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Autore: neverenough    25/11/2016    1 recensioni
A sconvolgere un’intera esistenza basta poco. Almeno quanto poco basta per stravolgere ogni credenza e ogni percezione della normalità.
Shizuo lo scopre a proprie spese, mentre l’odore della decadenza sembra perseguitarlo, in una lenta e agonizzante litania che ha il solo scopo di portarlo alla follia. Niente sarà più come prima.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Izaya Orihara, Nuovo personaggio, Shizuo Heiwajima, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 20


Il dolce rumore di piccoli campanellini risuonò nell’aria quando avanzò nel negozio, annunciando la sua presenza. Il negozio era piccolo e vi era un bancone con la cassa al lato destro, vicino alla porta. Diversi scaffali contenevano alimenti in ordine impeccabile, e un piccolo frigorifero era situato alla parete opposta alla porta, dove vi era una quantità esagerata di latte fresco di vari tipi, da quello di mucca a quello di asina. Izaya osservò incuriosito, ma scese dalle nuvole quando una voce cordiale arrivò poco dopo da una porta laterale che non aveva notato e che probabilmente portava al deposito del negozio. – Salve – disse la donna che Izaya stava cercando. Era una donna abbastanza nella norma, con occhi scuri e capelli castani legati in una discreta coda dietro la nuca. Rivolse un sorriso spontaneo e cordiale a Izaya, che sorrise a propria volta, in un sorriso non del tutto sincero ma abbastanza calcolato da non sembrare finto. – Posso aiutarla?
Iniziare la conversazione casualmente, fingersi sciolto e aspirare fiducia prima di estrapolare informazioni a tradimento, questa era la tecnica che Izaya aveva affinato negli anni. Anche se la cosa spesso era più complicata di così, riuscire a gestire la situazione a proprio vantaggio era quello che lo rendeva un buon informatore. – Sì. Sono capitato qui per caso. Cercavo del buon latte e una signora mi ha consigliato questo posto – disse tranquillamente, senza smettere di sorridere.
La donna sorrise, soddisfatta della risposta. – Non sembri di queste parti. Si è trasferito di recente? – chiese, mentre gli faceva segno di avvicinarsi al frigorifero per vedere i vari tipi di latte che offriva. – Ovviamente se non sono invasiva!
Perfetto, pensò Izaya. Non sarebbe stato difficile instaurare un rapporto e scoprire quello cui era interessato. – Sì, da qualche giorno. Ho preso un piccolo appartamento in quell’edificio che hanno finito di costruire da poco, ha presente?
– Credo di aver capito... qui i grattacieli da qualche anno a questa parte spuntano come funghi. Ah, non essere così formale!
– Come preferisce...?
– Puoi chiamarmi Miwa.
– Io sono Nakura.
La donna sorrise. – Bel nome. Chi l’ha scelto deve avere gusto.
– Grazie.

– Ti dispiace darmi una mano, Nakura-kun?
Izaya si avvicinò, afferrando lo scatolone in bilico sulla scala e tenuto fermo chissà come dalla mano della donna, che sembrava in procinto di cadere a sua volta dalla scala. – Dovrebbe fare più attenzione, Miwa-san.
– Lo so! – ribatté lei sorridendo. – Purtroppo vado sempre a cacciarmi in situazioni fastidiose da sola. Credo sia un talento naturale.
– Perché dice così? – disse, fingendosi ignorante. Aveva diverse informazioni su quanto in passato accadde con Kuromo, ma c’era qualcosa in tutta quella situazione che non lo convinceva. Kuromo non era stato del tutto sincero con lui e si sa: le bugie hanno le gambe corte.
Tuttavia la risposta che ricevette fu: – Nulla di cui preoccuparsi. – Izaya avvertì quella nota di nostalgia celata nel tono della voce, ma capì che era ancora troppo presto per fare domande.

Izaya, sotto le spoglie di Nakura, diventò un cliente fisso di quel piccolo locale, e spesso non nascondeva il fatto di essere andato lì solo per fare due chiacchiere con la proprietaria. Raccogliere informazioni molto personali richiede un diretto coinvolgimento e un tempo lungo in modo da entrare prima in intimità con la persona, e poi estrapolare tutte ciò a cui si è interessati.
Per un qualche assurdo motivo, in ogni caso, Izaya si sentiva strano con quella donna. Era riservata, solare e non eccessivamente espansiva. La classica donna giapponese, si potrebbe affermare. Tuttavia era spiccatamente intelligente e intuitiva. Sembrava quasi aver capito il motivo delle visite di Izaya, sporadiche ma abbastanza usuali da lasciar intendere che sarebbe tornato. E ogni volta sembrava avere una nuova sorpresa per lui, per stupirlo e poter passare del tempo.
– So leggere le firme sai? – gli aveva detto una volta.
– Davvero? È possibile una cosa del genere, Miwa-san?
– Certo! La scrittura rispecchia la personalità della persona, e imparare a leggerla potrebbe aiutare a capire un po’ di più chi si ha davanti – aveva spiegato con un grande sorriso sul viso. – Vogliamo provare, Nakura-kun?
– Miwa-san, sembra che lei stia flirtando con me.
Lei rise, scuotendo la testa e agitando la mano in aria. – Potresti essere mio figlio, non scherziamo.
– Quanti anni ha? Guardi che io ho ventuno anni, non sono un ragazzino.
– Mai chiedere l’età a una signora, potrebbe sconvolgerti!
Izaya aveva sorriso e assottigliato lo sguardo, assumendo di proposito un’espressione furba. – Delle informazioni personali sulla mia persona attraverso la mia firma in cambio delle informazioni sulla sua età. – Non che ne avesse realmente bisogno, ma Izaya sapeva bene quanto era necessario stabilire un rapporto di fiducia.
Lei lo guardò sospetta, poi accettò. Gli porse un foglio di carta e una penna e Izaya scrisse solo il nome di Nakura, girandolo verso l’interlocutrice e aspettando il suo resoconto. – La tua scrittura sembra quasi perfetta. Hai mai pensato di fare il calligrafo?
– Per carità, no! – rise il moro. – Temo sia abbastanza noioso, più del mio attuale lavoro in ufficio.
– Non hai tutti i torti. In ogni caso è chiaro che sei una persona che mira sempre al massimo ed è convinta di dare il massimo. Sei di larghe vedute ma testardo. – Miwa corrugò la fronte, passando la mano sul foglio per osservare meglio qualche punto. – Sembra che il tuo passato sia piuttosto problematico, e sul presente non traspare nulla, come se nascondessi qualcosa... Guardando la staccatura della lettera iniziale, sembra che soffri di solitudine, e spesso non sei chiaro con te stesso. E questa strana angolazione... Hai un qualche tipo di amore o hobby controverso, ma non sono in grado di affermare qualcosa dettagliatamente – terminò così la sua lettura, ripassando il foglio con la firma di Izaya a nome di Nakura.
– Mi ha piacevolmente sorpreso, Miwa-san – commentò alla fine, sorridendo. Non disse su cosa aveva ragione e su cosa no, e lei sembrò intuire.
– Non è una cosa affidabile, Nakura-kun. Spesso questo tipo di osservazioni si fanno più in maniera soggettiva che oggettiva, quindi la verità celata in questo tipo di cose spesso è bassissima.
– Credo sia una cosa comunque notevole. Ha un’ottima capacità di osservazione.
– Suvvia, così mi fai imbarazzare! – Delle fossette si formarono agli angoli della bocca della donna, mostrando così alcune rughe solitamente ben celate.
– Non sia modesta Miwa-san. Sono stato sincero. – Izaya sorrise e le fece l’occhiolino. – E adesso deve dirmi la sua età. Me lo deve, ricorda?
Miwa per qualche secondo non rispose, diventando seria e soffermandosi a osservarlo per qualche secondo. – Ho poco più di quaranta anni, ma questo tu già lo sai, vero Nakura-kun? – Izaya non rispose e, salvato da una chiamata al cellulare, si congedò velocemente. Aveva avuto l’impressione che quella donna sapesse qualcosa su di lui come Izaya, e non sulle sue mentite spoglie di Nakura. Le sue parole, mai come in quel momento, erano sembrate affilate e lo sguardo indagatore e accusatore. Il tutto mascherato dalla gentilezza nei gesti e nel sorriso.
Più di un mese era ormai passato e Izaya stava ancora sondando il terreno. Per quanto quella donna fosse aperta e solare, non lasciava trasparire molto sulla sua vita. Tutto ciò che Izaya sapeva, lo aveva appreso dalle sue ricerche: Miwa Tatsuchi, quarantatré anni, sposata da diciotto, con una figlia di quindici anni e un figlio di undici. Aveva iniziato l’attività quando aveva all’incirca ventuno anni, e durante i primi anni ha avuto a che fare con l’uomo che ha richiesto i servigi dell’informatore, Kuromo. I collegamenti tra questi due erano chiari, ma Izaya stava ancora cercando di capire il puzzle mancante. Perché c’era, ne era sicuro.
Altri giorni ancora passarono e, dopo quella volta in cui Miwa sembrava averlo accusato silenziosamente, tutto apparve tornare normale. Era andato a trovarla diverse volte e, in un pomeriggio in particolare, era passato con un graffio sulla parte sinistra della fronte, piccola ferita di cui non sarebbe rimasta nemmeno la cicatrice, ricordo di una scorribanda con Shizuo in cui mezza segnaletica della città fu sradicata. Un giorno come altri, in fondo. Eppure fu proprio quell’insulso graffietto a spingere la donna a confidare un ricordo del passato, cosa tanto attesa: – Sai, una volta conoscevo un ragazzino che passava davanti al negozio con il suo fratellino, dopo la scuola. E ogni volta era pieno di ferite.
– Povero piccolo – disse Izaya, fingendo di compatire un caso umano di un tempo e di cui non conosceva nulla. O almeno questo pensava. – Era vittima di bullismo? Aveva dei genitori violenti?
– Oh no no, nulla del genere! – Sorrise Miwa. – Era solo un bambino problematico, anche se penso fosse semplicemente speciale. Aveva un talento innato, quasi mostruoso. E non riusciva a controllarlo. Neanche adesso ci riesce, probabilmente. Era un bambino fragile, molto sentimentale. Si lasciava prendere facilmente dalla rabbia, e sollevava e distruggeva qualsiasi cosa gli capitava tra le mani. Ma le ossa non sempre reggevano, finendo per rompersi.
Izaya la osservava in silenzio e, sebbene non ostentasse alcuna espressione oltre all’interesse che realmente provava, era scioccato. Stava davvero parlando di Shizu-chan? Era lui il tassello mancante?
Gli occhi di Miwa guardavano lontano, in un presente ormai passato, e con la malinconia tipica di una madre che guarda a un ricordo di un bambino ormai adulto. – Lo vedevo passare sempre con qualche arto ingessato, così offrivo il latte a lui e al fratellino, dicendo che avrebbe rinforzato le loro ossa. Non mi ha mai rivolto un sorriso, se non dei grazie sussurrati con timidezza. Le guancie imporporate erano adorabili. Prima di accorgermene mi ero affezionata a quel bambino. – Lo sguardo illuminato s’incupì, e Izaya capì di essere vicino alle risposte che cercava. – Tuttavia, un giorno fu coinvolto in una situazione nella quale scoppiò di rabbia. Forse voleva proteggermi, ma nella sua furia finì investita anch’io. Non credo se lo sia mai perdonato.
– Ne è rammaricata, vero Miwa-san?
Lei annuì. – Come posso non esserlo? Credo di aver condizionato la sua vita, e non nel modo migliore o in quello che speravo. – La donna sospirò, poi guardò finalmente Izaya in volto. – Non l’ho più rivisto da allora, probabilmente non si ricorda nemmeno di me.
– Non dovrebbe buttarsi a terra per questo motivo. Miwa-san, quando si è bambini le cose le si ricordano nitidamente, anche da adulti. Se è come pensa lei, ha lasciato una ferita nell’animo di quel bambino, allora si ricorderà di lei.
– Non sarà una cosa positiva, probabilmente.
– Io non penso. Ha mai pensato che quel bambino volesse proteggerla perché la considerava speciale? Probabilmente non ha mai dimenticato il latte e le belle parole da lei regalate. Non sia negativa, Miwa-san.
Lei lo guardò in silenzio, per qualche minuto. Per quanto i suoi occhi brillassero di commozione, il suo volto era dannatamente serio. Tanto serio da iniziare a mettere in soggezione persino il grande Izaya Orihara. Questi si sentiva stranamente sotto pressione e non riusciva a comprenderne il motivo. Le parole successive della donna lo lasciarono totalmente di stucco: – Hai davvero un buon cuore, Orihara-kun.

Izaya stava osservando il fondo del bicchiere ormai vuoto da diversi minuti, non avrebbe saputo dire da quanto. Aveva ancora il sapore del tè nero sulla lingua e nell’appartamento regnava il silenzio.
Izaya non commetteva errori: sicuramente non aveva rivelato il proprio cognome a Miwa. Eppure lei lo aveva pronunciato come se non avesse mai avuto dubbi. Di certo non era una donna stupida, ma che avesse fin da subito capito che la sua vera identità non era Nakura? Assurdo, eppure non così impossibile. In fondo l’intera Ikebukuro e tutti i distretti nei suoi dintorni conoscevano il biondo superforte e il tizio talmente folle da non aver paura di provocarlo e farsi rincorrere. Dopo tanti anni le loro rincorse non facevano più così scalpore, e gli abitanti della cittadina si erano abituati a vedere distributori automatici volanti e segnaletica stradale sradicata. Ma solitamente quello che attirava più attenzioni e timore era Shizu-chan, mentre Izaya provocava timore e voci solo da parte di chi aveva già avuto a che fare con lui. Che quella donna si fosse informata su quel bambino e, automaticamente, avesse trovato informazioni su di lui, smascherandolo il primo giorno in cui aveva messo piede nel suo locale? Izaya era confuso.
La sua vita era fatta di continue sfide, di continui giochi con chiunque incrociasse sulla propria strada, ma non immaginava che quella donna lo tenesse sotto scacco sin dal primo giorno in cui si era fatto avanti per capire qualcosa su quell’individuo che lo aveva ingaggiato. Un gioco su di lui che nasconde la propria identità non è forse una partita persa quando si viene a scoprire la verità? Ma Miwa non aveva avuto timore a portarlo avanti, e Izaya si sentiva veramente perplesso. Perché lo aveva fatto?
Sospirò, alzandosi dal pavimento su cui si era seduto e dirigendosi in cucina per posare la tazza nel lavandino. Poi tornò indietro e si avvicinò all’enorme vetrata presente nel suo ufficio. Osservò tutte le persone al di sotto e, prima che se ne accorgesse, un sorriso si era fatto largo sul suo viso.
Miwa aveva continuato a giocare nonostante conoscesse la verità sin dal primo momento, e questo la rendeva interessante. E, anche se non lo avrebbe mai ammesso, c’era qualcos’altro in quella donna che lo attirava come le api con il miele. Era indeciso se quello potesse essere affetto o no ma, senza che lo desiderasse, era vicino alla fine dei giochi con Miwa. Avrebbe chiuso le proprie indagini con la successiva visita.
Visita che non tardò molto ad arrivare.

Entrò nel locale e Miwa lo accolse con un benvenuto e un sorriso tirato, prima di rivolgere la propria attenzione a una signora anziana vicino alla cassa, avvicinatasi per pagare quanto preso. Izaya aspettò in silenzio che la donna anziana uscisse, per poi avvicinarsi alla proprietaria del locale, senza sorriso ma cercando di mantenere un’espressione rilassata per non allarmarla troppo. La cosa però sembrò non funzionare, poiché la rigidità del corpo della donna aumentava pian piano che la distanza diminuiva. Decise di fermarsi prima che la cosa diventasse veramente un peso, con la probabile conseguenza che Miwa non rispondesse lucidamente.
– Non ho intenzione di farle del male, Miwa-san. Non è nella mia indole.
– Hai deciso di giocare a carte scoperte?
Izaya sorrise lievemente. Oh, quanto adorava gli esseri umani. – Lei sapeva fin dall’inizio chi ero, e adesso teme che io giochi a carte scoperte? Non pensa di essere scorretta, Miwa-san?
Senza che se lo aspettasse la donna sorrise, questa volta sinceramente. Uscì da dietro il bancone della cassa e gli si avvicinò di qualche passo, così da potersi confrontare. – Non credevo saresti tornato.
– Lei conosce me, sa che sono un informatore.
– E ho egoisticamente pensato che ti avesse assunto quel bambino ormai uomo che tanto assilla i miei ricordi ed è parte dei miei rimpianti – continuò al suo posto.
– Eppure già sa che non mi ha assunto lui. Quel bambino ormai uomo è Heiwajima Shizuo. Sbaglio?
– Non penso ci fossero mai stati dei dubbi.
Quel discorso botta e risposta s’interruppe per diversi minuti. Minuti in cui il silenzio era sovrano e in cui i due si scrutavano negli occhi. Non c’era ostilità, né rabbia: evidente era la testardaggine dei due e la sicurezza di aver ragione. E in tutto questo, c’era anche una malinconia che Miwa aveva riconosciuto e che Izaya non avrebbe mai ammesso per orgoglio.
– Perché Miwa-san? Perché non mi ha smascherato il primo giorno?
– Perché speravo di avvicinarmi un po’ a uno dei miei rimpianti. Tu e Shizuo siete inevitabilmente collegati. Anche i vostri esseri coincidono con quello che è l’altro. Volevo solo comprendere il motivo per cui proclama il proprio odio verso di te per tutta Ikebukuro. E quello che ho trovato è qualcosa completamente differente da quello che mi aspettavo.
Izaya la guardò ancora, scrutandola e cercando di capire cosa intendesse senza chiedere, perché sentire una risposta a quell’implicita domanda avrebbe potuto destabilizzarlo. Ma comunque non riuscì a capirlo. – Come ha fatto a...
– Dopo che Shizuo bambino attaccò gli uomini che mi ricattavano e mi travolse involontariamente, sua madre è venuta di persona a scusarsi con me. Da quel giorno siamo rimaste in contatto. Ho sentito parlare di te sin da prima che il tuo nome diventasse conosciuto nella Ikebukuro sommersa, quella che solo i veri cittadini conoscono.
– Allora non capisco – disse Izaya, sentendo le difese crollare con uno schiocco di dita davanti allo sguardo di Miwa. Non lo stava accusando o compatendo o qualsiasi altra cosa. Lei lo aveva già studiato per tutto il tempo che lui era andato a raccogliere informazioni e lo aveva anticipato più di quanto Izaya avesse previsto. E la cosa lo rendeva euforico: era una donna dannatamente perspicace e stupefacente. Anche se in quel gioco era partita in vantaggio, lui non era riuscito a mettersi al passo, finendo nella parte perdente senza saperlo. Ma aveva davvero perso? – Che cosa ha visto in me, Miwa-san?
– Solo un giovane uomo che ha fatto a pugni con la vita e che si è costruito una fortezza intorno nel tentativo di proteggersi. – Miwa gli si avvicinò ancora di qualche passo, così da potergli poggiare una mano sulla guancia. – Non mi hai mai dato la possibilità di conoscere il vero te stesso, ma sono convinta che nelle risate e nelle battute fatte insieme, ci sia anche uno spicchio della tua vera personalità. Grazie per avermi concesso di vedere il buono che è presente in te.
Izaya rimase senza parole e, se fosse stato un minimo più emotivo, probabilmente delle lacrime avrebbe rigato le sue guance. Ma lui non era quel tipo di persona e, tutto ciò che si concesse, fu di stringere le labbra. – Non è stato Shizu-chan a ingaggiarmi – disse.
– Lo so. E non m’importa sapere chi è stato. – La donna si allontanò di qualche passo, senza smettere di sorridere. – Mi affido al tuo buon senso, Izaya.
– Chi le dice che possiedo del buonsenso?
– Nessuno. Ma una persona che riesce a provocare una bestia e uscirne illeso deve senz’altro averne.
– Una persona con del buonsenso non provocherebbe mai una bestia, non pensa? – continuò, cercando disperatamente un appiglio per vincere chissà cosa.
– Ma la bestia in questione non è veramente una bestia, anzi è più umana di qualunque altra persona che tu conosci, vero Izaya? – E con quelle parole, Izaya fu definitivamente spiazzato. Anche rinnegare sarebbe stato inutile, se comunque visti i fatti Miwa aveva ragione: il suo buonsenso, solo un paio di giorni prima, gli aveva detto che non era il caso di vendere informazioni su una donna così tranquilla a un uomo che potrebbe diventare pericoloso come Kuromo. E inoltre, il fatto che lei era più che reperibile giacché non si era mai mossa in anni, rendeva la cosa alquanto insolita. Kuromo aveva in mente qualcos’altro, e probabilmente aveva appena capito cos’era quel qualcos’altro: il nemico che Kuromo vuole abbattere non è niente di meno che Shizu-chan.
– Quanto siamo collegati io e Shizu-chan secondo lei? – chiese tanto per sentire il parere di un’altra persona a quella domanda.
– La madre di Shizuo ha affermato, una volta, che il suo bambino è sceso a patti con la sua forza trovando una valvola di sfogo quasi del tutto indistruttibile. Se un giorno tu ti spezzassi davvero, Izaya, finiresti con lo spezzare anche lui. E allo stesso modo, se un giorno lui si spezzasse davvero, finiresti con il seguirlo anche tu. Siete due facce della stessa medaglia. Da quando vi siete incontrati, siete irrimediabilmente collegati.
Ancora una volta, l’informatore non parlò. Le risposte di Miwa erano sempre impeccabili e sapevano esattamente che pulsanti premere per lasciarlo senza parole. Ormai, la partita era terminata.
– È stato bello parlare con lei, Miwa-san – disse voltandosi e iniziando a dirigersi verso l’uscita dal locale.
– Izaya – lo bloccò Miwa mentre era in procinto di aprire la porta. – Ti vedrò di nuovo?
Il silenzio che ci fu dopo fu estenuante. Izaya aveva sentito quella nota di dolore e panico in cui era intrisa quell’ultima domanda, ma cercò di non farsi prendere troppo la mano. – Addio, Miwa-san.

Shinra lo stava scrutando. Erano sul balcone di uno degli appartamenti di Izaya a osservare la caotica Ikebukuro sotto il silenzioso cielo notturno, mentre un dolce venticello primaverile soffiava nella coltre trasparente dell’inquinamento. Non era una serata eccessivamente fredda, ma nemmeno calda da poter star fuori senza una maglia di lana. Izaya indossava una pesante felpa nera e aveva il viso incassato nelle spalle, nel tentativo di stare più al caldo. Aveva un’espressione pensierosa, un po’ come quando, alle superiori, passava del tempo a pensare a qualche strano comportamento di uno dei suoi esperimenti.
Shinra aveva intuito che qualcosa non andasse per il verso giusto. Non che comunque Izaya gli facilitasse le cose: lo aveva invitato a casa per fargli curare una ferita sulla schiena (che indovina indovinello era stato Shizuo a infliggergli la sera precedente) e, tra un punzecchiamento e un altro, alla fine avevano ordinato del cibo da asporto e avevano guardato un film. Quando erano più giovani, era tradizione farlo almeno una volta a settimana; poi avevano intrapreso strade diverse: l’indole di Izaya era tendente alla solitudine, mentre quella di Shinra è ancora oggi tendente allo stare accollato costantemente alla sua adorata Celty. Una sera del genere non accadeva da anni, e fu concessa solo e unicamente dal fatto che la Dullahan aveva un lavoro (assegnato da Shiki) che avrebbe richiesto tutta la notte. Senza contare che, per una volta, sembrava che Izaya lo avesse cercato per avere una sorta di conforto.
– Credi nella vita dopo la morte? – parlò Izaya prima che Shinra interrompesse il silenzio calato.
– Non ho vedute così larghe, Orihara-kun. Però Celty è una Dullahan, e questo può dare speranza. Se un essere mitologico come lei esiste, chi può dire che Dante non avesse ragione su inferno, purgatorio e paradiso? – rispose Shinra, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
– Ti sei appena contraddetto da solo. – Sorrise l’altro sornione.
– E tu? Che cosa pensi ci sia dopo la morte?
Izaya lo guardò, inclinando la testa dal suo lato e continuando a sorridere lievemente. – Anch’io non ho vedute così larghe. Anche se forse la morte potrebbe bussare alla mia porta prima di quanto ci si possa aspettare.
– Certe volte dimentico che anche tu hai paura di morire.
– Ma vivere con quel costante pensiero è come crepare prima del tempo, non pensi? Non è una paura infondata: si rende tale se gli si da’ il potere necessario per farti smettere di vivere anche se il cuore batte ancora.
Quella risposta lasciò lievemente perplesso Shinra. Izaya era un tipo particolare, che aveva passato a studiare e testare il comportamento umano più di uno psicologo. Non ci sarebbe quasi nulla di strano nel sentirlo parlare così. Tuttavia, il brivido che gli corse lungo la schiena lo mise in allerta. C’era qualcosa di più. – Qualcosa non va?
– No, è tutto al suo posto. – E come il solito, quel testone dell’informatore non avrebbe parlato chiaramente. – Ma forse con la morte dovrei essere egoista. Dopo di essa io credo nella rinascita. Dopotutto a che serve una seconda vita in un luogo dove probabilmente non sarai più in grado di scappare?
– Parli così... Sembra quasi che tu sia attaccato a questa terra – lo ribeccò Shinra, sorridendo questa volta.
– Chissà. Forse sì, forse no. Penso solo che non valga la pena vivere se sai di non poter morire. La morte è un incentivo per molte persone.
– Potrebbe essere un incentivo per te per mettere la testa apposto e dare un taglio con la tua ossessione per gli esseri umani e per Shizuo-kun?
– Potrebbe essere un incentivo per te per smettere di amare una Dullahan? E non sono ossessionato da Shizu-chan.
– Sì, come no. – Shinra roteò gli occhi, chiedendosi quando i suoi amici sarebbero stati sinceri l’uno con l’altro. – E no, non c’è niente che possa far smettere il mio amore per Celty!
– Allora non sperarci. – Si guardarono negli occhi e, poco dopo, uno rise e l’altro si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.
– Siamo più simili di quanto immaginiamo – disse Shinra, cercando di riprendersi dall’attacco di risate.
– Non mettere il mio amore per gli umani sullo stesso livello del tuo amore per la necrofilia. – Stavolta Izaya lo guardò con scherno, aspettando una reazione che non tardò ad arrivare:
– Ehi! Guarda che Celty è molto energica sotto le coperte! Non sono l’unico che ci da’ dentro!
Izaya scoppiò a ridere e scuotendo la testa disse: – Non sono interessato alle vostre acrobazie sotto le coperte. Ancora mi chiedo come fai a trovare eccitante un corpo senza testa, battito e calore.
Shinra sorrise con affetto, alzando gli occhi al cielo. – Celty è molto di più di ciò. Non è umana, e anche solo per questo è fantastica.
– Ti lamenti che io ho un complesso per gli esseri umani, ma non è che ce l’hai anche tu? – chiese l’altro, guardandolo di nuovo con la testa inclinata di lato. Il dottore non sapeva dire cosa, ma l’informatore aveva un che di felino in certe movenze e atteggiamenti. Che fosse un uomo di bell’aspetto era risaputo, poiché spesso si era trovato a dover consegnare lettere d’amore da parte di ragazze troppo timide per avvicinare l’oggetto dei loro desideri, ma non esageratamente timide da farsi scrupoli ad avvicinare l’eccentrico amico e costringerlo a fare da tramite.
Shinra scacciò quei pensieri scrollando le spalle. – Almeno io non nego come fai tu.
– Non ho mai negato nulla.
– Neghi il tuo interesse per Shizuo.
– Non sono interessato a lui!
– Stai cercando di convincere me o te stesso?
– Sei scemo?
– Sono meno cieco di te, ed io porto gli occhiali.
Si guardarono negli occhi con sfida. Entrambi sapevano che avrebbero potuto continuare a battibeccare tutta la notte, e uno dei due avrebbe dovuto rinunciare.
– Non ho alcun interesse verso Shizu-chan – disse Izaya a denti stretti e assottigliando gli occhi in una silenziosa minaccia.
– Allora ammetti di avere un complesso verso di lui.
– Neanche per sogno.
– Testardo.
– Pazzo.
– Cieco.
– Ninfomane.
– Pedofilo.
– Necrofilo.
– Single.
– Perché questo dovrebbe essere un insulto?
– Perché si vede da un miglio di distanza che sei sessualmente frustrato e ti senti solo, Izaya – rise l’occhialuto, sapendo di aver vinto.
– Tsk. E comunque non sono pedofilo. – Izaya mise su un adorabile broncio, che fece ridere internamente Shinra.
– Ma adeschi minorenni.
– Non per scoparmele. Quello è illegale.
– Perché, spingere persone a suicidarsi non lo è?
– Solo se muoiono, e nella maggioranza dei casi non fanno il grande passo.
– Parli come se dovessero sposarsi.
– Sposerebbero la morte.
Il silenzio cadde di nuovo, e Shinra non poté fare a meno di pensare che fosse più pesante di quelli precedenti. E allora arrivò a una conclusione: – Ti sei per caso innamorato, Izaya-kun?
L’informatore scrutò per qualche secondo l’amico negli occhi, poi li spostò verso il cielo. – Il mio amore è rivolto solo e unicamente verso gli esseri umani.
– Non mi riferisco a questo. – Lo sguardo di Izaya s’indurì mentre Shinra divenne di minuto in minuto più curioso. – Ho centrato il punto.
L’altro non parlò per alcuni secondi, sospirando e lasciando il proprio sguardo perso in un posto lontano. – Non ho intenzione di innamorarmi, lo sai bene.
– Lo so bene quanto sono consapevole che non sei tu a scegliere ciò. Per quanto ghiaccio ci sia nel tuo cuore, qualcuno riuscirà a far breccia al suo interno prima o poi.
– Oh ma smettila. Sei troppo filosofico e romantico, Shinra.
Shinra sorrise, dando una pacca sulla spalla del proprio amico. – Non è una debolezza.
– Non sono innamorato – insisté ancora Izaya, guardandolo di traverso. L’informatore non perdeva mai la sua compostezza, tranne quando Shinra lo spingeva al limite su argomenti delicati. E considerando quanto fossero rari questo tipo di argomenti, il dottore aveva senz’altro fatto centro.
– Okay, okay, come preferisci. – Scrollò le spalle con noncuranza, ma deciso a indagare più a fondo. – Allora chi è la persona che ti rende tanto pensieroso?
– Non è necessario che tu lo sappia. Non ficcanasare, Shinra.
L’interessato rise di gusto ma si ricompose subito dopo. – Innamorarsi è una cosa bella sai?
– Per te è facile parlare così. Sei innamorato di Celty da quando avevi... Cinque anni? Quattro? – Izaya sbuffò. – Probabilmente non sai nemmeno cosa vuol dire non essere innamorati.
– Hai il punto – rispose Shinra con malcelato affetto. – Ma proprio perché tu non sai cosa sia puoi riconoscerlo facilmente. O forse no, chissà.
– Amore e morte sono della stessa medaglia.
Shinra lo guardò di sbieco, sorpreso da tale affermazione, abbastanza enigmatica da rendere difficile una probabile risoluzione. Eppure troppo chiara per non capirne il significato. – Che intendi?
– Niente.
Il silenzio calò di nuovo. Shinra era dubbioso. Qualsiasi argomento intavolasse, per un motivo o per un altro Izaya parlava di morte. Ma non poteva essere quello ciò che rendeva l’informatore tanto irrequieto da cercare compagnia. O forse sì? – Sei strano questa sera.
Izaya si lasciò andare a una lieve risata. – Non lo sono sempre?
Il dottore sorrise e annuì. – Già, per sfortuna dell’intera umanità.
– Esagerato. – L’altro sospirò, poi sembrò decidersi a lasciarsi andare un minimo. – Ho incontrato una vecchia conoscenza di Shizu-chan.
– Ah sì? Shizuo non ha molte conoscenze. Che stai tramando?
– Perché sono sempre io quello che trama alle spalle di quel mostro?
– Perché sei quello più scaltro dei due.
Izaya rise. – Ti crederei se non fosse per la voce sarcastica con cui lo hai detto.
– Eeeeeh ma non sto scherzando!
– Come no. – Il moro sospirò di nuovo, ma un leggero sorriso sul viso gli faceva assumere un’espressione più rilassata rispetto al ghigno, degno compagno dell’informatore. – Dovevo raccogliere delle informazioni su questa persona, ma non mi sono reso conto che mi teneva sotto scacco sin dall’inizio. Mi ha davvero colpito.
– Quindi... per far innamorare l’informatore più famoso e temuto di Ikebukuro e dintorni bisogna buttare all’aria uno dei suoi loschi piani? Wow. Potrebbe essere un cliché.
– Oh ma smettila. Non potrei mai innamorarmi di una donna che potrebbe essere mia madre. Tuttavia mi ha sorpreso. È stato interessante.
Shinra restò in silenzio per qualche secondo, rielaborando più volte le discussioni avute fino a quel momento e quell’ultima importante informazione. – Ancora non capisco. Dov’è il problema?
Izaya spostò gli occhi sull’amico. Il suo sguardo era freddo, come se avesse perso una cosa importante, e Shinra rabbrividì. Era lo stesso sguardo di quando, anni prima, si era dissociato dalla propria famiglia definitivamente. Era lo sguardo di qualcuno che sanguinava internamente, e allo stesso tempo non riusciva a essere veramente triste. Izaya non era pazzo: il muro che aveva eretto intorno a sé e alle proprie emozioni lo aveva reso tale. La tristezza lui la tramutava in gioia e le emozioni forti e adrenaliniche erano il suo pane quotidiano. E, molto probabilmente, questa non era altro che un modo di manifestare emozioni tristi. – Ho perso prima ancora di giocare e non me ne sono reso conto – risponse infine, riportando il dottore con i piedi per terra. – Non ho venduto le informazioni richieste al mio cliente.
Shinra restò serio. – Sei entrato in un campo minato, Orihara-kun?
Questi scrollò le spalle e spostò lo sguardo, sorridendo lievemente. – Chissà.

Note autrice:
Non so come, ma stasera ce l’ho fatta a pubblicare il penultimo capitolo. Ho avuto una giornata pesante, e i fine settimana stanno diventando più critici dei lunedì mattina per me ^^”
Questo capitolo mi ha creato non pochi problemi ed è stato il motivo principale del mio blocco di mesi. E a essere sinceri ho ancora diversi dubbi, ma ho deciso di metterli da parte e, grazie alla pazienza di una persona che si è messa a leggere e a darmi dei consigli, mi sono sbloccata un minimo.
Resto tuttavia con le mie perplessità e se avete consigli su come migliorarlo fatemelo sapere, mi sarebbe di aiuto per un prossimo futuro.
Siamo al capitolo delle rivelazioni, e spero che la verità non vi deluda. Qualcuno di voi, nelle recensioni, ci ha azzeccato anche, e qui ci sono i fatti come si sono davvero svolti prima del coma.
Spero vi piaccia e scusatemi per eventuali errori. Non so quante volte l’ho riletto e modificato questo capitolo, e ogni volta faccio qualche altro cambiamento. Spero inoltre che la lettura sia scorrevole, poiché essendo lungo temo che potrebbe risultare noioso o pesante o… qualsiasi altra cosa.
Sto parlando troppo, quindi chiudo qui.
L’epilogo lo avrete il 30 novembre (essendo corto non mi sembrava giusto farvi aspettare una settimana).
Aspetto i vostri pareri! Un bacione!
-Yogurt



   
 
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