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Autore: Neneo    03/12/2016    0 recensioni
A volte si rimane svegli e ci si pensa, altre volte mentre si studia o si lavora vengono a galla, flash, ricordi. Sono quei momenti che si potrebbero voler dimenticare ma che al contempo vengono custoditi gelosamente, ripetendoseli nella testa, senza mai cambiare nulla, per paura di perderne i particolari. Significano qualcosa, sono una linea, in base a loro si definisce un prima e un dopo.
Questa è la breve storia di uno di quei momenti...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In lei erano concentrate tutte le cose che dopo Marianna aveva cercato.
Gli era piombata addosso dal nulla, baciandosi, nascosti al fresco di una notte estiva inaridita dall'alcool e dal vento che li aveva graffiati tutto il giorno. Aveva visto ogni cosa nell'inconsapevole lucidità dell'alterazione. Baciarsi, davvero, un modo di appoggiare le labbra che non pareva giusto, rubato, parte di ciò che un uomo non dovrebbe avere il diritto di provare. Un furto senza senso di colpa ma senza l'adrenalina dell'avere infranto una regola, dell'avere superato un confine. Senza rimorso, senza superbia. Un furto stupendamente naturale, parte originaria di ogni essere, un diritto.
Lo aveva percepito. Con lei. Prima? Forse.
 E di nuovo l'abbraccio. Come si erano tenuti l'un l'altra adagiati, sospesi tra il terrore e l'euforia, temperati dalla stanchezza e dall'ubriachezza.
Eppure nulla pareva mediato, nulla pareva avere perso il suo volto: una forza originaria, una potenza archetipica selvaggia ed indistruttibile, travolgente e totalizzante che per quel breve periodo li aveva presi e stravolti nel suo estatico vortice.
Quanto aveva divorato, quanto si era saziato, ispirando a pieni polmoni il suo profumo, ispirandola, ispirando lei; si era riempito, forza e vita, un fluido mesmerico che gli aveva scosso il corpo, tutto, dall'arto all'organo: il cuore, i polmoni, le dita, la pelle, gli occhi, le ossa, l'anima, il fiato. Uno. Ridevano delle ingenue e rozze demarcazioni fra anima e corpo, loro, loro, loro che si concepivano l'uno nell'altra, senza distinzione, senza parole vuote, senza dichiarazioni, senza uno svilimento poetico di questa realtà, senza banale idealizzazione. No. La magnificenza della naturalità del gesto istintivo e conosciuto, non esaltato nel suo essere incommensurabile e primordiale.
L'illusione! Questa crudele! Preso e di nuovo vivo, o vivo in modo nuovo, in modo vero, in modo antico.
In modo bello.
Bello ed innocente, mischiato al suo passato ed ai suoi segreti. Alle confessioni, le parole che si erano scambiati, quando le labbra si staccavano con una dolcezza che non ricordava più, che sognava, che aveva sognato e che aveva cercato nei modi più ignobili e sporchi. Quelle parole, leggere non nella quantità ma nella sostanza, sufficienti.
Apparentemente rassicuranti.
Le parole dell'illusione, della disperata convinzione di poter estrarre quel momento e conservarlo come quotidianità, non come ricordo.
Quando tutto crollò capì allora di essere un vivente nel suo tempo, nella sua contingenza e complessità allontanate per poche ore, e di avere sperato -che ingenuo!- di potere vivere il suo tempo, che poi sarebbe diventato il loro tempo.
L'idealizzazione prese piede, e con essa lo sterile ricordo, fotogrammi sparsi, impulsi del cervello da tentare di tradurre con le parole. Non lo fece subito. Visse nel limbo. Attese, ascoltando, ascoltandosi per la prima volta dopo molto tempo, troppo tempo. Forse era stato quello lo scopo, quella notte, quel viaggio. Ascoltarsi, ricominciare a farlo. Scoprì un sé stesso dimenticato. No. Non dimenticato. Accantonato. Scorse da lontano la sua originalità, le crepe gliela mostrarono. 
Lei aveva in sé tutto quello che, dopo Marianna, aveva cercato ed ingenuamente aspettato. E come gli era piombata addosso la notte prima, gli era sgusciata via il giorno dopo, ad inseguire i suoi dolori ed i suoi amori, costruiti in un mondo di cui lui non avrebbe mai fatto parte.
   
 
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