Annabel
e James camminarono intorno al
perimetro del lago una volta congelato, mano nella mano.
"Quale
mese pensi che sia?" chiese
James, rompendo il silenzio.
Annabel
fece una pausa e gettò uno sguardo
intorno, pensando. Alla fine replicò,
"Direi
la fine di marzo, mio caro. Forse
persino aprile. Ieri ho individuato una coppia di oche, come anche
formicai;
anche la linfa ha cominciato a emergere."
James
annuì piacevolmente. "Non ho
dimenticato la nostra discussione sul grano che cresce. E' un tentativo
un po'
rischioso, ma ne parlerò con Nathaniel. Mi
aiuterà a ripulire un tratto di
bosco."
"Sarebbe
meraviglioso," replicò
Annabel, "ma tieni presente che molto probabilmente Nathaniel e Cora ci
lasceranno presto, in cerca di terra."
"Mi
ero dimenticato," disse James
con un lamento e una scrollata della sua testa bionda. "Anche se devono
ancora decidere in quale direzione andare."
"Veramente
non l'hanno deciso?"
"No.
Cora sta dimostrando di essere un
po' problematica a tal riguardo. Alla fine forse staranno vicino a
Uncas ed
Alice; e la nostra intrepida Alice non vuole dirigersi verso un qualche
lontano
ovest, guerra o non guerra."
Annabel
si appoggiò in modo riservato.
"Non dimentichiamo che è il luogo verso cui Chingachgook si
metterà in
viaggio, all'inizio dell'estate. Attraverserà i Monti
Appalachi; e ho la
sensazione che Alice non desideri... diciamo, disturbare
l'uomo."
James rise sotto i
baffi. "Sì,
non penso che Alice
si senta ancora a suo agio con lui. Ciò che ho sentito dire
per caso è che lui
era sempre stato molto severo con Alice e che praticamente l' ha fatta
scappare
dall'accampamento, quando era andata a trovare Uncas l'anno precedente
- povera,
coraggiosa Alice!"
Annabel
rise musicalmente mentre ricordava il
pandemonio di quel giorno. Dopo pochi istanti, diventò seria.
"Ma
Chingachgook ha fatto dei grandi
sforzi, direi, per rettificare la cosa. Uncas è
completamente cotto di Alice, e
sono certa che suo padre comprenda che non sarebbe prudente sembrare
meno
affezionato alla nostra ragazza."
James
fece spallucce. "E' molto gentile
con lei. Ti ricordi l'altro giorno, quando stavano camminando insieme e
hanno
parlato un bel po'? Alice è una ragazza dolce e le persone
sono attratte da
lei, come le api lo sono dal miele."
Annabel
improvvisamente si fermò e fece
scorrere un dito pallido, sottile sulla corteccia di uno dei pioppi che
circondavano il lago. Guardò quasi timidamente suo marito,
aprì la bocca per
parlare, poi si fermò scuotendo la testa.
"Che
c'è, bella moglie?" James fece
un sorriso sbilenco. "Hai qualcosa da dire al tuo povero marito? Sputa
il
rospo, ragazza."
Annabel
guardò in basso, verso i piedi e
rimuginò per un po', muta.
James
chinò la testa in atteggiamento
ipotetico. "Capisco..."
"Davvero?"
Annabel alzò lo sguardo,
spaventata.
"Sì,"
James fece uno sguardo ferito,
triste. "Mi stai lasciando per Gregory Newsom."
Annabel
colpì suo marito sul braccio,
sembrando di cattivo umore.
"E'
vero, " continuò James mentre
Annabel strofinava il suo braccio. "L'uomo ha finestre di vetro e quei
noiosi libri che a te piacciono tanto. Ammettilo."
"James
Stewart! Non è un comportamento da
gentiluomo parlare così. Il pover'uomo ha perso sua moglie
solo 2 mesi
fa."
"...
e tutta quella terra, le sue
preghiere e le sue maniere untuose."
Annabel
scosse la testa, chiedendosi per la
millesima volta dove volesse arrivare James con questi scherzi e idee
stupide.
"Intendi
dirmi che..." chiese James
supplichevole, con le mani piegate in atteggiamento di supplica,
"che non mi
lascerai solo per diventare la moglie di quel predicatore?"
Sua
moglie sospirò e girò gli occhi. "No,
James. Se il mio dirlo ti farà sentire più a tuo
agio, non ti lascerò. Mai,
nemmeno per un singolo giorno."
"Evviva!"
esclamò James
allegramente, poi si piegò in due, in un impeto di risatine.
Annabel aspettava
che finisse.
James
si alzò dritto in piedi, asciugandosi
gli occhi. "Io...io mi faccio ridere da solo. L'idea di te e lui. Ti
farebbe annoiare a morte."
"Se
hai finito del tutto di divertirti a
mie spese, in effetti c'è qualcosa che devo dirti."
James
avvolse in modo tonificante un lungo
braccio intorno alle spalle di sua moglie, poi la condusse verso un
tronco.
"Siediti,"
le ordinò gentilmente,
"ma non per molto tempo, eh? Odio stare seduto in silenzio, come se
stessi
in chiesa." Si sedette in attesa, con la faccia illuminata
dall'interesse
e da tracce di risata.
Annabel
posò il palmo della mano su quella di
suo marito e sembrava cercare dentro di sé le parole.
"Da
dove dovrei cominciare, caro..."
"Dall'
inizio," replicò James in
tono incoraggiante, dandole un piccolo bacio sul naso e sorridendole
gentilmente.
Annabel
si schiarì la gola. "Sono andata
a fare visita a Megan pochi giorni fa, quando tu eri fuori nei campi
con Uncas
e Nathaniel. Ho trascorso la mattinata con lei."
James
annuì, ma si chiedeva quale fosse
esattamente il punto della conversazione. I suoi pensieri cominciarono
a
vagare. A lui piaceva Margaret Lancaster, ma preferiva di
più parlare senza
sosta con Robert e bere alcolici con lui, fino a cadere stecchiti.
L'ultima
volta che Robert era tornato a casa ubriaco a mani vuote, senza essere
andato
né a caccia né a pesca, Meg aveva inseguito suo
marito intorno alla fattoria
con un manico di scopa; poi gliele aveva date di santa ragione.
James
sorrise per il tenero ricordo,
ripensando alle suppliche e alle risate di Robert.
"Mi
stai ascoltando?" chiese
Annabel, incrociando le braccia sul petto, sembrando scontenta.
"Ma
certamente, mio gioiellino, tesoro,
mia bella moglie!" disse James brillantemente. "Stavi dicendo che...
ehm...Qualcosa che riguardava Meg, e penso di aver sentito qualcosa su
Nathaniel."
Gli
occhi di Annabel si strinsero, "Tu
veramente mi sorprendi, James. Successivamente ho
detto che
sono stata un po' male e che Meg è riuscita a stabilire la
fonte del mio
malessere."
James
sembrava preoccupato. Si sporse in
avanti e abbracciò stretto sua moglie, spaventato.
"Che
cos'è, mio amore?" chiese lui.
"Devo andare di nuovo a prendere il dottor Braddock? Stai bene?"
"Più
che bene," replicò Annabel con
una voce smorzata, svicolandosi dallo stretto abbraccio di James.
"Meglio
più che mai. James..."
Annabel
guardò suo marito, con i suoi occhi
splendenti.
"Dio
ha risposto alle mie preghiere di
ogni notte. James, stiamo per avere un bambino."
James
si appoggiò all'indietro, esterrefatto.
"Un cosa?"
"Un
bambino, James! Un bambino tutto
nostro. Meg crede che nascerà in agosto."
"Un
bambino," disse James
delicatamente. "Un bambino piccolo."
Annabel
annuì, la sua faccia illuminata dal
sorriso più accecante e radioso che James avesse mai visto
sul grazioso volto
di sua moglie.
James
balzò sui propri piedi con un urlo
estasiante, lanciando il cappello in aria, cosa che di solito faceva
quando era
sopraffatto dalla felicità. Anche Annabel rise e si
alzò, gettando le braccia
intorno a suo marito. James la sollevò in aria e la fece
girare, ricoprendola
di baci sulla faccia.
James
si fermò, si allontanò da Annabel, cercando
la sua faccia e sembrando al di là delle parole. Si
guardarono l'un l'altra per
lunghi istanti prima di abbracciarsi, questa volta delicatamente. James
posò
una mano sulla parte posteriore della sua testa e sospirò.
"Vieni,"
mormorò James,
"diciamolo alle ragazze."
Annabel
annuì e sorrise. Afferrandogli la
mano, corsero su per il sentiero baciato dalla rugiada, diretti verso
il loro
casolare, ridendo, mentre uno stormo di oche volava in alto e il vento
sferzava
i capelli di Annabel intorno a loro.
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"Un
bambino!" urlò Cora con
un'animazione e un'eccitazione che non erano proprio da lei.
Cora
e suo marito sorrisero entrambi;
Nathaniel cominciò a stringere con forza la mano di James e
lo colpì sulla
schiena per fargli le congratulazioni.
I
coniugi Poe erano seduti al tavolo di legno
nel casolare, immersi in una discussione, quando gli Stewart
arrivarono.
Annabel si mise a sedere con calma, ma sorridente. Poi
cominciò a chiedere cortesemente
di Chingachgook e dello stato di cose nell'accampamento, ora che i
Lenape
stavano cambiando di nuovo i loro terreni di caccia, dato che la
primavera era
arrivata. Nathaniel era nel bel mezzo del rispondere che l'accampamento
si
sarebbe trasferito presto molto più vicino all'insediamento,
quando James aveva
cominciato a gridare del bambino.
"James..."
Annabel si lamentò,
arrossendo. Lui ignorò sua moglie.
"Sentite
tutti? Sto per diventare un
papà!" Sfrecciò eccitato per la stanza, tirando
fuori la sua bottiglia di
whisky dal ripostiglio, in un piccolo baule.
"Questo
è solo per le occasioni
speciali," si entusiasmò, aprendola e facendo un sorso.
Annabel
girò gli occhi. "Due giorni fa
non era qualcosa di speciale il fatto che tu e Robert andavate
gironzolando
ubriachi, dando spettacolo."
"Robert
Lancaster cadde nel fiume,"
spiegò Cora a suo marito, ridacchiando. "E... e poi James
pensò che sarebbe
stato divertente lasciarlo lì a nuotare per un po'."
Annabel
scosse la testa in un frustrato
raccoglimento. "Le urla dell'uomo mi portarono dal casolare al fiume.
Affermo che l'intera Valley debba aver sentito le sue bestemmie. Nel
frattempo,
mio marito, dimostrando il calibro di amico che è e la
profondità del suo
cameratismo, lo stava colpendo con le ghiande dalla riva del fiume."
"Sì,"
disse James in tenero ricordo.
"Ho dovuto ripescarlo fradicio come una trota e lasciarlo a casa
sua."
Cora
andò a controllare l'andamento del pasto
serale, e girò lo stufato prima di richiamare gli altri.
"Amici, sono
fuori di me dalla felicità. Un bambino è una tale
benedizione, davvero."
"Sono
assolutamente d'accordo, signora
Poe," sogghignò James mentre stava passando la bottiglia a
Nathaniel.
"A pensare che alla fine dell'estate avrò un piccolo
principe o una
principessina che accompagnerà la mia piccola regina."
Annabel
sogghignò felicemente.
"Cora,
lo stufato che stai preparando
sembra molto invitante," mormorò Annabel dopo qualche
istante e Nathaniel
annuì piacevolmente.
James
si alzò e gettò sbadatamente la
bottiglia nel cesto di Alice, accanto al letto.
"James
- Quel cesto appartiene
ad Alice. Per piacere, togli cortesemente da lì la tua
bottiglia di alcool e
mettila al suo posto, grazie." Annabel disse ciò
severamente, ma James
fece semplicemente spallucce.
"Non
le dispiacerà."
"A
me dispiace," replicò Annabel,
aggrottando leggermente le ciglia.
Cora
si mise a sedere e improvvisamente si
intromise. "Dov' è andata mia sorella, a proposito? Sono ore
che non la
vedo."
"Sta
con Uncas, Cora. Starà bene,"
replicò Nathaniel.
Cora
tacque, sentendosi a disagio. Aveva
completa fiducia in Uncas, ma pensava che non fosse appropriato per la
giovane
coppia trascorrere così tanto tempo insieme, senza
sorveglianza.
"James
e io costruiremo una culla per il
bambino nei prossimi mesi," Nathaniel rivolse questa frase ad Annabel,
"e per qualsiasi altra cosa pensi di avere bisogno, non esitare a
chiedere, Annabel."
Annabel
sorrise brillantemente, poi la sua
espressione cambiò per la confusione. "Ma supponevo che voi
ci avreste
lasciati presto per stabilirvi verso ovest."
Nathaniel
e Cora si scambiarono silenziosamente
degli sguardi, prima che Nathaniel replicasse.
"Ci
abbiamo pensato su un bel po'. A
cos'è importante per noi e a cosa ci porterà il
futuro. Cora e io abbiamo
deciso di restare a est. Cercheremo la terra qui e costruiremo la
nostra casa.
La mia sensazione è che Alice sia a posto. Guerra o non
guerra, vogliamo stare
insieme, suppongo."
James
li illuminò con la sua espressione
esultante e Annabel sembrava sopraffatta dalla gioia.
"Amici
miei," mormorò Annabel,
"mi avete dato la notizia più bella che io abbia ricevuto da
molto tempo,
oltre a quella del bambino. Mio marito e io rispettiamo molto il vostro
pensiero di stabilirvi nella valle dell' Ohio e ne
approviamo la
solidità, ma la vita non è mai una promessa e si
dovrebbe dare più premura ai propri
cari, stando loro vicino.
Tutti
erano d'accordo su questa affermazione e
furono interrotti da un forte bussare alla porta.
Cora
credeva che fosse sua sorella e corse
rapidamente verso la porta, aprendola con prontezza.
"Oh!
Stephen, mio caro, pensavo che fosse
Alice. Prego, entra..." Cora si sentì leggermente delusa che
il nuovo
venuto non fosse la sua sorella minore smarrita.
Stephen
Mason entrò nella sua solita maniera, con
gli occhi sorridenti, fischiettando e roteando il suo vecchio, logoro
cappello.
Sorrise a tutti e fece un piccolo inchino.
"Stephen,
c'è il nostro uomo!" urlò
James e invitò il ragazzo a sedersi.
"Certamente,
signor Stewart, ma -"
"Nulla
di tutto ciò. Il signor Stewart
era mio padre. Da adesso, sai di chiamarmi James."
"Va
bene, allora. Siamo d'accordo. Ma
dove posso sedermi?"
Nathaniel
e James si alzarono in piedi e
immediatamente cominciarono a cercare qualcosa che fungesse da sedia.
Alla fine
James afferrò il baule di Annabel e lo mise in posizione
verticale, di lato,
accanto al posto di sua moglie.
"Tu
prendi la sedia, ragazzo, e io mi
siedo qui, vicino alla mia bella ragazza."
Dopo
che tutti si erano sistemati, Annabel chiese,
"Spero che tu rimarrai per cena, vero ragazzo?"
Stephen
annuì e sorrise felicemente, sentendo
il dolce profumo dello stufato di manzo. Si guardò intorno.
"Dov’è
Alice? Uncas?"
"Fuori,
a gironzolare per tutta la
Valley, da qualche parte," replicò James disinvolto, mentre
le donne
tirarono fuori le scodelle e i boccali e cominciarono a servire i
commensali.
Era anche incluso il pane che Annabel aveva sfornato prima. James prese
un
enorme boccone di stufato di manzo e patate e parlò
rumorosamente, con la bocca
aperta.
"Ah,
che bello essere giovani e
innamorati!"
Annabel
sembrava pronta a fargli una ramanzina
sulle sue atroci maniere a tavola ma si fermò, troppo
contenta per tormentare
suo marito. Intrecciando le proprie dita con quelle di lui, si
sorrisero a
vicenda.
Nathaniel
cominciò a dare una spiegazione
frettolosa agli abitanti del casolare; lui aveva dovuto aiutare a fare
i
preparativi per trasferire l'accampamento e spostarsi con loro verso la
Valley,
un processo che potrebbe richiedere all'incirca una settimana.
La
testa di Stephen si alzò velocemente,
poiché i suoi pensieri furono trasportati verso la deliziosa
ragazza Delaware
che aveva incontrato mesi prima.
"Credo
di poter venire e darvi una
mano," disse Stephen in quello che sperava essere un tono di voce
indifferente.
James
gettò la testa all'indietro e scoppiò a
ridere, piegandosi in due. Le donne sembravano divertite, ma lottarono
per
nasconderlo. Nathaniel sembrava impassibile, ma perplesso.
"Tu
lo fai, ragazzo," disse James,
ansimante per la sua allegria finita. "Ritorna da noi trafitto da 50
frecce, sufficienti per rifornire la nostra catasta di legna. O meglio
ancora,
ricopriti di catrame e piume come un pollo, quando andrai... Bene, dal
momento
che hai tutta questa fretta di sacrificarti a loro."
"J..
James.." ansimava Annabel con
una risata trattenuta e Cora dondolò sul suo posto, essendo
scoppiata in
risatine mentre si immaginava la scena; un pollo sacrificale con
capelli rosso
fuoco su un altare.
Stephen
ridacchiò con loro e fece spallucce,
essendo un tipo che non si offendeva mai. La risata si
smorzò dopo pochi
minuti.
"Perché?"
parlò Nathaniel, guardando
acutamente il ragazzo. Stephen era stato dannatamente fortunato
l'ultima volta
che era entrato disinvolto nell'accampamento, nel senso che gli
abitanti non
avevano reagito in modo agitato.
"Non
c'è una ragione, Nathaniel. Credo
solo che potrei aiutarti molto."
"Abbiamo
molti uomini validi e robusti
che possono farlo."
"Lo
so ma potrei... Non so... Trasportare
delle cose per te. Era solo un'idea."
Nathaniel
non sembrava molto convinto, ma
lasciò stare la cosa; suo padre aveva ragione su Stephen
Mason. Era un ragazzo estremamente particolare,
ma non si poteva negare che avesse spirito.
Alice
si rinfrescò i piedi nudi nell'acqua
corrente del fiume, arrossendo quando percepì Uncas
guardarla intensamente.
Voltandosi leggermente verso la sinistra, lo deliziò con un
sorriso esitante.
"Come
sta tuo padre?" chiese Alice,
mettendosi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.
"Sta
bene," replicò Uncas, mentre
ancora la scrutava. "Sta facendo i preparativi per spostarsi a ovest
presto."
"Quando?"
chiese Alice, cambiando
espressione. Lei si sentiva ancora leggermente a disagio al pensiero
del
vecchio patriarca Mohicano. Forse Chingachgook ce l'aveva con lei e
sentiva che
Alice aveva intrappolato suo figlio a restare a est.
"Presto,"
fu la replica solitaria di
Uncas, stringendole la mano. Le loro labbra si incontrarono e Alice
sospirò
interiormente per la vertiginosa, piacevole sensazione che davano
questi
incontri intimi. Appoggiandosi all'indietro, Alice guardò
Uncas senza fiato. Lo
sguardo di lui era inflessibile.
Da
quando si era riconciliata nel tardo
inverno, la giovane coppia aveva cercato di trascorrere insieme quanto
più
tempo possibile, ma ancora entro limiti ragionevoli. Alice continuava a
lavorare nella fattoria accanto a James, e Uncas trascorreva molto
tempo con
suo padre all'accampamento.
Uncas
aveva lo sguardo intenso, irremovibile
di suo padre, ma infuso di calore. Alice si sentiva timida e nervosa in
molte
occasioni, in cui si trovava ad affrontare lo sguardo silenzioso e
indagatore
di Uncas. Era una sensazione completamente sconosciuta per lei, prima
del suo
arrivo nelle colonie. Alice sentiva tremare le proprie interiora e
riempirsi di
calore liquido al più semplice tocco della mano di Uncas, e
tutti i pensieri le
volavano via dalla testa.
Alice
ricordò con una chiarezza imbarazzante,
pochi giorni prima, dietro la casa degli Stewart, accanto al pascolo
delle
mucche, quando Uncas si era chinato a baciarla con una tale
intensità e
passione che Alice aveva sentito il suo cuore batterle follemente. Non
riusciva
a ricordare dove fosse o che cosa stesse veramente succedendo; e la
cosa più
strana di tutte, è che lei non riusciva a respirare. La sola
cosa che riusciva
ad ascoltare era il cuore che le martellava la testa. Dopo aver
interrotto il
bacio, Uncas aveva poggiato la propria fronte su quella di lei e i suoi
occhi
ardevano con una domanda... Alice era troppo agitata e scomposta per
valutare
veramente la situazione in tal caso.
Alice
ricordò con leggero disgusto come Jeremy
le sbavava tutta la faccia e come lui si arrabbiava quando Alice
esprimeva il
suo malcontento. Tutto sommato, era stato l'inizio della fine per Alice
e
Jeremy Forsythe. A questo punto, lei aveva
cominciato a capire che
non avrebbe mai trovato la felicità con Jeremy.
"Va
tutto bene?" chiese Uncas,
sembrando preoccupato.
"Sì,"
Alice batté gli occhi
rapidamente per scacciare i ricordi spiacevoli. "I miei pensieri mi
hanno
portata a Londra per un momento. Va tutto bene, Uncas."
"A
cosa stavi pensando?" perseverò
Uncas, togliendole una piccola foglia dai capelli.
Alice
lo guardò rapidamente. Cora le aveva
accennato che Nathaniel gli aveva parlato del suo fidanzamento rotto
con
Jeremy, ma Uncas sembrò rispettare la privacy di Alice e non
affrontò
l'argomento con lei. Alice si chiese in breve se questa fosse una
caratteristica interamente tipica della gente delle colonie, Rossi e
Bianchi,
poiché quasi tutti quelli che aveva incontrato qui erano
incredibilmente
discreti e riservati. Praticamente avevano la bocca cucita.
"Beh..."
disse Alice esitante,
alzando lo sguardo al cielo, verso bianche distese di nuvole contro il
blu
splendente di un giorno di primavera. "Stavo ricordando qualcosa che
vorrei poter dimenticare."
Uncas
fece scorrere un pollice incallito sulle
nocche di Alice e non disse niente, ma i suoi magnifici occhi scuri, a
mandorla
la spinsero a proseguire.
"Uncas.
So che tu sai che io ero
fidanzata con un altro uomo a Londra," Alice disse tutto questo molto
velocemente, come se fosse felice di esprimere tutto ciò, "e
ti ringrazio
per non avermi fatto domande o infastidita."
Uncas
si sedette, appoggiandosi con la schiena
e la guardò, pensieroso. "Parlami di lui."
Alice
si sentì tesa. Si sentiva sempre così,
quando la conversazione andava a finire sull'uomo in questione.
"Si
chiamava Jeremy Forsythe. Lo
conoscevo sin dall'infanzia. Giocavamo in giardino quando eravamo
piccoli.
Durante la nostra adolescenza, lui si prese una cottarella per me e
papà era
felice. Come puoi già immaginare, proveniva da una famiglia
con una grande
quantità di denaro. Non ti annoierò con i
grovigli sociali della ricchezza a
Londra, ma quando venne fuori il discorso del matrimonio, io ero
piuttosto
giovane e non ebbi preoccupazione, con mio padre che
organizzò la cosa."
Uncas
annuì, inespressivo.
Alice
cominciò a parlare più animatamente.
"Non era l'uomo che pensavo che fosse. Fece delle avances sconvenienti
e il suo linguaggio, ci avevo fatto caso, era molto osceno. Un
giorno..."
Alice fece una pausa, poiché questa era la parte difficile.
"Che
cos'è successo?" chiese Uncas,
i suoi occhi si strinsero.
Alice
si schiarì la gola.
"Un
giorno mi seguì nella biblioteca
nella casa della mia famiglia e si comportò in un modo molto
indecoroso,
disdicevole. Si arrabbiò quando io lo rifiutai ed espressi
il mio disgusto. Poi
lo picchiai."
Alice
stese la mano. "Così."
Alice
scosse la testa, ripensando
all'espressione sconvolta sulla faccia del suo amico d'infanzia.
Alice
continuò. "Devo dire che tu non mi
avresti riconosciuta, Uncas, se avessi visto com'ero diventata
furibonda. Gli
ho urlato che stavo chiudendo il nostro fidanzamento, che non era
più il
benvenuto nella casa di mio padre, che... che avrei disonorato il mio
nome piuttosto
che sposarlo."
Uncas
comprese le parole e le strinse la mano,
con gli occhi che la cercavano. "Lui non l'ha presa bene, vero?"
Alice
si lasciò scappare una risatina
soffocata per la minimizzazione della cosa. "No, direi proprio di no.
Cominciò a dirmi delle parole talmente crudeli; che la sua
famiglia aveva avuto
ragione per tutto il tempo, che poteva cercare molto di meglio della
secondogenita di uno Scozzese di umili natali, una famiglia senza
alcuna
importanza. Disse altre cose... se ne andò," Alice concluse
il racconto
cupamente, raccogliendo un ciottolo e gettandolo nel fiume, guardandolo
affondare.
Alice
tirò la manica dell'abito sciupato che
tutte e tre le donne mettevano e si guardò intorno. Le mani
ancora le facevano
male per il pesante compito di fare il bucato per gli abitanti del
casolare, di
inchiodare la staccionata continuamente spezzata in posizione. Ma Alice
non poteva
immaginare di ritornare alla sua vecchia vita.
Improvvisamente
Alice avvolse le braccia
intorno a Uncas, sospirando beatamente quando lui la strinse forte a
sé.
"Sono
felice qui, Uncas," disse
Alice contro il blu scuro della sua camicia di calicò,
mentre lui le
accarezzava i capelli. "Non scambierei la vita nella corte del Re o di
qualsiasi corte in Europa con la felicità che ho trovato
qui... malgrado la
perdita di mio padre e della mia vecchia vita."
Alice
tirò fuori i piedi nudi dall'acqua, li
nascose in basso e sorrise a Uncas.
"So
che saremo felici insieme,
specialmente quando avremo una casa tutta nostra con i nostri amici e
la nostra
famiglia accanto."
Alice
si chinò per baciarlo, quando Uncas
improvvisamente si alzò in piedi e tirò fuori la
sua accetta con una velocità
sorprendente. La sua postura diceva che desiderava avere la carabina a
portata
di mano.
Alice
si alzò velocemente e registrò, con una
certa sorpresa, l'improvvisa comparsa della moglie di uno degli
agricoltori, di
cognome Clayton. Alice aveva incontrato la donna bionda, smilza
soltanto una
volta o due di passaggio, quando loro avevano fatto visita agli Stewart
dalla
loro fattoria, a monte.
In
questo momento, la faccia della donna era
congelata per lo shock assoluto, con i suoi occhi che guizzavano tra
Uncas, che
stava in piedi immobile, e Alice.
"Signora
Clayton," salutò Alice,
lamentandosi internamente, "Sono proprio felice di rivedervi. Posso
solo
azzardare l'ipotesi che steste andando a fare visita agli Stewart.
Confido che
vostro marito e i vostri figli stiano bene, vero?"
La
bocca dell'altra donna si apriva e si
chiudeva come un pesce fuori dall'acqua.
"Sì...
bene..." lei riuscì a dire.
"Buongiorno a tutti e due."
La
donna si voltò e camminò rapidamente a
grandi passi, sparendo dal campo visivo. Senza dubbio
per diffondere la
storia della ragazza bianca che ha trovato tra le braccia di un uomo
rosso nel
bosco... Alice scosse la testa e fece a Uncas un'occhiata
prudente.
Alice
sentì delle emozioni contrastanti per
quello che era appena successo. Da un lato, non si vergognava della
decisione
di stare con Uncas ed essere sua moglie. Ma se doveva essere veramente
onesta
con se stessa, sapeva che non sarebbe stato facile rivolgere un occhio
cieco e
un orecchio sordo a tutto ciò che i coloni avrebbero avuto
da dire.
"Tutto
bene?" Uncas rinfoderò la sua
accetta di lato e guardò Alice astutamente.
"Sì,"
replicò Alice, strofinandosi
le mani nervosamente. "Ritorniamo, Uncas. Devo preparare la cena."
Si
tennero per mano durante il cammino di
ritorno verso il casolare, ma Uncas sentì una freddezza in
lei che non c'era
prima. Si domandò se Alice si stesse sforzando per non
tirare via la propria
mano da quella di lui.
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Tankawun
era seduta in silenzio nel wigwam
della sua famiglia, le sue agili dita che legavano delle piume alla
parte
finale di un lungo ramo di betulla, per fare un bastone. Sua madre le
aveva
assegnato molti lavoretti da svolgere per la giornata; oltre al
bastone,
Tankawun doveva pestare il grano in preparazione della cena, sbucciare
un po' di
corteccia per fissare i secchielli che usavano, raccogliere un po' di
linfa,
raschiare le pelli con ossi e conchiglie, pestare e poi arrostire le
ghiande da
dare a sua nonna...
E
questo era solo per cominciare.
Con
un sospiro frustrato, Tankawun lanciò il
bastone incompleto e uscì velocemente fuori dal wigwam,
scostando il lembo di
pelle con impazienza.
L'aria
era fresca, frizzante, un po' freddina,
ma era lontana dal ghiaccio e dalla neve che c’erano nella
stagione fredda, e
per questo, Tankawun era felice. Sentì una stridula voce di
donna che la
chiamava mentre lei camminava a grandi passi verso il bosco, ma la
ignorò. Era
un'altra delle amiche ficcanaso di sua madre, che stava sempre a
spettegolare
su qualcosa.
Tankawun
camminò lungo le rive del fiume per
lungo tempo. Alla fine loro si erano spostati verso est pochi giorni
prima, ed
erano molto più vicini all'insediamento.
Tankawun
non aveva paura dei Bianchi che
abitavano in queste zone, poiché se ne stavano per conto
loro.
Lasciandosi
cadere su una riva rugiadosa del
fiume, placida, invece di correre, Tankawun si prese un momento per
valutare
l'ambiente circostante. Il sole non era così alto nel cielo;
ciò significava
che aveva trascorso tutta la giornata dentro il suo wigwam.
Notò gli
anatroccoli e le raganelle, e sapeva che tra poche brevi lune sarebbe
arrivata
di nuovo la stagione calda.
Tankawun
guardò il proprio riflesso nelle
profonde, silenziose acque del fiume, con la mente che ribolliva nella
confusione.
Tutti
le avevano sempre detto che era
bellissima... Non che lei non fosse d'accordo, ma Tankawun non prestava
troppa
attenzione a questa valutazione. Analizzò i suoi lineamenti
e chinò la testa di
lato per la frustrazione. Era inutile. Lei cercava una visione di
bellezza, ma
tutto ciò che vedeva era se stessa, lineamenti gradevoli, ma
era talmente
troppo abituata alla sua faccia che forse le passava inosservata.
Oscillando
leggermente sui talloni mentre si
appoggiava all'indietro, Tankawun sentì la ben nota fitta al
cuore quando
ripensò a Uncas.
La
prima volta che lo aveva visto, nella sua
dodicesima estate, Tankawun sapeva, al di là di ogni dubbio,
che quello era il
ragazzo che avrebbe sposato. Era come se qualcuno avesse acceso una
fiamma nel
suo cuore. Pensava che col tempo il sentimento sarebbe diminuito, ma
era
soltanto dormiente, risvegliandosi di nuovo quando Tankawun si
riunì con Uncas
la scorsa estate, quando era arrivato abbattuto, insanguinato, ma
più bello e
più forte che mai.
Il
pensiero continuò ad affliggere Tankawun,
ma lei sapeva di aver perso la sua opportunità per
l'esistenza della bionda
ragazza Yengeese.
Tankawun
riconobbe facilmente che la ragazza
bianca era incredibilmente bella, i suoi capelli morbidi, del colore
della
Luna. I suoi occhi erano di un colore talmente raro e magnifico... il
cielo blu
dell'estate si rifletteva nelle acque silenziose del fiume. Ma la cosa
più
importante era che la ragazza di Luna aveva un animo buono.
E
Uncas la amava. Questo diventò evidente per
Tankawun quando tutti loro si erano incontrati a casa della donna
Yengeese
morente. Tankawun aveva fatto finta di dormire, ma era rimasta sveglia
per
guardarli. Non aveva capito neanche una frase della strana lingua
parlata dai
Bianchi, ma non era necessario.
Uncas
e la ragazza si erano seduti molto,
molto vicini. La dolce espressione di tenerezza sul viso di Uncas, che
guardava
incantato la ragazza, avrebbe fatto male al cuore di chiunque,
pensò Tankawun,
e loro parlavano sussurrando... Poi carezze, poi...
Tankawun
si spostò dal fiume e sospirò. Non
era stato facile assistere a questo. Ma si era rassegnata. Anche se era
curiosa... dove sarebbero andati a vivere? Nessuna società
li avrebbe
accettati, Tankawun sapeva che questa era la verità. Forse
avrebbero potuto
costruire un casolare nel bosco senza nessuno che li disturbasse... A
Tankawun
piaceva questa idea. Avrebbe chiesto in giro per vedere in quale
direzione
Uncas e Alice avrebbero potuto trovare della terra che non fosse
abitata da troppi
Bianchi o Indiani –
Il
rumore di un ramo spezzato richiamò i suoi
pensieri al presente e Tankawun balzò in piedi.
Vide
la sagoma di un uomo bianco con un
moschetto in mano e la paura la attraversò. Facendo
cautamente un passo
indietro, Tankawun guardò il giovane stancamente.
Era
il ragazzo dai capelli rossi che li aveva
aiutati molto durante i giorni della febbre. Il suo nome le
sfuggì sul momento.
"Ciao!"
disse Stephen allegramente,
togliendosi il cappello come formula di saluto e sorridendo.
Tankawun
sentì la paura dissolversi
istantaneamente e ricambiò prontamente il sorriso di lui,
che intanto fece un
incerto passo avanti.
Stephen
disse alcune parole alla ragazza, che
gesticolava dietro di lui. Tankawun capiva molto poco della lingua
Yengeese, ma
sentiva le parole "famiglia" e "casolare"; evidentemente si
era allontanata dai terreni di caccia Delaware e aveva gironzolato nei
pressi
dell'insediamento, vicino alla casa del ragazzo.
Stephen
le fece cenno di sedersi e Tankawun lo
fece. Il ragazzo si mise a sedere vicino a lei, poggiando il moschetto
sulla
riva muschiosa. Tankawun gli sorrise ampiamente e osservò
con imperturbabile
interesse le guance del ragazzo, che stavano prendendo lo stesso colore
rosso
fiamma dei suoi vivaci capelli.
Parlarono
disinvolti per un po', mimando
parecchio e c'erano molti disegni fatti coi bastoncini sulle rive
fangose.
Tankawun riuscì a sapere che lui viveva con sua madre e la
sua sorella minore,
che suo padre era venuto a mancare, proprio come il suo.
"Mocassini."
Tankawun sorrise
giocosamente, indicando col capo i piedi di Stephen e il ragazzo rise.
Improvvisamente
Stephen tirò fuori dalla tasca
un pacchetto avvolto nella carta e glielo offrì, sorridendo.
Tankawun lo prese
curiosamente e scartò il pacchetto, guardando il contenuto.
Lei guardò il
ragazzo, confusa per i piccoli pezzi di... che
cos'è? pensò
Tankawun.
"Keku
hesh nen?" lei
fece la domanda in Lenape, dimenticandosi che il ragazzo non capiva.
Stephen
spezzò una minuscola parte e la
mangiò, poi guardò Tankawun con un' aria d'attesa.
Tankawun
sentì un po' di trepidazione ma imitò
il gesto di lui, spezzando attentamente un pezzettino e inghiottendolo.
La sua
bocca si riempì di dolcezza. Era frutta secca candita di
qualche tipo.
"Vedi,
che buona!" disse il ragazzo,
cercando l'approvazione sulla faccia di lei. Tankawun comprese soltanto
l'ultima
parola.
"Ahikta,
nchu." Tankawun era
d'accordo con la sua affermazione. "Ahi
shukelipukot."
Ci
fu una pausa imbarazzante, e Stephen fece
una domanda che la ragazza non riuscì a decifrare. Tankawun
fece spallucce,
impotente.
Raccogliendo
il bastoncino, il ragazzo disegnò
per terra quello che sembrava essere un sole con i raggi prolungati,
soltanto
che era sottosopra. Stephen indicò lei, se stesso e il
disegno.
Tankawun,
da parte sua, era completamente
confusa. "Keku nink lah kemikentam?"
domandò, chiedendogli che
diavolo stesse facendo.
Ma
il ragazzo era paziente. Indicò la ragazza
con il dito. "Tankawun."
Poi
indicò se stesso. "Stephen."
Tankawun annuì lentamente.
"Domani."
Stephen annunciò questo
chiaramente. Tankawun sforzò la memoria e poi si
ricordò la parola, avendola
sentita dai commercianti Yengeese.
Il
ragazzo indicò la riva del fiume, sorrise
nervosamente e alla fine Tankawun comprese; Stephen avrebbe voluto
rivederla il
giorno dopo, nel momento in cui il sole tramontava. Verso quell'ora.
Molte
persone, pensò Tankawun fugacemente,
perlomeno molti Lenape, non avrebbero mai pensato di fare qualcosa del
genere,
spaventati com'erano dagli Yengeese e dalla loro crudeltà.
Tankawun
non era come queste persone. Era
abituata a fare tutto quello che si sentiva di fare.
Tankawun
annuì e si alzò in piedi,
scuotendosi leggermente la gonna di pelle di daino. Mormorò
parole di addio e
cercò di ripetergli la parola.
"Do...
Domani." La ragazza sussultò
per l'imbarazzo, ma anche il giovane si illuminò e si
alzò in piedi, afferrando
il moschetto.
Tankawun
si voltò e si affrettò oltre
l'argine, verso i terreni di caccia, con un lieve sorriso sulla faccia.
Il suo
precedente fastidio se n'era andato ed era felice di aver trovato un
amico nel
ragazzo bianco.