Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: Tada Nobukatsu    12/12/2016    1 recensioni
Eccoti qua! Sai, mi aspettavo una tua visita. Ho visto come lo guardi, ho letto la curiosità e il disagio nei tuoi occhi. Hai bisogno di una guida, non è così? Un guida per poter leggere i pensieri del capitano Levi, perché vedere costantemente quel suo sguardo freddo, come se disprezzasse ogni cosa, ti turba. È normale, lui è fatto così. Ma, vedi, Levi in realtà è più semplice di quello che sembra e, che tu ci creda o no, nemmeno lui è immune ai sentimenti profondi di affetto. Posso assicurartelo, io c'ero, l'ho visto con i miei occhi.
Per il momento però tutto ciò che ti serve sapere è che ci sono tante cose che Levi può disprezzare, ma tra queste quelle assolutamente da evitare sono tre: lo sporco, il colore rosso e le Calendule.
Sii tenace, non demordere e avrai la meglio, perché, vedi, alla fine Levi ha il cuore tenero.
Adesso però siediti e lascia che ti racconti una storia...
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Forza


Centro di addestramento

Anno 846


Aveva girato in lungo e in largo, ma alla fine era riuscito a trovarla. Rannicchiata, raccolta in se stessa, nascosta tra l'erba troppo alta ai fianchi di un albero, su una collina appena alle spalle dal centro di addestramento. La testa le cadeva tra le ginocchia, su cui poggiava le braccia, stese in avanti e i palmi ancora insanguinati rivolti al cielo, come una mendicante che chiedeva l'elemosina. Le spalle ancora si scuotevano per i singhiozzi. Nonostante fosse passata una buona mezzora, lei non si era calmata neanche un po' e le mani ancora sporche lo dimostravano più delle sue stesse lacrime.

Levi le si avvicinò silenzioso, ma cercando di non esserlo troppo per permetterle di rendersi conto che non era più sola. Al fruscio dell'erba calpestata dagli stivali, Mari reagì chiudendo appena le dita, in un bizzarro gesto di protezione.

«Non volevo... mi dispiace... » riuscì a sentirla mormorare con un filo di voce, sussurrando a se stessa, persa in un loop di pensieri, ricordi e paure. «Non farmi male... non lo farò più, non farmi male...» e Levi restò in ascolto di quei mormorii agonizzanti ancora qualche istante. «Sarò brava. Sarò brava. Non farmi male.»

«Nessuno vuole farti male» intervenne lui, cominciando a trovare patetico che restasse ancora rinchiusa in quel nodo. Mari scosse la testa intrappolata tra le ginocchia, dondolandola da un lato a un altro.

Strinse definitivamente le dita sul palmo della mano, serrandole a pugno, e le ritirò verso il busto, alzando la testa quel tanto che bastava per osservarle una volta raggiunte e poggiate sulle ginocchia. Il viso storpiato dal dolore si allungò in un'espressione spaventata, come se si fosse accorta solo in quel momento del sangue.

«Le mie mani...» balbettò ancora più confusa, mentre davanti ai suoi occhi si diramavano scene che niente avevano a che vedere con quello che stava realmente accadendo. Un pavimento pregno di sangue, la sua veste stracciata, le urla di qualcuno alle sue spalle, una porta che sbatte e un corpo esanime sul pavimento. Tutto è macchiato di rosso, proprio come i suoi capelli. Poteva ancora sentire il gocciolio del sangue che dalle sue mani cadeva nella pozza sotto di sé e quell'acre odore ferruginoso che le facevano venire i conati di vomito.

«Lui mi ha afferrata...» mormorò mentre vedeva una mano scendere verso il suo viso, pronta a colpirla. Serrò gli occhi, rannicchiandosi ancora di più, come se veramente qualcuno la stesse per picchiare ed urlò: «Non volevo ucciderlo! Mi ha afferrata! Non farmi male!» Allungò i palmi aperti in avanti, a protezione della sua testa che ora girava vorticosamente.

"Ucciderlo?" si chiese Levi, spalancando appena gli occhi, chiedendosi quali altri segreti nascondesse quella ragazza. Sicuramente Erwin non gli aveva raccontato tutto. In effetti, la scusa che si fosse interessato a una prostituta tra le tante solo per la colorazione singolare dei suoi capelli non reggeva molto. Doveva essere successo qualcosa di più significativo che aveva attirato la sua attenzione.

Qualcosa come un uccisione, ad esempio.

Estrasse un fazzoletto dalla tasca e sbuffando si avvicinò di un altro paio di passi. Con un colpo netto, evitando che lei avesse tempo di realizzare e dimenarsi, le fece un rapido nodo intorno al palmo della mano, comprendo sangue e ferita.

«Quel sangue è il tuo, stupida» disse con astio, prima di allontanarsi nuovamente, volgendole le spalle. Da quel punto della collina cominciava la discesa, quasi priva di alberi, ed era facile avere la visuale scoperta tanto da poter vedere con chiarezza il cielo. Il panorama non era niente male, si ritrovò a pensare con sorpresa e piacere. Si sarebbe dovuto ricordare di quel posto, in futuro.

Mari restò sorpresa del gesto e per un momento riuscì a tornare al presente, lasciando i ricordi al loro posto. Osservò il fazzoletto legato frettolosamente: non avrebbe mai potuto chiuderle la ferita o essere d'aiuto. Non poteva che essere solo un gesto simbolico, data la sua inutilità in quella posizione. Eppure aveva un suo effetto. Il sangue che tanto la terrorizzava con quegli odori, con quei colori e quella viscida consistenza, ora non c'era più.

«La tua mano è tutta sporca. Così la ferita si infetterà. Sarebbe da veri idioti morire per così poco, non credi?» chiese Levi.

Mari si morse un labbro, sentendo nuovamente i sensi di colpa crescergli nella pancia e fare a pugni col suo stomaco. Tremolante si avvolse meglio il fazzoletto intorno alla ferita, mentre nella testa rimbombavano insulti di ogni genere per essersi permessa di mostrare quel lato terribile di sé proprio di fronte al famigerato Levi. Com'era possibile che tutte le volte che capitava che si incrociassero, lei cadeva stupidamente e finiva col farsi del male? Com'era possibile che per una volta non riuscisse a mostrare un minimo di dignità?

«Tu vieni dai sotterranei, vero?» chiese Levi, continuando a guardare il cielo sopra di sé. Infilò le mani nelle tasche e se ne restò lì, a volgerle le spalle, come se non gli importasse niente di lei.

"I sotterranei..." pensò Mari, facendo riaffiorare i ricordi. Alzò lo sguardo e lo puntò alla schiena di Levi. Sembrava ancora così distante, così superiore, proprio come quella volta. Riusciva a volare, a raggiungere il cielo. Inavvicinabile, di nuovo ignorava la sua esistenza mentre lei non poteva che ammirarlo e invidiarlo. Abbracciò le proprie ginocchia, tornando ad affondarci all'interno il volto, e sussurrò non veramente intenzionata a farsi sentire: «Sono la bambina delle pere.»

«Mh?» si limitò a chiedere Levi, avendola sentita mormorare qualcosa di indistinto. Ma nel voltarsi a guardarla, la vide nella stessa identica posizione rannicchiata, con il volto nascosto, e pensò che fosse stato solo un altro dei suoi mormorii confusi rivolti ai fantasmi del passato.

"Non può ricordarselo... non riuscì neanche a vedermi in viso, tanto che mi scambiò per un maschio" pensò, anche se l'idea sotto sotto parve rincuorarla più che dispiacerle. Andava bene così, sarebbe stato imbarazzante se si fosse ritrovata a dover spiegare le potenti sensazioni che aveva suscitato in lei quel giorno. Il giorno che le aveva fatto nascere dentro la consapevolezza che una via d'uscita poteva esserci per tutti.

«Eri costretta a prostituirti per sopravvivere» disse Levi, tornando al discorso che aveva appena cominciato. A rispondergli, ancora una volta, fu solo il silenzio e il sibilo del vento. Ma benché la voce di Mari tacesse, il corpo non riusciva a fare altrettanto e vide la sua mano, avvolta nel fazzoletto, stringersi a pugno tanto forte da cominciare a tremare.

"I sotterranei..." dove mentre Levi continuava a salire, sempre più in alto, nella sua incredibile capacità di volare, lei invece non faceva che andare a fondo. Giorno dopo giorno, sempre più stretta da quella morsa, sempre più distante, sempre più soffocata.

«Era tuo fratello a costringerti, non è così?» chiese ancora Levi, senza preoccuparsi di rigirare il coltello in quella chiara ferita, ora aperta e impegnata a riversare sangue. I muscoli di Mari si fecero sempre più rigidi e ben presto non solo le mani tremarono, ma ogni singolo centimetro del suo corpo, come fosse attraversata da un’insistente spira di ghiaccio.

«Se non lo facevi ti picchiava, così...» e per concludere, Levi tentò di confermare la sua teoria con un'ultima ipotesi azzardata: «Così un giorno l'hai ucciso.»

«Io non ho ucciso Harvey!» gridò Mari con tale impeto che per un breve istante Levi quasi si spaventò quando la vide scattare e alzare la testa. Quegli occhi, quegli stessi occhi che il primo giorno gli avevano fatto venire i brividi, ora erano di nuovo lì e bruciavano di un tale fuoco che Levi ebbe come la sensazione di sentirne il calore sulla pelle.

«Sei tornata tra noi, era ora» si limitò però a commentare, ignorando la sua ira. Finalmente aveva smesso di tremare ed era tornata al presente, alla realtà, senza più mormorare cose assurde. «Non vedo cosa ci sia da arrabbiarsi tanto, comunque. Io l'avrei fatto.»

Una confessione così pesante, così pericolosa, come l'ammettere che non avrebbe avuto remore a commettere un omicidio, avrebbe dovuto scuoterla. Invece, miracolosamente, ebbe l'effetto opposto. Perfino lui avrebbe ucciso e non ne avrebbe sofferto così tanto. Quel sangue non era allora poi così vergognoso da portare addosso?

«Ho visto un sacco di sangue versato, tanto persone morire, alcune anche a causa mia. Le mie mani sono sporche tanto quanto le tue in questo momento, se non addirittura di più. Ma non mi pento di nessuna delle decisioni prese, nemmeno di quella che ha creato più vittime.» Si prese una pausa, osservando come il fuoco nello sguardo della ragazza andasse pian piano estinguendosi. Poi proseguì: «Quando usciamo in esterno, con l'Armata Ricognitiva, in cui tu brami tanto di entrare a farne parte, chi sta troppo a lungo fermo in uno stesso luogo... poi muore. Impara questa lezione. Devi sempre andare avanti, anche se questo significa cavalcare sul cadavere di chi conoscevi.»

Mari restò in silenzio a lungo, semplicemente ascoltando il suono della sua voce e imprimendo a fuoco nella propria mente tutto ciò che Levi stava cercando di dirle. Era crudele, faceva venire i brividi, ma riusciva ad essere efficace tanto da infonderle pace. Era passato un anno da quando aveva abbandonato la Città Sotterranea, un anno da quando si era lasciata tutto quello alle spalle, eppure la sua mente era sempre rimasta intrappolata là sotto. Non aveva mai smesso di essere quella bambina che guardava con invidia chi riusciva a innalzarsi sopra la sua testa, credendo che mai sarebbe riuscita a raggiungerli. Ma ora era giunto il momento di andare avanti, abbandonare quella bambina e soprattutto abbandonare il corpo martoriato che ancora infestava i suoi incubi. Il cadavere di cui portava sporche le mani. Cavalcare su di lui, uscire finalmente all'aria aperta, a qualsiasi costo. Non aveva smesso un solo giorno di desiderarlo e ora poteva farlo davvero.

Libera.

«Comunque, non credo che tu avrai mai modo di mettere in pratica questi insegnamenti, visto che non uscirai mai» concluse Levi, prima di mettersi in cammino per poter tornare al centro d'addestramento. «Sta' tranquilla, non farò rapporto e non dirò che ti sei allontanata senza permesso.»

«Cosa?» si risollevò Mari, lasciando crollare improvvisamente ogni sorta di pensiero ed emozione che fino a quel momento l'aveva tenuta incollata al suolo. «Come sarebbe a dire che non uscirò mai?»

«Non sei forte abbastanza per sopravvivere ai Giganti. Mi opporrò personalmente alla tua entrata nell’Armata Ricognitiva.»

«No! Sta scherzando?! Aspetti, capitano Levi! Non può fare una cosa simile!» balbettò  sull'orlo di un urlo. Si alzò in piedi e si affrettò a raggiungerlo, talmente veloce nei movimenti che quasi non inciampò sui suoi stessi piedi.

«Posso farlo eccome» rispose semplicemente Levi. Duro nel volto, non sembrava stesse scherzando e tanto meno sembrava dubbioso su quanto avesse appena deciso.

«Mi sono dimostrata degna! Ho superato tutte le prove a cui sono stata sottoposta, nonostante sia entrata in ritardo in addestramento, non può dire che non sono forte abbastanza!»

«Sei scoppiata a piangere per uno sgambetto» tagliò corto Levi, fulminandola.

«È... è stato un incidente! Non accadrà più glielo assicuro!» balbettò, completamente pervasa dall'imbarazzo. Era stata una vera stupida, se ne rendeva conto. Era andata nel panico per un’idiozia come quella: era veramente una vergogna, ma non era nemmeno giusto che quell'incidente andasse a rovinare tutto, facendo crollare ogni sorta di impegno, determinazione e sogni.

«Hai tentato di uccidere un tuo compagno! Ci pensano già i Giganti a farci fuori, senza che tu gli dia una mano.»

«Io... non volevo...» mormorò lei, abbandonando per un attimo la vena determinata e disperata. Aveva davvero tentato di uccidere un ragazzo tra le reclute? Non riusciva neanche a ricordarlo.

«Il volere o il non volere non sono abbastanza. Devi dimostrare che puoi.»

«Lo farò! Signorsì!» si rizzò lei, cercando di assumere la posa del soldato perfetto, facendo il segno del saluto.

Levi le lanciò uno sguardo, pochi passi avanti qual era, e prima di riprendere a camminare le disse: «Troppo tardi, per me sei fuori.»

«Che cosa?! No, la prego! Non può farmi questo!»

«Posso fare quello che voglio.»

«Il comandante Smith ha chiaramente espresso il suo desiderio di avermi nell'Armata Ricognitiva!» provò ad aggrapparsi a qualsiasi cosa per cercare di dissuaderlo almeno un minimo, perfino a quello.

«Il capitano Smith si fida delle mie decisioni, ascolterà ciò che avrò da dirgli.»

Niente da fare. Irremovibile, proprio come il suo sguardo di ghiaccio. E tutto cominciò a svanire, come la nebbia di un sogno che al risveglio viene dissolta dal sole.

«La prego, mi dia un'altra possibilità» supplicò.

"Non lasciarmi di nuovo indietro" e un leggero nodo andò a chiuderle nuovamente la gola.

Levi salì gli scalini che portavano ai suoi alloggi, allungandosi sulla maniglia della porta. Entrò e prima di richiudere, mettendo definitivamente un muro tra lui e quella ragazza, le rivolse un ultimo: «Vai a dormire e lasciami in pace.»

«Ma, capitano Levi...» tentò lei, non sapendo bene a cosa avrebbe potuto portare quell'ultimo "ma". Inutile, tutto inutile, e la porta venne chiusa.

Mari restò immobile a fissare il legno tarlato, stringendosi al petto la mano ferita e fasciata, prima di lasciarsi sfuggire uno: «Stronzo!» a voce fin troppo alta. Mossa dall'istinto, tirò un calcio a un sasso che andò a schiantarsi contro il muro del casolare. Una finestra al piano superiore venne spalancata improvvisamente e la testa di Levi ne uscì, puntando gli occhi furibondi sulla figura nel cortile. Mari rabbrividì per la paura e, consapevole dell'ulteriore guaio in cui si stava cacciando, si diede alla fuga.




NDA


Buongiorno! Dato che la giornata oggi non è cominciata nei migliore dei modi, oggi le NDA saranno brevi. Eeeee ci troviamo di fronte a un primo guaio. Sappiamo tutti che Levi non tollera gli smidollati, perciò ecco che, dopo essere quasi sembrato un carino capitano preoccupato, ha distrutto tutto. Niente da fare, Mari non gli piaceva e ha trovato la scusa ideale per tagliarla fuori (povera piccola xD).

Nel prossimo capitolo vedremo la risposta di Mari con il ritorno in scena di Sierk e famiglia…

Con Rinmaru Games ho provato a dar vita a Levi e la piccola discussione avvenuta qui… non è facile, soprattutto rendere Levi con quel poco che il sito offre, ma il risultato è caruccio lo stesso xD


IMG -> https://postimg.org/image/jyeh4tn9r/ <- IMG


«Ora non fai tanto la grossa, non è così?» rise Sierk, ma Mari a malapena lo sentiva e continuava a respirare. Solo a respirare. La mano di Sierk stringeva su di lei come un serpente che stritola la preda prima di divorarla, ma anche i serpenti, dopo esser sicuri di aver ucciso la vittima, allentano la presa per potersi godere il pasto.

«Non cantare vittoria troppo presto» recitò come un mantra, anche se nella sua mente a dirlo fu la voce di Levi.


Cià Cià!

Tada Nobukatsu-kun


   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Tada Nobukatsu