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Autore: Amatus    22/11/2016    1 recensioni
I grandi eroi esistono per sconfiggere grandi nemici e pericoli mortali. E se il confine fra eroe e mostro non fosse così evidente? Se l'eroe non sapesse contro cosa realmente combatte? Se il nemico fosse convinto di essere un eroe?
E se il nemico più pericoloso fosse l'eroe pronto a combattere per la propria giusta causa a dispetto di tutto il resto?
Una storia può essere raccontata da diversi punti di vista. Questa storia ne presenta due. Due potenziali eroi. Due potenziali mostri. Distinguere l'uno dall'altro potrebbe essere più difficile di quanto si pensi.
Era troppo tempo che qualcuno non gli rivolgeva una parola gentile e fare nuove conoscenze era una cosa così tanto al di fuori delle sue aspettative che non sapeva come reagire. Quando alla fine pronunciò il suo nome quelle lettere così scandite suonarono buffe alle sue orecchie. Non avevano più nessun significato da tempo immemorabile. Solas. Da quanto tempo nessuno lo chiamava così, sentire quel nome, anche se pronunciato dal nano lo fece sentire meglio.
[IN REVISIONE]
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Inquisitore, Solas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Fen'Len - Figlia del Lupo'
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XXXV

Un lieve fastidio al collo la riportò lentamente dal mondo del sogno a quello della veglia, era da molto tempo che questo passaggio avveniva in modo violento e traumatico accompagnato da orribili incubi a cui Lena non vedeva l'ora di sfuggire.
Quella mattina invece, si concesse il lusso di assaporare il lento svanire del sonno e l'approssimarsi incerto di sensazioni morbide e piacevoli. Un intenso profumo di legno si mescolava perfettamente con un odore avvolgente e familiare e un insolito cuscino le accarezzava il volto. Socchiuse appena gli occhi ed una fioca luce ambrata illuminò l'interno dell'aravel riportandole alla mente gli eventi della notte appena trascorsa. Si voltò sulla schiena e si ritrovò a guardare da sotto in su il volto addormentato di Solas. Il mago dormiva con la testa e le spalle appoggiate contro la parete di legno e Lena si accorse che sotto il morbido cuscino vi erano ancora le gambe incrociate dell'elfo.
Cercò di alzarsi con tutta l'attenzione di cui era capace, cercando di non disturbare il sonno tranquillo dell'amico. Doveva aver passato delle nottate ben peggiori se, nonostante la posizione senza dubbio scomoda e il freddo che doveva aver patito, l'espressione sul suo viso si manteneva serena e rilassata.
Riuscì a sollevarsi e a sedersi accanto a lui senza disturbarne il sonno e ne approfittò per studiare le linee di quel volto che giorno dopo giorno prendevano per lei sfumature più intense. Ne osservò i contorni marcati, gli zigomi forti e il mento affilato, ma soprattutto l'attirarono le lunghe ciglia che abbassate, nascondevano i due occhi incredibilmente chiari del mago.
Lena non sarebbe mai stata stanca di guardare il mondo attraverso la luce che quegli occhi così belli sapevano gettare su ogni cosa. Gli occhi più di qualunque altra cosa, rendevano Solas diverso da ogni altro elfo. Gli elfi che Lena aveva conosciuto avevano caratteristici occhi grandi e tendenzialmente tondeggianti, sospettava che fosse anche per questi, oltre ovviamente che per le orecchie, che gli umani si riferivano agli elfi delle enclavi con l'offensivo nome di conigli. Ma gli occhi di Solas erano diversi, sottili e allungati, espressivi e volitivi, avevano in sé un che di ferino. Per Lena era stata una sfida riuscire a riconoscerne i mutamenti, come un contadino che legga nei segni del cielo il buono e il cattivo tempo. Aveva imparato a riconoscere il cambiamento, spesso repentino, tra lo sguardo severo e pericoloso della belva che osserva la propria preda e lo sguardo dell'animale domestico che chiede fiducioso calore e affetto. Ma soprattutto aveva imparato a riconoscere il dolore in quello sguardo. Un dolore profondo e disperato che spesso l'amico nascondeva con un moto d'orgoglio.
Quel pensiero le strinse il cuore. Lena avrebbe dato qualunque cosa, per poter alleviare un poco quel dolore che le rimaneva sconosciuto, avrebbe voluto potersi prendere cura di lui e poter lenire le sue ferite.

D'improvviso gli occhi oggetto di tanta attenzione si aprirono e Lena presa alla sprovvista sobbalzò e si ritrasse impercettibilmente.

“Buon giorno ma venhan.”
Le parole le rimbombarono nella testa e le scesero nello stomaco facendolo torcere dall'emozione.
Non aveva mai sentito pronunciare quelle parole prima d'allora, prima della notte precedente, ma inspiegabilmente ne conosceva perfettamente il significato. Conosceva il peso e l'importanza di quelle parole soprattutto perché pronunciate da Solas. I dalish usavano le antiche parole, come delle vuote formule da ripetere durante un rito, al contrario Solas le usava più spesso per esprimere ciò che sentiva profondamente radicato dentro di lui. Un brivido la percorse a quel pensiero.
Solas allungò prima una gamba poi l'altra, cercando probabilmente di scacciare l'intorpidimento, poi la guardò di nuovo e le sorrise, di un sorriso leggero che illuminava per intero il suo viso.
Un'emozione incontrollabile l'aveva afferrata, sentiva la testa completamente sommersa dalla bambagia, i pensieri frenetici e caotici non riuscivano a trovare un filo coerente. A cosa doveva tutta questa emozione?
Attrazione? Aveva provato attrazione in passato, ma non si era mai sentita tanto offuscata nel giudizio, neanche con Blackwall. Amore? Era stata innamorata ma non si era mai infiammata in quel modo, neanche con Menia.
“Venhan, i tuoi tatuaggi, di nuovo.”
Doveva dire qualcosa: “E' colpa tua.” Ma fu subito chiaro che avrebbe dovuto dire qualcosa di diverso, non era certo il modo migliore per uscire d'impaccio, cercò di rimediare: “Ho notato che accade solo quando siamo insieme, deve essere in qualche modo collegato alla tua magia, all'Ancora, non lo so. E' solo una teoria.”
Si accorse chiaramente di aver fatto una sciocchezza, gli occhi di Solas iniziarono a studiarla attenti e il suo sguardo intenso, ben lungi dallo spezzare la tensione, la gettò ancora più profondamente in uno stato di confusione ingestibile.
Poi qualcosa cambiò nel suo sguardo, tutto il suo viso mutò lasciando il posto ad una ben nota espressione addolorata. Lena si sentì profondamente in colpa, avrebbe dovuto fare qualcosa per rimediare. Si accostò all'amico ancor di più, gli prese il volto tra le mani e appoggiò la propria fronte contro la sua.
"Mi dispiace,non avrei dovuto dire quelle cose. Va tutto bene.” Il respiro del mago era bollente e Lena serrò gli occhi cercando di non perdere il controllo, ma anche il mago parlò infine, con una voce profonda che la colpì con la violenza di uno schiaffo: “Non riesco a dimenticare quel bacio.”

Allontanò la testa da quella di lui, per poterne coglierne lo sguardo e ciò che vide diede fondo al poco che restava del suo autocontrollo. Gli occhi del mago erano accesi e rimanevano fissi sulle sue labbra, il martellare del cuore si era fatto assordante.
“So che è sbagliato, so che non dovrei, ma perderti sarebbe...”
Solas non terminò la frase. Lena si sentì trascinare verso di lui con una forza che non si sarebbe aspettata e per un momento fu consapevole solo del respiro di fuoco del mago.
La bocca di lui era famelica e Lena si rese conto eccitata e spaventata che si sarebbe volentieri lasciata sbranare da quella bocca, senza smettere per un attimo di desiderarla.
Quando riprese possesso delle proprie labbra e del proprio respiro Lena si accorse di essere inginocchiata davanti all'elfo. Le gambe di lui erano distese sotto di lei e le sue mani la trattenevano, saldamente posate all'altezza delle anche. Un calore insopportabile era sceso su entrambi arrossando anche il volto del mago che rimaneva però perfettamente controllato. Solas sembrava essere completamente a proprio agio, Lena lo aveva visto tanto rilassato solo nell'oblio, cosa significava? C'erano infinite domande che le si affollavano in testa e un calore incontrollabile le bruciava il viso, cedette facilmente a quest'ultimo, spaventata dalla possibilità che Solas si ritraesse difronte alla sua curiosità.
Si chinò su di lui e iniziò a baciarne con lentezza le linee del viso, il dorso del naso, la fossetta del mento poi scese lungo la gola fino ad arrivare al petto attraverso il largo scollo della casacca. Lo baciò a lungo con dedizione e pazienza come se scoprendo il corpo dell'elfo, Lena avesse la possibilità di conoscere il mondo intero. Ad un tratto Solas si lasciò sfuggire un gemito leggero e a quel punto la sua voce roca risuonò delicata nell'aravel.
Venavis Venhan, ma enaste.1Le parole del mago l'avevano colpita, sembravano essere state pronunciate dal profondo del cuore, come una richiesta d'aiuto. Le fu naturale tanto assecondarne il volere quanto rispondere con l'antica lingua.
Ma nuvenin, ir abelas.2
Non amava usare quelle parole che sentiva vuote. Non aveva mai sentito malinconia per un mondo finito in polvere da troppo tempo, ma scoprendolo attraverso gli occhi e le parole di Solas, quel mondo acquisiva un'anima viva. Avesse avuto padronanza della lingua degli antenati, non ne avrebbe usata nessun altra, in quel momento. Quei suoni antichi sembravano gli unici adatti ad esprimere quelle sensazioni del tutto nuove.
Na tel abelas, venhan3. Le antiche parole pronunciate da te sono come miele versato in una coppa di ottimo vino. Dovresti usarle più spesso.”
Lena sorrise prima di rispondere: “Mi prenderesti in giro, non conosco la lingua bene come te e non mancheresti mai di farmelo notare.”
“Hai ragione, ma così impareresti.”
Lena colse tutta l'ironia nascosta dietro le parole dell'elfo e rise di una risata liberatoria che portò via con sé tutta la tensione.
“Dovremmo andare ora, non dobbiamo dare a Dorian e Bull altri motivi per prendersi gioco di noi, credo ne abbiano già a sufficienza.” Dicendo queste parole Solas si alzò e offrì entrambe le mani a Lena per aiutarla. Una volta in piedi, il mago la strinse a sé e le sussurrò tra i capelli: “Non avrei mai creduto che qualcosa in questo mondo potesse essere tanto vero. Non avrei mai creduto che qualcuno potesse essere tanto vivo. Ma mi sbagliavo, mi capita spesso con te.” Vi era qualcosa di sbagliato in quelle parole, ma Lena scelse deliberatamente di ignorarlo. Sapeva che niente era davvero cambiato, ma era consapevole anche che nulla sarebbe più stato lo stesso, avrebbe avuto molto tempo per comprendere tutte le implicazioni positive e negative di quei cambiamenti, per ora la voce avvolgente, la pelle morbida e le labbra calde dell'amico sarebbero state le risposte di cui accontentarsi.

 

 

 

XXXVI

Il sole estivo a Skyhold era tiepido e piacevole, l'intera fortezza sembrava voler assecondare il suo buon umore latente e Solas si lasciava cullare da tanta serenità senza affannarsi a darle un nome. 
I suoi agenti avevano lavorato bene durante la sua assenza ed erano finalmente riusciti a tornare in possesso della chiave d'accesso al crocevia che Felassan scioccamente aveva lasciato nelle mani della giovane elfa amante dell'imperatrice. 
Essere tornato in possesso della chiave significava essere tornato libero, poteva infatti finalmente tornare nel suo regno e iniziare a rendere concreti gli sforzi di quegli ultimi anni. Un fastidio sottile come un rumore di fondo, disturbava il fluire dei pensieri ma Solas cercava di ignorarlo con ogni mezzo. Era difficile sfuggire la consapevolezza che essere finalmente libero di andare, lo costringeva a trovare motivazioni per rimanere. Motivazioni razionali ed accettabili. 
Cercò di tornare a concentrarsi sul semplice compito che lo attendeva in quel momento, pensare troppo in prospettiva non poteva aiutare. Lasciò l'aria tiepida e piacevole e tornò tra le spesse mura della fortezza. Era riuscito a trovare un antico manufatto in grado di preservare uno spirito da qualunque tipo di vincolo magico ed era pronto ad usarlo su Cole. Il giovane amico aveva infatti chiesto il suo aiuto in proposito e finalmente Solas era pronto per procedere. 
Belle labbra lambite appena, cambiamenti da combattere. Basta! Non voglio combattere, non più.”
Le parole di Cole era comparse nella rotonda prima ancora della sua forma stranamente evanescente.
Lo spirito aveva dato voce ai pensieri nascosti nella testa di Solas, rendendoli reali. Il mago avrebbe voluto poter procrastinare ancora un po', avrebbe preferito ostinarsi ad ignorare qualunque spiacevole implicazione. Avrebbe voluto arrendersi alla propria momentanea felicità, lasciarsi rischiarare dalla sua luce ed illudersi per un poco di potersi arrendere davanti a tanta bellezza. Invece le poche parole dello spirito avevano fatto venire a galla il nome esatto dei suoi problemi, impedendogli di godere, sebbene per poco tempo, della semplice gioia di ritrovarsi tra le mani una gemma rara, anche se incredibilmente fragile.
“Puoi smettere di combattere. Cosa te lo impedisce?”
Le parole del ragazzo lo colpirono di nuovo. Non doveva permettergli di sapere, quanto meno non prima che l'Inquisitore stesso fosse venuta a conoscenza della verità. In ogni caso Cole non avrebbe capito, avrebbe cercato un modo per combatterlo, e avrebbe finito col trasformarsi in qualcosa di terribile. Solas non voleva essere responsabile della corruzione di uno spirito tanto bello, era stanco di essere causa di brutture.
Si arrese e disse semplicemente la verità: “Amico mio, purtroppo non ho scelta, ma non ho desiderio di proseguire su questo argomento.”
Lasciò calare il silenzio e si concentrò sull'incantamento che andava preparando. Si concentrò sulla magia che fluiva all'interno del suo corpo e attraverso esso. Sentire il proprio corpo tanto strettamente collegato a ciò che di immutabile vi era nel mondo aveva solitamente il potere di calmarlo, in questa occasione invece il fluire dell'energia risvegliò i suoi sensi in subbuglio.
Probabilmente la sua giovane amica aveva ragione. Una strana connessione esisteva tra i segni sul viso di lei e la magia che scorreva nel corpo del mago, probabilmente a causa dell'Ancora. Sentiva un'insolita comunanza di sensazioni tra il vibrare della magia tra le sue mani e il formicolio prodotto stringendo tra queste la mano marchiata dell'Inquisitore. Possibile che il marchio stesse in qualche modo agendo su di loro? Possibile addirittura che quella strana attrazione, tanto sconvolgente e tanto inaspettata fosse in qualche modo causata dalla sua stessa magia?
Una scintilla seguita da una piccola e controllata esplosione lo fece tornare a concentrarsi interamente sull'amuleto e sul ragazzo spaventato che lo indossava.
“Che cosa è successo?” Cole lo guardava con gli occhi sgranati e fiduciosi di un bambino spaventato. Ma Solas non aveva risposte da dare. Si era distratto. Aveva distrutto un antico manufatto e messo in pericolo il suo amico.
Tutto gli stava ormai sfuggendo di mano.
Varric e l'Inquisitore in persona, si precipitarono all'interno della rotonda probabilmente attirati dal rumore improvviso.
“Che succede?” La voce del era quella del leader, ma la preoccupazione nei suoi occhi tradiva la giovane elfa.
“Solas ha cercato di aiutarmi, ma non ci è riuscito. Qualcuno mi userà come quei custodi hanno usato i molti spiriti di Adamant.”
Due paia di occhi indagatori si posarono su di lui. Il nano e l'elfa aspettavano da lui una spiegazione, cosa poteva dire? Avrebbe dovuto confessare di essersi distratto?Avrebbe dovuto dire alla ragazza che il fluire della magia era ormai collegato alle sensazione che le mani e la bocca di lei avevano lasciato sul suo corpo, tanto da distoglierlo dall'incarico e rischiare l'incolumità del compagno?
“L'amuleto impedisce allo spirito che lo indossa di essere vincolato, ma per funzionare deve essere caricato magicamente, ho tentato, ma...”
Solas iniziò a giustificarsi, come meglio poteva, ma inaspettatamente Varric accorse in suo aiuto: “Come può funzionare sul ragazzo un amuleto per demoni. Lui non è un demone. Niente corna, niente artigli, nessuna intenzione di ucciderci. Chuckles è evidente che hai affrontato la questione dal punto di vista sbagliato.” Solas mise da parte la paura di essere scoperto in difetto, e lasciò parlare il proprio orgoglio: “Non ho mai parlato di demone ed ho affrontato la situazione nell'unico modo possibile, nonostante le apparenze, Cole rimane uno spirito.”
“Uno spirito incredibilmente simile ad una persona!”
I toni si stavano scaldando e Cole sembrava disperato.
“Non importa, devi risolverlo, non voglio che mi mutino, non voglio che mi usino.”
“Tranquillo ragazzo, Chuckles troverà un modo per aggiustare tutto.” L'Inquisitore facendo eco alle parole di Varric, si portò vicino allo spirito e gli rivolse un solo sguardo. Cole doveva aver riconosciuto una promessa nello sguardo della ragazza, o forse aveva letto nella sua mente e vi aveva trovato qualcosa di rassicurante, qualunque cosa fosse, fu comunque sufficiente a calmare il ragazzo e a farlo allontanare, fiducioso del fatto che i suoi compagni avrebbero trovato una soluzione, o in ogni caso avrebbero continuato a vegliare su di lui. C'era innegabilmente qualcosa di unico in lei.
Spostando lo sguardo dalla giovane incrociò quello poco amichevole di Varric.
“Cosa credi di fare con il ragazzo? E' venuto in questo mondo per essere qualcosa di diverso, ed ora chiede il tuo aiuto. Come puoi ignorare i suoi desideri?”
“Cole è uno spirito e devo aiutarlo per quello che è. Non basta desiderarlo per mutare la propria natura, è una cosa che devi imparare ad accettare, Durgen'len4.”
Lo sguardo del nano si era assottigliato, stava per ribattere, presumibilmente in modo velenoso, ma l'Inquisitore lo batté sul tempo.
“Lo credi davvero?” La domanda era posta con una serietà che non lasciava scampo.
“Non si può mutare ciò che si è, ognuno di noi ha un ruolo in questo mondo, Cole è uno spirito buono e compassionevole, se anche lui potesse mutare la propria natura, il mondo sarebbe meno ricco senza di lui.”
“Non è vero. Cole come chiunque altro, può sfuggire al proprio ruolo, se questo lo rende migliore. A volte siamo semplicemente di più rispetto ciò a cui ci sentiamo destinati. Perché qualcuno dovrebbe sottostare ad un ruolo che non sente più proprio? Non sarebbe semplicemente più efficiente se potesse essere libero di essere e di fare ciò che ritiene più giusto per sé, innanzitutto? Io sono una prova vivente che si può sfuggire al proprio destino in molti modi. Perché Cole non dovrebbe avere la mia stessa possibilità?”
Era una verità così bella e liberatoria, Solas avrebbe voluto poterla credere vera anche per sé.
“Da'len, sono belle parole le tue, ma non tutti hanno la tua fortuna, molti sono schiavi di responsabilità più grandi di loro, inseguire la propria felicità sarebbe semplicemente un atto egoistico. Non tutti possono sfuggire a ciò che sono.”
L'espressione dei due compagni si era fatta interrogativa e si accorse di aver parlato troppo quando l'Inquisitore chiese: “Stiamo ancora parlando di Cole, o abbiamo cambiato argomento? Perchè devo confessare di essermi persa.”
Varric ridacchiò per un poco, poi lasciando la stanza disse: “Lascia a me il ragazzo, mago, mi sembra che tu abbia altro a cui pensare.”
I begli occhi dell'Inquisitore erano ora fissi nei suoi, e chiedevano una spiegazione.
“Mi dispiace, i miei sono solo pensieri. Non credo che Cole possa essere altro da ciò che è e non credo che qualora lo fosse, questo lo renderebbe felice.”
La ragazza considerò pensierosa le sue parole prima di chiedere: “Tu? Cosa vorresti essere?”
Non vi era domanda che Solas avrebbe potuto temere maggiormente. Cosa avrebbe voluto essere? Non avrebbe voluto essere un dio, aveva rifuggito il ruolo per la sua intera esistenza, ma non aveva potuto fare niente in proposito, ora che poteva finalmente essere solo un mago, era invece costretto da responsabilità e senso di colpa a riappropriarsi di quel fardello tanto ingombrante. Proprio ora poi, che questo assurdo mondo aveva portato tra le sue braccia qualcosa di tanto bello e prezioso. Eppure non vi era bellezza o gioia in grado di obliare il male che aveva commesso. Non avrebbe avuto pace, non avrebbe meritato riposo, finché i torti commessi non fossero stati ripagati.
Gli occhi della ragazza si erano incupiti come a voler fare da specchio ai pensieri di Solas.
“Venhan, vorrei poter essere semplicemente me stesso.”




1 Venavis Venhan, ma enaste:  Ferma cuore mio, te ne prego.
Ma nuvenin, ir abelas: come desideri, mi dispiace.
3 Na tel abelas:
non essere spiacente.
4 Durgen'len: figlio della pietra.
 

   
 
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