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Autore: Altair13Sirio    11/12/2016    3 recensioni
Sveglia. Corri. Ruba. Mangia. Menti. Dormi.
Ripeti.
Questa è la vita della quattordicenne Riley, scappata di casa a undici anni e diretta verso il Minnesota piena di speranze. Una volta arrivata lì, però, Riley si è resa conto che quel posto che chiamava "casa" non era più tanto accogliente e sicuro per lei, e non volendo arrendersi e tornare indietro, ha deciso di andare avanti e vivere la vita a modo suo.
Così Riley ha deciso di dimenticare il passato e di diventare una persona nuova, una persona che niente ha a che fare con la Riley del passato; quella bambina che adora giocare a hockey, sempre in vena di scherzare, non c'è più. Riley ormai non prova più emozioni, e si limita a vivere per strada come una delinquente, in attesa di qualche evento che dia una svolta alla sua vita.
Allo stesso modo vivono le sue emozioni, che rassegnate, incapaci di togliere dalla testa della ragazza quell'idea che la fece andare via, continuano a occuparsi di lei nella speranza di farle fare le scelte giuste.
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Riley Andersen, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Rabbia sembrava infastidito. Nel Quartier Generale non volava una mosca, Disgusto era al comando da parecchio tempo e Paura le stava accanto senza darle alcuna indicazione, principalmente perché non voleva rimanere vicino al focoso ometto rosso che in quel momento non aveva potuto guidare Riley come avrebbe voluto.
Sbuffava impazientemente e cercava di farsi notare, ma la verde e scintillante Disgusto lo stava ignorando di proposito. Forse voleva vedere fino a quando Rabbia sarebbe rimasto in silenzio, oppure sperava che non aprisse bocca per niente; Paura pensava che fosse una brutta idea testare la pazienza del loro capo a quel modo.
Rabbia cominciò a battere insistentemente un piede per terra, sicuramente con l’intento di attirare l’attenzione di Disgusto e Paura, che non gli avevano rivolto la parola fino a quel momento. Sentendo che il fastidioso battito delle scarpe di Rabbia non cessava, ed essendone esasperata, Disgusto decise di distogliere l’attenzione dai comandi per parlare all’ometto rosso, che evidentemente aveva qualcosa da dirle. << Vuoi qualcosa, Rabbia? >> Chiese sbuffando senza voltarsi. Paura lo fece al posto suo e vide lo sguardo adirato del loro capo che gli diede i brividi.
Quello sembrava non aspettare altro che un incentivo per aprire la bocca:<< Mi chiedi se voglio qualcosa? Voglio sapere che diavolo ti passa per la testa, ecco cosa voglio! >> Esclamò sbraitando all’improvviso.
Disgusto sospirò esasperata. << Che cosa ho fatto adesso? >> Chiese sperando che si trattasse solo di una delle recenti paranoie del loro amico.
Rabbia però pensava che non si trattasse affatto di paranoia, e da come parlò gli sembrò che fosse perfettamente dalla parte della ragione. << Il piano non era forse quello di convincere Andy a lasciarci liberi, così da poter lasciare questa discarica di città al più presto? >>
Disgusto rispose a tono, voltandosi per parlare direttamente a Rabbia e lasciando i comandi a Paura. Il timoroso esserino non disse una parola e cercò di concentrarsi su Riley, con scarsi risultati però…
<< Mi sembra che sia quello che stiamo facendo! >> Disse lei quando ebbe lasciato i comandi.
Rabbia assunse una calma innaturale per un istante e unì le mani con pacatezza:<< Ah, è così? >> Un attimo dopo allargò le braccia e alzò la voce per intimidire la sua avversaria in quella disputa. << E allora perché non lo hai fatto?! >>
<< Che cosa stai dicendo? >> Chiese Disgusto senza capire quello che intendesse lui.
Rabbia rispose subito. << Stavi controllando tu Riley, oggi a pranzo. >> Cominciò cercando inutilmente di recuperare l’autocontrollo. << Se invece di incoraggiare Andy, avessi fatto un po’ più di pressione su di lui, a quest’ora saremmo liberi! >> Urlò lasciando perdere l’autocontrollo, puntando sulla potenza della sua voce.
Disgusto si mise le mani ai fianchi e si piegò in avanti per avvicinare meglio il viso a quello di Rabbia. << Non era questo di cui aveva bisogno il ragazzo! >> Ribatté infastidita dal tono di voce di Rabbia. << Abbiamo detto che dobbiamo conquistarci la sua fiducia, no? Pensi che ci avrebbe lasciati andare solo se glielo avessimo detto? >>
Rabbia strinse un pugno agitandosi con impeto. << Se avessi usato le giuste parole, sì! >>
Disgusto si voltò adirata. << Ma per piacere! >> E spinse via Paura dalla console per tornare ai comandi. Non voleva più ascoltare Rabbia e le sue scemenze, ma la testa dell’ometto quadrato era già diventata rovente e lui non aveva alcuna intenzione di fermarsi a quel punto.
<< Eh no, signorina! >> Esclamò puntandole un dito contro. << Tu forse non vuoi andartene, forse non ti preoccupa tanto la situazione corrente, ma io… >> E si piantò il pollice nel petto gonfiando la cassa toracica per apparire più imponente. << Ho dei compiti da adempire! Sono io che faccio le decisioni qui, e da quando sono stato io al comando è sempre andata bene! >>
Gioia fu attirata dalle urla provenienti dal centro del Quartier Generale e decise di affacciarsi leggermente dalla propria finestra per vedere cosa stesse succedendo. Non aveva tanta voglia di mettere ancora il naso in affari che non la riguardavano, ma era inevitabile che sentisse le loro parole; a questo punto sarebbe stato meglio che assistesse anche alla scena con i propri occhi.
Disgusto si voltò per guardare Rabbia e rimase a fissarlo con sufficienza, poggiandosi con le mani alla console dei comandi dietro la schiena. << Credi di poter ottenere tutto con la forza, semplicemente volendolo; hai sempre agito così da quando siamo scappati, ma nel mondo bisogna sapere essere scaltri per poter sopravvivere! >> Il suo tono cambiò dall’avere una leggera punta di scherno a un forte astio nei confronti dell’ometto rosso; per infastidirlo ancora di più, Disgusto piegò la schiena in avanti come per accentuare la differenza di statura tra loro due. << Non ci hai mai pensato, ma da quando abbiamo cominciato a comportarci così con il resto del mondo, ci siamo fatti un sacco di nemici che ci hanno letteralmente cambiato la vita! >> Lei intendeva tutte le volte che Riley aveva dovuto cambiare strada per non incontrare il gestore di un locale che aveva derubato, o ogni volta che scappava alla vista di un poliziotto, o anche solo tutte le volte che rincasava a notte fonda per evitare Duncan, per paura che lui si infuriasse. << Non te ne rendi conto, Rabbia, ma prima o poi tutto quello che abbiamo fatto in questi anni ci si ritorcerà contro e dovremo affrontarlo! Sarebbe comodo l’aiuto di una persona amica, se riuscissimo ad ottenerlo… >> Concluse piantando i pugni nei fianchi e rivolgendo uno sguardo deluso all’ometto di fronte a lei che cercava di rendersi più alto di quanto fosse.
Rabbia sbatté un piede a terra e rivolse un’occhiataccia all’unica emozione che lì dentro aveva il coraggio di alzare la voce contro di lui. << Pensi che non lo sappia? Lo so benissimo, brutta stupida! E’ per questo che dobbiamo andarcene da qui il più presto possibile! >> Rabbia aprì le mani come per mostrare la loro situazione attuale. << Se non ci sbrighiamo, avremo guai molto più grossi di quelli che abbiamo vissuto negli ultimi tre anni! >>
Rabbia si voltò di scatto strattonando un suo braccio e Gioia fu spaventata dal suo gesto brusco; l’ometto rosso sembrò voler mostrare tutto il Quartier Generale con la sua mano e finì per fermarsi di fronte allo spesso vetro che dava sull’immensa landa della mente di Riley. << Tutto quello per cui abbiamo lottato, tutte le nostre speranze e i nostri sogni di una vita migliore saranno vani… Perderemo la nostra libertà, saremo banditi dal resto del mondo per sempre! >> Fece una pausa e posò una mano sul vetro, lasciando così la sua impronta su di esso. Sospirò abbassando lo sguardo sul Baratro della Memoria sotto di loro. << Avremo fallito. >>
Quelle parole spaventarono davvero tanto Gioia, che spalancò la bocca piena di sorpresa e cercò di non farsi notare dagli altri; tornare indietro avrebbe significato fallire, lasciare che Riley venisse catturata anche, e l’unico modo per uscire vittoriosi da quella situazione sembrava essere quello di abbandonare la città: una strada difficile da intraprendere in quel momento e piena di incertezze. Ma non voleva che Riley venisse catturata. Non voleva che tutto il lavoro degli altri fosse vano e la ragazza finisse per perdere fiducia in loro; non poteva fare niente per impedire che quello accadesse, se non pregare con tutta sé stessa che Rabbia e gli altri riuscissero a salvare la loro bambina. Ma se Rabbia avesse fallito, lui che non sbagliava mai, allora significava che nessuno avrebbe più potuto salvare Riley…
<< Come sei melodrammatico… >> Commentò poco impressionata Disgusto, che riuscì a suscitare l’ira di Rabbia ancora una volta. Non si curò del suo sguardo assassino e allargò le braccia:<< Non otterremo più niente con la forza, e l’unico modo per potercene andare una volta per tutte da questa città è facendo buon viso a cattivo gioco e aspettare in una svolta positiva. >>
Rabbia sembrò calmarsi un poco. << Vuoi aspettare, in pratica… >> Mormorò pensieroso. << Vuoi dirmi di attendere finché le cose non si saranno sistemate da sole? Non era questo il piano…! >>
Disgusto, stufa delle sue inutili proteste, lo interruppe bruscamente senza mostrare un briciolo di umanità nel suo tono. << Non è questo che voglio fare! Non ho scordato il piano originale, ma quel piano ormai non potrà più funzionare… >> Cercò di farlo ragionare, non volendo far scoppiare un’altra lite. << Possiamo crearcela noi, l’opportunità. >> Concluse mettendosi le mani al petto e muovendosi molto lentamente.
Paura decise di non restarsene in un angolo come al solito e intervenire per aiutare Disgusto. Si fece avanti alzando un dito:<< Disgusto vuole dire che continuando a provocare Andy facendogli perdere fiducia in sé stesso, non riusciremo mai a guadagnarci la sua fiducia per liberarci dalle manette che ci ha messo. >> Sembrò riprendere fiato dopo essersi immerso sott’acqua quando finì di parlare e indietreggiò impaurito dallo sguardo di Rabbia.
L’espressione del capo non era di astio e nemmeno di disappunto; nei suoi occhi c’era solo disapprovazione, come se avesse abbandonato l’idea di continuare a criticarli. Sospirò stancamente. << Io non so come sarebbe andata, se avessimo provato a forzare Andy per liberarci… >> Mormorò con rimpianto nella voce. Gioia provò sinceramente pietà per lui quando lo vide in quello stato; non era comune vedere Rabbia tanto abbattuto. << Forse a quest’ora saremmo liberi, oppure ci saremmo ritrovati un passo più indietro di prima nella corsa per la libertà… >>
Disgusto piegò un labbro con soddisfazione quando sentì Rabbia ammettere che la sua tattica non fosse efficace al cento percento, mentre Paura la guardò con preoccupazione, mostrando così di non essere pienamente convinto della ragione della sua amica.
<< Io ci avrei provato ugualmente. >> Concluse alzando la voce Rabbia, gonfiando il petto e stringendo i pugni con forza, mostrando di avere diversi sentimenti contrastanti dentro di sé in quel momento. << Ci avrei provato ugualmente, perché ho a cuore la sorte di Riley! >> Aveva ancora tante cose da dire, ma a Disgusto non piacque per niente quell’accusa.
L’emozione verde soffio via un ciuffo di capelli che le era sceso sul viso e storse il naso. << Non provare a farmi credere che lo avresti fatto per Riley: tu lo avresti fatto comunque, perché hai bisogno di liberare questo odio che hai dentro di te! >> Sembrò faticare nel pronunciare quelle parole, come se sapesse che quello che stava facendo avrebbe portato a gravi conseguenze. Rabbia si mostrò indignato e alzò un dito, mentre sopra la sua testa cominciava già a formarsi una nuvoletta scura.
<< Non osare dire che…! >> Fu interrotto dall’impeto delle parole di Disgusto, che non si diede freno questa volta.
<< Da quando abbiamo lasciato San Francisco hai preso il controllo del Quartier Generale senza dirlo a nessuno. Faresti tutto quanto da solo, se potessi! >> Gli puntò un dito contro avvicinandosi a lui a passi piccoli. Rabbia rimase al suo posto, in attesa che lei lo raggiungesse. << Non ti interessa niente di quello che diciamo noi, vuoi solo soddisfare il tuo desiderio di liberarti della tua ira inesauribile, come se potessi mai riuscirci… >> Disgusto si fermò di fronte a Rabbia e mise la propria faccia sopra al viso di lui. << Non sei capace di occuparti di te stesso, se fosse stato per te, a quest’ora Riley vivrebbe nella spazzatura! >>
Rabbia fece una smorfia piegando il collo da un lato e lanciò un’occhiata assassina a Disgusto. La sua testa stava diventando incandescente e sia Gioia che Paura riuscirono a vedere il riverbero della luce sopra di essa dovuto al calore. << Tu però non hai mai voluto prenderti responsabilità, e nemmeno il signorino qui presente non si è mai preoccupato di controllare se Riley stesse bene! >> Puntò un dito rapidamente contro Paura, e istantaneamente l’omino viola divenne pallido e tentò di nascondere il proprio viso. << Per non parlare di Gioia e Tristezza, le due fallite! Credi che gli abbia mai interessato qualcosa di Riley, da quando sono tornate? >>
<< Sì, ma quando ti faceva comodo il loro voto le hai volute chiamare in causa! >> Ribatté Disgusto cercando di alzare la voce. Era una situazione strana: di solito era Rabbia che perdeva la pazienza e cominciava a urlare istericamente mentre Disgusto lo incalzava con osservazioni acute e ben mirate, ma questa volta era il contrario. A Gioia, francamente, non interessava niente di tutto ciò; le parole di Rabbia e Disgusto l’avevano sconvolta, e vederli coinvolti in una discussione così furiosa le fece pensare al peggio.
Rabbia ghignò furioso. << Puoi dire quello che vuoi di me, Disgusto: sono poco attento, sono violento, sono intrattabile e non ascolto nient’altro che me. >> Si piantò un pollice nel petto con enfasi e dimostrò di avere la situazione sotto controllo quando la fiamma sulla sua testa si affievolì. << Ma non puoi assolutamente permetterti di accusarmi di non aver mai pensato a Riley! In questo posto sono io ad avervi portato fino a qui, io ho salvato Riley da tutti i guai in cui è incappata, E IO SO COSA E’ MEGLIO PER LEI! >>
Fu un attimo. La testa di Rabbia, da quasi spenta, rilasciò una enorme fiammata che illuminò la stanza come un sole; si sentì un grande fragore e Gioia fu spinta indietro dall’onda d’urto, cadde a terra e rotolò nella sua stanza, terrorizzata da quella scena. Le figure che erano al centro della stanza scomparvero dalla sua vista per alcuni secondi, e quando poté affacciarsi di nuovo, vide che da terra si era alzata una grossa nube scura dovuta all’esplosione di Rabbia. Era stato del tutto inaspettato; sembrava che Rabbia fosse pienamente in controllo della propria furia, ma questa si era liberata improvvisamente senza che nessuno potesse rendersene conto. Quando finalmente la nube cominciò a diradarsi, Gioia riuscì a intravedere le sagome dei suoi tre amici, in preda a tosse e grugniti. Vide Disgusto uscire dalla nube di polvere e allontanarsi rapidamente dal centro mentre ancora tossiva, e dopo vide gli altri due suoi amici lasciare il centro dell’esplosione: Rabbia aveva un’espressione di totale indifferenza dipinta in volto, mentre Paura era la faccia della paura stessa, e si stringeva nelle spalle tremando. Tutti e tre erano ricoperti di fuliggine.
Disgusto si liberò degli ultimi residui di polvere sul proprio vestito e si rivolse esasperata a Rabbia. << Adesso basta! >> Sbottò voltandosi verso di lui. << Pensi di avere sempre ragione? Allora io me ne vado! Voglio vedere dove finiremo con te costantemente al comando… >> Cominciò ad allontanarsi, ma Rabbia non le diede l’ultima parola.
<< NO! Sono io che me ne vado! Vediamo se sapete mandare avanti le cose senza di me… >> E a questo punto cominciò a dirigersi dalla parte opposta di dove stava andando Disgusto.
L’emozione verdastra alzò un braccio:<< Dì la verità: stavi solo aspettando l’occasione giusta per farlo, non è vero? >>
<< Non sai quanto. >> Fu la risposta gelida e inespressiva dell’ometto quadrato, che così si congedò dalle altre emozioni.
Inutilmente Paura rimase al centro della scena ad agitarsi per cercare di far tornare indietro i suoi due amici; senza di loro a dirgli cosa fare, come avrebbe potuto fare tutto da solo?
Mentre vedeva le due emozioni allontanarsi l’una dall’altra, Gioia fu colta da un improvviso senso di ansia e si rintanò nella propria casa per l’ennesima volta. Si chiuse le ginocchia tra le braccia e rimase a fissare il muro buio.
<< Questo non va bene… >> Mormorò persa. << Dovremmo restare uniti, non dividerci l’un l’altro… >> E mentre si rendeva conto di questo, la piccola stellina sentiva di aver fatto la scelta sbagliata sin dall’inizio.
   
 
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