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Autore: Emmastory    26/11/2016    4 recensioni
Un mese è passato, e la povera Rain si scopre sola dopo la partenza per il pericoloso regno di Aveiron da parte del suo amato Stefan, che l'ha lasciata in compagnia della loro piccola Terra, di una promessa, e di una richiesta. Conservare l'anello che li ha uniti, così come i sentimenti che li legano. Nuove sfide si prospettano ardue all'orizzonte, e armandosi di tenacia e forza d'animo, i nostri eroi agiranno finchè un'ombra di forza aleggerà in loro. (Seguito di: Le cronache di Aveiron: Oscure minacce.)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-IV-mod
 
 
Capitolo XXVIII

Valori sopiti

Un nuovo viaggio aveva per noi appena avuto inizio, e ora, tutti uniti, avevamo fiducia gli uni negli altri. In fin dei conti, avevamo affrontato mille pericoli diversi, ma nonostante tutto, avevamo continuato a muoverci al solo fine di raggiungere uno scopo comune, ovvero portare a termine la missione che ci era da ormai lungo tempo stata affidata. Camminando a testa alta, guardavo dritto di fronte a me, e il silenzio, rotto solo dal suono dei miei passi lenti e decisi, mi faceva compagnia. Dopo quanto era accaduto, Terra era scoppiata a piangere, silenziosa come sempre, ma per sua fortuna, il suo tanto amato padre era con lei, pronto ad aiutarla e riportare un sorriso sul suo dolce volto. Con una mano Stefan le accarezzò una guancia, e poco dopo, la prese in braccio. Sapevamo bene che essendo vicina al compiere cinque anni d’età, era perfettamente in grado di camminare da sola, ma lamentandosi, continuava ad affermare di essere troppo stanca. Nel tentativo di risparmiarle ulteriore fatica, Stefan la stringeva a sé, e intrecciando le mani dietro al suo collo, la piccola nascose il viso, rifiutandosi di guardarsi attorno. Era solo una bambina, e non la biasimavo, ma camminando, lasciai che un doloroso ricordo mi tornasse in mente. Da allora era quasi passato un intero anno, eppure giornalmente, maledivo me stessa per il mio gesto. Di comune accordo con suo padre, avevo deciso di rivelarle la verità sull’attuale stato del regno e sull’identità di gente del calibro dei Ladri, e mi ero perfino sentita sollevata, ma allo stesso tempo, continuavo a pentirmi di averlo fatto. Era mia figlia, e sin dal giorno in cui aveva fatto il suo ingresso in questo così crudele mondo, non avevo fatto altro che proteggerla riuscendoci alla perfezione, ma nonostante tutto questo, confesso che non avrei mai voluto vivere ciò che sto vivendo, passare ciò che sto passando, e provare ciò ora provo, né tantomeno trasferire, in un modo o nell’altro, ognuna di queste sensazioni a lei. Alla mia dolce e piccola Terra. Sono un’adulta responsabile, e lei una piccola anima candida e innocente, che per pura sfortuna, sta soffrendo. Sia Stefan che i miei amici provano sempre a confortarmi dicendomi che non è così, e pur accettando i loro sforzi, non posso fare a meno di pensare che sia colpa mia. Ogni suo broncio, ogni silenzio, ogni lacrima che versa, tutto. Forse è il dolore a parlare, ma credo davvero di aver sbagliato. In fondo, sono mortalmente certa che se non avesse mai conosciuto la nuda e cruda realtà, ora non starebbe soffrendo. Da ormai giorni, infatti, mi guarda con occhi lucidi e colmi di lacrime, ponendomi ogni volta la stessa domanda. “Ce l’abbiamo fatta?” mi chiede, lasciandomi costantemente interdetta. Mantenendo il silenzio, non le rispondo mai, ma oggi, qualcosa è cambiato. Difatti, mia figlia mi ha posto una nuova domanda, un quesito che è comunque equamente triste da risolvere. “E Rose? Dov’è? Lei ce l’ha fatta?” mi ha chiesto, con lo sguardo fisso su di me e il cuore gonfio di speranza. “Terra… lei…” non ho potuto fare a meno di biascicare, stroncando volontariamente quella frase sul nascere. “Lei è al sicuro.” Ha poi risposto Stefan, intervendo e cingendomi un braccio intorno alle spalle al solo scopo di confortarmi. Confusa, la bambina ci ha guardati, e con la voce corrotta da un pianto che desideravo soltanto di liberare, parlai. “Ha ragione papà, e ora noi andremo a prenderla.” Dissi, singhiozzando e lottando per ricacciare indietro le lacrime. In quel momento, guardai negli occhi Stefan, e ammirando il suo seppur debole sorriso, mi sentii investita da una nuova e pura energia. “Ce la faremo.” Sembrava dire, pur tacendo e non proferendo parola. Quasi istintivamente, lo presi per mano, e camminando lentamente, guardai Soren e Samira. Silenziosi quanto noi, fissavano il terreno, non accennando a smettere di muoversi. La fortuna volle che ci ritrovassimo proprio davanti a casa di Caleb e Carla, e che solo dopo averci sentito bussare, loro ci offrissero di nuovo ospitalità. Ringraziandoli, noi tutti entrammo in casa, e una volta rimasti soli nell’ampio salotto, non facemmo altro che respirare, tentando di scaldarci davanti al fuoco acceso. Stanca com’era, Terra finì per addormentarsi sul divano, e improvvisamente, nella calma generale, la voce di Samira si sentì forte e chiara. “Ragazzi, io… io devo parlarvi. Disse, guardando fisso negli occhi ognuno di noi. A quelle parole, Soren reagì prontamente, e concentrandosi sulla sua amata, attese. “È importante, e prima di tutto voglio solo dirvi che avevate ragione. I Ladri sono persone orribili, che non esitano a far del male. Hanno agito anche su di me, e tentato di plagiarmi perché non ne parlassi.” Ascoltandola in completo silenzio, le rivolsi un semplice sguardo. “Ti capisco.” Avrei voluto dirle, pur tacendo e lasciando ai miei occhi quell’ingrato compito. “Cosa? Plagiata? Che intendi?” fu l’ovvia domanda di Soren, scioccato da quelle parole. “Sono stati violenti, selvaggi e privi di cuore.” Aggiunse Rachel, in tono serio e al contempo crudamente sincero. Dì lì a poco, il silenzio più totale. Soren la guardava, apparendo confuso e attonito. Non riusciva davvero a crederci. Intuendolo, Rachel lo guardò con aria di sfida, e la frase che pronunciò fu seguita da un gesto che ci gelò il sangue. “Se non credi a noi, credi a questo.” Disse, scoprendosi un polso e rivelando quella che identificai come una ferita ancora aperta. Non sanguinava, ma appariva profonda. Ad occhi sgranati, tremavo. Era inaudito. Due povere ragazze, nel fiore dei loro anni, marchiate come delle insulse bestie. “Rachel, credimi, ci dispiace tantissimo, dispiace a noi tutti.” Soffiai in quel preciso istante, spostando lo sguardo sulla mia amica e avvicinandomi per confortarla. “Non importa. Ora è finita, e se siamo salve è solo grazie a voi.” Rispose, guardando oltre a me e Stefan, anche la nostra bambina. “Ma Rachel, Terra non ha…” biascicai, lasciando che il mio istinto materno avesse la meglio su di me. “Ti sbagli, lei ha un ruolo in tutto questo È vero, è una bambina, ma è forte.” Continuò, più seria di prima. Sconvolta, non feci che guardarla, ricominciando inconsapevolmente a tremare. “Ricordati, Rain, lei ti vuole bene,e crede in te. Noi tutti crediamo in te. Perfino Rose.” Concluse, continuando a guardarmi fisso negli occhi e facendosi più vicina. Non muovendo un singolo muscolo, la lasciai fare, e in quel preciso istante, un abbraccio ci unì. Rinfrancata da quel gesto, respirai profondamente, e una volta sdraiata in un letto che non mi apparteneva, rinunciai a dormire, scegliendo di impiegare le lunghe ore notturne in maniera diversa, e nel buio della notte, pensare. Con il silenzio come mia unica compagnia, ripensai al discorso di Rachel. Aveva parlato di unione, del nostro gruppo, e della mia amata bambina, e fra tutte, quella era stata la parte che mi aveva colpita e toccata maggiormente. Riflettendo, compresi che aveva ragione. Come mi ostinavo a pensare e ripetere, era solo una fragile bambina, ma in fondo questo era un bene, perché proprio nei cuori dei bambini ci sono l’innocenza, la purezza, l’ingenuità e l’amore, che io stessa nella mia Aveiron non vedo più da tempo, e che ho finito, anche se a malincuore, per classificare come valori dimenticati, desueti e sopiti.
   
 
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