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Autore: Horror_Vacui    28/11/2016    3 recensioni
Il primo compleanno di Malia dopo otto solitari anni passati nel bosco. [STALIA]
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Dal testo:
"Malia, distesa a terra tra le secche foglie autunnali, osservava lo spettacolo offertole con una certa dose di malinconia. Era il 28 novembre, il giorno del suo compleanno, e a differenza della maggior parte dei suoi coetanei non riusciva a trovare alcun motivo per cui festeggiare.
Il ricordo della sua ultima festa di compleanno era fumoso, ma ricordava in modo nitido il suono argentino della risata di sua sorella, il profumo del pan di spagna appena sfornato e la bambola ricevuta in regalo."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Malia Hale, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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28 NOVEMBRE

by Horror_Vacui

Dedicato a Giuliuli

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Il sole stava tramontando all'orizzonte tingendo il cielo di sfumature rossastre, appena screziate dalle scie dorate di alcune nuvole di passaggio.
Malia, distesa a terra tra le secche foglie autunnali, osservava lo spettacolo offertole con una certa dose di malinconia. Era il 28 novembre, il giorno del suo compleanno, e a differenza della maggior parte dei suoi coetanei non riusciva a trovare alcun motivo per cui festeggiare.
Il ricordo della sua ultima festa di compleanno era fumoso, ma ricordava in modo nitido il suono argentino della risata di sua sorella, il profumo del pan di spagna appena sfornato e la bambola ricevuta in regalo.
Afferrò una manciata di foglie, ne scelse una ingiallita e la sollevò in alto, facendo in modo che gli ultimi raggi di luce la colpissero, affascinata dalle striature che la attraversavano.
Quella bambola era stata per tanti anni la lapide su cui aveva pianto per ciò che aveva fatto. Nonostante i sensi del coyote prendessero spesso il sopravvento, la presenza di quella bambola aveva tenuto sempre accesa l'ultima fiamma della sua umanità. Perché cosa c'era di più umano del rimorso?
Sentì una leggera vibrazione sotto di sé e poggiò l'orecchio sul tappeto di foglie per ascoltare meglio: una macchina si stava avvicinando. Quando si mise in piedi il rombo era già udibile e ben presto la jeep verdeacqua di Stiles svoltò l'angolo e si fermò davanti al vialetto.
Malia fece un passo indietro e guardò stranita il ragazzo che scendeva dall'auto.
Le cose tra loro due erano strane. Dopo la notte nel seminterrato di Eichen House, Stiles era stato vittima di una creatura soprannaturale e la sua amica Allison era morta per mano di quel mostro.
Lei non aveva avuto modo di conoscerla a fondo, ma ricordava il modo gentile in cui l'aveva trattata dopo che Scott l'aveva costretta a tornare umana. L'aveva aiutata a fare il bagno e le aveva regalato alcuni dei suoi vestiti, rassicurandola con un tono di voce così melodioso da risultare materno.
Si era un po' pentita di non aver preso parte al suo funerale, ma non era ancora pronta a varcare i cancelli del cimitero dove erano sepolte la madre e la sorella che lei stessa aveva ucciso. Allo stesso tempo sapeva che sarebbe stata di troppo, un'estranea incapace di condividere l'intimo dolore di chi aveva davvero conosciuto e amato Allison Argent.
Erano passati pochi giorni, forse una settimana dall'accaduto, e tutta la città era in lutto. Non aveva avuto più notizie di Stiles e temeva che lui si sarebbe presto dimenticato anche il suo nome.
Si sentiva attratta da quel ragazzo che conosceva appena, come una calamita era attratta dal ferro. Le era capitato di vederlo alcune volte per strada nei giorni precedenti, ma non si era azzardata a farsi vedere nonostante il bisogno, la necessità, di sentirlo ancora vicino. La signorina Deaton le aveva spiegato che i sensi da coyote erano ancora preponderanti e che quindi l'istinto verso quel genere di cose poteva essere meno facile da controllare. In realtà lei non si era mai sentita tanto umana come quando si era ritrovata a pensare alle labbra di Stiles, ai suoi penetranti occhi nocciola e alle sue ciglia morbide contro la pelle.
«Ehi» disse lui impacciato, grattandosi il viso e poi la nuca, mentre con un piede spostava alcune foglie.
«Ehi» Malia abbozzò un sorriso, incrociando le braccia al petto.
«Scusa se sono piombato qui all'improvviso, è che mi sono accorto di non avere il tuo numero così... sì, insomma...» incespicò a disagio sulle ultime parole.
«Non importa, tranquillo. Sei qui per qualche motivo? Cerchi mio padre?»
«Cosa? No! No, cercavo te. Posso...?» mosse le mani in avanti in un gesto circolare, a indicare la distanza che li separava. Malia all'improvviso capì.
«Oh, sì giusto. Scusami, non sono abituata a questo genere di cose. Posso... ehm, offrirti un bicchiere di scotch?» disse, provando a infondere tutta la gentilezza possibile in ogni parola. Era ciò che diceva suo padre agli amici che andavano a trovarlo, ma a giudicare dall'espressione di Stiles forse la proposta non andava bene per tutti gli altri.
Il ragazzo si avvicinò di qualche passo, finché non si ritrovarono uno di fronte all'altra, e le tolse con estrema naturalezza alcune foglie rimaste impigliate tra i suoi lunghi capelli. Malia non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, poteva sentire di nuovo l'odore fruttato del suo respiro e il battito veloce del suo cuore. Era una strana sensazione, come ritrovarsi di nuovo nella sua tana nel bosco.
«Ehm, hai dello sporco sul viso, ti dispiace se...» iniziò a dire, ma non le diede il tempo di rispondere, le sue dita fredde stavano già sfiorandole il collo, mentre con il pollice strofinava via polvere e terriccio. Per un momento, un breve istante, lo sguardo di Stiles si posò sulle sue labbra e le dita seguirono il percorso tracciato dagli occhi, ma quando arrivarono a toccare gli angoli della bocca lui si ritrasse, nascondendo le mani nelle tasche dei pantaloni color sabbia.
Malia era sempre più confusa... e lei odiava non aver chiara la situazione.
«Perché sei qui?» gli chiese a bruciapelo e Stiles spalancò gli occhi come un bambino colto con le mani nel barattolo dei biscotti.
«Hai... hai da fare stasera?»
«No, mio padre ha il turno di notte» fece spallucce.
«Mmh, bene. Ti andrebbe di, ecco, di venire a casa mia?»
Malia ci pensò su: cosa le stava chiedendo? Suo padre le aveva spiegato che molto spesso dietro proposte banali c'erano significati nascosti. Così, ad esempio, l'invito a prendere un caffè era usato come scusa per vedere qualcuno, stessa cosa per il cinema. E l'invito a casa?
Stiles parve agitato da quella pausa «Oh non pensare male, non è per quello che credi!»
«Cosa dovrei pensare? Non capisco» ammise candidamente.
«Be' che io voglia portarti a casa per, per ripetere ciò che abbiamo fatto la prima... volta» sbuffò nascondendosi il volto tra le mani, rosso fino alla punta dei capelli.
Malia non capiva davvero il motivo di tutto quell'imbarazzo, ma capiva che non lo faceva stare bene, così lo costrinse a spostare le mani dal viso.
«Va bene, andiamo» disse con semplicità.

Il profumo dei sedili in pelle, unito a quello di Stiles, la investì ancor prima di aver aperto lo sportello. Decise che le piaceva, mentre affondava lentamente nel posto del passeggero.
Stiles mise in moto e una musica leggera, appena udibile, si diffuse nell'abitacolo.
«E così sei riuscita a superare i tuoi problemi?» le chiese, lo sguardo fisso sulla strada.
«Sì, abbastanza da poter vivere con mio padre senza rischiare di ucciderlo» arrotolò una ciocca di capelli tra le dita, guardando il paesaggio che sfrecciava veloce attraverso il finestrino.
«Gli incubi invece?»
Malia si morse il labbro inferiore. «Sto migliorando...»
Non avevano più parlato dall'ultima volta e così lui non sapeva che dopo il loro incontro gli incubi erano meno frequenti. Anche lei stentava a crederci, si era più volte chiesta com'era possibile che una singola notte d'amore fosse bastata a placare i suoi demoni interiori, ma era successo e sperava che ci fosse dell'altro. Forse per la prima volta il destino aveva qualcosa di bello in serbo per lei.
«Mi dispiace non averti chiamata, ma...» si interruppe bruscamente, come pentito di aver accennato a quell'argomento. Fece una smorfia infastidita e strinse più forte il volante.
Malia posò una mano sul suo braccio teso e il volto del ragazzo si distese, mentre si girava a guardarla con occhi lucidi.
«Va tutto bene» lo rassicurò.

Quando arrivarono a casa di Stiles era buio e le luci del portico erano già accese. Stiles saltò giù dall'auto e corse ad aprirle la portiera, aiutandola a scendere come se lei ne avesse un reale bisogno.
La temperatura era calata di qualche grado e il largo maglione bianco di lana non bastava più a tenerla al caldo, così si strinse nelle spalle saltellando sul posto mentre Stiles cercava le chiavi.
«Hai ancora problemi di temperatura?» disse, rigirando la chiave nella toppa.
Malia annuì, i denti che iniziavano a battere tra di loro. Stiles spalancò la porta, ma invece di entrare le andò dietro e le coprì gli occhi con le dita.
«Che stai facendo?» gli chiese mentre lui la sospingeva verso l'interno della casa.
«Continua a camminare, ci siamo quasi».
E poi si fermarono e Stiles la liberò dalla leggera stretta. La casa era immersa nell'oscurità, ma gli occhi di Malia erano capaci di vedere anche in quelle condizioni.
Davanti a lei c'era un tavolo con sopra dei dolci infilzati da stecchini, o almeno così credette finché Stiles non iniziò ad accendere quelle che si rese conto essere candeline.
Nove candeline poste su una fila di altrettanti cupcake decorati da deliziose rose di panna colorata.
«Ho comprato questi dolcetti, ognuno con un sapore diverso, perché be', ho pensato che avessi molti compleanni e altrettante torte da recuperare, così...» lasciò cadere la frase, abbassando lo sguardo senza però smettere di guardarla, in attesa di una sua reazione.
Malia era pietrificata.
Osservò gli stoppini bruciare, le fiammelle emanavano una luce calda tanto quanto quella che le aveva inondato il cuore. Gli occhi le si riempirono di lacrime e l'unica cosa che riuscì a fare fu rifugiarsi tra le braccia del ragazzo, mettendo da parte tutte le lezioni sulle convenzioni sociali.
Stiles l'accolse, accarezzandole i capelli mentre lei nascondeva il viso nell'incavo del suo collo. Era così strano eppure così giusto trovarsi lì, in quella posizione, ma forse era solo una sua fantasia e Stiles non provava le stesse sensazioni che provava lei.
Quella consapevolezza la indusse a sciogliere l'abbraccio. Si asciugò le lacrime con una manica del maglione e poi abbozzò un sorriso, prendendo in mano uno dei cupcake.
«Grazie» gli disse sorridendo apertamente e poi spense la candelina.
Stiles ricambiò il sorriso e ridusse di nuovo la distanza che li separava. Intrecciò le dita della mano libera tra le sue e le diede un leggero bacio su una tempia.
Malia guardò i suoi occhi limpidi illuminati dalla luce delle candele, ma senza riuscire a decifrarli.
Se c'era una cosa che aveva imparato in otto anni vissuti affidandosi all'istinto, era che bisognava prendere ciò che la vita offriva, godendo dei piccoli momenti; così poggiò la testa sulla sua spalla e si lasciò cullare dal battito del suo cuore, mentre lui sussurrava “buon compleanno, Malia”.

   
 
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