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Autore: Sparrowhawk    28/11/2016    1 recensioni
Cosa sarebbe successo, se...?
In un mondo divorato da una guerra lunga cento anni in cui la figura dell'Avatar è diventata mistica, una sola città rimane in piedi per offrire un opponente alla Nazione del Fuoco: da una parte abbiamo Zuko, il giovane ed intraprendente Signore del Fuoco che da solo ha conquistato quasi ogni terra libera; dall'altra abbiamo Toph, Regina della città stato di Ba Sing-Se e temeraria condottiera del proprio esercito. Dopo mesi di stallo, finalmente i due avranno modo di incontrarsi e dal loro confronto si svilupperà la nostra storia.
N.B.: I personaggi e le ambientazioni riportate in questa storia non appartengono a me, ma ai creatori di Avatar - The Last Airbender. Ringrazio la creatrice del fumetto che mi ha ispirato a scrivere questa storia e che mi ha permesso di reinventare il tutto: (deviantart) Minari-hanul
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aang, Katara, Sokka, Toph, Zuko
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Book Two: Fire

Chapter five: Something big



Zuko non si concesse neanche un attimo di riposo quando, tornato a casa dopo un lungo, lunghissimo viaggio a bordo del suo personale dirigibile, aveva rimesso piede sulla sua terra natia. Erano ormai quarantotto ore che non chiudeva occhio, e se anche in cuor suo cominciava a sentire la stanchezza, non poteva davvero porsi un freno. Non adesso, comunque.

- Stando al fronte ho notato che si sta facendo un largo uso dei medicinali e dei prodotti medicanti. – disse, camminando per il corridoio del suo palazzo di gran carriera, seguito a ruota da alcuni consiglieri vecchi ed ingobbiti – Assicuratevi che partano nuove scorte dalla capitale e, per fare prima, anche dalle nostre colonie più vicine a Ba-Sing Se. Non voglio ricevere brutte sorprese per una simile ridicola mancanza…

- Sì, Signore, sarà fatto all’istante.

Girando a destra, le mani strette in due pugni, Zuko si ritrovò di fronte alle ampie porte della sua camera da letto: piano, come a non voler compiere movimenti troppo bruschi, si voltò appena appena verso gli uomini che da tutto il giorno si erano accodati ad ogni suo spostamento. Mostrando un piccolo sorriso ironico, lanciò loro un’occhiata abbastanza chiara.

- Intendo farmi un bagno veloce, prima di scendere di nuovo ed occuparmi del resto. – sussurrò - …a meno che voi tutti non vogliate supervisionare anche questo, vi chiederei di concedermi qualche minuto.

I presenti si rizzarono sull’attenti, bofonchiando alcune scuse confuse prima di decidersi ad assecondare quel suo piccolo desiderio. Zuko li osservò a lungo, seguendo i loro passi con lo sguardo mentre, lentamente, scuoteva il capo: normalmente non si sarebbe mai concesso un simile gioco di parole con i propri consiglieri, tuttavia la tensione era arrivata ad un tale livello che ormai anche le sue più inflessibili regole comportamentali apparivano inique. Voleva solo riposare, dimenticare i problemi e, magari, arrivare ad una soluzione che non dovesse comprendere l’alternativa proposta da Sokka.

Sospirò, entrando nella camera addobbata regalmente, tutta in toni scuri e caldi. Da una parte lanciò il proprio mantello, e sedendosi sul letto si affrettò a togliersi gli stivali dalle rifiniture dorate che ormai aveva indosso da due giorni filati. Aveva le dita dei piedi indolenziti, ridotti peggio di un blocco di cemento.

- La vasca è pronta, vostra grazia.

La voce di una servitrice lo obbligò ad alzarsi in piedi e, una volta rimasto solo, si tolse tutti gli abiti prima di immergersi nell’acqua calda e ristoratrice che gli era stata preparata. Chiuse gli occhi, appoggiando svogliatamente il capo al bordo.

Si sentiva così stanco…

◇♦◇

- Zuko, dovresti davvero riposarti. Dai l’idea di essere molto stanco, nipote.

Il giovane non disse niente e, rifiutandosi ostinatamente di dare ascolto ai saggi consigli dello zio, unico parente rimastogli ancora disposto a stargli accanto, batté i pugni sulla poppa della nave. Il metallo, sotto al suo colpo, risuonò con uno stonatissimo “Sdleng” attutendosi solo dopo alcuni attimi.

- Io non posso riposare, zio! Sono due anni che non torno a casa, due!

Iroh corrugò la fronte, come se le sue parole lo avessero scosso nel profondo e, forse, un po’ era così: Zuko aveva ragione, entrambi non tornavano alla loro terra da ben due lunghi anni, tuttavia lui non si era mai detto del tutto disperato per quel periodo di esilio, anzi. Aveva sempre saputo vedere il lato positivo delle cose, e se anche suo nipote difficilmente poteva riuscirci sapendo quanto suo padre lo disprezzasse, aveva continuato ad infondergli coraggio, nella speranza che un giorno, magari, le cose cambiassero anche per lui.

Quel giorno era arrivato, ma non come si era aspettato.

- Il mio stesso padre mi ha bandito, privandomi del mio onore. Non puoi chiedermi di andare a dormire proprio adesso che sono così vicino a riprendermi ciò che mi appartiene!

- Figliolo, ci sono momenti e luoghi differenti per fare ogni cosa ed è proprio perché non voglio vederti crollare svenuto di fronte a mio fratello, che ti chiedo di andare a chiudere occhio per almeno un’ora o due. – disse il vecchio uomo, allungando una mano sulla spalla del ragazzo. Gli sorrise, bonario – Sono sicuro che non vorrai rovinare la tua entrata in scena con un colpo di sonno!

Sentendo una simile frase, Zuko dovette riflettere per bene sulla sua presa di posizione. Stare alzato per tutto il viaggio, di vedetta sopraccoperta, non gli avrebbe di certo giovato in un secondo momento quando, finalmente, sarebbe arrivato il suo tanto agognato faccia a faccia con il genitore.

Riluttante abbassò lo sguardo, abbandonando le mani lungo i fianchi.

- …dormirò massimo un’ora. Non di più. – mormorò.

Iroh scoppiò a ridere e, tirandogli una più che affettuosa pacca sulla schiena, lo sospinse verso la porta del boccaporto.

- Certo, certo! Ci penserò io stesso a svegliarti scoccata la fine dell’ora!

◇♦◇

- Mio signore, mi sembra molto affaticato. Non ha dormito bene?

Riscuotendosi dallo stato di semi incoscienza, il Signore del Fuoco sgranò per bene gli occhi guardandosi in giro. Senza che se ne rendesse conto era uscito dal bagno, si era rivestito e poi era corso di filata nei sotterranei del palazzo, dove i laboratori che lui stesso aveva fatto costruire lo stavano aspettando. Si guardò un attimo in giro, per assicurarsi di essere ben sveglio e di non stare ancora sognando.

- …non ho dormito affatto, Capo Sezione Min.

- Posso chiedere come mai, mio signore?

Zuko si strinse nelle spalle, passandosi una mano fra i capelli corvini.

- Brutti sogni, credo.

- Oh, forse ultimamente state semplicemente lavorando troppo. Prendersi dei periodi di vacanza fra una cosa importante e l’altra non è mai una cattiva idea.

- Non sono il tipo capace di godersi una vacanza, io. – sorrise – Tendo a farmi carico del peso del mondo anche quando non dovrei…

Entrambi lasciarono cadere l’argomento, arrivati a questo punto. Min non era né suo amico, né di un grado abbastanza elevato per potersi impicciare impudentemente degli affari del proprio sovrano senza incorrere nel rischio di osare troppo, e sebbene fosse chiaro a chiunque quanto Zuko necessitasse di qualcuno pronto ad ascoltarlo, nessuno che al momento fosse lì presente poteva accollarsi i suoi problemi personali. Lo stesso diretto interessato si considerava un povero inetto quando lasciava che inutili crucci lo tenessero lontano dai suoi doveri.

- Immagino che lei sappia perché sono qui. – disse ad un certo punto, lasciando che alcuni servi aprissero le porte al loro passaggio – Vorrei saltare i soliti resoconti e passare al succo della questione.

- Ma certo.

- Come sono i segni vitali?

- Buoni. Nonostante il lungo periodo di sonno, risponde bene agli stimoli esterni e sembra in buona, se non addirittura ottima salute.

- Possiamo quindi procedere?

- Credo di sì.

Lo guardò, riducendo gli occhi a due fessure. – Crede?

Min annuì, ben conscio di stare facendo una pessima figura. Cominciando a sentirsi la gola secca, tentò di affrettarsi nella spiegazione, così da far capire al proprio capo il suo punto di vista.

- Con “credo” intendo dire che, sebbene i responsi siano eccellenti, trovo sia alquanto rischioso portare a termine l’opera di risveglio. Se il soggetto dovesse reagire in modo errato, non oso neanche pensare alla portata dei danni che potrebbe causare.

- Sono qui proprio per evitare che questo avvenga, Min. – gli rispose l’altro, tornando a camminare più sicuro di prima. Era stato il primo ad avere dubbi su tutto, e se anche ancora non si fidava dell’idea di Sokka, doveva in qualche modo dare una svolta alla guerra: andava avanti da troppo tempo ormai, lui stesso era nato e cresciuto vivendo una vita sì dorata, ma con una sequela di orribili atrocità a fare da sfondo. Perfino lui, lui che faceva parte della famiglia che aveva causato al mondo tutte quelle pene, non vedeva l’ora che lo spargimento di sangue si interrompesse.

Voleva solo che il Regno della Terra si arrendesse. Che Toph si arrendesse. – Se le cose dovessero davvero andare male, basterà un attimo e risolverò tutto.

Min avrebbe voluto convincersi di tali parole, ma in un secondo momento, sebbene esitante, si lasciò sfuggire un “ne siete sicuro?”.

Zuko non disse niente, sospirando appena.

No. Non ne era sicuro.

Il cane che stavano andando a disturbare non era un cucciolo qualunque. Avrebbe potuto essere la più grande fortuna per la Nazione del Fuoco o la sua più grande disgrazia.

◇♦◇

- Spero tu sia conscio del significato di tutto questo, figlio mio.

Il giovane principe, deglutendo, rimase immobile di fronte alla figura del padre. Mentre lui se ne stava in ginocchio, un pugno a terra, Ozai lo osservava con i suoi occhi d’ambra, severi esattamente come se li era ricordati. Due anni non erano serviti ad addolcirli, magari rivelando nel profondo del suo animo un rammarico per aver tenuto lontano il sangue del suo sangue per una questione a dir poco ridicola.

- Quello che tu hai fatto è sconvolgente, Zuko. Devo essere sincero, non credevo saresti mai tornato. – disse ancora l’altro, alzando di poco il mento - …non con un simile dono, comunque.

Oh, tutti sapevano come il Sovrano si sarebbe atteso di rivederlo. Probabilmente, nella sua visione ideale dei fatti, sarebbe stato giusto vederlo prostrarsi ai suoi piedi pochi giorni dopo l’esilio, chiedendo perdono e perdendo così anche quel briciolo di orgoglio che gli era rimasto. E Azula, la quale ora Zuko sapeva essere nascosta poco più in là, dietro ai grandi drappi appesi ai muri, magari avrebbe addirittura preferito vederlo dentro ad una bara, morto per la fame poiché abbandonato anche dai pochi uomini che lo avevano seguito quando era salpato sulla nave concessagli da loro padre.

E invece, contro ogni prognostico, lui era lì. Vincente, per una volta.

- …credevo… - la voce gli morì in gola e allora, il ragazzo, dovette stringere i denti e prendere coraggio – Credevo che la condizione per il mio ritorno fosse abbastanza chiara, padre. Mi avete cacciato privandomi del mio onore, ma avete detto che se avessi trovato un modo per farvi ricredere allora avrei potuto riconquistarlo.

Ozai abbozzò un sorriso, felicemente sorpreso dalle parole sicure di Zuko.

Di certo aveva smesso di essere un bambino molle e debole, attaccato alla sottana della madre e poco avvezzo alla vita che ben presto lo avrebbe atteso. La vita lontano da casa doveva averlo rafforzato, in qualche modo.

- E credi di esserci riuscito, Zuko?

Lo vide alzare gli occhi, guardandolo con ostentata freddezza. – Ne sono certo.

- Fai bene. Sono cento anni che i membri della nostra famiglia cercano l’Avatar e tu, figlio mio, sei riuscito nell’intento. Sono fiero di questo tuo successo.

Una scarica di piacere percorse la schiena del principe a sentire quelle parole uscire dalle labbra, capaci di sentenze unicamente crudeli, di suo padre.

- La più grande minaccia per la nostra Nazione è ora nelle mie mani, e tutto questo grazie a te.

- …sono felice di essere stato d’aiuto, padre.

- Ora non ci resta che ucciderlo.

A questo Zuko non rispose. In cuor suo credeva fosse da codardi togliere la vita a qualcuno che non poteva difendersi, ma con che coraggio avrebbe mai potuto dirlo al Sovrano indiscusso della Nazione del Fuoco? Con che coraggio, quando dal buonumore di suo padre dipendeva il ritiro delle accuse che egli stesso gli aveva rivolto, nonché la cancellazione del suo esilio?

- Ti vedo perplesso… Qualcosa ti turba, ragazzo?

Si morse un labbro, tornando a guardare il pavimento. In quelle piastrelle lucide poteva specchiarsi alla perfezione, scrutando con sempre rinnovato disgusto la punizione che quell’uomo aveva deciso di infliggergli permanentemente sul viso.

- Io ho un’idea differente, riguardo l’Avatar. – disse infine, prendendo la situazione di petto.

Ozai lo guardò, improvvisamente livido. – E quale sarebbe…?

- Quel blocco di ghiaccio è abbastanza solido da non sciogliersi neanche a temperature troppo elevate, se tenuto costantemente sotto controllo. – mormorò – Potremmo tenerlo in quello stato per sempre, se volessimo.

- A che pro?

Zuko scrollò le spalle, con calma.

- Sarebbe il simbolo della nostra grandezza, padre. Il simbolo della tua… grandezza. Un trofeo da sfoggiare contro il mondo. Un trofeo che potrai ammirare fino a che avrai vita.

◇♦◇

Quello che, in passato, aveva definito come un trofeo ora stava di fronte ai suoi occhi, identico a come lo aveva lasciato prima che suo padre lo portasse via, relegandolo chissà dove nelle segrete del loro palazzo. Per il repentino sbalzo di temperatura, dal pezzo di ghiaccio venivano fumi biancastri, i quali, prima di raggiungere gli addetti che lavoravano là attorno, svanivano nella stessa aria divenendo invisibili. Zuko guardò con occhi poco interessati i suoi sottoposti e, piano, si fece di un passo più vicino all’Avatar.

- Una volta scongelato, lasciatemi del tempo per porgli qualche domanda. – ordinò, voltandosi verso Min, il responsabile del progetto – Voglio assicurarmi che la sua memoria sia azzerata, come ha suggerito non più di qualche mese fa. Se così fosse, potrò riempirla a mio vantaggio, sfruttando le sue capacità come meglio credo.

Lo scienziato lo guardò, la preoccupazione che, ormai, non faceva altro che salire.

- Cosa dobbiamo fare se, invece, non reagisse… bene?

- Rimanete indietro comunque. – sentenziò lui – Non voglio dovermi trattenere, se occorresse combattere.

Portati a termine gli ultimi controlli, Min tirò una leva e, piano piano, la stanza cominciò a surriscaldarsi. Sotto al pezzo di ghiaccio, alcune fornaci presero a sciogliere il pesante strato che aveva fatto da culla all’Avatar per lunghi, lunghissimi anni.

Zuko non si spostò neanche di un passo, e quando il fumo fu del tutto diradato e le macchine vennero spente, si ritrovò a posare gli occhi non più su una figura con dei tratti difficili da distinguere, bensì di fronte ad una persona vera e propria… E ad un Bisonte volante.

  
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