Sedicesimo capitolo
– Renée Dwyer
9 Febbraio 2002
“Non ce la
farò mai.” Sbuffò Bella, stropicciandosi gli occhi. Era una
mezzoretta buona che si trovava davanti al suo armadio, guardando sconsolata
tutti i vestiti che c’erano all’interno.
“Quello
rosso?” Domandò Leah stesa sul letto.
“No. Troppo corto.” Sbuffò
di nuovo.
“E quello
nero?”
“Troppo
scollato.”
“Quel pantalone
blu?”
“Leah, non posso mettere i pantaloni ad
un Gala.”
“Oh, scusami tesoro.” La
sbeffeggiò l’amico.
“Non capisco come
le sia venuto in mente.” Disse Bella, sedendosi a gambe incrociate sul
letto.
Due giorni prima,
l’importante ed illustre Renée
Dwyer aveva invitato – se non obbligato – sua figlia Isabella Swan
a presentarsi all’annuale Gala di beneficenza che si teneva presso
l’enorme villa dei Dwyer. O di quel milionario
di suo marito Phil, se si vuole essere precisi.
“E’ pur
sempre tua madre.”
“Madre, Leah?”
Disse Bella, con l’amaro in bocca. “Una madre è quella
persona che ti cresce, che ti viene a prendere a scuola, che ti aiuta a fare i
compiti, che si presenta alle recite scolastiche. Una
madre è quella persona che ti aiuta con i primi fidanzatini e con la
prima sindrome premestruale.” Prese fiato,
torturandosi le mani. “Non è quella che se ne va di casa quando
sua figlia ha appena compiuto tre anni, lasciando lei e suo marito per un altro
uomo, Leah.
Lei non è mia madre, se non sulla carta.” Finì Bella.
“Hey, tesoro.” Si sedette anche Leah,
accarezzandole dolcemente la schiena. “Proprio per questo ci devi andare.
Per farle vedere cosa sei diventata, e non grazie a lei. Dopo l’11
Settembre sei riuscita ad ottenere un nuovo e
brillante lavoro, ti occupi di una casa enorme, e da sola. E soprattutto, di
due bambine splendide. Che stanno crescendo in una maniera favolosa. Devi andare lì per quello.”
“Non porterò
Emma e Mia con me. Non le farò mai entrare in quel
mondo.”
“Dovresti.”
“No.” Chiuse
il discorso Bella, alzandosi di nuovo per mettersi davanti all’armadio.
“Cosa. Diamine. Mi.
Metto.”
“Questo.” Una
voce arrivò dallo stipite della porta, rivelando Edward con in mano una scatola bianca.
“Sarebbe?”
“Il
vestito che indosserai stasera. Coordinato con la mia bellissima nuova cravatta.”
Esordì, con quell’espressione risoluta.
“Tu non verrai con
me al Gala, Edward.” Sentirono entrambi lo sbuffo sono di Leah, che si alzò dal letto per raggiungere Edward
sulla porta.
“Pensaci
tu, perché io proprio non ne posso più. Raggiungo Jacob al piano
inferiore.” E così dicendo, sorpassò Edward senza dire
nemmeno una parola a Bella.
“Nessuno può
dirmi quello che posso o che non posso fare,
Isabella.” Si avvicinò, posando la scatola sopra il letto.
“Stasera indosserai questo. Se lo accetti mi
farai uno degli uomini più felici della terra.”
“Se accetto il
vestito resti a casa con le bambine?”
“No.” Rispose
secco, avvicinandosi da dietro a Bella, e posando entrambe le mani sulle sue
spalle. “I signori Dwyer hanno invitato
metà dei dipendenti della Cullen Media Group
al Gala di beneficenza, pensando bene di guadagnarci un bel po’ di
soldi.” Spiegò Edward. “Quindi, volente o
nolente io andrò al Gala alla villa Dwyer.
Sarei ancor di più uno degli uomini più
felici del mondo, se tu stasera salissi su quella Volvo insieme a me per andare
lì.” Bella si voltò, guardandolo negli occhi.
“Sai a cosa stai
andando incontro?”
A dei fotografi. Ai paparazzi. Ad
una villa stracolma di persone potenti e di alto calibro. A delle donne single,
bellissime e giovani. E Edward era uno scapolo ben ambito, ancora.
“A cosa?”
Sussurrò lui, accarezzandole dolcemente il viso. Sempre con quel sorriso
malizioso che passò tra le sue labbra.
“A tutto.”
“E sono pronto ad
affrontare tutto con te, Isabella Swan.” Disse,
avvicinandosi lentamente alle sue labbra. Le sfiorò appena, ma si
ritrasse quando Bella cercò qualcosa di più.
“Mh.” Mormorò, sconfitta lei.
“Vieni al Gala con
me, Isabella.”
“Sarà un
putiferio, Edward.”
“Viene con
me.” Disse di nuovo, sfiorandole le labbra.
“I giornali,
domattina.”
“Vieni con
me.” Accarezzò lentamente quella parte di pelle dietro
l’orecchio di Bella, zona erogena che conosceva fin troppo bene. Lei
chiuse gli occhi, assaporando quel momento.
“Vieni con me, e
questa non è una domanda.” Disse infine, facendo sbattere la sua
schiena contro le ante dell’armadio, in un bacio
che incendiò entrambi.
“Sei bellissima, Bells.” Disse Jake due ore
dopo, quando la sua migliore amica scese al piano di sotto. Indossava un lungo
abito nero, senza spalline che lasciava scoperta gran parte della schiena. Per
una volta aveva deciso di tirare su i suoi capelli con una pinza dorata, e
qualche boccolo scendeva ad incorniciarle il volto.
“Wow.” Disse Leah,
raggiungendo i due con il piccolo Ronald tra le braccia. “Che schianto. Moriranno tutti.”
“Ne avete ancora
per molto?” Chiese Bella, avviandosi verso la cucina a piedi nudi. Aveva
deciso di abbinare a quel vestito delle scarpe con il tacco, ma che aveva
intenzione di indossare soltanto quando stava per uscire di
casa.
“Oooh. Zia Bella, mi regalerai anche questo?” Emma la
guardò dal basso, ammirando ogni piccolo strass che ornava l’abito
di sua zia.
“Certo.”
Rispose, avvicinandosi per lasciarle un bacio sulla fronte.
Jake e Leah
erano stati incaricati di badare alle bambine fino a che Laurent
e James non sarebbero andati a dargli il cambio, dormendo
insieme a quelle due piccole pesti a casa Hale.
“Quanto
ci mettete voi donne a preparavi? Perché non è ancora
scesa?” Sentì le parole di Edward che arrivavano ovattate dal
salotto.
“Sono qui da dieci
minuti buoni.” Disse Bella ad alta voce, per farsi sentire.
Edward si avviò
verso la cuina, fermandosi però poco dopo. Non
disse nulla, ma non ce ne era bisogno: la sua faccia parlava da sola.
“Bambine,
state attente se volete andare vicino a zio Edward. Potreste scivolare sulla sua bava
che è appena colata sopra il pavimento.”
L’affermazione di Leah fece scoppiare Jake in una sonora risata, mentre Emma e Mia lo guardavano
senza capire. Gli occhi di Edward, invece, erano ancora fissi sulla figura di
Bella.
“Insomma?”
Disse lei, provocandolo facendo un giro su se stessa e mostrando la vistosa scollatura dietro la schiena. “Che
ne pensi? In fondo, l’hai scelto tu.” Edward deglutì
un attimo, prima di proferire parola.
“Era
diverso.” Esordì semplicemente. “Sul
manichino, nel negozio. Era diverso.” Spiegò.
“Era diverso
perché lo indossava un manichino, Edward.” Disse con
ovvietà Jake. “Nessuno
in questa casa pensa che Bella Swan sia un manichino,
anzi. Avrai del filo da torcere stasera,
amico.” Gli passò vicino, dandogli una pacca sulla spalla e
guardandolo dritto negli occhi. “Tanto filo da torcere.”
Ripeté, entrando in cucina seguito da sua moglie e da tutta quella
ciurma di bambini. Lasciandoli completamente soli. Ci fu
qualche minuti di silenzio, finché Edward si avvicinò lentamente
a lei.
“Abbiamo capito che
sul manichino era diverso. Ma ancora non ho il tuo
parere.”
“Sei
stupenda.” Due semplici parole, che fecero arrossire – forse per la prima volta -, Bella.
“Grazie.”
Sussurrò appena lei. Lui si avvicinò ancora di più,
stampandole un casto bacio sulle labbra.
“Ora dobbiamo
andare.”
“Dobbiamo per
forza?”
“E’
il Gala annuale organizzato da tua madre, Isabella. E sì, dobbiamo
andare.” Disse Edward, prendendo dall’appendiabiti il cappotto di
Bella, che le porse gentilmente. “Ora saluteremo le bambine, e ci
avvieremo verso la villa dei Dwyer.”
Spiegò, con lo stesso tono dolce con il quale spiegava le cose alle sue
due nipotine.
“Edward.” Fu
un semplice lamento, sussurrato.
“Hey.” Le circondò il
viso con entrambe le mani, avvicinando la fronte alla sua finché non si
toccarono. “Non devi preoccuparti di niente. Ti prometto che non
succederà nulla di male, e che la serata filerà liscia.”
“Mia madre ha
sempre portato problemi.”
“Non sarà
così, da ora in poi. Quindi, metti in moto
questo bel sederino e vai a salutare le bambine.”
Bella sbuffò, ma non disse nulla. Si voltò soltanto, avviandosi
verso la cucina e lasciando Edward dietro di lei. “Ah, Isabella?”
“Mh?”
“Altro che bel
sederino. Con quel vestito quello è proprio un culo
da favola.”
Bella sorrise maliziosa,
alzando un sopracciglio.
“Ed è tutto
tuo, tesoro.” La bocca di Edward si dischiuse
nuovamente, facendo scoppiare Bella in un’ilare risata.
“Stai attento, che puoi scivolare nella tua stessa bava.” E
rivendendosi la battuta di Leah, questa volta si
girò, entrando in cucina per salutare le sue bambine.
“Siamo davvero
qui.” Disse appena Bella, guardando fuori dal finestrino. Edward aveva
accostato davanti all’enorme villa Dwyer, e
già potevano scorgere cinque persone con la macchinetta fotografica
appesa al collo.
“Devi
rilassarti.”
“Oh, facile da
dire.” Edward sorrise, stringendo la mano di Bella fra la sua.
“Tesoro, non devi
preoccuparti di nulla.” E così dicendo scese
dalla sua Volvo, per poi aprire il lato del passeggero per aiutare Bella.
Furono travolti dai flash
che accecarono per qualche secondo entrambi, finché non si abituarono.
Edward prese Bella per mano, e la condusse verso la porta di casa Dwyer, che era aperta agli invitati.
“Mr. Cullen! Mr. Cullen! Una foto con
la sua lei.”
“Vieni qui.” Sussurrò appena Edward, posando una mano
sulla vita di Bella. “Ora, fai un bel sorriso.” Lei ci
provò, e tutto sommato ci riuscì
abbastanza. “Ecco fatto.” Ripresero a camminare, lasciando i
fotografi dietro di loro.
“Oh! Edward Cullen,
che piacere rivederti.” Una donna di mezza età si avvicinò
a loro, accogliendoli con uno strano sorriso.
Quella donna era Renée Dwyer.
“Mrs. Dwyer, il
piacere è tutto mio.” Edward ricambiò il sorriso, prendendo
la mano di Renée e avvicinandosela alla labbra. Ruffiano.
E lei arrossì, proprio come tutte le donne.
“Sono
felicissima di averti qui. E sono ancor più contenta che sei
riuscita a portarla.” Scandì l’ultima parola,
indicando poi sua figlia.
“Non
c’è di che, mamma.”
“E quelle splendide
bambine? Dove le avete lasciate?”
“Sono a casa, Renée. Una serata del genere le avrebbe distrutte.”
“Giusto. Ma non
perdiamoci in chiacchiere qui davanti. Seguitemi al banchetto, così che
possa offrirvi qualcosa da bere.” Arpionò
il braccio di Edward, trascinandolo – letteralmente
-, verso il banchetto e lasciando Bella dietro di loro. Si voltò un
solo istante, per vedere gli occhi della sua
donna che sorridevano, accompagnando il tutto con un’alzata di spalle.
Vai, Edward. Me la cavo anche da sola.
“Isabella Swan.” Era incantata dalla splendida vista che
c’era davanti a lei e cullata dalla melodia di una giovanissima ragazza
che suonava il pianoforte, quando quella voce la fece rabbrividire.
“Aro
Volturi.” Disse semplicemente, voltandosi di scatto.
“E’ un
piacere rivederti.”
“Anche per
me.” Mentì.
Aro Volturi era il socio
in affari di Phil Dwyer, cioè il suo patrigno.
Quando Bella si era trasferita a New York per frequentare il College, aveva
partecipato a molte cene in quella villa, ed Aro era
sempre presente. Quel signore non aveva mai fatto o
detto nulla per cui Bella poteva lamentarsi, ma una sola occhiata le metteva i
brividi.
Era un uomo viscido e
subdolo.
“Ti trovo bene, Bella.”
“Grazie,
Aro.”
“Non abbiamo
più avuto il piacere di incontrarci, ma ho
saputo tramite Phil cosa è successo. Ora ti occupi delle bambine Hale.”
Bambine Hale.
Le mie nipoti.
“Sì,
Aro.” Tagliò corto lei, facendo qualche passo indietro.
“Un bel
cambiamento. Non riesco soltanto a spiegarmi perché non hai accettato il
posto che ti ha offerto tua madre. Un edificio nella zona
più ricca di New York, soltanto per te. Non
sarebbe stato affatto male. Invece, hai preferito il
MoMa.”
Bella alzò
entrambe le sopracciglia, chiedendosi di cosa diamine stesse parlando Aro. Ma non poteva farlo. Non in quel momento.
“Ho preferito il MoMa, Aro. E
mi trovo benissimo con Rosalie.”
“Oh, Rosalie. Credo di averla intravista prima.”
“E’
qui?”
“Sì…
con quella ragazza bionda. Credo fosse…”
“Tanya?”
“Giusto. Conosci anche Tanya?”
“No. La vedo qualche volta, di sfuggita.”
“Eccoti qui.”
Sobbalzò, quando due mani le arpionarono la vita. “Dov’eri
finita?” Bella sorrise, mettendo la sua mano sopra quella
di Edward.
“Tesoro, ti
presento Aro Volt-”
“Non
c’è bisogno di presentazioni.” Tagliò corto Edward,
passando da quel tono di voce dolce ad uno aspro.
“Vi
conoscete?”
“Sì. E sarà meglio che io vada.
E’ stato un piacere rivederti, Bella.
Edward.” Salutò frettolosamente Aro, girando i tacchi e
dirigendosi verso l’entrata.
“Che problema avete
voi due?”
“Perché vi
conoscete?” Parlarono nello stesso istante.
“Prima tu.”
Disse Edward.
“E’ il socio
in affari di Phil. Lo conosco da… sempre.
Più o meno. Tu,
invece?”
“La
mia è una storia più lunga, tesoro. Ti prometto che te la
racconterò, ma non ora. Sta iniziando la cerimonia.” Bella non
chiese altre spiegazioni, ma prese la mano di Edward e si avviarono verso
l’interno anche loro. “Promettimi una cosa.” Disse, a pochi
passi dal loro tavolo.
“Cosa?”
“Non lasciare mai
più che ti avvicini. Non mi piace
quell’uomo, Isabella.”
“Non piace neanche
a me.” Detto questo presero posto in uno dei tanti
tavoli rotondi della sala con i loro nomi, aspettando l’inizio della
cena.
La cena era finita, ma
ora c’era la parte più brutta. Quella che Bella proprio non
reggeva. Renée sarebbe salita su quel piccolo
palco proprio di fronte ai tavoli, per poter
ringraziare i suoi ospiti, le offerte che erano state fatte, e tante tante altre
cose.
“Signore e signori,
innanzitutto vi ringrazio per essere qui
stasera.” Disse inizialmente, seguita da pochi applausi. Phil, seduto ad uno dei primi tavoli la guardava estasiato. “Sapete
tutti quanto io tenga a queste cene annuali, ed ogni
anno il vostro contributo fa la differenza per tutti i bambini e le famiglie
che scegliete di aiutare.” Si allisciò le
pieghe del vestito, riprendendo a parlare. “Sono ormai nove anni che
organizzo questo Gala con l’aiuto di mio marito, e vorrei ringraziare
tutti i presenti qui stasera. Ma soprattutto, vorrei
fare un annuncio proprio a voi. Sappiamo bene tutti
cos’è successo cinque mesi fa, e la tragedia che ha invaso
tutti noi, dal primo all’ultimo.” La sua voce si
affievolì un po’. “Ci sono state tragiche conseguenze, ma
nel nostro piccolo cercheremo di fare il nostro meglio. Per questo, la
Galleria Lux – una delle gallerie
più famose di NY, che si trovava all’interno degli edifici -,
sarà riaperta a breve.”
“Perché non
mi hai detto niente?” Sussurrò appena Edward, arricciando le
sopracciglia.
“Perché non
ne sapevo niente.”
Quella era – è – la mia galleria.
Non aveva mai chiesto
nulla a Renée. Mai. Se l’era sempre
cavata da sola, se non per una volta.
“Mamma.”
“Bella.”
Indossava ancora il cappello e la tonaca blu. Si era appena
laureata.
“Vorrei chiederti una cosa.”
I festeggiamenti continuavano, e mentre suo padre che era
venuto da Forks chiacchierava amabilmente con Jake e Phil, Bella era riuscita ad allontanarsi qualche
secondo per raggiungere sua madre.
“Dimmi.”
“Mi sono appena laureata. E vorrei aprire una galleria.
La mia
galleria.”
Renée sorrise. Quel sorriso soddisfatto che si ha quando te lo aspettavi.
“Sì?”
“Ho un po’ di soldi messi da parte. Ma non…”
“Non ce la fai. Io e Phil ti
aiuteremo.”
“Cosa?”
“Sei mia figlia, Bella. Io e Phil
ti aiuteremo.”
“Davvero?”
“Certo.”
“Grazie mille, mamma.”
Bella l’abbracciò, non
sapendo che quello sarebbe stato solo l’inizio di una piccola catastrofe.
La Galleria Lux aprì dopo pochi mesi, ma non con il
suo nome. Era intestata a Phil Dwyer, che ne avrebbe ricavato la metà dei profitti.
Bella era sempre stata una dipendente. Sempre.
“E’ come una
figlia per me, ormai. E non posso essere più felice di quanto io lo sia ora, che la Galleria Lux stia riaprendo, e che sia
proprio lei ad occuparsene da ora in poi. Quindi, signori, vi prego di
accompagnare con un applauso colei che cambierà totalmente l’idea
di vedere l’arte in questa nuova –
nuovissima -, esperienza.”
Bella strofinò le
mani sudate sopra il vestito, mentre Edward continuava a guardare accigliato la
signora Dwyer.
“Signore e signori,
un applauso di incoraggiamento per Tanya
Denali.” Disse Renée, mentre una
bellissima donna bionda che era seduta al tavolo insieme ai Dwyer
si alzò, raggiungendo Renée.
Come una figlia per me.