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Autore: Tamar10    05/12/2016    3 recensioni
L’Alchimista di Fuoco odia la pioggia, ma, come per ogni cosa, esistono delle eccezioni. I cinque giorni di pioggia più felici della sua vita.
[Royai]
Dal quarto capitolo:
“Pioggia nel deserto”.
“Come scusa?”.
“Pioggia nel deserto. Era quello che speravo ogni fottuto giorno quando eravamo quaggiù, se avesse piovuto, almeno per quel giorno, la mia alchimia non avrebbe funzionato e non avrei potuto sterminare tutte quelle persone” spiegò con voce amara e addolorata “Ma in fondo era un pensiero da stupidi, non credi? La pioggia nel deserto è un evento impossibile. È un po’ come sperare che tu mi conceda quella fatidica cena insieme”.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang, Team Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note iniziali:

Questo è il terzo giorno di pioggia, quello centrale, quindi in un certo senso rappresenta un momento di spaccatura fra i due capitoli iniziali e i due finali.
Nel caso non si sia capito ci troviamo una data non ben specificata che va dagli anni dal 1912 a prima della morte di Hughes, quindi quando Mustang e il suo team trascorrevano il loro tempo ad oziare al quartier generale di East City.
Probabilmente questo è il capitolo che ho trovato più interessante scrivere un po’ perché ho avuto estrema libertà nel far interagire Roy e Riza, un po’ perché è situato in una fase del loro rapporto intermedia. So che può sembrare un capitolo di transizione e dove non avvenga nulla di eclatante, anche perché è abbastanza lungo, ma io mi sono divertita molto a ficcare il Colonnello e Riza in questa situazione. In realtà l’intera idea della storia è nata proprio da questo capitolo.

Dopo avervi tediato a sufficienza vi lascio alla lettura.







Il temporale estivo li aveva colti all’improvviso, un secondo prima stavano soffocando nella calura di quel tardo pomeriggio di giugno inoltrato, un secondo dopo il cielo si era coperto di nuvoloni e grosse gocce avevano cominciato a cadere.
Il generale Grumman aveva assegnato alla squadra del Colonnello Mustang quella che si preannunciava come la missione più noiosa dell’ultimo secolo: sorvegliare degli uomini sospettati di essere membri di un’organizzazione criminale e poi scrivere un lungo rapporto sulle loro attività giornaliere.
Gli indiziati erano tre e si ritrovavano ogni giovedì sera nel retro di un pub piuttosto malfamato a discutere dei successivi possibili colpi da portare a termine, stando a quanto detto dal loro informatore. Quindi quel venerdì la squadra di Mustang si era divisa in gruppi da due per poter tenere d’occhio i sospettati e controllare che non compissero azioni insolite, il Colonnello era naturalmente accompagnato dal Tenente Hawkeye, mentre Breda e Falman formavano un’altra coppia e la restante era composta da Havoc e Fury.
La mattinata era trascorsa lentamente, l’uomo che il Colonnello e il Tenente dovevano sorvegliare era andato a far compere al mercato di East City, ma era stato facile non perderlo di vista perché con la sua elevata statura e i capelli di un’arancione carota si distingueva fra la folla. Il Colonnello non aveva fatto altro che lamentarsi della folla e dell’afa, anche se per lo meno non era costretto ad indossare la divisa militare visto che non dovevano essere notati.
Aveva optato per una maglietta bianca, non troppo attillata, e un paio di comodi pantaloni blu, era strano non vederlo con i soliti capi raffinati ma in qualche modo riusciva a risultare elegante anche con quei vesti semplici. Il Tenente Hawkeye invece indossava una leggera camicia di un rosa pallido e pantaloni chiari, anche se i capelli erano raccolti ordinatamente con il solito fermaglio era comunque incredibile quanto potesse sembrare più femminile e delicata senza l’uniforme. Mustang si era soffermato più del dovuto ad osservarla con la bocca aperta quando quella mattina la squadra al completo si era trovata per discutere il piano d’azione, solo il timore di essere impallinato nel caso avesse provato a farle qualche complimento l’aveva convinto a tenere la bocca chiusa. Anche se dentro di sé aveva deciso che se non fosse riuscito a passare la norma che rendeva obbligatoria la minigonna per tutte le donne dell’esercito, avrebbe almeno abolito la divisa per il gentil sesso.
“Uffa!” ripeté Mustang per la milionesima volta “Maledetto Generale Grumman, perché diamine mi ha affidato questa noiosissima missione?!”.
Lui e Riza stavano camminando dietro al sospettato, a distanza di sicurezza per non essere notati, avevano già abbandonato la città da un po’ e stavano percorrendo una strada di campagna che era costeggiata da entrambi i lati da campi. Fortunatamente era abbastanza affollata dal via vai di contadini che con i carri tornavano a casa dopo il mercato e sembrava che l’uomo coi capelli rossi non si fosse ancora accorto di niente.
“È evidente che questa missione sia una punizione perché ultimamente sta battendo un po’ troppo la fiacca, signore” rispose il Tenente, non senza rimprovero nella voce.
Il Colonnello provò a brontolare qualcosa in risposta, ma, dopo essere stato fulminato da un’occhiataccia della donna, non osò proseguire.
Intanto il sole, che continuava a picchiare spietato sulle teste dei passanti, aveva superato lo zenit e stava cominciando la sua lenta discesa. Dopo un’altra mezz’ora di camminata la strada cominciò a svuotarsi a poco a poco e dovettero rallentare il passo per non dare nell’occhio, fino a che il sospettato non fu poco più che una sagoma in lontananza.
“Ma dove diavolo sta andando?” riprese a lamentarsi Mustang “Su questa strada sterrata mi sto sporcando tutte le scarpe nuove! Meno male che ho addosso una maglia bianca, almeno non si notano gli aloni di sudore, maledetto caldo!”
Il Tenente si limitò ad alzare gli occhi al cielo, era abituata alle lamentele del superiore e al suo vanesio parlare a macchinetta.
“Guarda, il sospetto ha svoltato!” esclamò all’improvviso il Colonnello “Potremmo tagliare per di lì” propose, tracciando con il braccio un’immaginaria linea retta che passava attraverso la piantagione di altissime spighe di grano che sorgeva fra dove si trovavano loro e la direzione in cui si stava dirigendo il loro obiettivo.
Alla donna non piaceva l’idea di perdere di vista il sospettato, anche solo per poco, però in questo modo avrebbero risparmiato parecchia strada e con un po’ di fortuna la vegetazione sarebbe stata abbastanza folta da riuscire a farli avvicinare a sufficienza senza essere visti. Così alla fine il Tenente cedette e i due cominciarono a farsi largo attraverso le spighe.
In cielo intanto si stavano ammassando grossi nuvoloni scuri che, se possibile, rendevano l’aria ancora più afosa e pesante.
“Stiamo piegando troppo ad ore dieci” stimò il Tenente Hawkeye.
Erano già passati almeno cinque minuti da quando erano entrati nel campo di grano, le spighe superavano entrambi in altezza, rendendo difficile orientarsi. Il Colonnello faceva strada e Riza lo seguiva come al solito, subito dopo il suo passaggio la vegetazione si richiudeva dietro di loro, tanto da ridurre il mondo di Hawkeye al giallo delle grano che la circondava, al cielo grigio sopra di lei e alla schiena bianca di Mustang.
“So perfettamente in che direzione stiamo andando” disse il suo superiore con tono saccente.
Solo dieci minuti e molte imprecazioni dopo fu disposto ad ammettere che forse potevano essersi persi.
“Pensavo sapesse perfettamente dove stessimo andando, signore”.
“Questo maledettissimo campo è tutto uguale! E la radio che mi ha dato Fuery qua in mezzo non prende” sbottò il Colonnello “Che giornata terribile! Non vedo come potrebbe andare peggio”.
Fu allora che scoppiò il temporale. Grandi gocce di pioggia cominciarono ad abbattersi pesantemente sulla campagna, facevano quasi male quando colpivano la testa dei due militari e piegavano le coltivazioni sotto la loro forza.
“La prego, non dica più nulla” supplicò la donna con un sospiro esasperato.
In pochi minuti erano entrambi bagnati fradici. La maglietta bianca di Mustang, che si era rivelata una scelta così azzeccata contro il calore del sole battente, si era appiccicata al suo petto e il tessuto semitrasparente lasciava poco spazio all’immaginazione.
Anche Riza era nella stessa situazione, il reggiseno di pizzo bianco era ben visibile al di sotto della camicetta bagnata e nonostante la situazione disagiata Roy Mustang non poté fare a meno di gioire che proprio quel giorno fossero stati costretti a vestirsi con abiti civili.
“Non ti facevo tipa da pizzo” le disse con un sorrisetto, senza riuscire a trattenersi.
La donna non rispose, ma incrociò automaticamente le mani al petto per coprirsi e contemporaneamente proteggersi dal freddo.
“Pensiamo ad uscire da questo maledettissimo campo” disse risoluta, cominciando a camminare in una direzione a caso, nel tentativo di nascondere il rossore che si era diffuso sulle gote.
Il suo superiore fece per seguirla, ma si bloccò di colpo quando notò che si intravedevano delle linee scure sulla sua schiena. Il tessuto non era così trasparente da far scorgere chiaramente i segni scritti con l’inchiostro né la cicatrice, forse una persona qualunque avrebbe pensato fosse un semplice tatuaggio, ma Roy sapeva. Un lampo di dolore gli balenò nello sguardo mentre vedeva la schiena di Riza allontanarsi, ma poi si riprese dall’esitazione e le andò dietro.
Quando finalmente riuscirono a sbucare fuori dal campo di grano l’acquazzone era calato d’intensità, anche se era ancora ben lungi dallo smettere del tutto. Si ritrovarono su una strada sconosciuta, costellata di pozzanghere fangose, ma dall’altro lato si estendeva un prato d’erba su cui sorgevano due costruzioni. Una era una casa in pietra evidentemente abitata, infatti le finestre erano illuminate e una scia di fumo usciva dal comignolo, l’altra sembrava un vecchio fenile di legno in disuso.
“Almeno abbiamo trovato un posto in cui ripararci” disse il Colonnello dirigendosi verso il fienile.
“Cosa fa?” lo bloccò il Tenente “Non possiamo entrare, sarebbe violazione di proprietà privata”.
“Innanzi tutto per quanto ne sappiamo questa potrebbe essere la casa di un pericoloso criminale, quindi abbiamo tutto il diritto di entrare. Inoltre i proprietari non avranno nulla da ridire se non lo scopriranno e non penso che con questa pioggia qualcuno si azzardi ad uscire” replicò Mustang con aria furba.
La donna ebbe ancora un attimo di esitazione.
“Che altra alternativa abbiamo? Restare sotto la pioggia?” insistette lui “Potrei prendere freddo, ammalarmi, finire all’ospedale. Insomma la mia guardia del corpo dovrebbe occuparsi della mia salute...”.
“Va bene,” lo interruppe, cedendo per esasperazione “ma appena finisce questo temporale riprendiamo la missione”.
Il fienile era davvero malmesso e semi abbandonato, sembrava avere una funzione a metà fra deposito e discarica, oggetti rotti e non erano ammucchiati un po’ ovunque. La porta non aveva neanche un chiavistello ed era bastato un tocco leggero per aprirla, mentre il tetto era bucato in più punti, in corrispondenza dei quali si erano formate grosse pozze d’acqua.
“Che bel posticino” commentò il Colonnello guardandosi intorno.
Riza richiuse la porta ed esaminò il luogo in cerca di eventuali pericoli, era incredibile come riuscisse a essere così professionale anche in situazioni come quella.
“Non è completamente abbandonato” dichiarò dopo la sua analisi “Ci sono alcuni oggetti, come ad esempio giochi, libri e coperte, che sono in buono stato. Forse i bambini della casa usano questo luogo come una specie di rifugio”.
Mustang intanto stava cercando di rovesciare una cassa di legno particolarmente larga.
“Non è male” le rispose quando fu riuscito nella sua impresa “Mi sembra un posto molto romantico” aggiunse con un sorrisetto.
Il Tenente arrossì e allo stesso tempo assunse una postura ancora più rigida di prima, le braccia sempre strette al petto e ben attenta che la schiena non fosse visibile al suo superiore.
“Cosa ha fatto?” chiese seccamente, accennando alla cassa rovesciata, chiaramente con l’intento di sviare la conversazione.
“Una panchina” disse sedendocisi sopra. Il legno emise un lieve scricchiolio, ma non cedette. “C’è spazio per entrambi. Non vorrai mica rimanere in piedi, dritta come un fuso, per tutto il tempo”.
Questa volta Riza non si fece ripetere l’invito, in parte perché era stata una giornata stancante ed era bello potersi concedere un momentaneo riposo, in parte perché le sarebbe dispiaciuto deludere il Colonnello dopo che si era impegnato tanto per creare quella seduta improvvisata.
La cassa aveva posto giusto per due persone sedute vicine, infatti le loro cosce si sfioravano, così Roy non poté non notare che la sua guardia del corpo era scossa da piccoli brividi di freddo.
In realtà l’afa estiva non era del tutto scomparsa, ma il temporale aveva fatto abbassare di parecchi gradi la temperatura e con i vestiti bagnati addosso alla lunga diventava spiacevole.
“Potresti toglierti la camicia”.
Riza lo guardò come se fosse pazzo, per un attimo Mustang temette che gli avrebbe tirato uno schiaffo o che se ne sarebbe semplicemente andata.
“Intendevo per non sentire freddo” si affrettò quindi ad aggiungere.
“Sono felice che si preoccupi per me, signore, ma preferisco rimanere vestita” rispose lei con voce piatta, ma senza poter nascondere l’ennesimo brivido.
Roy scosse la testa di fronte all’ostinazione del Tenente e piccole gocce d’acqua schizzarono da tutte le parti. Poi gli venne un’idea e si alzò di scatto.
“Cosa…?”.
Riza non riuscì nemmeno a finire la domanda che il Colonnello stava già tornando con espressione trionfante e una coperta in mano.
“Adesso che ne dici di toglierti la camicia bagnata e avvolgerti con questa? Giuro sul mio onore che non guarderò” disse girandosi dall’altra parte dopo averle teso la coperta, per confermare le sue buone intenzioni.
“Finito” annunciò la donna dopo poco, mentre lanciava a terra la camicetta e si copriva il meglio possibile.
Era davvero buffa con quella grande trapunta di lana scura drappeggiata fino alle orecchie, quando Roy le si risedette vicino fu sollevato di notare che la coperta era vecchia ma in buono stato, niente puzza né macchie sospette, tanto per cominciare.
“Lei non ha freddo?” domandò il Tenente, accorgendosi solo in quel momento che anche il Colonnello indossava ancora la maglietta bagnata.
“No, io sono un vero uomo”.
Riza gli lanciò uno sguardo che poteva essere allo stesso tempo di sufficienza e di affetto.
“Lo faccio solo perché non voglio che nei prossimi giorni lei salti il lavoro con la scusa di un malanno” disse tutto d’un fiato, però senza riuscire a nascondere il tono imbarazzato.
Contemporaneamente schiuse il suo bozzo e lanciò la coperta anche sulle spalle del Colonnello, fortunatamente era abbastanza grande da avvolgere entrambi. Roy rimase per qualche istante meravigliato da quel gesto, sentiva la pelle nuda della donna scottare a contatto con il suo braccio. Tutto quello era disorientate, loro erano sempre vicini, ma mai così vicini. Era strano, ma incredibilmente piacevole.
“Grazie, Tenente” sussurrò Mustang. Mai avrebbe pensato che Riza Hawkeye potesse fare un gesto simile, ma forse era proprio questa sua capacità di sorprenderlo mostrandogli continuamente nuovi lati di sé che la rendeva ancora più straordinaria ai suoi occhi. Ora doveva solamente cercare di ignorare il fatto che lei fosse in reggiseno, praticamente appiccicata a lui, e che fossero da soli in un fienile abbandonato.
“Naturalmente nessuno dovrà mai sapere niente di tutto ciò” disse la donna con voce seria.
“Sapere cosa?” rispose il Colonnello con un sorriso complice.
Il picchiettare della pioggia li fece compagnia per un po’, mentre entrambi erano persi nei loro pensieri. Fu Riza a rompere il silenzio.
“In fondo mi piace la pioggia” disse con tono leggero, quasi spensierato.
Roy le lanciò un’occhiata di soppiatto, sorpreso da quell’affermazione apparentemente fuori luogo, e rimase ancora più sorpreso dall’espressione rilassata che la sua sottoposta aveva in volto. Lui che la conosceva da anni sapeva che era davvero un evento raro vederla così serena. Per qualche assurdo motivo si ritrovò a fissare con sguardo perso la ciocca di capelli biondi che le ricadeva sul volto e gli balenò in mente che era davvero bella così, quando sembrava più una donna che un soldato.
“Lo dici solo perché quando piove puoi renderti utile nel fare il tuo lavoro di guardia del corpo” rispose l’Alchimista di Fuoco con un sorriso divertito.
“Veramente io sono sempre utile, signore. La differenza sta nel fatto che lei diventa inutile”.
“Non capisco perché dobbiate tutti sottolineare questa storia” borbottò lui, mettendo su un finto broncio.
Andarono avanti a chiacchierare del più e del meno, mentre ascoltavano la pioggia che gocciolava nel fienile attraverso i buchi nel tetto. Parlavano con naturalezza, ignorando la situazione assurda in cui si trovavano, ed era quasi magico sentire le intemperie abbattersi tutto intorno, mentre invece loro si trovavano in quel bozzolo, pelle contro pelle, al caldo e al sicuro come se fossero in un altro mondo.
“Quando ha smesso di piovere?”.
Fu Roy a rompere l’incantesimo con quella domanda. Erano talmente immersi nella loro conversazione da non accorgersi che, in effetti, il tamburellare della pioggia era finito da un pezzo.
Riza si mosse a disagio, scostandosi il più possibile e irrigidendosi, come se si fosse appena destata da un’illusione e fosse stata improvvisamente investita dalla consapevolezza di quanto fosse disdicevole ciò che stavano facendo.
Il Colonnello scostò il suo lembo di coperta e si alzò, fingendo di non aver notato la reazione della donna, per andare a controllare la situazione all’esterno del fienile. Il cielo si era decisamente rischiarato, ora un sole rosso stava tramontando oltre i campi colorando di cremisi le poche nuvole rimaste. Il paesaggio rurale illuminato dagli ultimi raggi di sole, dopo il violento temporale di quel pomeriggio, era uno spettacolo che trasmetteva un istintivo senso di tranquillità e pace.
“Via libera” annunciò Mustang tornando verso la donna, che aveva approfittato del lasso di tempo in cui lui era via per rivestirsi e recuperare la sua intransigente aria professionale.
“Ora cosa ha in mente di fare, signore?” domandò il Tenente.
“Non ha senso mettersi a cercare il sospettato, potrebbe essere chissà dove e correremmo solo il rischio di perderci. Cerchiamo piuttosto di ritornare in città”.
Appena messo nuovamente piede sulla strada sterrata la radio appesa alla cintura del Colonnello cominciò a gracchiare.
“Pensavo non prendesse quaggiù” osservò perplesso.
Il Tenente scrollò le spalle, ugualmente confusa. Nessuno dei due si intendeva granché di tecnologia, però riuscirono a sintonizzare l’apparecchio sulla frequenza indicata loro da Fuery e subito sentirono le voci dei loro compagni di squadra.
“Tenente? Colonnello? Ci ricevete?”.
“Sì, Havoc. Prima non funzionava, ma ora vi sentiamo forte e chiaro” rispose Mustang.
“Fuery dice che il temporale ha disturbato il segnale” la voce del biondo risuonava metallica attraverso la radio “Comunque la missione è finita, capo. Siamo rientrati tutti tranne voi due e non riuscivamo a contattarvi, stavamo cominciando a preoccuparci”.
“La missione è finita? Come?” domandò il Tenente.
“A quanto pare i nostri uomini si ritrovavano non per discutere grandi colpi criminali, ma per giocare a poker. Abbiamo sventato una pericolosissima bisca clandestina, un altro brillante caso risolto dal Team Mustang” disse Havoc, non senza ironia “Piuttosto, voi dove siete?”.
I due si scambiarono uno sguardo eloquente.
“Da qualche parte nella campagna a ovest della città, manda una macchina a prenderci” rispose il Colonnello.
“Campagna?” ripeté il Sottotenente “Cosa diavolo stavate facendo?”.
“È una storia lunga e divertente, che non ho alcuna intenzione di raccontare”.







 

Note finali:

Perdonatemi, lo so che in questo capitolo ci sono troppe note, ma sono necessarie per chiarire un po’ la situazione.
Spero di essere riuscita a rendere bene l’ambiguità e l’indecisione che regna fra i due: hanno già quel feeling che li contraddistingue ma non c’è stato ancora tutto quello che c’è stato durante la lotta contro gli homunculus. Quindi anche episodi stupidi come questo possono essere fondamentali per svolte e ulteriori avvicinamenti.
So che Riza può sembrare che abbia fatto un “passo indietro” per l’atteggiamento più freddo nei confronti di Roy, ma in realtà questo cambiamento è dovuto al contesto: siamo durante una missione, quindi in un ambito più strettamente lavorativo, mentre nel capitolo precedente, benché non fossero esattamente in vacanza, era una cena in famiglia, quindi una situazione decisamente più rilassata.
Inoltre qui fanno una comparsa i membri del team, non che abbiano chissà che spessore, sono personaggi che faccio fatica a caratterizzare, però mi piacerebbe sapere oò vostro parere sul risultato, li ho usati troppo a sproposito o andavano bene? Anche perché ho in cantiere una raccolta di tipo comico/slice of life proprio sul Team Mustang, almeno so se sto lavorando nella direzione giusta.
Grazie ancora a chi dà fiducia a me e alla storia con recensioni <3
  
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