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Autore: alessandroago_94    21/11/2016    11 recensioni
Antonio Giacomelli è un ragazzo molto timido e introverso, a cui piace trascorrere i pomeriggi suonando il pianoforte. Vive una vita assolutamente normale fintanto che viene a contatto con una famiglia, la famiglia Arriga. E da quel fatidico momento, da quando ha modo di incontrarsi per la prima volta e di scontrarsi con uno dei suoi tre componenti, la sua vita cambierà per sempre, poiché sarà proprio quella stessa famiglia Arriga, assieme ai pesanti segreti che porta con sé, a sconvolgere e a cambiare la sua esistenza, tra immensi drammi e gioie inaspettate.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 35

CAPITOLO 35

 

 

 

 

 

Sono sempre stato dell’idea che l’uomo, l’umano maschio, col passare degli anni possa evolvere il suo comportamento sempre in due o tre modi piuttosto statici.

Se le donne in generale sono sempre meno prevedibili, più ingegnose e propositive, nonostante il passare degli anni, per gli uomini non è così, secondo me.

Ho da sempre avuto modo di notare il che il maschio umano, in genere, fino ai quarant’anni può presentarsi mentalmente attraente e propositivo, ingegnoso e positivo. Ma nella fascia d’età che va dai quarantacinque ai sessantacinque anni, esso tende a diventare noioso, insopportabile ed isterico.

Oltre i sessantacinque, ognuno di noi maschietti di solito tende a perdere quel vigore di mezza età che ci conduce alla vecchiaia, e allora, di solito e in generale diventiamo bravi nonni, mariti coscienziosi e persone senza più eccessivi vizietti o cattiveria in corpo. Però, nella fascia d’età più a rischio, c’è la tendenza contraria.

Ho avuto modo di notare che, nel corso di quella fascia d’età ritenuta da me critica ed appena citata, ci sono uomini che cominciano a comportarsi male, sia con le mogli che coi figli, ad essere insopportabili tra le mura domestiche e magari invece tentare di essere i più bei damerini per le gentili dame più attraenti che si incontrano durante il corso della propria vita. In casa si litiga, fuori se ne capita l’occasione si tradisce la partner.

Questo gruppo di uomini è quella più vasta, ne fa parte anche mio padre, anche se lui comincia ad essere un caso estremo, e può contare milioni di soggetti simili tra le sue fila.

All’opposto, ci sono quegli uomini di mezza età pieni d’amore per il prossimo ed incondizionato, che ascoltano chi li circonda e sono dotati di una sensibilità strabiliante, e possono essere un vero tesoro per chi li circonda.

Essi sono sempre curiosi, propositivi ed intelligenti. Roberto fa parte di questo gruppo, e con lui pochi altri.

Loro sono una sorta di retti angeli contrapposti alle orde delle altre categorie maschili.

La terza ed ultima categoria, o genere maschile, è quella composta dagli uomini che diventano improvvisamente cialtroni, noiosi, scioccamente pestiferi, logorroici e ripetitivi. Magari essi prendono anche il vizio di sparlare, come le vecchie comari, e non hanno neppure tanto cervello ed arguzia, sfoggiando uno stile da babbeo, meritandosi quindi solo una risata in faccia dal prossimo. Magari, si ubriacano anche, e più volte alla settimana.

Questa, assieme con la prima, sono le categorie maschili peggiori.

Per mia esperienza, ho potuto constatare che queste situazioni e descrizioni possono applicarsi in un’infinità di casi, e a dirla tutta spero veramente che questi miei pensieri siano frutto solo delle mie esperienze, e che in realtà i maschietti siano tutti un po’ meglio di come tendo a categorizzarli. Anche perché, per fortuna, qualche uomo che esce da questo schema fisso pare esserci. Forse sono solo io che ho da sempre cercato di razionalizzare troppo un po’ tutto.

Ma, venendo al sodo, questi pensieri mi hanno frullato per una frazione di secondo all’interno della mia mente solo ed esclusivamente perché mi sto accingendo a ricordare la fine della mia ultima brutta esperienza con mio padre, e la sua nuova scomparsa.

Proprio così; a sorpresa, il mattino dopo la copiosa nevicata serale e notturna, io e mia madre non ritrovammo più il mio genitore. Le sue cose erano totalmente sparite, il suo fuoristrada scuro non era più parcheggiato nel suo posteggio, ed il suo mazzo di chiavi di casa nostra era stato miseramente abbandonato sul tavolo della cucina. Così, era finita l’avventura di Sergio nella nostra dimora, conclusa in fretta e praticamente nello stesso modo sorprendente con la quale essa era iniziata, qualche mese prima.

Durante la notte poi aveva continuato a nevicare, e quella mattina al suolo c’erano una ventina di centimetri di manto bianco e candido, ma almeno la nostra strada mi appariva abbastanza percorribile, grazie all’azione perfettamente organizzata dei mezzi spazzaneve, e il mio fuggiasco padre doveva aver deciso che quello era il momento giusto per darsela di nuovo a gambe, nel più totale silenzio.

Il fatto che la sua auto avesse lasciato la sua sagoma ben impressa sull’asfalto del posteggio davanti a casa ci fece subito capire che l’uomo doveva essersene andato di prima mattina, forse all’alba, quando dormivamo profondamente, dopo aver fatto attenzione a caricare i suoi pochi bagagli in fretta. Chissà, magari se n’era tornato nella sua casa, quella per cui versava l’affitto ogni mese, situata a Bologna e vicina al lavoro.

Quella era stata una brutta esperienza che, a quanto pareva, si era conclusa, e sia io che mia madre eravamo certi che l’uomo non sarebbe tornato da noi, non dopo averci lasciato pure le chiavi della porta d’ingresso.

Lo conoscevamo un pochino ormai, e sapevamo che quel gesto aveva un senso dispregiativo nella sua mente, ma anche un qualcosa che lasciava presagire che non sarebbe tornato mai più, o almeno non tanto presto. Doveva aver pianificato meticolosamente tutto, nei giorni precedenti, considerando anche le sue continue e strane assenze. E, comunque, nel caso si fosse ripresentato alla nostra porta, di certo non l’avremmo fatto rientrare, ben sapendo come si era comportato l’ultima volta in cui era stato riammesso momentaneamente al suo interno.

Io e mia madre, quella volta, fummo perfettamente d’accordo su tutto. Ma quello non fu l’unico addio di quella giornata.

 

Ero ancora molto preso dalla fuga di mio padre, quando anche i due nemici Arriga si accinsero ad andarsene. A quanto pareva, la loro promessa d’addio era stata freddamente mantenuta.

In una quindicina di minuti, la signora Livia e il figlio portarono al piano terra i loro pochi bagagli, già preparati con cura durante la sera precedente, e senza troppe difficoltà caricarono e sistemarono tutto all’interno della Panda della donna.

Il tutto si svolse molto in fretta, mentre il gelo di quella mattinata di ghiaccio e neve giungeva fin dentro alle ossa.

Ricominciarono a cadere nuovi fiocchi bianchi, mentre il cielo restava cupissimo e le altre strade del paese dovevano risultare a tratti difficilmente percorribili, poiché mia madre aveva telefonato in segreteria del mio istituto scolastico e le era stato detto che per quel giorno a causa del maltempo non ci sarebbe stato il regolare svolgimento delle lezioni.

Quella giornata quindi aveva un retrogusto speciale; non so se ad altri, come è capitato a me, siano rimaste impresse quelle giornate piacevolmente strane, che solo durante quella precedente dovevano risultare di ordinaria frenesia, mentre poi all’ultimo si rivelavano tutt’altro.

La neve per me ha sempre avuto un significato magico, poiché essa è sempre stata in grado di modificare le abitudini umane, di dare un colpo di freno alla quotidiana frenesia e di concedere dei momenti tranquilli in famiglia. Ma, a quanto pareva, in casa mia quel giorno si era rivelato propizio per compiere la fuga generale.

Educatamente preoccupata, mia madre volle farsi avanti, mentre io me ne stavo in disparte a guardare quella che doveva essere la fine di un lungo incubo.

‘’Signora, lei e suo foglio potreste anche fermarvi per questo giorno. Con questo tempo da lupi non è consigliabile mettersi in marcia…’’, tentò di dire a Livia, con infinita cortesia. Scossi la testa di fronte al suo bel gesto, sapendo fin dal principio come sarebbe andata a finire.

‘’E restare un giorno in più in questa lurida bettola, in compagnia di gente così schifosa?! Ma si figuri! Arrivederci’’, le sbottò in faccia l’aristocratica, in modo orribilmente maleducato e allontanando la mia povera mamma.

Sapevo che la mia povera Maria aveva tentato di offrire cortesemente il suo tetto a quelle due persone disgustose solo per evitare che corressero rischi per la strada, poiché se per mio padre lei era certa che se la sarebbe cavata, in un modo o nell’altro, non ne era sicura che se la potesse cavare la signora. E’ sempre stata di buon cuore, la mia cara mamma. Forse anche troppo.

In fondo, se una persona come Livia si fosse schiantata ed avesse lasciato questo mondo, non sarebbe poi stata una grave perdita per l’umanità intera. A quel punto, riconobbi che ero io ad esagerare, però, e mi frenai.

Restai ad osservare la scena dalla finestra della mia saletta, il mio territorio appena riconquistato, e vidi il grande momento della partenza di quei due mostri.

Livia era già salita in macchina ed aveva già acceso il motore, pronta a partire, mentre il mio prepotente nemico stava caricando il suo ultimo e piccolo bagaglio, appoggiandolo sul sedile posteriore del mezzo.

Prima però di prendere posizione a fianco della madre, lo vidi chinarsi all’improvviso, e per un attimo non capii la sua intenzione.

Poi, lo vidi lanciare qualcosa, e alcune urla si alzarono dalla casa dei vicini, mentre il ragazzo s’infilava precipitosamente all’interno dell’abitacolo e chiudeva lo sportello.

La madre si affrettò a partire, mentre le catene dell’auto rumoreggiavano in modo impressionante, ed il prepotente ne approfittò anche dell’ultimo secondo disponibile, abbassando il finestrino ed urlando un paio di parolacce rivolte a tutti.

Ricordo molto bene che la permanenza di quelle due brutte persone si concluse con quel gran vaffanculo a tutti che Federico urlò dall’interno dell’auto di sua madre, mentre il veicolo già si allontanava forse in modo troppo veloce, date le condizioni climatiche e della strada.

Continuando ad udire delle grida di dolore, provenienti dalla casa di Ottaviano, mi affrettai ad uscire dalla mia abitazione per andare a vedere cosa potesse essere accaduto, e cosa poteva aver combinato quel pazzo durante i suoi ultimi secondi di permanenza nella nostra strada e nella nostra vita. Ancora non mi capacitavo che se ne fosse finalmente andato, e che quello fosse un vero e proprio addio.

Affacciandomi alla porta d’ingresso, rimasi sbalordito nel ritrovarmi di fronte ad una scena che quasi mi fece piangere.

Infatti, Federico doveva aver visto l’anziano Ottaviano che, accompagnato dalla badante, si era lasciato portare un attimo fuori per vedere la neve e la nevicata in corso, e ne aveva approfittato per lanciargli addosso e a sorpresa una grossa manciata di ghiaccio e neve, infradiciandolo e sporcandolo tutto.

L’anziano gemeva dal dolore e dal freddo, sulla sua sedia a rotelle, mentre Ludmilla, la badante, cercava di gettare via i frammenti di ghiaccio rimasti appiccicati sui vestiti del vecchietto, che per fortuna era adeguatamente coperto.

Quasi fui spinto via da Roberto, che da dietro di me si precipitò prontamente nel giardino dei vicini, correndo ad aiutare Ludmilla, e vedendo la pronta azione dell’uomo pure io mi riscossi e corsi a dargli una mano.

Non appena mi catapultai pure io a soccorrere il povero Ottaviano, mi ritrovai di fronte al vecchietto atterrito, e alla badante stupefatta e senza parole, ancora scossa dall’accaduto.

‘’… eravamo qui, in giardino. L’avevo portato un attimo fuori, ma l’avrei riportato subito dentro! Ed invece, guardi qui. Ma le sembra normale che un ragazzo si comporti così?’’, stava dicendo Ludmilla, arrabbiata.

La donna era da sempre un’icona di calma e moderatezza, ma quando si innervosiva cominciava a fare gesti eloquenti e non aveva peli sulla lingua, e in quel caso neppure si fece scrupolo di sottolineare la maleducazione e la perfidia gratuita di Federico di fronte a suo padre, anche se non lo conosceva, parlando con quel suo italiano quasi perfetto, ormai senza più alcuna cadenza straniera, dopo quasi vent’anni di permanenza in Italia.

‘’Io, per fortuna, non ci ho più nulla a che vedere con quel tipo lì. Spero voglia rinunciare anche al mio cognome’’, sbottò Roberto, proprio mentre compivo gli ultimi passi che mi separavano dall’agitato gruppetto.

Il fatto che l’uomo fosse così certo e sicuro di voler allontanare il ragazzo dalla sua vita quasi mi spaventava; era come se… non lo ritenesse per davvero figlio suo.

Turbato da quel tale e violento pensiero, che ultimamente aveva più volte fatto capolino nella mia mente, preferii accantonare tutto quanto, pure i pensieri, per mettermi a disposizione degli adulti, facendomi prontamente avanti e cercando di aiutare Roberto e Ludmilla, che stavano finendo di gettare a terra i vari frammenti di freddo ghiaccio rimasti appiccicati agli abiti dell’anziano, che ancora a tratti si dimenava e gemeva, in preda ad una turbatissima incoscienza.

‘’Antonio, grazie, sei sempre tanto caro! Tuo nonno sarebbe stato fiero di te. Ma non preoccuparti, e neppure tu signore, è tutto a posto. Ora riporto Ottaviano in casa, e gli do una cambiata…’’, disse prontamente la badante, rivolgendomi uno dei suoi soliti sorrisi sinceri e caldi, e calmandosi per un attimo, per poi tornare a prendere le redini del destino dell’anziano affidatole e accingendosi a portare di nuovo l’uomo e la sua sedia a rotelle verso l’abitazione.

‘’Se ha ancora bisogno di aiuto…’’.

‘’Stia tranquillo, come ho appena detto ora lo cambio e poi lo asciugo per bene. Per fortuna non è successo nulla di eccessivamente grave, ma è stato il gesto ad aver fatto più male a me e ad aver spaventato il povero signor Ottaviano. La ringrazio molto per aver proposto un aiuto’’, disse la donna, mentre il suo viso s’imporporava a causa della recente rabbia provata.

‘’Quell’infame. Io… io non l’ho cresciuto perché si comportasse così’’, mormorò Roberto, rivolgendosi a me, dopo aver osservato la badante che riportava in casa l’anziano, per asciugarlo per bene ed evitare che prendesse freddo. L’uomo semiparalizzato era ancora agitatissimo e spaventato, e questo mi faceva davvero stare male.

L’addio di Federico era stato un addio amaro, cattivo, proprio come la sua essenza. Perfido e crudele fino in fondo.

‘’Non è colpa tua, noi tutti sappiamo che sei una brava persona, a contrario di quel… di quel mascalzone’’, gli dissi, dopo aver riflettuto sulla parola giusta con cui chiamare quel prepotente, poiché in quel momento mi saliva alla bocca solo il vocabolo stronzo, ma non ritenevo fosse appropriato dirlo. Ho sempre e profondamente odiato la volgarità, ed ho da sempre cercato di limitarne l’uso il più possibile.

Roberto non replicò nulla, ma si sfiorò il volto con le mani e prese le distanze da me, come a voler reclamare un attimo di solitudine, ed io ne assecondai la scelta, lasciandolo solo sul marciapiede davanti al nostro giardino, mentre rincasavo.

Purtroppo, non c’erano parole per descrivere il quoziente di barbarità che Federico aveva nel sangue, ed ero sempre convinto che il suo comportamento deviante fosse qualcosa di anomalo, qualcosa che richiedesse quell’aiuto che la madre aveva sempre impedito che giungesse a destinazione.

Quel prepotente era solo, aveva dei problemi ed andava seguito, in qualche modo, cosa che invece la madre non faceva in alcun modo, anzi, pareva lo spronasse a far peggio. Anche poco prima aveva atteso che il figlio entrasse nell’auto per poi andarsene, dopo che quest’ultimo aveva commesso la sua atrocità, senza minimamente riprenderlo o fermarsi a chiedere scusa e cercare di rimediare un po’.

Madre e figlio erano della stessa pasta, e a volte mi veniva da chiedermi se fosse stato un po’ anche a causa di Livia se quel ragazzo era venuto su in quel modo perverso e malato. Ed in quel momento immaginavo che, dopo essere rimasti una volta per tutte loro due da soli, la situazione avrebbe seriamente rischiato di peggiorare. Federico avrebbe potuto davvero diventare un soggetto ancor più pericoloso.

Scuotendo la testa, rientrai in casa mia, cercando di lasciare fuori da quelle mura quei miei foschi pensieri, nel vano tentativo di tornare a rilassarmi, dopo quegli ultimi avvenimenti.

 

Avevo paura che anche Roberto fosse in procinto di andarsene.

Mi aspettavo che, non appena sarebbe rientrato, avrebbe cominciato a fare i suoi bagagli, per lasciarci per sempre. Anche lui.

La nostra casa si era svuotata, e anche se ciò che se n’era andato quasi all’improvviso era solo il maltempo, ammetto che in quel momento mi ci ero quasi abituato, e anche se i nuvoloni neri parevano lontanissimi ormai, sentivo un certo vuoto dentro, una sorta di amarezza che mi portava, e a tratti mi porta ancora, a pensare che se il destino fosse stato più clemente con me e con mia madre forse tutto sarebbe stato molto diverso.

Magari, in quegli istanti mi sarei trovato davanti al mio pianoforte con a fianco un padre che mi ascoltava pazientemente e che mi voleva bene, mia madre avrebbe avuto un marito che la amava e la ricopriva d’attenzioni, Federico si sarebbe potuto rivelare un ottimo amico per me e Livia una buona amica per mia madre, mentre Roberto sarebbe stato sorridente al fianco di un bravo figliolo. Ma lo so, la semplicità e la bontà non fanno parte della vita quotidiana di noi umani, dove sempre regna la precarietà, la paura e l’odio, oltre che i conflitti di ogni sorta.

Se c’è una cosa che il genere umano sa fare egregiamente da sempre è proprio quella di complicarsi l’esistenza, e quasi di rovinarsela da solo.

Se tutte le mattine ci alzassimo col sorriso sulle labbra, nonostante tutto, e pronti a cercare di migliorare la nostra condizione con positività, tutto sarebbe di certo migliore. Ma questo è solo uno stupido ed infantile sogno, che ancora oggi mi passa per la mente, di tanto in tanto.

La realtà è che il senso di profonda negatività in quegli istanti mi pervase e mi stritolò quasi come se fosse stato un serpentone dell’Amazzonia, e nonostante tutto continuavo a non stare bene mentalmente. Non avevo una pace interiore, e dovevo ritrovare un equilibrio, ma purtroppo ciò ormai pareva anch’esso un sogno lontano, dopo tanto tempo che lo cercavo.

Mi recai in cucina, varcando la soglia in modo mesto, trovando mia madre seduta al tavolo, sola e mogia, mentre sorseggiava un po’ di caffè caldo dalla sua solita tazzina dipinta a mano. Capivo il suo nervosismo, ed immaginavo che fosse rivolto verso tutto.

Sapevo anche che purtroppo aveva avuto la consapevolezza di non essere stata in grado di gestire al meglio ogni situazione, e questo le faceva male, talmente tanto che aveva deciso di restare a casa per un giorno dal lavoro, il secondo in pochi mesi. Questa decisione la diceva lunga sul suo stato emotivo e psicologico.

Non trovai la forza per dirle qualcosa e semplicemente mi avvicinai alla finestra, gettando uno sguardo fuori, mentre il bagliore candido di quel giorno nevoso era qualcosa di abbagliante, e di magico, allo stesso tempo.

Ricordo ancora, e ricordai anche in quel momento, che quando ero più piccolo e nevicava uscivo a fare il classico pupazzo di neve, e siccome nel mio paesino si creava molto spesso un bell’accumulo di materiale a me utile per la mia opera, mi divertivo un sacco a costruirla. Un piccolo sorriso fece involontariamente capolino sulle mie labbra, ma lo nascosi, e quando ne ebbi la più totale consapevolezza di essermi lasciato andare per un attimo, mi affrettai solo ad indossare di nuovo la mia classica maschera triste.

E, a quel punto, Roberto rientrò in casa e si diresse direttamente verso la cucina, entrando a piccoli passi, dopo aver bruciato il tragitto che lo separava dalla stanza in un paio di secondi.

Entrando, e trovandosi di fronte a mia madre rattristata e a me, che stavo mostrando il mio viso imbronciato, preferì dirigersi verso la mia mamma.

‘’Maria, pagherò di mia tasca l’affitto dei prossimi sei mesi, come d’iniziale e consensuale accordo’’, disse l’uomo, forse non comprendendo quello per cui la donna era rattristata. Io la conoscevo bene, e sapevo che i suoi pensieri andavano molto al di là dei soldi, in quel momento.

‘’No, non li voglio, Roberto. Non preoccuparti per soldi e accordi, è tutto a posto così’’, disse infatti mia madre, prontamente. Me l’aspettavo.

‘’Allora cos’è che ti tormenta? O, meglio, cosa vi tormenta? Livia e Federico vi hanno insultato ed offeso per tutto il periodo della loro permanenza, così come ha fatto Sergio… non penso che dobbiate sentire la loro mancanza. Non sarebbe giusto’’, disse mestamente l’uomo, rivolgendosi a noi due, ma lasciando trapelare un po’ di commozione. Il suo cuore era in subbuglio, quasi potevo sentire i suoi battiti più accelerati del normale e vedere quei pensieri che forse non erano tutti cupi.

‘’Sai cosa mi tormenta? Che ho fallito. Mi sento una fallita. Ho lasciato che tutti facessero quel che pareva loro con me e con mio figlio, ed ora mi sento uno zerbino, anche se è tutto finito, a quanto pare. Ed è finito tutto nel peggiore dei modi’’, disse mia madre, senza neanche darmi il tempo per fiatare.

Era agitata, si tormentava le mani, strusciandole con forza l’una contro l’altra.

‘’Ed io come dovrei sentirmi? Mia moglie ha appena finito d’insultarmi, e quella squallida creatura di suo figlio ha combinato un’altra violenza. Quel matto avrebbe bisogno di finire in carcere e di essere condannato all’ergastolo’’.

Ascoltando le parole arrabbiate di Roberto, mai e poi mai mi venne da chiedermi il perché non chiamasse Federico suo figlio. Credevo si trattasse di semplice livore nei suoi confronti. Se solo penso a tutto ciò, fremo per arrivare al punto, ma prima di giungerci so che devo sfiorare altre parti del discorso, altrimenti farei solo confusione nella mia mente.

Mia madre, sul momento, sogghignò.

‘’Non è colpa tua. Quei due sono proprio cattivi dentro, non c’è modo di migliorarli. Piuttosto, però, mi dispiace per voi. Mi sembra di aver partecipato attivamente alla fine del vostro rapporto, e questo…’’.

‘’Ma non dirlo neanche per scherzo; quello che legava me a Livia era già finito da secoli, ormai. Ed è stato grazie a tuo figlio se sono riuscito definitivamente ad aprire gli occhi e ad allontanare quella pazza da me’’, intervenne Roberto, interrompendo il flebile discorso mortificato della mamma, che da parte sua a quel punto mi rivolse uno sguardo interrogativo.

Non sapendo proprio che dire, scrollai leggermente le spalle, nel vago tentativo di farle capire prontamente a gesti che non avevo idea di cosa si stesse riferendo il nostro interlocutore. In realtà ne avevo una ben precisa, ed avevo proprio tanta paura che l’uomo la narrasse al mio genitore.

‘’Ha scattato delle foto a Livia, di nascosto, e poi me le ha consegnate. Lei mi tradiva, e neppure tanto in modo nascosto, ma Antonio mi ha scosso. Mi ha aperto gli occhi’’, disse però Roberto, sorridendo per la prima volta, senza sapere che a quel punto rischiavo la lapidazione. Mia madre, infatti, volse di nuovo lo sguardo verso di me a quelle parole, lanciandomi una di quelle occhiatacce penetranti che promettono tante cose, ma nessuna positiva.

Ero certo che in quel momento, se le fossi capitato a tiro, me lo avrebbe mollato un ceffone. Mi aveva sempre detto di farmi gli affari miei, di stare sulle mie e di comportarmi con gentilezza, non di fare il guardone per poi far la spia ai mariti traditi, anche se tutto non era farina del mio sacco, ma c’era stato pure l’importante zampino di Giacomo, in quel momento non citato.

Ero pietrificato, non mi sarei mai aspettato di trovarmi in una situazione tanto complessa, ed ammisi che mi sarebbe parso più probabile un qualche insulto di Roberto durante il giorno prima, che sottostare allo sguardo di un genitore inferocito e molto probabilmente deluso da me, che non mi aveva mai sfiorato con un dito ma che forse in quegli istanti avrebbe potuto farlo.

Mi aspettavo un ceffone supersonico di lì a poco, ma l’uomo si accorse del pasticcio che aveva combinato, e si affrettò a tentare di rimediare.

‘’No, Maria, non prendertela con lui. Antonio è un ragazzo di cuore, e se mi ha mostrato quelle foto era per il mio bene.

‘’Devi sapere che ha fatto la scelta giusta, e che mi ha solo offerto su un piatto d’argento le prove di ciò che io non avevo mai avuto il coraggio di vedere e di constatare in tutti questi anni. Capisci quindi che è stato il mio effettivo salvatore? Non voglio che tu lo rimproveri per non essersi fatto gli affari suoi’’.

In realtà, me li ero fatti abilmente.

Ero riuscito a togliere di mezzo sia Livia che Federico, quelle due creature perfide, cattive e senza cuore.

‘’Si è fatto gli affari vostri, e non doveva. Io sono molto delusa dal suo comportamento’’.

Mi sentivo già pressoché fritto. Mia madre non ragionava ed io la capivo.

‘’Mi ha salvato dalla schiavitù dei miei pensieri. Ero come cieco, ed incatenato. Ma lui mi ha liberato, mostrandomi abilmente e senza farsi scrupoli proprio ciò che dovevo assolutamente vedere, dopo tanto tempo’’, continuò Roberto, a quel punto volenteroso di scagionarmi ed utilizzando il suo solito approccio filosofico, ma mia madre pareva irremovibile, così come lo era il suo sguardo irritato puntato su di me.

‘’Ascolta, Livia mi tradiva. E lo sai con chi lo faceva? Proprio con il suo amore giovanile. E chissà per quanto mi ha tradito… forse da sempre. Oppure, solo da un po’, non ne ho idea… sta di fatto che questa mattina l’ho seguita, e l’ho scoperta mentre se la spassava con un altro.

‘’Lei non aveva alcun lavoro, e si faceva passare soldi da quell’uomo, ritornato da non so quanto tempo nella sua vita, e veniva pagata da lui per fare chissà cosa… sempre con lui e in sua compagnia. Livia si è presa gioco di me per tanto tempo, ed io mi vergogno solo a pensare che mai ho avuto il polso o la forza di seguirla fino a questo momento. Il gesto di tuo figlio me l’ha data’’.

A quel punto mia madre tolse il suo sguardo da me e lo indirizzò verso il nostro caro interlocutore, un pochino sorpresa da quella rivelazione.

‘’Il nostro rapporto si è da sempre basato sulla falsità. Non mi faccio più scrupoli adesso a parlarvi, tanto è ora che scopriate la verità sul nostro rapporto coniugale, poiché esso si è concluso e tali rivelazioni non possono più ferire o ledere nessuno, neppure Federico… ed io che mi facevo mille scrupoli per lui. Ma lui sapeva… sapeva… e di me rideva… non meritava nulla’’.

Roberto aveva continuato a parlare, fin quasi a singhiozzare in quel momento.

La sua delusione esplose fuori tutta d’un colpo, neppure io e la mamma ci attendavamo una simile reazione. Ad un tratto, l’uomo ci parve disperato, e bisognoso di sfogarsi, anche se le sue ultime parole confuse non sapevamo proprio come collegarle ed interpretarle.

‘’Livia non è sempre stata così. Un tempo era una ragazza piena di vita, e solare. A vent’anni aveva già un lavoro, era praticamente indipendente e i suoi genitori, persone molto ricche e benestanti, le volevano molto bene e la viziavano tantissimo. La prima volta che la conobbi, accadde casualmente; a Cento, durante i festeggiamenti del carnevale del ’92, m’imbattei in lei e nella sua piccola comitiva di amiche, e scoprii con piacere che tutte loro venivano da Bologna proprio come me.

‘’Insomma, io mio ero recato fin lì con due amici per seguire per un giorno e con scarsa curiosità la sfilata dei carri, ed invece mi sono ritrovato ad aver conosciuto la ragazza che più ho amato durante la mia gioventù. Lei era una giovane alla moda, spigliata con le parole e di certo molto intraprendente, bella ed interessante, e mi colpì fin da subito.

‘’Una volta tornati a Bologna non perdemmo mai i contatti, e tornai a rivederla più volte, ma c’era un problema; lei era fidanzata. Aveva un ragazzo, esatto, un ventenne come lei, conosciuto nel suo posto di lavoro. In breve, compresi che non avevo alcuna chances con Livia; il suo ragazzo per lei era tutto e lo amava, trasportata da quelle passioni che si possono provare con tale intensità solo in età giovanile. E ciò anche se suo padre non voleva che lei passasse del tempo con lui, molto geloso della figlia…’’.

Roberto prese un attimo fiato, mentre io ascoltavo la narrazione in modo attento, e mia madre pure.

‘’Accadde che Livia rimase incinta. Non di me, ovviamente, ma di questo ragazzo. E fu la fine. Lei credeva che il giovane l’avrebbe sposata, e magari l’avrebbe portata a casa sua dai suoi, e assieme avrebbero vissuto una vita felice anche se suo padre non l’avrebbe più voluta rivedere, dato che non aveva mai assecondato la relazione della figlia, che riteneva troppo prematura per quel genere di cose.

‘’Nonostante lei amasse la creatura che aveva in grembo, e fece di tutto per non far trapelare la notizia della sua gravidanza, nella vana speranza che il suo ragazzo avesse potuto trovare un posto per entrambi prima che comparisse il pancione, un luogo dove piantare il seme della loro futura famiglia, ma non fu così. Infatti, tutto precipitò nel giro di pochi mesi, e quando la vicenda si fece evidente, assieme alle piccole difficoltà del caso e normali, la giovane perse il lavoro e il supporto della sua famiglia, ed incredibilmente anche il suo ragazzo, che in modo evidente decise di non prendersi a carico troppe responsabilità e sparì nel nulla.

‘’Sola e senza più nessuno, senza più neppure la sua indipendenza da poco guadagnata, la ragazza invocò la pietà del padre, che si decise a riprenderla in casa, ma con disgusto. Da quel momento in poi, per Livia furono solo dolori, ritrovandosi in una casa dove ormai i suoi familiari non potevano neppure più vederla, in attesa di veder nascere un bimbo che tutta la società per bene non avrebbe mai potuto accettare tranquillamente. I suoi genitori le avevano detto un’infinità di volte non frequentare quel tipo, ed erano molto arrabbiati.

‘’Tutti avrebbero riso per sempre di lei, la ragazza stupida che credeva nel suo principe azzurro, ed abbandonata da lui all’ultimo e pure incinta’’.

Mia madre, mentre ascoltava quelle parole annuiva. Anche lei aveva vissuto un’esperienza simile, ma almeno noi due eravamo sempre stati ben accetti dalla sua famiglia, se pure a Sergio non importava più di tanto delle nostre esistenze, giungendo poi a scomparire, in seguito.

Forse, eravamo stati pure un pizzico più fortunati dell’aristocratica e di suo figlio, a suo tempo.

‘’Quasi depressa, la giovane Livia aveva perso anche i contatti con le sue amiche, si vergognava a mostrarsi e non usciva praticamente più di casa, e i suoi genitori a malapena le rivolgevano la parola. Fu lì che entrai in scena io, commettendo una delle più grandi sciocchezze della mia vita, ma che sul momento mi parve la scelta più giusta da fare.

‘’Cominciai a recarmi a casa loro in visita, e fui ben accetto dalla famiglia di lei, e perdutamente innamorato della ragazza ad un certo punto mi sorsero strane idee nella mente. La vedevo sfiorita, sofferente, e mi rivolgeva solo sguardi apatici, nelle rare volte che accettava di trascorrere un paio di minuti assieme a me.

‘’Di fronte a quell’orribile situazione, suo padre cominciò a temere che la ragazza si sarebbe fatta del male da sola, visti i suoi sentimenti feriti, il suo viso cupo e la gravidanza che stava procedendo già verso l’ottavo mese, evidente e un po’ problematica, e poco custodita dalla giovane, che effettivamente si lasciava spesso andare senza neppure stare un po’ attenta al suo stato. In più, i genitori dovevano stare attenti a non far trapelare nulla di quella situazione al di fuori delle mura domestiche; sarebbe stato una vergogna, qualcosa che avrebbe meritato derisione. Forse, qualcuno stava pensando di farle abbandonare il bambino in ospedale, appena nato, pur di evitare ogni pettegolezzo.

‘’E fu così che, in quella situazione complessa, suo padre mi fece una proposta, notando che ero rimasto ormai l’unico a continuare a cercarla, nonostante la freddezza e l’astio che mi riservava, e che a me continuava a piacere comunque. Ero davvero cotto di lei, nonostante tutto’’.

Altra piccola pausa, e ancora il mio stupore non si celava più dietro a nulla. Ero troppo curioso di continuare ad ascoltare quel racconto che sapeva di sfogo, e fortunatamente il mio desiderio fu esaudito.

‘’Mi offrì dei soldi’’, e così dicendo, Roberto alzò improvvisamente gli occhi da terra e li puntò verso il soffitto, ‘’dei soldi, una sorta di eredità anticipata di Livia, che valevano anche come dote. Bastava che me la sposassi, e che mettessi la parola fine ad ogni voce, tanto i parenti della giovane e chi la conosceva non avevano mai neppure visto il suo fidanzato e non era a conoscenza dell’intera vicenda, dato che tutto era rimasto in famiglia e nulla era trapelato al di fuori di quelle mura, nel corso dei precedenti mesi.

‘’Io, povero ragazzo di campagna, potevo avere tutto; la ragazza che amavo, denaro, e potevo continuare a studiare, dato che ormai avevo solo rimasto da affrontare l’ultimo anno di università, ed ero pure in difficoltà economiche, poiché mio padre navigava in cattive acque. Avrei risolto ogni mio problema, ed avrei risolto anche il problema dei genitori di Livia, che non volevano accollarsi in casa una giovane con un bambino, con vergogna e totalmente dipendente da loro, oppure costringere la figlia ad applicare qualche soluzione spiacevole per tutti ed estrema.

‘’In cuor mio mi venne da pensare che avrei risolto anche i problemi di Livia, giacché l’avrei sposata, ed avrei cancellato ogni voce sul suo conto. L’unico interrogativo era il bambino che aveva in grembo, ma Giovanni, il padre di mia moglie, promise altro denaro in futuro purché lo crescessi per sempre come mio. Non ero proprio senza cuore, nonostante fossi giovane ed arrivista, e non c’era bisogno della promessa di altro denaro per crescere il bambino non mio, poiché amavo davvero Livia, e credevo che lei avrebbe imparato a provare la stessa passione che provavo nei suoi confronti, rivolta verso di me, col tempo.

‘’Fu così che incassai tacitamente sessanta milioni di vecchie lire e scelsi il compromesso con Giovanni, e questo è stato il più grande errore della mia vita’’.

La mia mandibola era a penzoloni. Ero senza parole, e mia madre con me.

‘’Non so come fece l’uomo a convincere la figlia, so solo che dopo un mese e mezzo ci sposammo. Mancavano venti giorni, all’incirca, alla nascita del bimbo, e la cerimonia avvenne in fretta, solo con pochi invitati, tutti parenti, e con mio padre allibito e sconvolto. Ha continuato ad odiarmi per tutto il resto della sua vita, per questo mio errore, e non gli do torto, ma sul momento in modo egoista io credevo davvero che tutto potesse funzionare.

‘’Sposai una muta Livia, abbandonata da una famiglia che non aveva bisogno di lei, visto che suo padre aveva già due figli maschi più grandi ed erano gli eredi adatti e preferiti per portare avanti tutti i possedimenti familiari. La ragazza forse era riuscita ad accettare il compromesso solo per fuggire da quella casa che ormai le faceva da prigione.

‘’Dopo il matrimonio, ci fu un ristoro molto frugale, e poi andammo a vivere a casa mia, per qualche settimana, fintanto che le occhiatacce di mio padre non ci spinsero ad andarcene. Federico è nato due giorni dopo che noi ci eravamo trasferiti in un minuscolo appartamento, alle periferie di Bologna, e fino ad allora noi due novelli coniugi non ci eravamo mai parlati.

‘’Robe da non crederci! Io cercavo di parlare con lei, ma lei mi odiava. Aveva ragione a farlo!’’.

Dovevo bere. Quel racconto mi stava uccidendo.

Quando portai il mio bicchiere alle labbra, mi parve di sorseggiare assenzio.

‘’Insomma, potete immaginare come fu la nostra vita in seguito. Poco dialogo, mal sopportazione, litigi di tanto in tanto e molta frustrazione. Ammetto che noi due abbiamo fatto l’amore, più di una volta dopo la nascita di Federico, ma forse più che farlo per passione o per concepire qualcosa lo facevamo solo di notte, avvolti nel buio della nostra stanza che, per obbligo di cose, condividevamo, dato che l’altra stanzetta era stata riservata al bambino, e lo facevamo solo perché ci sentivamo tanto soli al mondo.

‘’Avevamo sbagliato entrambi, lei a fidarsi di un ragazzo ed io a scendere a compromessi, quasi comprandola come un oggetto al mercato. A quel punto eravamo soli e sulla stessa barca, con un po’ di soldi da parte ma anche con tanti problemi.

‘’Federico crebbe abbastanza sereno, per lui ci sforzammo di mantenere una schermata da bravi ed affiatati genitori, anche se fu difficile, e per ben due volte, nei nostri primi tre anni di vita assieme, Livia ha concepito un figlio nostro, ed entrambe le volte ha scelto di abortire. Di nascosto da me, me l’ha poi rivelato anni dopo.

‘’Le facevo schifo, non voleva perdere il suo tempo a crescere qualcosa che discendeva anche da me, e per lei il bimbo concepito dal suo primo amore era tutto ciò che la faceva star bene e la faceva continuare a vivere. Io ero solo il suo scudo, lo schermo che narrava una frottola e che teneva in piedi la parvenza perbene e normale della nostra famiglia, che vista da fuori era perfetta’’.

Mi appoggiai al lavabo. Quasi tremavo, come se avessi avuto la febbre. Avrei voluto scuotere quell’uomo che parlava, e dirgli di starsene zitto e di tenersi simili storie per sé, ma la realtà era che finalmente stavo capendo chi erano Livia e Federico.

‘’Negli ultimi anni Livia è cambiata. Il suo odio e il suo disprezzo nei miei confronti sono solo aumentati, e tutto è sfociato in ciò che è successo negli ultimi giorni.

‘’Livia non è mai più stata la ragazza serena di cui mi ero innamorato, e questo poteva starci in un primo periodo, ma poi si era tramutata in un mostro, in una persona cattiva fin dentro all’anima, e desiderosa di ferire chi le stava attorno. Federico è cresciuto così, assieme a lei, che gli ha passato tanta cattiveria, ed ora i risultati si notano. Io non ho mai avuto il polso per far qualcosa.

‘’Ho voluto bene a Federico come ad un figlio, ma lui non ha più ricambiato il mio interesse paterno, da quando sua madre, a quindici anni, gli ha rivelato e spiegato che non era figlio mio. Da allora ha cominciato a mostrare comportamenti devianti, a non rispettarmi più, e da quel momento in poi è iniziata la nostra fuga da un quartiere all’altro, da una cittadina limitrofa all’altra, da una scuola all’altra, fintanto che qui è giunta la fine.

‘’Sono giunte anche un paio di bocciature, e un bel paio di corna per me, dato che… dato che ieri ho seguito Livia e l’ho proprio trovata in un bar con… con…’’.

Roberto s’interruppe, dopo una valanga di parole.

Piangeva, si era aperto. Era come se stesse rigettando quella parte di vita sua, di sua moglie e di suo figlio, che noi tutti non conoscevamo affatto.

‘’Con quello che doveva essere il ragazzo da lei amato, che poi l’ha abbandonata. Non so come abbiano fatto a ritrovarsi, a riappacificarsi, a ritornare ad amarsi… non so nulla! Credevo che lei andasse a lavoro, non mi sono mai interessato troppo della sua vita per non metterle pressioni inutili… ed invece lei aveva ritrovato la sua stabilità.

‘’Ora, assieme a suo figlio, potrà correre tra le sue braccia. Federico avrà ritrovato un padre, Livia la felicità, e ci mancherebbe, sono felice per me, ma posso sentirmi preso in giro? Ma no, non devo neppure pensarci ad una cosa così. Mi sono meritato tutto’’, concluse l’uomo, a quel punto disperato.

Solo allora tornai a guardare mia madre, incrociando il suo sguardo stupefatto e sconvolto. Entrambi non avevamo neppure una parola da dire, in quel momento, e noi due non avremmo mai immaginato una simile situazione.

Potevo quindi comprendere meglio la figura cattiva di Livia, della madre iperprotettiva e sconsiderata, a tratti mascherata da persona impassibilmente elevata, sempre tentando di insabbiare il suo dolore. E comprendevo un poco anche Federico, bimbo indesiderato, forse mai capito e reso deviante da una madre che non aveva mai conosciuto la felicità.

Ciò però non giustificava minimamente i loro comportamenti folli.

Da quel che avevo inteso, il prepotente aveva anche un paio d’anni in più di me, ed immaginavo la sua rabbia e quel suo nascondersi dietro alla violenza per non far scoprire nulla di sé, ma anche ciò non riusciva a dare una ragione valida alla sua sorta di perdizione.

Accadde, a quel punto, qualcosa che non mi sarei mai aspettato; infatti, mia madre allungò le mani verso quelle di Roberto, sul tavolo, e gliele prese, stringendole tra le sue, quasi a voler placare quel dolore interiore che in quel momento l’aveva fatto davvero crollare.

‘’Capita a tutti di sbagliare, e poi di cadere. L’importante però è comprendere che abbiamo sbagliato, e soprattutto come abbiamo sbagliato, per poi rialzarci’’, disse infatti mamma Maria, che pure lei dallo stupore estremo era passata alla commozione.

In quel racconto appena udito doveva aver percepito una minuscola parte di somiglianza a sé e alla sua storia personale, ed infatti ne narrò qualcosina al suo interlocutore, ed io che ascoltai non potei far altro che trovare maggior fondamento in tutto quello che mi avevano raccontato sulla vicenda sua e riguardante lei e mio padre.

‘’Una piccola soddisfazione è che al giorno d’oggi tutte queste scemenze e queste idee idiote sono quasi scomparse. Forse però, c’è un po’ troppo liberalismo da parte dei ragazzi e delle famiglie, per quanto riguarda le relazioni amorose. Fino a vent’anni fa i genitori erano opprimenti, controllavano tutto e davano troppi giudizi, oggi non ne danno nessuno, e rischiano di prenderle dai figli. Però, almeno, nessuno più si fa dei problemi o prende in giro una mamma single, se la vede.

‘’Tempo addietro si cercava molte volte il matrimonio anche a costo di rovinare i figli, solo per mantenere le apparenze della buona famiglia d’appartenenza, mentre oggi… beh, oggi si esagera, i ragazzi sono davvero sguinzagliati in un modo totalmente differente e spesso ingestibile’’, concluse Roberto, dopo aver ascoltato parte della storia di mia madre, smettendo effettivamente di disperarsi e tornando ad indossare la sua solita maschera impassibile sul viso, anche se quella volta gli occhi arrossati e la voce un po’ tremolante tradivano il suo effettivo stato d’animo.

Mi trovavo d’accordo con l’uomo, tuttavia, poiché pure io pensavo che fosse totalmente cambiata l’idea dell’amore e del sesso, all’interno della società, soprattutto ascoltando quei racconti di vita che per un giovane come me erano difficili da comprendere, e apparivano come storie da paleolitico.

Nonostante tutto, il contatto ricercato da parte di mia madre mi lasciò qualche attimo basito, poiché sapevo che il mio genitore in genere tentava di evitare i contatti fisici, seppur minimi. Però, diedi la colpa alla situazione in cui ci trovavamo, che non poteva essere considerata normale.

Io fino a quel momento non avevo aperto bocca, limitandomi ad ascoltare con attenzione, e non avevo intenzione di farlo. Di fronte a simili storie, tra l’altro non mie e di cui non avevo esperienza alcuna, non potevo permettermi di dire qualcosa, perché tutto era già stato detto.

Avevo quindi intenzione di stare ad ascoltare ancora i due adulti, ormai concentrati l’uno sull’altra, ma improvvisamente ad interrompere quella sorta di momento catartico fu il mio cellulare, che suonò per segnalarmi l’arrivo di un messaggio.

L’estrassi subito dalla tasca ed andai ad accertarmi di chi si trattasse, trovandomi di fronte ad un piccolo scritto di Melissa, contenente un invito molto speciale. Talmente tanto speciale che avrei dovuto parlarne con mia madre.

Rimettendo il cellulare in tasca, e smettendo di ascoltare i due adulti, compresi che era giunto il momento per svelare il mio incontro inizialmente casuale con i miei parenti, e parlarne finalmente con lei, d’altronde non avrei potuto nascondere per sempre ciò che mi era capitato, e che poi avevo assecondato.

Non sapevo come avrebbe reagito, ed era proprio quell’incognita a crearmi un vago nodo alla gola, ma ero sicuro che avrei dovuto parlarle a riguardo, ed anche a breve. Non potevo più rimandare.

E, quella volta, mi sarebbe piaciuto non mancare a quell’invito gentile che in sé non aveva tanta importanza, forse per altri, ma che per me valeva già davvero tanto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

 

Buongiorno a tutti, carissimi lettori e carissime lettrici!

Bene, questo capitolo segna una svolta importante nel racconto. In più, abbiamo scoperto tutto ciò che non sapevamo sugli Arriga e la loro strana famiglia…

Spero che tutto sia stato di vostro gradimento, e che il capitolo vi abbia offerto una piacevole lettura, nonostante tutto.

Continuo a ringraziare senza sosta chiunque continua a leggere e a sostenere questo racconto.

Grazie di cuore a tutti, e buona giornata! A presto!

   
 
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