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Autore: shinepaw    27/11/2016    3 recensioni
Bella ha sedici anni, un pastore australiano che risponde al nome di Yuuhi come migliore amica e Brooklyn, il suo fratellino di tre anni, di cui occuparsi. Per lei non esiste null'altro, nessun altro, a parte la scuola. Con l'amore ha chiuso. Ma, come si suol dire, mai dire mai.
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Sequel di Counting Stars.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Keeping Love Again'
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Bella's point of view

'Da: Leya.

A: Bella.

Ciao, Bella. Volevo chiederti... mio fratello non fa altro che dire che ci sarà un cielo magnifico, questa sera, e io amo guardare le stelle, però non voglio andarci da sola. Verresti con me?'

Devo dirlo, questo messaggio non mi sorprende più di tanto. È passato un po' di tempo e, durante queste settimane, Leya mi è sempre stata fra i piedi, che fosse al parco fuori scuola, a casa mia con qualche disegno per Brooklyn o al centro commerciale. Mi son rassegnata ad accettare la sua presenza non poi così fastidiosa: non mi dispiace trascorrere del tempo con lei mentre disegna, gradisco un poco meno le nostre conversazioni. I nostri caratteri sono così differenti, lei è solare ed estroversa ed io sono tutta il contrario.

- Bella!

Risponderò più tardi, decido, abbandonando il cellulare sulla scrivania e uscendo dalla mia camera per andare a cercare la mamma. È in salotto, con in braccio Brooklyn e, compostamente seduta ai suoi piedi, Yuuhi. Ecco dove si era cacciata.

- Sì?

- Mi ha chiamata Crystal, stasera danno una grande festa per un evento speciale e ci hanno invitati. Vieni anche tu?

- Che evento? - chiedo, mentre la mia mente corre subito al pensiero che vedrò Akira.

- Riguarda lo zio Adam e Paul - risponde con un gran sorriso. È molto affezionata al suo capo. Non ricordo un granché di lui, rammento che mi leggeva delle storie mentre mia madre lavorava e, quando erano troppo difficili, inventava intere parti. Crescendo, era nella sua libreria che venivano appesi i miei disegni infantili e sempre nella sua libreria facevo i compiti dopo scuola, aspettando che la mamma terminasse il lavoro. Quando arrivavo, Paul mi portava ogni volta la cioccolata calda mentre lui beveva il tè. Era un tipo strano, perennemente triste, e sembrava non saper esprimere la gentilezza che invece era impressa nei suoi gesti.

- Oh - commento. Il mio cervello lavora a pieno regime.

Vedrò Akira!

- Se non vuoi venire, tesoro... - inizia la mamma. Scuoto rapidamente il capo.

Basta con questo amore tossico.

- Di' agli altri che mi dispiace, mamma, ma ho già un impegno, stasera.

- Un impegno? Con chi? E perché me lo dici solo ora?

Alzo brevemente lo sguardo al soffitto, sbuffando ed arrossendo.

- Con Leya, mamma. Mi ha invitata a passare questa serata con lei e, be', me l'ha domandato poco fa.

- Quindi... - inarca un sopracciglio, esibendo un sorrisetto. - Se io e papà non ti diamo il permesso, devi venire con noi...

- Mamma, per favore...

Si avvicina e mi bacia la fronte.

- E va bene, ma non fare tardi. Non dopo mezzanotte - acconsente, accarezzandomi dolcemente i capelli. Brooklyn tenta di aggrapparsi alla mia maglietta, però io mi scosto.

- Grazie! Non farò tardi, promesso - la rassicuro, tornando nella mia stanza. È solo per distrarmi, cerco di auto-convincermi, per non pensare ad Akira.

Afferro il cellulare e poi, non so nemmeno io perché, al posto di rispondere al messaggio premo il simbolo della cornetta.

- Bella? - risponde immediatamente, sorpresa. Ha una bella voce, mi ricorda quella di qualcuno, ma non saprei dire chi.

- Ciao - mormoro, grattandomi il capo.

- A proposito di stasera...

- Accetto.

- E-eh? Oh, davvero? Ne sono felice.

- O-okay... quindi...

- È... è un problema se mi presento a casa tua alle sette? Mi piacerebbe offrirti la cena... una pizza o... quello che vuoi...

- Va bene... - rispondo docilmente, calcolando in fretta quante ore di distrazione questa uscita mi offrirà. Cinque. - Devo solo tornare a casa non più tardi di mezzanotte.

- Lo terrò a mente - replica sommessamente. Immagino stia sorridendo. - Ciao, Bella. A stasera.

- Ciao, Leya - bisbiglio, non so perché. La sento respirare profondamente prima che attacchi. Sospiro. Spero di non aver commesso un errore ad accettare.

~~~

Leya's point of view

- Leya? - la testa di mio fratello fa capolino nella stanza e la sua voce divertita mi solletica le orecchie. - Sorellina, ma come ti sei vestita?

Gemo, passandomi una mano fra i capelli.

- Non va bene? - chiedo, ansiosa. Lui osserva la mia maglietta giallo limone e i miei jeans a metà tra il blu mare e il blu notte e ridacchia.

- Ma che facevi mentre stavi nell'armadio?* - scherza, smettendo di restare sulla porta ed entrando. - Se vuoi far colpo su Bella... ci riuscirai di sicuro, sei sgargiante! Sembri il pesciolino Dory...

Un pallido ricordo si fa largo nella mia mente riguardo a colori e... non solo.

'Nella casa regna il silenzio. Io mi chiudo lentamente la porta alle spalle, corrucciata, prima di avviarmi a grandi passi per il corridoio.

- Ciao, Leya - dice Dragan, senza voltarsi. Sta dipingendo il muro dello stesso colore di cui ha dipinto il soffitto, blu notte, e ha gli abiti e i capelli sporchi di pittura.

- Ciao - borbotto, afferrando un pennello abbandonato nel secchio della pittura e iniziando ad aiutarlo. Mia madre si arrabbierà da matti quando vedrà la mia felpa color crema e i miei jeans chiari decorati di blu, ma tanto ho già litigato con lei, con papà e i miei compagni di classe poco fa.

- Leya? Cosa c'è?

- Niente - dico fra i denti, continuando a passar pennellate sulla parete con rabbia. Dragan mi osserva, muovendo il proprio pennello con delicatezza, come faccio io quando sto lavorando a un disegno che mi sta venendo particolarmente bene.

- Che tipo di niente?

- Perché... perché... - sbatto un pugno contro il muro dov'è ancora bianco, lasciando cadere il pennello. Mi giro e i nostri occhi s'incontrano, i miei azzurri nei suoi scuri come la liquirizia. - Perché non posso essere me stessa?

Lui sospira piano, appoggia il pennello a terra e mi si avvicina.

- Vieni qui - dice dolcemente, allargando le braccia. Mi rifugio contro il suo petto; mi cinge la schiena in un abbraccio affettuoso e le sue labbra si posano sui miei capelli.

- Io... io... a me...

- Lo sapevo già - mormora pacatamente.

- Come?

- Lo sapevo e basta. Sono dieci anni che mi stai fra i piedi, Leya.

- E ti dispiace? - domando, non riuscendo a trattenermi dal provocarlo.

- Shh. Lo so che non te l'ho mai detto, ma ti voglio bene e, se questa porta è sempre aperta, un motivo ci sarà.

- Lo so... ti voglio bene anch'io, Dragan.

Mi scosta per baciarmi la fronte.

- L'amore, in ogni sua forma, è una cosa bellissima. L'amore ci fa sentire vivi. Non rinunciarvi mai, Leya, per nessun motivo. Potresti pentirti. Come me.'

Mio fratello mi aiuta a cambiarmi, mi dà una mano con i capelli e poi ci mettiamo lo smalto a vicenda. Ha delle belle mani, delicate, dalle dita lunghe e sottili, da pianista. Dragan le ha uguali.

- Mikhail... come fai ad avere un così buon gusto?

Lui sorride timidamente, spostando lo sguardo da me alle sue unghie ora nere e verdi.

- Dev'essere il mio lato femminile... e poi, sai, mio padre lavorava in un negozio di vestiti molto chic...

Si scosta una ciocca argentea dal viso con una mano e io deglutisco. Questo sarebbe il momento giusto per dirglielo, ma...

- Sei nervosa per stasera? Sorellina, andrà tutto bene.

- Lo spero - mugugno, non trovando il coraggio di sollevare l'argomento. Mikhail mi accarezza gentilmente i capelli che con tanta cura mi ha spazzolato.

- Ti voglio bene, Leya - sussurra, baciandomi il capo. Per un attimo mi sembra di risentire Dragan. - Tra non molto dovrebbe arrivare Liam. Vado ad aspettarlo fuori.

~~~

- Ciao, Bella - dico, deglutendo, quando lei apre la porta. Alle sue spalle c'è sua madre e al suo fianco Yuuhi.

Di ragazze attraenti ce ne sono in giro una miriade, ma Bella è uno schianto e lo è senza fare alcuno sforzo: indossa una maglietta nera con la stampa di un lupo che ulula alla luna, un paio di jeans blu e delle Converse basse del medesimo colore della t-shirt.

D'improvviso mi sento eccessivamente femminile, lei è così casual e io ho una maglietta a fiori che recita 'Hey, Sunshine', delle rose sui pantaloni e le Converse alte e fiorite.

Ma che importa, mi rimbrotto mentalmente, è un appuntamento, mica una sfilata di moda!

Un appuntamento...

- Ciao, Leya - replica, soppesandomi rapidamente. - La tua puntualità è impressionante.

Si rivolge a sua madre, mentre io borbotto un 'eh già' imbarazzato.

- Io vado, mamma. Saluta tutti da parte mia, fa' le congratulazioni agli zii e dai la buonanotte a Brook, se tornate prima di me, grazie.

- Qualcos'altro? - chiede lei, lanciandomi un'occhiata indulgente e divertita. Sua figlia non si scompone neanche a fare un sorriso e accarezza dolcemente il cane.

- Mi raccomando, tieni d'occhio Yuuhi. È tutto. Ciao, mamma - la bacia sulla guancia ed esce.

- Ciao, Bella. Non fare tardi, tesoro, e soprattutto divertitevi, ragazze! Te la affido, Leya - esclama, facendomi l'occhiolino. Bella alza gli occhi al cielo.

Camminiamo in silenzio per le strade semi-deserte. Lei guarda avanti, a testa alta, e non posso fare a meno di chiedermi a cosa stia pensando; io invece non ho occhi che per lei e la sua mano sfiora così spesso la mia che d'impulso la afferro.

- Leya... - mormora con disapprovazione, rifilandomi un'occhiataccia. Avvampo.

- S-scusa...

Ma non la lascio andare e Bella non si divincola. Sembra di stare in un sogno, mi ritrovo a pensare.

Ceniamo in un ristorante con vista mare, discorrendo di tutto e di niente, questioni futili come importanti.

- Presto ripartirò, ed è un vero peccato.

- Ti piace così tanto, l'Australia?

- Anche... - mormoro, mordendomi la lingua per non aggiungere: mi piaci tu, un sacco. - Mi dispiace lasciare mio fratello dopo averlo appena ritrovato... e lasciare tutte le persone care che ho conosciuto.

Le lancio uno sguardo eloquente, facendola avvampare. Finito di mangiare pago per entrambe, dopodiché andiamo in spiaggia. Stavolta non le prendo la mano, non voglio forzare le cose.

Non c'è la luna, ma il cielo è sereno e luminoso e il mare calmo. Non saprei dire se siano più spettacolari le stelle o Bella.

Devo smetterla di guardarla.

Anche perché lei osserva la volta celeste e, di tanto in tanto, sbircia il cellulare come per controllare l'ora o se ha un messaggio.

Un messaggio di Akira, probabilmente.

- Mio fratello aveva ragione, è proprio una serata meravigliosa - commento. Bella annuisce distrattamente, distogliendo di botto lo sguardo e fissando la sabbia di fianco a sé mentre si massaggia il collo. - Bella?

- H-hm?

- C'è qualcosa che non va? Stai bene? Hai freddo? Vuoi tornare a casa? Possiamo andare da mio fratello, se non vuoi, lui sarà impegnato ma...

- N-non è niente - farfuglia a bassa voce, strofinandosi gli occhi con un polso.

- Bella?

- N-non voglio rovinarti la s-serata, Leya - dice, e la voce le si incrina. L'afferro per una spalla, costringendola a voltarsi, ed incontro il suo volto rigato di lacrime.

- Bella...

Fa per alzarsi, però la mia presa sulla sua spalla è salda abbastanza da trattenerla.

- Lasciami!

- No! - esclamo, alzandomi a mia volta e allungando disperatamente le braccia per impedirle di andarsene. Ruzzoliamo di nuovo a sedere sulla sabbia e lei singhiozza contro il mio petto, senza opporre resistenza al mio abbraccio.

Le accarezzo dolcemente i capelli castani, non sapendo se me ne ricapiterà l'occasione. Non so perché stia piangendo e non le chiederò il motivo: a volte un abbraccio è tutto ciò che serve.

E lei piange disperatamente, stringendo la mia maglietta come se fosse un'ancora di salvezza, scossa ogni tanto da brividi e singhiozzi.

Dolore.

- Shh, Bella... - mormoro, azzardandomi a posare le labbra sulla sua testa. Si allontana giusto per asciugarsi il viso, prima di singhiozzare rumorosamente e affondare nuovamente il volto nella mia spalla.

In sottofondo lo sciabordio delle onde è rilassante e una brezza leggera si alza ad incresparle e a giocare con i nostri capelli. È una situazione irreale...

Abbasso lentamente il capo, esprimendo un desiderio anche se non ci sono stelle cadenti.

Con dolcezza asciugo le lacrime di Bella e appoggio la fronte alla sua, socchiudendo le labbra perché, d'un tratto, mi pare di non riuscire più a respirare.

Voglio baciarla... voglio che capisca che io la amo, io posso essere la sua persona speciale, non deve più cercare, ci sono io, non deve più pensare a nessun altro.

Premo ulteriormente la fronte contro la sua e i nostri nasi si sfiorano. Pochi centimetri separano le nostre bocche. Il mio cuore sta esplodendo come un fuoco d'artificio.

- Non farlo - farfuglia, come un animale selvatico spaventato da una carezza. - Non farlo, Leya, ti prego.

La mia mano si concede un'ultima sosta fra i suoi capelli. Non lo farò. Non la bacerò. Non posso forzarla così, non in questo momento. Le bacio la fronte, scostandole i capelli da essi, e mi alzo, tendendole una mano.

- Torniamo a casa - dico sommessamente.

- Io... mi... m-mi dispiace.

- Non fa niente - ribatto, abbozzando un sorriso perché ha afferrato la mia mano e si è tirata su, senza lasciarla andare.

La riaccompagno a casa. Tra di noi regna il silenzio e nessuno fa caso a due ragazze che si tengono per mano. È una bella serata, ma ho un peso sul cuore che cerco di dissimulare con un sorriso finto come una Barbie.

I suoi genitori sono già tornati, sono le undici e un quarto. Mentre armeggia con le chiavi io non posso fare a meno di osservare la sua schiena, domandandomi perché mi stia ostinando a corteggiare una ragazza innamorata di qualcun altro.

- Sono tornata! - la sento annunciare e distrattamente la seguo con gli occhi mentre abbraccia Yuuhi, però la mia mente è altrove. Si volta. - Ehm... ciao, Leya... buonanotte.

Per un lunghissimo istante la fisso e in viso devo avere un'espressione ambigua, poiché lei sembra esser ancor più a disagio. Mi riscuoto.

- Ciao, Bella - mormoro, indietreggiando. Mi duole il petto dal desiderio di attirarla a me e darle un bacio della buonanotte ma, come mi ripeto, non posso.

- Ciao, Leya... - ripete, chiudendo lentamente la porta.

Andrà meglio la prossima volta, non fa niente... non fa niente.

Allora se non fa niente, perché mi sento così male?, m'interrogo, mentre un brivido di un'emozione spiacevole mi percorre tutto il corpo.

È meglio che torni a casa anch'io...

-

Note dell'autrice:
buon pomeriggio, pasticcini belli, e ancora tanti auguri al mio raggio di sole. Un altro regaluccio ma in ritardo. Per il resto... mi mancate, ma ho una sorpresa natalizia per voi. È un brutto periodo per me, però spero di portarvi un po' di felicità. Un abbraccio

*si riferisce al coming out (coming out of the closet)
   
 
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