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Autore: alessandroago_94    28/11/2016    10 recensioni
Antonio Giacomelli è un ragazzo molto timido e introverso, a cui piace trascorrere i pomeriggi suonando il pianoforte. Vive una vita assolutamente normale fintanto che viene a contatto con una famiglia, la famiglia Arriga. E da quel fatidico momento, da quando ha modo di incontrarsi per la prima volta e di scontrarsi con uno dei suoi tre componenti, la sua vita cambierà per sempre, poiché sarà proprio quella stessa famiglia Arriga, assieme ai pesanti segreti che porta con sé, a sconvolgere e a cambiare la sua esistenza, tra immensi drammi e gioie inaspettate.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 36

CAPITOLO 36

 

 

 

 

 

 

‘’Tu non ci andrai.

‘’Mi meraviglio di te, Antonio, ad andarti a impelagare con quella gente lì! Non ne hai avuto a sufficienza di tuo padre?! Guarda come si è comportato nei nostri confronti, quell’infame. Non hai visto la sua prepotenza? E tu ora vuoi correre tra le braccia di quelle persone che sono come lui, hanno il suo stesso sangue… sul volto si mettono una maschera impeccabile, e poi ti accoltellano da dietro!

‘’Ho sbagliato con te, non dovevo permetterti di gironzolare così tanto ultimamente, senza controllare i tuoi spostamenti’’.

Mia madre, dopo che avevo deciso di vuotare il sacco sulla mia casuale scoperta dei miei parenti paterni, era come se fosse diventata pazza, e si stava sfogando con tutta sé stessa.

Io avevo atteso la sera di quel giorno nevoso per parlargliene, quando Roberto era uscito in giardino a fumarsi una sigaretta e ci aveva lasciato momentaneamente soli, prendendo la palla al balzo. La mamma mi stava facendo la paternale, e anche se era rimasta ad ascoltare tutta la vicenda riguardante me e i parenti, fin dagli albori e dal primo contatto, avevo avuto come la netta impressione che non mi stesse affatto credendo.

Lei mi parlava con astio represso per anni, e con un’enfasi tipica della rabbia, ma i suoi occhi mi fulminavano. Non credeva assolutamente che io avessi avuto l’occasione di aver preso contatto con Melissa e i familiari di mio padre in quel modo così innocente e casuale come le avevo spiegato, ma in quegli istanti era follemente convinta che io fossi andato a cercarli, quasi ad elemosinare la loro attenzione.

Il fatto che Melissa, tramite quel messaggio che mi aveva mandato durante il pomeriggio, mi avesse invitato a festeggiare il Natale a casa loro, mi aveva impedito di continuare a tenere nascoste le mie frequentazioni e di raccontare tutto al mio unico genitore rimastomi, prima che essa avesse potuto scoprirlo da sola.

La ragazza, la mia coetanea cugina, mi aveva detto di non aver detto niente sulla mia reale identità con i suoi familiari, però le avrebbe fatto tanto piacere avermi al loro tavolo durante il pranzo di Natale, a cui ormai mancava solo una settimana scarsa, se non avessi avuto altri impegni in famiglia.

Ma la verità era che, me ne stavo accorgendo solo in quel momento, io di famiglie non ne avevo proprio.

Avevo passato ogni Santo Natale in estrema solitudine, pranzando con mia madre, e nonostante lei si sforzasse tanto per prepararmi buoni manicaretti e rivolgermi qualche attenzione in più, dopo la continua assenza che la caratterizzava per tutto l’anno, restava un giorno buio e cupo, nel quale dalle altre case potevo udire la felicità dei miei vicini, che ridevano e passavano assieme quella festività riunendo le loro famiglie sotto lo stesso tetto, e potevo percepire l’amore, o almeno l’apparenza di esso, che si manifestava un po’ dappertutto.

Fintanto che c’erano stati anche i nonni, non c’era stato malaccio, ma da quando io e mia madre eravamo rimasti soli al mondo, tutto era diventato così deprimente da spingermi ad odiare il Natale. Mi chiedevo perché io ero diverso dagli altri, mi domandavo perché nelle altre abitazioni tutti in quel giorno si scambiavano auguri e attenzioni, mentre invece in casa mia regnava una freddezza quasi da obitorio, una noia che durante quel giorno si rendeva evidente talmente tanto da farmi sentire un marziano.

Col passare di qualche annetto, ho poi compreso che ciò accadeva perché in fondo di me e di mia madre non importava davvero a nessuno. Era come se fossimo solo persone in più, solo numeri e una sequenza di lettere, e nient’altro.

Della nostra umana vita non se ne fregava nessuno.

In quegli attimi colmi di acuti ricordi mi venne da provare un pizzico di rabbia profonda, non rivolta verso mia madre, bensì verso Melissa stessa, e quelle oche delle sue cugine. Se a lei e alla sua famiglia fosse importato qualcosa di noi, avrebbe potuto cercarci prima, oppure compiere un qualsiasi passo avanti, e non aspettare che fosse il caso a spianare la strada.

Ero certo che pure a lei non fosse mai importato nulla di me fino al nostro casuale incontro, e che non si fosse neppure mai chiesta se fossi vivo o meno, pur essendo a conoscenza della mia esistenza.

Per una frazione di secondo fui in procinto di afferrare il mio cellulare e di rispondere a quel gentile messaggio con un altro un po’ meno gentile e più freddo e distaccato. Mi sembrava giusto farlo, come se così facendo avessi potuto rivolgere una piccola ripicca a chi di me si era proprio disinteressato da sempre.

Poi, però, rinsavii in fretta, riconoscendo che comunque stavo ragionando da vero egoista. Melissa mi era sempre sembrata una ragazza gentile e a posto con la testa, così come anche il nonno. Mi stavo quindi facendo influenzare troppo dalle parole rancorose di mia madre, e dal ricordo che avevo di mio padre.

La mamma era una donna ferita nell’orgoglio e nell’animo, e come tale stava parlando, senza essere troppo razionale e trasportata solo dalle sue emozioni travolgenti, e mio padre era semplicemente un uomo strano, diverso, e non era di certo la fotocopia di suo padre o delle mie cugine. Io le avevo conosciute, al contrario di mia madre, che stava parlando attaccandosi solo ad alcune sue idee e a pregiudizi infondati, ed ero certo che non fossero assolutamente così come voleva cercare di dipingermele lei.

Sospirando, quindi, riconobbi che quella volta la scelta doveva essere tutta mia. Si trattava di una scelta importante per me, anche se qualcuno estraneo alla vicenda avrebbe potuto crederlo solo marginalmente, ed avrei dovuto decidere con la mia testa e seguendo il mio cuore, punto.

‘’Mamma, stai facendo un gran caos per niente. Ti giuro che quelle ragazze le ho conosciute di persona, così come mio nonno, e non sono come mio padre… riguardo all’invito, deciderò nei prossimi giorni se accettarlo o no’’, dissi a mia madre, dopo aver riflettuto un po’ e cercando di mostrare un briciolo di motivazione.

Ma Maria non aveva alcuna intenzione di credermi; era davvero troppo agitata ed emozionata. Avevo come la vaga sensazione che non si sarebbe mai attesa che quel momento potesse giungere tanto presto, e forse credeva che non sarebbe giunto mai.

‘’Ti rendi conto di come stai parlando? Hai chiamato mio nonno una persona che non si è mai importata di te! Un vecchio balordo che ha coperto il figlio a suo tempo, e che non ti ha mai e poi mai cercato né voluto vedere!

‘’Ma tu accetta questo invito, sono io a questo punto a spingerti ad accettare e ad andare là. Così, finalmente, potrai aprirti gli occhi! Perché quelli non ti hanno invitato per nulla. Quando sarai lì, ne approfitteranno del momento opportuno per svelare la tua identità, dato che mi hai detto che solo una di loro sa, e per darti un calcio nel sedere e sbatterti fuori. Resterai ferito, e quello che accadrà ti segnerà per tutta la vita, ma almeno non potrai dirmi che sono stata io a privarti di un’opportunità così importante per te. Accetta, dai’’, replicò mia madre, quasi sibilando.

‘’Mamma…’’, tentai di dire, troppo scosso dal comportamento anomalo del mio genitore.

‘’Credevo di averti cresciuto nel miglior modo possibile, e che il caso ti avesse preservato dal dolore di avere a che fare con certa gente… ed invece, ecco la scoperta. Vai, vai da loro, dalla tua nuova e ritrovata famiglia’’, sussurrò mia madre molto amaramente, per poi quasi scoppiare a piangere.

Ad un tratto mi fu tutto più chiaro, e compresi un altro motivo che la stava spingendo a comportarsi così; la paura di restare sola.

Lei aveva solo me, poteva contare solo su di me al mondo, non aveva più nessun altro, e il timore che io potessi restare ferito da qualche incontro oppure allontanarmi da lì la spaventava, lasciandola effettivamente e totalmente immersa nella sua solitudine, in quel mondo fatto ormai solo di fantasmi. Fantasmi di un amore adolescenziale che l’aveva portata a perdere i suoi sogni, mandandoli in frantumi, fantasmi dei suoi genitori ormai defunti da anni, eppure ancora in grado di rispecchiarsi nei miseri oggetti che erano posizionati ovunque nella nostra dimora, e fantasmi di ricordi lontani e dalla parvenza felici.

In quel momento compresi appieno mia madre e presi subito la decisione definitiva, in modo rapidissimo.

La mamma mi aveva voluto bene, aveva accantonato i suoi sogni per me, aveva risparmiato sui suoi beni necessari per sfamarmi, si spaccava da quasi vent’anni la schiena per otto ore al giorno solo per me, e il tutto senza sosta. Giustamente, non mi aveva mai chiesto nulla in cambio dei suoi immensi sacrifici, ma capivo che quello era il momento mio di fare un sacrificio per lei. D’altronde, quello forse era solo un mio capriccio.

‘’Mamma, smettila di disperarti e di fare così. Non ci andrò, questa sera scrivo a Melissa per dirle che non mi aspetti, e che ho altri progetti per il Natale’’, replicai, non appena la donna mi diede modo di parlare.

Mi attesi che lei smettesse di disperarsi, e che fosse felice di aver udito quelle mie parole, ma mi resi conto fin da subito che non era così. Infatti, la mamma sembrò rabbuiarsi ancora di più, per poi scuotere la testa con un cenno d’insicuro diniego e darmi le spalle, uscendo nel corridoio e lasciandomi solo.

Mi morsi il labbro inferiore con rabbia, non capendo cosa avessi sbagliato, ma sapevo che tutto, sul momento, pareva sempre più difficile da capire e da comprendere a fondo e con attenzione. I sentimenti dentro di me erano in subbuglio e non potevo venire in contatto con la mia parte più razionale, quindi decisi mestamente di prepararmi una tisana calda e di restare lì in cucina, a rimuginare e a tentare di calmarmi interiormente.

Avevo sempre avuto il timore di fare quella rivelazione, e a quanto pareva non mi ero affatto sbagliato nella previsione.

 

A venire a risvegliare la mia razionalità fu Roberto, come al solito.

Non so il perché, ma pare che quell’uomo sia sincronizzato col mio animo, ed ogni volta che ho avuto bisogno di un sospiro filosofico e ragionevole, lui è sempre comparso quasi all’improvviso, e devo ammettere che ciò accade tutt’ora, e quasi per magia. Forse, da quando l’ho incontrato per la prima volta, è diventato il mio angelo custode.

L’uomo fece il suo ingresso in cucina poco dopo quella sorta di fuga di mia madre, e lì per lì manco avevo capito cosa l’avesse portata a compiere quella scelta invece di continuare a stare con me a parlare decentemente della vicenda, visto che finalmente mi ero deciso a vuotare il sacco.

Roberto si diresse a passi stanchi verso di me, strisciando con forza le mani sui vestiti che sul ventre si erano spiegazzati, per il fatto che poco prima era stato fuori ed aveva indossato quel suo solito giubbotto che pareva andargli un po’ stretto, e si accomodò su una sedia. Io restai impassibile, mentre mettevo sui fornelli un tegamino con un po’ d’acqua.

‘’Ti va un po’ di tè?’’, gli chiesi dopo qualche attimo di silenzio, cortesemente.

L’uomo mi rivolse uno sguardo provato ed annuì, restando sempre in silenzio. Aggiunsi un po’ d’acqua a quella che stavo già scaldando.

‘’E’ dura la verità, eh?’’, m’interpellò all’improvviso, rompendo il silenzio che ci sovrastava. Nel frattempo, l’unico rumore che le mie orecchie potevano udire era proprio quello delle fiamme del fornello del gas, che parevano flagellare l’acciaio del tegamino.

‘’Sì, direi proprio di sì. Ed il bello è che è sempre dura da accettare, in ogni caso…’’, mormorai, continuando a stare sulle mie.

‘’Anche tu sei nei guai con tua madre… per una cosa un po’ futile. Mi dispiace che se la sia presa così, quando ne ha avuto la conferma’’.

‘’La… conferma di cosa?!’’, dissi, risvegliando improvvisamente i miei sensi e non capendo.

‘’Che avevi avuto modo di conoscere e di frequentare la famiglia di tuo padre’’.

Una sola frase, schiacciante e sconvolgente.

‘’Lei… lei non lo sapeva’’, mormorai, sbalordito. Ero frastornato, sul serio.

‘’Un genitore le sa certe cose. Più o meno un mesetto fa le hai chiesto il nome del fratello di tuo padre, ed hai iniziato ad indagare… poi non hai lasciato trapelare più nulla, ed hai cominciato a prendere il treno. Per andare dove, poi? Ma a Bologna, dai tuoi parenti. Su questo, tua madre non aveva dubbi. Però, in cuor suo sperava che non fosse così, che il suo fosse solo una di quelle certezze destinate ad essere sfatate. Ma non avevi altre motivazioni logiche, secondo lei, per andare fin là’’.

‘’Ma tu queste cose come fai a saperle?!’’, dissi, ancora sorpreso da quelle parole.

‘’Maria mi parla spesso di te. Ultimamente capita che ci siamo trovati in casa assieme, tutti soli… e di cosa vuoi che parli, una madre preoccupata? Ma di suo figlio, ovvio’’, mi rispose l’uomo, sorridendomi bonariamente.

‘’Per fortuna non mi avete fatto pedinare. Oppure mia madre ha pagato qualcuno per farlo, ma voglio sperare che non sia giunta a questo punto. Però, devo riconoscere che, in ogni caso, è una brava detective’’, risposi, scrollando la testa. Effettivamente, avevo lasciato dietro di me tanti piccoli indizi, e la mamma li aveva saputi cogliere, confermando la certezza che non fosse affatto una stupida.

‘’Sono brave persone, almeno, o è come sospetta lei?’’, chiese poi Roberto, un po’ titubante.

Era di certo curioso, e questa sua curiosità per un attimo m’infastidì, ma quando mi volsi a guardarlo mi venne quasi da sorridere, riconoscendo che non lo faceva per farsi gli affari miei, ma semplicemente perché era fatto così. Doveva preoccuparsi per tutti quelli che lo circondavano.

‘’Potete stare tranquilli, sono persone a posto, o almeno così mi è parso’’, risposi, con sincerità e dicendo la verità.

‘’Non è solo questione di questo, Antonio… è questione di scelte. Guarda me e tua madre, ora; due adulti frustrati, emarginati dalla realtà e dalla società. Ciò è accaduto in seguito ad alcune nostre scelte, anche se in questo caso molto diverse dalle tue, ma volevo solo sottolinearti, in questo momento, che ogni volta che compirai un passo in questo mondo dovrai stare attento. Non ti consiglio di farti delle fobie, figurati, ma solo di prestare attenzione a tutto e a tutti, quando necessario, e di non comportarti in modo ingenuo o superficiale.

‘’Noi siamo due persone adulte, che vedendo in te un ragazzo così giovane e retto, ma anche così fragile a volte, e desideriamo solo che tu apra gli occhi e che cammini consciamente per la tua strada, stando attento ai sassolini o ai massi che incontrerai. Stai sempre con gli occhi ben aperti’’, disse il mio interlocutore, premurosamente.

Scossi nuovamente il capo.

‘’Non penso di aver commesso così tante scemenze, fino ad ora, per meritarmi una sorta di paternale di questo genere…’’.

‘’No, allora non hai capito. Il mio era solo un consiglio, che sarà per sempre valido, e non solo in questo frangente o a riguardo di ciò che hai già fatto.

‘’Ricorda una cosa; come ti ho detto la sera scorsa, la vita è un gioco, e in virtù di ciò va giocata. Ogni scelta, ogni incontro, ogni giorno, ogni ora è come se fosse una grande, lunga ed avvincente partita, in cui si deve cercare di far bene la propria parte. Ma, come in ogni gioco, non importa solo la bravura e la sicurezza con cui affronti tutto, a volte serve anche un pizzico di fortuna e di raziocinio.

‘’Non esistono vincitori o perdenti, alla fine di tutto, ma l’importante è solo tenersi stretto il magico dono che è la vita stessa, e stare sempre con gli occhi aperti. Anche quelli della mente’’.

E così dicendo, Roberto s’interruppe.

Rivolgendogli un altro sguardo, lo vidi smarrito e sofferente, e molto probabilmente era ancora ferito per poco prima, ed io stesso non riuscivo neppure a ricordare ciò che ci aveva narrato nell’oretta precedente senza avere un brivido di panico. Quella era stata una giornata davvero molto difficile per tutti.

Per fortuna, il tè era pronto. Lo servii con attenzione, ma né io né l’uomo tentammo di intavolare un altro discorso, troppo persi nei nostri pensieri per poter cercare di aggiungere altro a parole.

 

Pranzammo tutti in silenzio, sempre assorti nei nostri pensieri. Pareva che le rivelazioni e gli eventi di quel lungo giorno avessero lasciato un segno indelebile su di noi, rendendoci chiusi e statici in un modo anormale.

Io, da parte mia, non avevo il coraggio di tornare a parlare con la mia provata e scarmigliata madre, che, nonostante tutto, si era impegnata ed aveva cucinato un buon pranzetto, anche se meno elaborato dei precedenti. Roberto, poveretto, non aveva altro da dire, e quindi restammo in risoluto silenzio fino alla fine del pasto, quando l’uomo prontamente si ritirò in camera ed io ne approfittai per svignarmela e per tornare nella mia saletta, da poco riconquistata.

Entrare al suo interno mi faceva un certo effetto; l’aria aveva ancora quello strano odore di chiuso e di viziato che aveva regnato ovunque fintanto che mio padre era restato a casa nostra, e mi pareva che tutto ancora risuonasse delle sue parole, e di quelle di Federico, quando lì dentro mi aveva preso per il collo e mi aveva fatto male, un paio di mesi prima.

Mi sembrava che ancora tutte quelle vicende si stessero svolgendo all’interno di quelle quattro mura, in altre realtà parallele, poiché ciò che stavo ricordando mi riportava alla mente un’infinità di ricordi, tutti spiacevolmente collegati tra loro.

Non mi mossi subito verso il mio pianoforte, impolverato e richiedente di pulizie e di cure, ma mi diressi dapprima verso la poltroncina di mio padre, che da un lato della stanza pareva fissarmi con astio, quasi come se fosse stata felice di ospitare per tante ore sopra di essa quell’uomo losco che non sopportavo. Non so il perché, ma mi avvicinai a quell’oggetto con infinita lentezza, e forse per un attimo fui tentato di sedermi lì, ma non lo feci, ovviamente.

Però, quando stavo per tornare sui miei passi, qualcosa attirò la mia attenzione.

Infatti, a terra e leggermente sporgente da sotto la poltroncina, faceva capolino una parte di un segnalibro. Mi affrettai a recuperarlo, e, con un tuffo al cuore, lo riconobbi; si trattava di quel segnalibro verdognolo che mio padre portava sempre con sé, e che utilizzava per tenere il segno in tutto ciò che leggeva. Riconobbi che doveva essergli scivolato e caduto, e nella fretta notturna di sistemare le sue poche cose doveva averlo dimenticato.

Sfiorai quell’oggetto che il mio genitore aveva tenuto un’infinità di volte tra le sue grandi e forti mani, e che doveva aver vissuto con lui tante avventure letterarie e non, seguendolo anche sul suo posto di lavoro e nei momenti di relax a casa.

Quel segnalibro aveva conosciuto meglio di me mio padre, e per un momento i miei occhi si offuscarono bruscamente. Mi veniva da piangere.

Dio solo era a conoscenza di quanto avrei voluto avere la possibilità di conoscerlo meglio, di stare un po’ con lui, ma solo se si fosse comportato in maniera più decente.

Sembrava che i ricordi brucianti di tutto quello che mi aveva fatto sopportare fossero già infinitamente distanti, quando in realtà lo erano solo di meno di dodici ore. Capii che, in fondo, la mia mente aveva già scelto di voltare pagina, e che tutto era concluso, ma che essa non voleva terminare la vicenda con odio e rancore, ma solo con quel retrogusto amarognolo tipico di quelle vicende finite in modo brusco e non chiaro fino in fondo.

Mi resi conto improvvisamente che io avrei voluto essere quel segnalibro, per poter saggiare le lontane attenzioni di un genitore troppo freddo, troppo sbagliato. Ero geloso di un oggetto.

Avrei voluto distruggerlo, in un primo istante, per farne mille pezzettini da gettare fuori dalla finestra, e da lasciar cadere su quel ghiaccio infame che si estendeva dappertutto, ma alla fine non lo feci. Mi limitai ad osservarne per qualche secondo le piccole pieghe che l’usatissimo pezzettino di cartoncino aveva accumulato, leggendone la sbiadita e piccola frase filosofica che gli era stata impressa sopra anni addietro, di cui tra l’altro alcune parole si erano cancellate, e poi lo piegai e me lo misi in tasca.

Decisi improvvisamente che l’avrei tenuto sempre con me. Sapevo che mio padre non sarebbe mai più tornato a riprenderselo, e che forse non l’avrei neppure più rivisto per anni e anni, ed io me lo sarei tenuto stretto.

Quello sarebbe stato per me una sorta di trofeo, in grado di ricordarmi sempre che anche se il nostro rapporto padre-figlio era andato a rotoli, l’odio non aveva vinto all’ultima battuta. Nonostante tutto, non odiavo nel profondo il mio genitore, anche se ne biasimavo tanti suoi atteggiamenti.

Se lui mi avesse odiato, sarebbe stato lui il perdente della vicenda, senza aver compreso il senso della vita, ma ero certo che dall’alto dei suoi sessant’anni avrebbe compreso, anche se il suo animo era in preda al male.

Con un rapido slancio, andai a spalancare i vetri della finestra, facendo subito entrare tanta aria fredda e pura, per ricambiare quella che, all’interno della stanza, sapeva di ricordi amari. Era cominciata una nuova epoca, mentre mio padre e i nemici Livia e Federico dovevano già essere molto distanti da lì, e quella volta per sempre.

Era tutto finito, alla fine. Tutto era venuto a galla e tutto era stato spiegato e motivato.

Mi appoggiai lentamente sul davanzale della finestra, col vago intento di inspirare una boccata di quella tagliente aria gelida, ma quella volta la mia attenzione fu attirata da una persona che si avvicinava a casa mia, e che si accingeva a suonare il campanello. La conoscevo bene, si trattava proprio di Stefania.

Allibito, mi chiesi se fosse stata lei a proseguire l’incubo a cui ero stato sottoposto negli ultimi mesi, ma guardandola attentamente compresi che no, non sarebbe stata lei. Pareva disperata, mentre con un gesto tremolante si toglieva la sciarpa.

Mia madre l’aprì, e seppur con disappunto, la lasciò entrare, ed udii distintamente i loro passi che si dirigevano verso la cucina, mentre la più giovane delle due rivolgeva parole di scuse e chiedeva solo di essere ascoltata. Maria doveva aver accettato di farlo.

Dopo qualche istante, non resistetti oltre e decisi, con la mia solita e pestifera curiosità, di andare ad ascoltare ciò che aveva da dire la ragazza. Immagino che se qualcuno avesse modo di leggere i miei pensieri, in questo momento, penserebbe di certo che ero stato educato molto male; infatti, ero un portento quando si trattava di cercare di ficcanasare e di origliare di nascosto.

In realtà mi è sempre stato detto di badare agli affari miei, ma a volte pensare solo a quelli mi annoiava assai, e rischiava di mandarmi in cupa paranoia, così finivo sempre a cercare di origliare qualcosina. Però devo riconoscere, a mia discolpa, che tuttavia non facevo nulla di male, e in fondo quelle conversazioni che avevo origliato trattavano pur sempre di vicende che coinvolgevano me, direttamente o indirettamente, proprio come quella volta che mi sto accingendo a rimembrare con attenzione.

Infatti, mi mossi verso la cucina, raggiungendone la prossimità della porta dopo solo quattro passi, e mi misi ad ascoltare la conversazione tra le due donne, che aveva già avuto inizio.

Nessuna delle due, per fortuna, aveva badato al basso tramestio prodotto da me mentre mi avvicinavo mestamente alla porta.

‘’Te l’ho detto, se n’è andato questa notte. Non tornerà mai più qui, e se vorrai cercarlo potrai trovarlo nell’abitazione dove viveva prima di tornare a piombare in questa casa. Penso proprio che sia tornato al suo covo, ne sono quasi certa’’.

Mia madre si stava di certo riferendo a mio padre.

‘’E’ inutile che io continui a cercare di elemosinare da lui, non mi darà mai nulla. Non vuole questo bambino e pensa solo a volermi costringere a fare ciò che mi ordina, ma non sarà così. So che può sembrare maleducato e sfacciato il fatto che io sia venuta a piangere e a chiedere conforto in questa casa, dove vive la sua legittima moglie e il suo primo figlio, ma davvero, io non so più come fare!

‘’Maria, la prego di capirmi. Sono giovanissima ed inesperta, e non ho la più pallida idea di come rivolgermi a qualcuno che possa aiutarmi. I miei genitori, dopo aver scoperto tutta la vicenda, siccome non potevo nasconderla più se volevo ricevere un sostegno completo, non mi vogliono più vedere e mi hanno praticamente sbattuto fuori dalla loro casa. Pensano che io abbia spillato finora dei soldi a loro solo per venire a fare ciò che più mi pareva a Bologna, e a fare la poco di buono con un vecchio pervertito… io sono disperata!

‘’Un’amica non ce l’ho, i soldi da pagare l’affitto del prossimo mese non li ho, un lavoretto non lo si trova manco a inventarselo, l’università va malissimo ed ormai mi ritrovo solo a rimandare gli esami… e il frigorifero dell’appartamento contiene viveri solo per meno di altri quattro giorni. Ma tanto, tra meno di una settimana sarò sfrattata.

‘’A questo punto, non ho una soluzione! O abortisco, dato che sono ancora in tempo, e corro tra le braccia di chi mi ha messo anche le mani addosso, o mi ammazzo. Ma non ucciderò mai la mia creatura, sono disposta solo a morire assieme ad essa, per scappare da questo mondo schifoso’’.

Ero allibito. Ancora quelle parole, in casa mia.

Stefania era scoppiata in un pianto violento, sincero e profondamente disperato, e stavo per mettermi a piangere anch’io. Il suo discorso effettivamente era stato veementemente fortissimo, e d’altro canto se mi fossi trovato io nella sua situazione non avrei proprio saputo che fare.

‘’Io non voglio sentirli mai più questi discorsi, Stefania. Hai ventitré anni se non ricordo male, e non si può parlare così alla tua età’’, disse mia madre, dopo essere stata in silenzio per un po’ di tempo e in modo serio.

La mia amata mamma aveva assolutamente ragione; la sua interlocutrice era una ragazza ormai adulta ma ancora molto giovane, con un’intera vita davanti, ed era una persona onesta che si era comportata in modo un po’ disattento, ma che voleva bene al frutto di quel suo amore non ricambiato.

Un brivido mi trafiggeva dalla testa ai piedi se pensavo che quella creatura minuscola e in formazione era il mio fratellastro, sangue del mio sangue, e per un certo verso non potevo sopportare l’idea che quella vita innocente fosse spazzata via a causa delle stesse persone che l’avevano concepita. Dall’altro però non potevo farci nulla, davvero nulla.

‘’Chiedo scusa se sono venuta qui, per l’ennesima volta, a frignare come una bambina. Non tornerò mai più ad assillarla, e nel frattempo la ringrazio per non avermi cacciata…’’.

Senza concludere la frase, e con imbarazzo, la ragazza si mosse dalla sedia e fece per spostarla ed alzarsi. Però, a bloccarla probabilmente fu mia madre. Anzi, sono certo che fu così.

‘’A me dispiace tantissimo per te. Hai fatto bene a venire qui. Sai quante storie simili alla tua ho avuto modo di conoscere? Tante. Anche la mia lo è. Sergio è un mostro… ma non devi più preoccuparti, perché mi sembri sincera e questa volta ho deciso di aiutarti, basta che tu non me ne faccia pentire di averlo fatto. Ma sono certa che non lo farai’’.

Ero tutt’orecchie. Mi pareva incredibile di aver sentito quelle parole così premurosamente e cortesemente pronunciate. Anche Stefania era rimasta ammutolita, mentre io mi comprimevo ancor di più contro al muro. La porta della cucina era aperta e non avevo difficoltà ad ascoltare tutto, tuttavia avevo il timore di essere scoperto e di interrompere così un momento molto importante per la nostra ospite.

‘’Ho una stanza libera, in questa casa. I miei inquilini se ne sono andati oggi, e non ne troverò di certo fino all’estate prossima. Sono disposta ad ospitarti, quindi, e a darti vitto e alloggio fintanto che le cose non andranno meglio, e miglioreranno, fidati. Nel frattempo, avrai un tetto sicuro sulla testa’’.

‘’Signora! Signora! Lei sta scherzando… io non ho…’’.

‘’Non hai bisogno di nulla. Prima di essere sfrattata, porta qui le tue cose, ma non farlo prima di due giorni, perché quel maiale dell’inquilino che ha usufruito della stanza prima di te ha lasciato tutto a soqquadro, e dovrò risistemare l’ambiente… e non preoccuparti di altro, né di soldi né di disturbo, né di vitto né d’alloggio’’.

‘’Io… io non voglio essere in debito… non so quando potrò risarcire… temo di disturbare…’’.

Stefania era sorpresa ed emozionata quanto me, in quel momento. Giuro che pure io ero commosso di fronte alla bontà e alla generosità della mia mamma.

‘’Non devi preoccuparti assolutamente di nulla, te l’ho appena detto, al massimo se proprio ci tieni ne riparleremo in futuro. Ma nell’immediato mi farebbe piacere darti una mano, e spero che tu accetti questo aiuto che ti porgo proprio con tutto il mio cuore. Voglio davvero aiutarti.

‘’Inoltre, in seguito potremmo anche provare a rivolgerci a qualche avvocato, assieme, e tentare di trovare una qualche soluzione a riguardo di Sergio… io, fino ad ora, non l’ho mai fatto. Ma tu attendi un figlio suo e lui deve prendersi le sue responsabilità; non certo di starti accanto, ma almeno di versarti mensilmente un mantenimento. Non sono un’esperta in vicende legali, ma penso che questa sia la scelta giusta… e poi, vorrei anche cercare di ricontattarlo in qualche modo lecito e legale, senza che sia lui poi a denunciarmi per qualcosa di assurdo, perché penso sia giunta l’ora di divorziare e di lasciarmi finalmente libera…’’.

Avevo sentito abbastanza. Il mio cuore martellava dentro al mio petto, e la dolcezza che stava mostrando mia madre era davvero talmente tanto zuccherosa e calda da far sciogliere ogni mio sentimento.

Dovetti quindi tornare nella mia saletta, silenziosamente, per lasciarmi andare ad un pianto liberatore, ma quella volta assolutamente privo di dolore. Nonostante tutto quello che avevamo passato, mia madre si era dimostrata una donna con la testa sulle spalle e lodevole, e in quel momento di bisogno non si era mai piegata, anzi, cercava soluzioni. Anche lei era maturata un po’ dopo quell’ennesima e lunga serie di disavventure familiari, e mi ero finalmente ritrovato a fianco una persona rinata dalle sue ceneri.

Mamma Maria doveva essere un esempio per me, e la mia gioia di avere una madre così era infinita. La vicenda riguardante Melissa e i parenti era già praticamente dimenticata.

Mentre continuavo a piangere, ringraziavo il Cielo per avermi fatto il dono di avermi fatto nascere da una donna così, e la prova di quel giorno era la dimostrazione che avevo un genitore speciale. Almeno uno dei due lo era, ed immensamente.

 

Quella sera, mentre ero a letto, mia madre entrò nella mia stanza.

Il fascio di luce che colpì il mio volto, proveniente dal corridoio, risvegliò subito i miei sensi, ma lasciai che fosse il mio genitore a fare il suo primo passo avanti.

Ero un po’ stupito, poiché la mamma non si era mai comportata così, e immaginai che avesse qualcosa d’importante da dirmi. Infatti, socchiuse leggermente la porta e si avvicinò al mio letto.

‘’Sei sveglio?’’, sussurrò, mentre si sedeva delicatamente sul bordo del mio giaciglio.

‘’Sì’’, le risposi, nonostante tutto.

‘’Volevo chiederti scusa per come mi sono comportata questa mattina. Tu ormai sei grande ed hai il diritto di scegliere di fare ciò che vuoi. Ad aver parlato è stata la mia materna gelosia, e la paura di vederti ferito, ma se tu che hai conosciuto quelle persone mi dici che non hai nulla da temere, e neppure io, sarò dalla tua parte’’, cominciò a dirmi, sempre a bassa voce.

‘’Capisco’’.

‘’Non voglio che tu diventi un adulto frustrato come lo sono io. Voglio solo il meglio per te, e vorrei proteggerti da ogni urto della vita, ma non posso, non voglio e non devo impedirti di fare le tue esperienze, giustamente. Quindi, davvero, te lo dico col cuore in mano; se tu te la senti, e se lo vuoi, accetta quell’invito. Vacci’’.

Mia madre parlava con sincerità, e in quel momento non era più arrabbiata. La sua voce bassissima e melodica quasi mi cullava.

‘’Non voglio lasciarti sola, mamma. Avevo capito fin dall’inizio le tue intenzioni e perché mi parlavi in quel modo, ma poi mi sono anche reso conto che, durante una festività speciale come il Natale, io ti avrei lasciato sola. Tu non l’hai mai fatto con me, e non vedo perché dovrei farlo io, soprattutto in favore di persone che non hanno nemmeno mai considerato la mia esistenza fino a qualche settimana fa…’’.

‘’Non preoccuparti per me, io non sarò mai sola. Ho sempre il tuo affetto di figlio, a camminare a mio fianco’’, m’interruppe, sorridendomi nella semioscurità.

‘’Va bene mamma, domattina dirò a Melissa che andrò da lei, allora. Però, un po’ mi sento in colpa’’, ammisi.

‘’Non farlo assolutamente, hai tutto il mio sostegno. E ricorda che, anche se delle volte ti sgrido, oppure litighiamo, io non potrei mai volerti male… sei mio figlio ed io ti sarò accanto per sempre. Anche quando avrai cinquanta o sessant’anni, resterai per sempre il mio bambino, e non farò mai nulla contro di te o per impedirti qualcosa con cattiveria’’, aggiunse mia madre, sempre dolcemente.

Non riuscii a rispondere a quelle parole, ed ammetto che ero parecchio emozionato. Preferii quindi starmene in silenzio ad ascoltare.

‘’Bene, discorso chiuso allora. Però, avrei da dirti un'altra cosa…’’, aggiunse la mamma, notando il mio mutismo.

‘’Spara’’.

Immaginai mia madre leggermente divertita, dopo il mio invito molto giovanile ed informale a proseguire.

‘’Ecco… è difficile da spiegare. Oggi pomeriggio, si è presentata alla nostra porta Stefania, la ragazza… quella che è stata la ragazza di tuo padre. Era disperata, mi ha raccontato tante cose molto forti… ed ho deciso di darle ospitalità, poiché dopo che ha litigato con i genitori si trova in grandi difficoltà.

‘’Avevo pensato di metterle a disposizione la stanza lasciata vuota da Federico, dopo che avrò finito di risistemarla per bene. Questa mia scelta… ti disturba?’’, tornò ad interloquirmi, con titubanza. Non mi aveva spiegato la storia nei minimi dettagli, però io la conoscevo ugualmente.

Sorrisi nel buio e mi affrettai a rassicurarla.

‘’No, assolutamente no. E grazie…’’.

‘’Di cosa?’’.

‘’Per la tua umanità. Non è da tutti non essere gelosi come lo sei tu, d’altronde quella è una ragazza che in grembo porta il frutto di tuo marito…’’, dissi, questa volta titubando io, senza sapere come esprimermi per bene.

‘’Non preoccuparti neppure di questo. Sergio non è mio marito e non lo è mai realmente stato, e figurati se io sono gelosa di quella ragazza e del piccolo innocente che porta dentro di sé.

‘’Sergio è stato la mia prima sorta di amore, e l’uomo con cui ho concepito il dono più bello che la vita avesse mai potuto darmi, ovvero un ragazzo sensibile, di buon cuore, sempre gentile. Ma con lui io non ho davvero più nulla da spartire! È solo un estraneo qualsiasi, per il mio cuore’’, aggiunse Maria, quasi facendomi imbarazzare con quelle parole.

La mia mamma di certo mi voleva molto bene, ed io ne volevo molto a lei.

‘’Non c’è nessun problema, mamma. Ora però vorrei dormire… sono stanchissimo’’, le dissi ad un certo punto, cercando di mettere fine a quella serena discussione. Avevo trovato quel dibattito così idilliaco che avevo paura anche solo al pensiero di doverlo continuare, correndo così il rischio di pronunciare qualche parola fuori posto e di fare incrinare tutto quanto.

‘’Certo. Buonanotte, allora’’.

E dopo avermi sfiorato una mano con la sua, caldissima tra l’altro, la donna se ne andò mestamente così come si era presentata.

Ed io, rimasto solo e immerso nel buio completo, non potei far altro che socchiudere le palpebre e sospirare, cercando di addormentarmi mentre mettevo in ordine i miei pensieri e gli eventi di quell’ennesima giornata dalla parvenza infinita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Buongiorno a tutti, e grazie per continuare a seguire questo racconto.

Sono molto affezionato a questo capitolo, e spero che vi sia piaciuto.

Continuo a ringraziare tantissimo tutti i gentilissimi recensori!

Grazie di cuore a tutti e per tutto, e buona giornata! A lunedì prossimo.

   
 
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