.

«Ma sa cos'è giusto e cos'è sbagliato.»

«Non te la sarai presa un po' troppo a cuore?» lamentò infine il caposquadra, cominciando a trovare fastidioso il fatto che Erwin la stesse difendendo da ogni sua -giustificata- accusa.

«Non è la prima volta che lotto per avere al mio fianco qualche reietto della società solo perché lo considero prezioso per la nostra causa.» e con quest'ultima affermazione Erwin riuscì a mettere a tacere Levi. Era difficile dimenticare come fosse riuscito a convincerlo ad abbandonare la vita da delinquente nelle fogne per entrare nell'Armata Ricognitiva, due anni prima. Era difficile dimenticare come gli avesse cambiato così radicalmente la vita.

«Nel pomeriggio andremo a fare un'esercitazione nel bosco, ti unirai a noi?»

«Tienimi un posto» si limitò a rispondere Levi, alzandosi e portando via il suo piatto ora ripulito a dovere. Quella chiacchierata, benché l'avesse visto perdente nella disputa delle ragioni, l'aveva lasciato più incuriosito che risentito. Conosceva abbastanza Erwin da sapere che aveva in mente qualcosa, che riguardasse Mari o no non ne aveva la certezza, ma sicuramente il suo voler essere presente a quell'addestramento e il suo insistere a protezione della ragazza avevano qualcosa sotto. Non doveva far altro che restare a guardare e aspettare che il Comandante lo avesse reso partecipe. Per il momento si sarebbe limitato ad assecondarlo.


Mari entrò correndo nel bosco, mentre il resto dei suoi compagni attivò immediatamente la manovra tridimensionale. Percorse qualche metro a terra, fintanto che non trovò un ramo abbastanza basso a cui aggrapparsi e saltò. Si diede una spinta e volteggiò sopra di esso, atterrandoci sopra. Si guardò rapidamente intorno, poi si voltò verso il tronco dell'albero e lo scalò, raggiungendo a mani nude uno dei rami più alti. Restò in piedi su di esso, perfettamente in equilibrio, corse verso la punta e saltò, aggrappandosi al ramo di un albero affianco. Ancora volteggiò e si diede la spinta necessaria a raggiungere il ramo successivo. E così percorse parte del bosco saltando e arrampicandosi, ramo dopo ramo, albero dopo albero, sfruttando la manovra tridimensionale solo sporadicamente. Raggiunse il primo gigante di cartone e ci si lanciò contro tenendo ben strette le lame. Aggiungendo alla propria forza quella di gravità, riuscì a incidere un taglio sufficientemente ampio sulla nuca del gigante da considerarlo abbattuto. Attivò gli arpioni e tornò su un ramo lì a fianco, osservando il suo operato, prima di tornare a correre, verso il prossimo obiettivo.

«Ti stanchi di più in questo modo, rossa!»

«Nah, non così tanto» sorrise lei, guardando chi gli aveva rivolto parola. Si chiamava Luke, era un compagno in addestramento e ultimamente era uno di quelli che non riusciva a tenere la bocca chiusa quando la incrociava.

«Siete troppo dipendenti da quei cosi. Vi rammollite e soprattutto...» disse prima di saltare e afferrare un ramo con un urletto allegro. «Vi perdete tutto il divertimento!» gridò prima di scappare via, lasciando Luke a se stesso.

«Ehy! Quello laggiù l'ho visto prima io! Non rubarlo!» gridò lui, cercando di accelerare per raggiungerla e impedirle di fregarle il gigante. Per quanto sfruttasse principalmente la forza delle gambe e poco il dispositivo, anche se a volte sfruttava la propulsione del gas per accelerare e rendere più ampi e veloci i salti, era comunque molto rapida e la cosa gli dava sui nervi. Raggiunsero il cartonato ed entrambi si lanciarono contro di lui, cercando di superare l'altro in velocità. Mari ci sarebbe probabilmente arrivata prima se all'ultimo non avesse deviato, annunciando: «Tutto tuo!»

Luke ne rimase sorpreso, ma non si lasciò sfuggire l'occasione per accaparrarsi il punto. La guardò stranito, mentre lei atterrava su un altro ramo e se ne stava lì impalata a guardarsi attorno con gli occhi socchiusi.

"È decisamente strana" pensò lui, prima di allontanarsi decidendo che non gli interessava poi troppo ciò che faceva.

Mari restò in ascolto qualche istante, concentrata: c'era uno strano eco nell'aria che aveva attirato improvvisamente la sua attenzione e non era lontano. Non ci volle molto per stabilire la provenienza di quel suono sinistro, perciò cominciò a corrergli incontro. Attraversò foglie e rami con velocità, sfruttando più del solito l'uso del movimento tridimensionale per cercare di arrivare più velocemente, fino a quando finalmente non scoprì la natura e la provenienza del suono che aveva attirato in quel modo la sua attenzione: l'attrezzatura di Angelica. La ragazza dai lunghi capelli castani, legati in una coda, volteggiava parallelamente a Mari, ignara di essere seguita e soprattutto ignara del fatto che la sua attrezzatura producesse un suono bizzarro.

"Quel dispositivo ha qualcosa che non funziona!" constatò Mari, ma non fece in tempo neanche a finire di pensarlo che Angelica, nel punto più alto del suo salto, a più di quindici metri da terra, si ritrovò con il meccanismo bloccato, incapace di sparare un arpione.

«Merda!» riuscì a dire, ora in caduta libera verso terra. Il panico si impadronì delle sue dita, che cominciarono a premere convulsamente i tasti sui manici per far scattare il meccanismo, senza successo. Era inceppata e lei si sarebbe presto schiantata al suolo se Mari non fosse stata pronta ad afferrarla, riuscendo ad acchiappare una delle sue cinghie intorno a una coscia. Ciò che però la rossa non aveva considerato fu che il peso improvviso non era affatto facile da gestire. Perse il controllo del volo, evitando per un pelo che il naso di Angelica andasse a sbriciolarsi nello strofinare al suolo, e guardò con preoccupazione il tronco dell'albero che si faceva sempre più vicino e su cui presto si sarebbe schiantata.

Nella disperazione di trovare repentinamente una soluzione, optò per lo scarico del peso, facendo volare Angelica all'interno di un cespuglio di rovi e provando in quei pochi istanti che le restavano a raddrizzarsi e tornare padrona di quella situazione. Inutilmente.

Con un urlo terrorizzato, colpì in pieno il tronco dell'albero che aveva di fronte. Appesa com'era, ancora con i ganci arpionati a un ramo, divincolò piedi e mani, provando nuovamente a tornare stabile, ma quel suo movimento frenetico peggiorò solo la situazione. Si ribaltò a testa in giù, con un piede ben incastrato e avvolto da uno dei cavi. Provò di nuovo a risollevarsi, ma ancora risultò complicato, girandosi e rigirandosi nel groviglio ormai formatosi.

Alla fine, si arrese e rimase avvolta e incastrata nella sua attrezzatura, a testa in giù, con un rivolo di sangue che le scendeva dal naso.

Angelica nel frattempo scattò in piedi urlando per le spine che andavano a conficcarsi ovunque e si affrettò ad allontanarsi da quella trappola mortale. Si voltò a guardare la compagna che l'aveva salvata, confusa e chiedendosi se avesse dovuto ringraziarla o maledirla per averla lanciata nell'unico cespuglio spinoso di tutto il bosco.

«Sei tutta intera, vero?» chiese Mari in quell'istante con uno strano orgoglio negli occhi. La ridicola posizione a cui era costretta, con i capelli arruffati e pieni di erbacce, il viso sfregiato, facevano a botte col suo atteggiamento fiero. E questo fece scoppiare a ridere Angelica, facendole dimenticare l'incidente, contagiando nella sua ilarità anche la stessa Mari.

Il fruscio delle foglie anticipò l'arrivo di qualcun altro e Mari smise di sorridere appena in tempo per vedere atterrare vicino a loro il capitano Levi. L'osservava con quel solito sguardo duro e impassibile, come se da una come lei non si fosse certo potuto aspettare niente di meglio.

«Capitano!» sorrise Mari, ignorando il modo di fare severo di Levi, che ora gli camminava incontro. «Ha visto? Salvataggio da maestro!»

«Se fossimo stati circondati da veri giganti a quest'ora tu e la tua amica sareste morte» constatò lui, chinandosi a guardare le attrezzature di Mari. Allungò una mano verso il pulsante sul manico, che ora penzolava per conto proprio a pochi centimetri dal suolo, e permise agli arpioni di staccarsi dai rami, facendo cadere Mari di testa per terra.

«Sei un disastro» commentò ancora lui, guardandola mentre si rendeva ridicola nel tentativo di districarsi dai cavi e rialzarsi.

«Sì, ma le ho salvato la vita!» brontolò lei, contrariata dal fatto che lui non desse peso a quel grande evento. Levi l'osservò dall'alto al basso, assottigliando ancora di più lo sguardo, cercando di trasmetterle tutto il rimprovero che non esprimeva a voce e nel frattempo si concesse di studiarla. Le guance leggermente gonfie, nello sforzo di evitare di imbronciarsi -cosa che invece sembrava le venisse spontanea- erano lievemente arrossate. Un colore che ben si abbinava a quello dei suoi capelli e che, bizzarramente, mettevano in risalto l'azzurro dei suoi occhi lucidi. Continuava a fissarlo scontenta come una bambina a cui era stato negato un balocco e per quanto risultasse ancora una volta stupida e infantile, in un qualche modo che neanche lui seppe bene spiegarsi... le fece tenerezza.

Allungò una mano verso i suoi capelli, afferrò una foglia che le si era incastrata tra le ciocche e la tirò via. Un innocuo gesto, forse mosso dal fastidio che quella foglia gli recava nel vederla imprigionata lì in mezzo, ma che racchiudeva in sé la vaga idea di una carezza. «Sei stata brava» decretò apatico alla fine, prima di allontanarsi e tornare sui suoi passi.

Mari l'osservò con lo sguardo inebetito fintanto che non sparì tra gli alberi, lasciandola di nuovo sola con Angelica -che nel frattempo aveva cercato di togliersi di dosso qualcuna di quelle dolorose spine-.

«Sono stata... brava?» balbettò, trasognante. Non sapeva ben spiegarsi se a recarle quella forte emozione fosse stato il complimento in sé, a cui ammetteva di non essere affatto abituata, o il fatto che a dirglielo fosse stato proprio il capitano Levi, famoso per la sua scontrosità e antipatia. Quel capitano di cui aveva aveva sentito parlare come uno degli uomini più potenti -tanto quanto scorbutici- che esistesse.

«Stai bene? Mari?» chiese Angelica, notando come la ragazza fosse improvvisamente diventata silenziosa e tanto immobile da poter essere scambiata per un ornamento del posto. Mari si voltò verso di lei e Angelica sobbalzò quando la vide larga nel sorriso, ma col viso rigato di lacrime.

«Che fai? Piangi adesso?» chiese Angelica sconvolta tanto quanto a disagio.

«Ha detto che sono stata brava» balbettò ancora Mari, interrompendosi ogni tanto per ridere, mentre ancora le lacrime le uscivano a fiotti.

«Ma... e reagisci così? Ti sembra il caso?» chiese Angelica, ancora imbarazzata. Ma niente sembrò in grado di calmare la ragazza, che più piangeva e più sembrava averne voglia, aumentando l'enfasi dei singhiozzi minuto dopo minuto.


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NDA.

Hola Chicos! Dopo un'attenta riflessione e un eccessivo sforzo nel controllare l'impulso di pubblicare tutti i capitoli (che vi informo sono già scritti, fino al The End) in un solo giorno, ho deciso che il giorno della Calendula sarà il Lunedì. Perciò potrete trovare sempre (salvo imprevisti) un capitolo nuovo ogni settimana, il suddetto giorno.

Poi passo a ringraziare tutte le persone che hanno aperto (e forse anche addirittura letto *-*) la mia storia e soprattutto quelle due anime sante che l'hanno inserita tra i preferiti/seguiti. Mi date speranza *-* (sì, sono una persona molto insicura e tutte le volte alla pubblicazione mi autosommergo di "che schifo è questo? Non piacerà a nessuno! Ma cosa m'è passato per la testa? E' la roba più stupida che abbia mai visto. Non avrò neanche una visualizzazione e verrò ricoperta di insulti").

Perciò, davvero GRAZIE.

Per chi già mi conosce sa che mi piace lasciare una piccola anticipazione dei capitoli successivi (tipo serie tv XD), perciò anche qui non sarò da meno.

Prima però... altra immaginetta!!! Sì, ho amato questo sito e ne ho fatte una decina che posterò gradualmente. Come sempre posterò solo il link di rimando, così chi preferisce sottostare esclusicamente alla propria fantasia può tranquillamente evitarla :)


Vi presento... Angelica! (che, vi rivelo, non smetterà di essere presente, anzi).

Angelica -> https://postimg.org/image/wn9gngfah/ <- Angelica


E ora l'anticipazione (potrebbe subire piccole modifiche dovute al revisionamento):


Voltandosi, in cerca di una qualsiasi faccia amica, trovò quella del comandante Erwin sorprendentemente più vicina del previsto. In piedi, appena dietro di lei, l'osservava con uno sguardo truce, assolutamente contrariato.

"L'ho fatto arrabbiare" pensò e un singhiozzo la scosse. Le lacrime le appannarono la vista e in quella macchia indistinta dai capelli biondi, Mari riuscì a riconoscerci un viso ben noto e dallo sguardo altrettanto duro.

«Har... vey... mi... mi dis... »


A Lunedì prossimo!


Tada Nobukatsu-kun
   
 
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