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Autore: _MartyK_    07/12/2016    1 recensioni
#markson
Mark Tuan è un hikikomori: da quando aveva sedici anni vive rinchiuso nella sua stanza, non curandosene del mondo esterno e della realtà. E' timido, perennemente imbronciato e un tantino scontroso con chiunque gli rivolga la parola. I suoi genitori hanno provato a farlo convivere con alcune ragazze in affitto, ma purtroppo non ha funzionato, così chiedono l'aiuto di un... ragazzo.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano passati all'incirca quindici minuti da quando Mark se n'era andato e Sun Hi era leggermente preoccupata per lui.
Lasciò i popcorn e il bicchiere mezzo pieno di Coca Cola e si avviò verso il corridoio. In lontananza si sentirono delle urla, in particolare qualcuno che gridava a gran voce il nome di Mark, e ciò la lasciò interdetta. Poi vide il biondo correre nella sua direzione.

- Mark? Che è successo?- provò a chiedere. Il ragazzo si passò il dorso della mano sul viso bagnato dalle lacrime e fuggì via. Nel farlo le dette una leggera spintarella. Jackson corse appresso al ragazzo e scansò la rossa come se non esistesse.

- Qualcuno può spiegarmi che sta succedendo qui?!- esclamò a quel punto. Jaebum e Bambam si avvicinarono alla ragazza e l'affiancarono.

- Abbiamo sbagliato. L'abbiamo fatta grossa con quel poveretto- il più piccolo incrociò le braccia al petto e si morse il labbro inferiore.
Jaebum fece sì con la testa.

- Che avete combinato?- Sun Hi assottigliò gli occhi e puntò l'indice accusatorio contro tutti e due.
Erano amici di vecchia data e compagni di scuola, poteva permetterselo.
I due ragazzi si lanciarono un'occhiata e sospirarono all'unisono, per poi raccontare com'era andata per filo e per segno.






* * *








Aveva fatto il tragitto scuola-casa correndo a perdifiato per la città, e ora era a dir poco stanco morto. Aprì la porta d'ingresso e si fiondò dentro, filando dritto verso la sua camera da letto.
La madre provò a chiedergli spiegazioni ma tagliò corto con un gesto disinvolto della mano. 'Chiunque bussi a quella dannata porta, voi non aprite!', si erano sentiti dire i suoi genitori.
Come previsto, dopo neanche due minuti si sentì bussare più e più volte, Simone andò a vedere chi fosse guardando dallo spioncino e notò che era Jackson.
Questo incominciò a suonare ripetutamente il campanello.

- Non aprire!- urlò Mark dal piano di sopra.
Il ragazzo si chiuse a chiave e si accasciò a terra, con la schiena appoggiata alla superficie liscia della porta.
Portò le gambe al petto e le circondò con le braccia, posando la fronte sulle ginocchia. Pianse silenziosamente, quasi in un sussurro.
Non avrebbe mai dovuto permettergli di entrare dentro di lui, perchè quella stanza, seppur piccola, era il suo mondo, tutto ciò che più lo caratterizzava.
Sapeva tutto di lui: della passione per i peluche, dei maglioni caldi, dei videogame, del computer.
E se n'era preso gioco sputtanandolo davanti a tutti i compagni e facendo loro credere che fosse un misero pazzoide bisognoso di qualcuno con cui passare del tempo. Come se lui fosse ritardato e avesse bisogno di un assistente sociale, o qualcosa del genere. Dio, se si sentiva una merda.
Aveva sbagliato tutto, dall'inizio alla fine. Non voleva più vedere nessuno, che si fottesse la razza umana, lui stava bene da solo.
Sentì strani rumori e un forte trambusto al piano di sotto, Simone molto probabilmente non aveva resistito a non farlo entrare.
Per sicurezza prese la sedia vicino alla scrivania e la posizionò sotto la maniglia della porta, bloccandola.

- Jackson non posso, mi dispiace- Simone era davvero imbarazzata, il moro le aveva appena chiesto se poteva rimanere con Mark.

- Perchè no? Devo chiarire questa storia- sbuffò il ragazzo.
In cucina Raymond osservava la scena impassibile, con gli occhiali calati sul naso e un'espressione corrucciata in volto.
Come al suo solito, una volta tornato dal lavoro, si trovava di fronte ad una tazza di caffè fumante e un quotidiano pronto da leggere.
Nonostante fossero le sei e mezza del pomeriggio, a lui piaceva prendersi questa pausa, dato che da un po' di tempo non poteva permetterselo la mattina.

- Jackson, io non so cosa sia successo, ma Mark mi ha detto chiaramente che non vorrebbe vederti per un po'. Magari deve prendersi tempo per pensare, sai, ha fatto molti progressi in così poco tempo... è strano anche per lui. Cerca di capirlo- la donna cercò di essere più calma e pacata possibile, rivolgendo un'occhiata bonaria al ragazzo.

- Okay. Allora io... vado- borbottò incerto. S'inchinò in segno di rispetto e salutò nel medesimo modo il padre del ragazzo, girando i tacchi e facendo per andarsene.
Si bloccò proprio davanti al portone di casa. Tempo per pensare? Ma che cavolo aveva detto Mark a sua madre?!
Certo, aveva fatto progressi, si era aperto di più con lui e aveva accettato persino di ricominciare ad andare a scuola, perchè avrebbe dovuto fermarsi e pensare ora? Non aveva senso.
Si voltò per l'ennesima volta e salì a grandi falcate le scale, chiedendo nel frattempo scusa ai genitori del ragazzo per il suo comportamento scortese.
Chiedergli di aprire la porta sarebbe stato inutile, così provò ad aprirla ma non ci riuscì.

- Mark, apri questa cazzo di porta!- urlò bussando così forte che sembrava stesse tirando pugni.

- Vattene via, stronzo di merda!- dall'altra parte della stanza si sentì la voce rotta del biondo.

- Devo spiegarti! Non puoi lasciarmi qui così! Non puoi, capito?!- continuò ad urlare l'altro.
Il biondo smise di rispondergli. Andò a frugare tra i cassetti della scrivania alla ricerca dei tappi per le orecchie, il rumore dei tonfi era davvero assordante.

- E rispondimi quando ti parlo, o la sfondo!-
Mark si infilò tra le coperte e prese a giocherellare sul suo cellulare, ignorando l'altro come meglio poteva.
Nonostante avesse i tappi, sentì tonfi ancora più forti provenire dall'altra parte della casa, segno che Jackson stava provando davvero a sfondare la porta.
Okay, perchè i suoi genitori glielo lasciavano fare?
Era un po' spaventato, sia dal rumore che dalla porta. Si stava scardinando e stava venendo giù.
Si scostò le coperte di dosso, levò i tappi e si avvicinò al ragazzo, strizzando gli occhi per il rumore.

- Finiscila, idiota!- urlò.

- E tu aprim..!- Jackson non finì nemmeno di parlare che la porta si spalancò.
Sull'uscio c'era un Mark decisamente diverso dal normale. I suoi occhi erano rossi e gonfi, i capelli arruffati e indosso aveva una felpa gialla a pois rosa.
Tirava su col naso e gli lanciava occhiate infuocate. Le labbra erano contorte in una smorfia.

- Non si gioca coi sentimenti delle persone- fu tutto quello che riuscì a dire, una volta che ebbe di fronte il moro.

- Non ho giocato con te- si difese prontamente l'altro. Mark sorrise in modo amaro, abbassando lo sguardo.

- Ho visto come sei con gli altri e come sei con me. Sei simpatico, chiacchierone, chiassoso e amichevole. Con me sei solo... tranquillo. Una pasqua. Tu mi chiedi cosa voglio fare, io rispondo e tu annuisci e basta. Nè fai battute, nè parli di scuola, amici e roba simile- disse con un filo di voce.
Jackson deglutì a vuoto, la gola gli si era seccata un'altra volta.

- Noi non abbiamo... amici in comune, ecco- fu la prima cosa che gli venne in mente.
Se fosse stata una situazione diversa, Mark avrebbe riso. E avrebbe riso a crepapelle, perchè sembrava avesse citato Facebook.
Solo ora si rendeva conto di quanto fosse simile la vita reale e quella virtuale.
E solo ora si rendeva conto di quanto fosse meglio postare e mettere 'mi piace' invece che parlare e spettegolare. La vita virtuale era meglio, non c'era nulla da fare.
Lì la gente fa di tutto per mostrarsi buona e cara, senza che venga a galla la vera facciata.
Quando conosci una persona dal vivo, invece, per quanto voglia mostrarsi gentile e carina prima o poi commetterà errori e si rivelerà per quello che è davvero.

- Perchè lo hai fatto?- gli domandò ad un tratto.

- Perchè ho fatto cosa?-

- Tutto. Perchè hai voluto essere mio amico?- e glielo chiese con gli occhi lucidi.

- Mi piace far sorridere la gente- rispose a bassa voce Jackson. A Mark tremò il labbro inferiore, sembrava un cane bastonato.

- Ti piace vedere falsi sorrisi per qualche spicciolo a settimana? Jackson... io non posso, davvero. Mi fai schifo- fece per chiudere la porta ma il ragazzo la bloccò con un piede, entrando dentro.
Si avvicinò pericolosamente al biondo e lo spinse indietro. Poteva accettare tutto essendo in torto marcio, però non gli stava bene che gli rinfacciasse una cosa non vera.

- Tu credi veramente che io abbia fatto tutto questo per soldi?!- alterò di poco il tono di voce senza accorgersene. Il volto di Mark assunse un'espressione interrogativa.

- Credi che i tuoi mi abbiano pagato perchè ti riportassi alla civiltà?- domandò ancora.

- E' quello che fai nel tempo libero- disse con freddezza il biondo, scrollando le spalle come se fosse ovvio.
Jackson lo spinse così forte che lo fece cadere a peso morto sul letto. Era ferito, tremendamente ferito. E mai avrebbe immaginato che a ferirlo fosse Mark.
Per cosa poi? Vendicarsi di ciò che aveva detto in tono sarcastico con alcuni idioti dei suoi amici.

- Bene. Sappi che i tuoi avevano l'intenzione di pagarmi ogni settimana come fanno con tutti i ragazzi e le ragazze in affitto, ma io ho rifiutato. E l'ho fatto solo con te, solo per te-
Mark sgranò gli occhi nel sentire quelle parole. Quindi quella di Jackson non era una grande bugia? Si era davvero mostrato per quel che era?

- I-io non lo...- il moro lo bloccò tirandogli un calcio alla gamba sinistra.

- E l'ho fatto perchè mi piaci. Mi sei piaciuto fin dal primo momento, scemo! Ho sempre pensato che avessi il sorriso più carino del mondo e che senza occhiali saresti stato perfetto. Mi piaceva alternare a quei momenti di piena conversazione quelli di vuoto totale, respirare la tua stessa aria e sfiorarti di tanto in tanto- si bloccò un secondo, riaprendo gli occhi e incrociando quelli sconvolti del biondo.

- Ma vedo che tu non sei del mio stesso avviso- concluse infine, asciugandosi una lacrima solitaria sulla guancia e abbandonando la stanza.

- A-aspetta!- biascicò Mark, la mano alzata a mezz'aria. Jackson aveva ormai chiuso la porta.
Non sentiva nemmeno i passi sulle scale, se n'era andato.
Simone nel frattempo bloccò il moro prendendolo per un braccio.

- Jackson! C'era un casino terribile, avete risolto la faccenda?- domandò tutta preoccupata. Il ragazzo si sforzò di sorridere.

- Tutto a posto- annuì e se ne andò. Forse per sempre.
Era incredibile come la situazione si fosse ribaltata. Prima era Mark quello triste e offeso ed ora lo era lui.
Si erano feriti a vicenda senza un vero perchè. Un coltello piazzato all'altezza del cuore avrebbe fatto meno male.




Mark non si dette pace per tutta la serata, provò a telefonargli ma non rispondeva, poi si ricordò di Facebook. Cercò il suo nome e comparì il suo profilo. Due click e invio.










* * *










Non aveva niente da fare, i compiti se li era sbrigati in pochi minuti e di voglia di girovagare per Facebook e Whatsapp ne aveva poca.
D'un tratto il suo cellulare vibrò, era una notifica da un qualche social. Sbuffò e sbloccò l'affare, controllando Facebook.

Mark Tuan ha chiesto di essere tuo amico su Facebook.

Aggrottò le sopracciglia e si lasciò scappare un mugolio annoiato. Ancora lo tormentava?
Credeva che il non rispondere alle telefonate lo avesse fatto rassegnare.
Non sapeva che fare, il suo pollice andava a destra e a sinistra, facendo per cliccare su accetta o rifiuta.
Alzò gli occhi al cielo, sapeva che se ne sarebbe pentito.
Non appena posò lo smartphone sul comodino, questo vibrò emettendo una breve suoneria, segno che era arrivato un messaggio.

Hey, lo so che se hai accettato l'amicizia è per non rispondere o bloccarmi. Volevo chiederti scusa!!!
(22:15)


Lo ignorò e buttò il cellulare sul letto, andandosene in salotto.

Sei offline apposta! Ma guarda te che..! Io sopravvivo ad una porta che sta per cadere a terra e tu non sopporti il telefono che squilla, esiste il silenzioso!! E comunque se non vuoi accettare le mie scuse non fa niente, so cavarmela benissimo da solo. Non mi serve uno che mi giudica alle spalle >.<
(22:23)


Ti sei offeso di nuovo?!?
(22:37)


Se proprio vuoi ignorarmi allora bloccami -.-
(22:51)


Perchè non mi blocchi?
(23:07)



Jackson visualizzò e non rispose a nessuno di questi messaggi, con un sorrisino compiaciuto a dipingergli il volto.
Dopo cena se ne andò a dormire. Avrebbe sognato i cloni di Mark tempestargli il cervello, ne era certo.








* * *









A scuola non andava tutto liscio, Mark si era ritrovato l'armadietto pieno delle solite parolacce e le chewing-gum che fungevano da scotch per i fogli.
Roteò gli occhi al cielo, era deciso ad ignorare quegli insulti proprio come faceva Jackson coi suoi messaggi. Ancora non si spiegava il motivo per cui non lo bloccava.
Si sentì prendere per i capelli e strattonato. Diamine, Yugyeom aveva una forza incredibile.

- Come andiamo? Cos'è, prima smerdi mia sorella e ora pure il mio migliore amico?!- esclamò con una vocina alquanto stridula per appartenere ad un ragazzo.
La presa sui suoi capelli divenne più salda, il biondo fu costretto a voltarsi verso di lui con un'espressione che chiedeva pietà.
Ormai quella vita era diventata così monotona che persino gli altri alunni evitavano di raggrupparsi in capannelli attorno alla scena.
Un film che andava in onda da troppo tempo.

- Mollami, coglione- sibilò a denti stretti l'altro, dimenandosi e cercando di levarsi le mani di Yugyeom di dosso.
Questo lo precedette con un calcio negli stinchi e una ginocchiata all'addome. I suoi amici risero alle sue spalle, era così divertente vederlo soffrire come un cretino?!

- Sentito? Ha detto di mollarlo-
Mark rimase sorpreso di sentire la voce di Jackson.
Aprì prima un occhio e poi l'altro, potè notare il suo sguardo inferocito.

- Chi si fa vedere! Sailor Moon, la paladina della giustizia!- scoppiò a ridere Yugyeom, seguito dai pappagalli dei suoi colleghi.
Jackson non ci pensò due volte a fiondarsi addosso al ragazzo e riempirlo di pugni e calci fino allo sfinimento.
Gli amici provarono a contrastarlo, ma fortunatamente era più forte di tutti loro messi insieme.
Dopo averlo sistemato, ergo avergli procurato un occhio nero e qualche costola rotta, trascinò con sè Mark in bagno.

- Perchè non mi hai detto che era Yugyeom il bullo?- gli domandò serio, mentre si sciacquava la faccia.

- Volevo dirtelo, ero venuto alla partita apposta e poi...- Mark si bloccò, massaggiandosi un braccio e scrollando le spalle.
Jackson annuì e gli si avvicinò, posando distrattamente il pollice sulle sue labbra.

- Le hai tutte spaccate, ti fa male?- chiese a pochi millimetri di distanza dal suo viso. Mark lo guardò negli occhi per secondi che parvero infiniti.

- Baciami e passerà tutto- e lo disse con più fermezza possibile. Jackson abbozzò un sorriso.

- Perchè non lo fai tu?-

- Perchè tu sei abituato a far scomparire la bua-
Il moro ridacchiò con quella sua risatina alterata e si fiondò sulle labbra di Mark.
Chiuse gli occhi e con una mano gli accarezzò una guancia, mordendogli piano il labbro inferiore e leccandoglielo.
Mark non poteva desiderare di meglio come primo bacio. E fu un dolcissimo scontro di labbra umide.
Un bacio che sapeva di sangue e limone.


***
Annyeong popolo di efp! Chiedo perdono come al mio solito per non essermi fatta viva per più di una ventina di giorni T.T vi spoilero una cosuccia: il capitolo nove sarà un extra ;) e niente... viva il fluff, sia benedetto u.u obv ringrazio tantissimo chi legge, segue e recensisce la storia, cioè, mi rendete davvero felice *-* (non credevo che questa 'cosa' potesse piacere a qualcuno pt. 9837563183). Mi dileguo, bacioni a tuttiiiiii e nel caso buone feste! XD _MartyK_
   
 
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