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Autore: Hippiespirit    25/11/2016    2 recensioni
Anni 3000.
Con il nuovo millennio inizia anche una nuova guerra mondiale. Alcuni ribelli di varie parti del mondo sono stati catturati
e messi sotto sorveglianza nelle prigioni di massima sicurezza Canadesi. Da questa prigionia nasceranno veri sentimenti, e piani per sconfiggere i Canadesi e tornare in pace.
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Scott, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Il freddo era pungente quella mattina, ed io, che indossavo una lunga canotta bianca, jeans strappati e scarpe nere lo sentivo bene. Eravamo giunti in una terra sconosciuta da noi, Scott procedeva imperterrito e io lo seguivo, calma ma interiormente ero forse un po’ spaventata.
Dopo una vasta landa desolata e secca appariva un bosco di sempreverdi.
“Fermiamoci” mi disse semplicemente.
“Hai una minima idea di dove siamo?” gli chiesi con una punta d’acidità.
“No, ovviamente. Non ho guidato io.” Mi rispose con altrettanto sarcasmo.
“Beh, io intanto proporrei di accendere un fuoco, visto che non so se hai notato, ma qui si gela.” Gli voltai le spalle e cercai qualche ramo caduto per terra. Ne raccolsi qualcuno dopodichè ne sfregai due insieme e poco a poco il fuoco prese vita, mentre Scott mi guardava con sufficienza.
“Hai voglia di stare lì in piedi tutto il tempo? Muoviti iena.” Gli dissi, apposta per stuzzicarlo, non che fosse una cosa proprio astuta da fare, ma ormai era evidente che c’era una specie di sentimento tra noi, qualcosa di strano e impossibile da spiegare.
Dopo quelle parole la iena si avvicinò a me velocemente, mi tirò per un braccio, attraendomi a lui e costringendomi ad una distanza estremamente limitata. I miei occhi nero pece si mescolavano con il suo grigio perla, il battito cardiaco accelerò fin troppo velocemente per i miei gusti…
“Non ti conviene scherzare con me, lo sai bene.” Parlò con tono piatto ma deciso.
“Altrimenti?” gli risposi, al quanto divertita dalla situazione, nonostante il cuore a mille.
“Courtney, non costringermi a fare cose che non vorrei.”
“Sicuro che non le vorresti?” ero così divertita ed eccitata da quella situazione, ormai era così evidente, non l’avevo scelto io, i miei sentimenti si erano risvegliati e stavano sciogliendo quel pezzo di ghiaccio che era il mio cuore, un tempo freddo e arido, eppure erano bastati solo un paio di occhi grigi per rianimare qualcosa che credevo perso.
La vicinanza a lui mi faceva battere il cuore così forte che pensavo scoppiasse da un momento all’altro! Un soldato che fa perdere la testa ad una ribelle del mio calibro, e ce ne vuole.
“Giuro, mi fai impazzire.” Mi bastarono queste quattro parole per far perdere la testa anche a me, come se fossi ubriaca, non ragioni più e fai tutto quello che ti passa per la mente, subito, non pensi alle conseguenze.
Ci baciammo a lungo, con una passione che non pensavo di avere, che non pensavo che lui potesse avere, che non credevo fosse possibile. Non avrei più voluto staccarmi da lui, lo tenevo stretto a me, le mie braccia al suo collo, strette, come se avessi voluto impedirgli di scappare, ma pensavo che anche lui facesse lo stesso, mi teneva stretta alla vita, affondava le sue unghie nella carne.
“Cazzo…” si lasciò uscire tra attimo di respiro e l’altro.
“Il fuoco si sta spegnendo” dissi con uno stupido sorrisetto, rivolta al fuoco che si stava abbassando lentamente.
“Riaccendiamolo.” Disse semplicemente, e mi ritrovai stesa a terra, sotto sentivo l’erba secca. Non aspettai nemmeno che mi spogliasse, lo feci io da sola, ovviamente sempre tra un bacio appassionato e lungo. Il freddo nemmeno lo sentivamo più, ormai.
Quando due corpi si uniscono non sentono più niente al di fuori di loro stessi, il mondo esterno non esiste più, sono una perfetta unione, unicamente loro.
 
**
 
Era scesa la sera. Il fuoco era ora alto e caldo, e riscaldava quei due nostri corpi ancora non del tutto coperti. Osservavo le sue cicatrici, anche se era brutto da dire lo rendevano estremamente attraente.
Lo guardavo dormire, e vederlo così tranquillo mi metteva l’anima in pace. Perché alla fine, c’era veramente poco per cui stare in pace: eravamo due fuggitivi. Sicuramente ci stavano cercando.
Mi alzai, indossai jeans, canotta e la giacca di Scott e mi incamminai in quel bosco fitto.All’inizio non mi diedi una ragione precisa per quel gesto, forse perché avevo fame, oppure perché speravo che la natura mi trasmettesse un po’ della sua tranquillità.
Camminai per alcuni minuti, e anche se gli alberi erano tutti uguali ero sicura di saper riconoscere la strada, tanto avevo sempre camminato dritto.
Camminavo, osservando gli alberi verdi e il cielo nebbioso. Mi guardavo attorno, distrattamente, la nebbia mi rilassava e agitava allo stesso tempo.
Dovetti guardarmi intorno ancora per un po’ quando la notai. Ero incerta su ciò che avevo visto, “Avrò le visioni” mi sono detta, ma avvicinandomi mi resi conto di non essermi sbagliata.
Era una capanna fatta in legno, dalla perfetta forma di una casa, piccola ma in condizioni perfette.
Non sapevo cosa ci facesse una casa in mezzo al nulla, inizialmente mi inquietò, anche se poi, spinta dalla mia solita curiosità, vi entrai.
All’interno era ancora più piccola di quel che sembrava da fuori, e tutto era fatto in legno. L’unica apparecchiatura ultra tecnologica era un gigantesco televisore che ricopriva il muro, sotto una consolle piena di tasti, spenta. Ad entrambi i muri laterali c’erano delle librerie, stracolme di fogli e scartoffie.
“Dove diavolo mi trovo?!” mi chiesi, ad alta voce, una capanna apparentemente innocua nel bel mezzo di una boscaglia sconosciuta, si rivelava una specie di nascondiglio segreto. Evidentemente quelle zone erano abitate, e non era di certo una fortuna per noi.
Feci scorrere gli occhi su tutti quei fogli, velocemente ma attentamente, finchè dopo qualche minuto notai uno schedario, più grande di tutti gli altri, nero, con sopra scritto in rosso e in grande:
“CARCERE DI MASSIMA SICUREZZA DI TORONTO, DOCUMENTI” Era il carcere da cui ero evasa. Sentì un brivido percorrermi lungo la schiena. Quella fottuta capanna doveva essere uno dei centri segreti di controllo, caratterizzati dall’essere piccoli e nascosti nel bel mezzo del nulla, era così ovvio! McLean aveva attuato questa strategia in modo dall’avere tutti sotto controllo, senza che nessuno controllasse lui. Ma la domanda principale che mi sentivo dentro, “è tutto un caso che siamo finiti qui, o c’è sotto qualcosa?” evidentemente me ne sarei dovuta restare buona dov’ero, forse, o forse la mia curiosità ci aveva salvato la vita…
Aprì lo schedario e  iniziai a leggere, non c’era nulla di che, i nomi di tutti i responsabili, guardie, superiori, misure del carcere, numero delle celle, quanti ne ospitava, soprattutto chi.. La cosa non mi sembrò importante quando arrivai ad un foglio plastificato, al suo interno ne conteneva altri. Lo tirai fuori e feci uscire tutti i fogli. Erano lettere, scritte a mano.
Erano in lingue straniere, potei notare una scritta in russo, per me indecifrabile, come un’altra in giapponese, e altre lingue che non conoscevo, o almeno non bene. Scorrendo ancora ne trovai una scritta in spagnolo. Rimasi titubante, ma decisi di leggerla:
“ 20 marzo 3002,
Egregissimo e Rispettabilissimo Signor McLean,
ho il piacere di informarla che sono riuscito ad eliminare il capitano Garcia, anche se questa fortuna durerà ben poco. Hanno deciso di trovarne uno nuovo, come Lei sa, una nazione non può stare senza un capitano della resistenza.
Ovviamente, la terrò ben informato.
Martinez”
 
“4 giugno 3002,
Illustre signor McLean,
i miei colleghi hanno ben pensato di sostituire Garcia con un nuovo capitano, ancora è tutto segreto, ma non si preoccupi, ben presto riuscirò a darle informazioni più dettagliate.
Martinez”


“10 agosto 3002,
Egregio ed Illustre Signor McLean,
la prego di perdonarmi per le mie scarse informazioni, ma questo nuovo capitano viene tenuto segreto addirittura anche dentro la resistenza. Circolano voci che sia una donna. Mi perdoni ancora per le mie scarse informazioni ma le assicuro che le arriverà un’altra lettera non appena saprò di più.
Martinez”
 
“30 novembre 3002,
Illustre, Nobile ed Egregio Signor McLean,
la prego di perdonarmi ancora per il mio notevole ritardo, ma volevo essere certo delle informazioni che sono riuscito a raccogliere.
Il nostro nuovo capitano non è altro che una ragazzina, la diciassettenne Courtney Barlow, figlia di avvocati, nota per intelligenza, astuzia e freddezza. La ragazza sta svolgendo un grande lavoro per la sua età. Forse meglio di Garcia, dicono addirittura alcuni soldati. Questo è tutto ciò che so, non l’ho mai vista di persona. Ovviamente le farò sapere ancora.
Martinez”


Quelle lettere risalivano a due anni fa. Avevo la pelle d’oca mentre leggevo. Non avevo dubbi. Erano le lettere della talpa, di quel figlio di puttana che mi aveva fatto scoprire. Usare le lettere come mezzo di comunicazione era stata un’idea saggia, poiché la posta cartacea era quasi del tutto eliminata, quindi nessuno avrebbe controllato più di tanto. Ma ancora non riuscivo ad indentificare questo Martinez.
Girai pagina e trovai un’ultima lettera firmata da questa persona:
“3 novembre 3004,
Illustre Signor McLean,
dovrebbe aver ricevuto tutti i dati e le coordinate. Ora per lei trovare la Barlow sarà un attimo. Dopo questa lettera non so se sentirà ancora parlare di me, dato che scapperò altrove per non essere scoperto ed ucciso.
Comunque vada, aver lavorato per Lei è stato il più grande degli onori.
Arrivederla,
Martinez”
 
Non ricordavo certo la data precisa della mia cattura, ma ero sicura che fosse avvenuta pochi giorni dopo quella lettera. E ce n’erano tante altre in lingue diverse. Erano delle talpe dei miei compagni.
Avrei voluto urlare, strappare quei fogli, dar fuoco a quella schifosa capanna, quando sentì sbattere la porta e saltai dallo spavento.
“Cosa cazzo stai facendo qui dentro?” era Scott, che mi aveva colta in flagrante, con in mano tutti i fogli.
“Tu piuttosto, sai niente di tutto questo?!” urlai isterica, sbattendo lo schedario a terra.
La iena non rispose, ma ad un tratto me lo vidi arrivare addosso, poi fu tutto nero.
   
 
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