Cora
e Alice stavano in piedi, fuori, sotto il
bagliore del sole, facendo a turno per fare il burro dentro la zangola.
Era un
lavoro noioso e anche ripetitivo, e le ragazze avevano scoperto presto,
durante
il loro soggiorno presso gli Stewart, che il tempo volava, se si
alternavano
per sfornare la sostanza cremosa.
Alice
sbuffò, facendo un passo indietro, ed
esaminò il barile per il burro che gli Stewart avevano
acquistato di recente. A
differenza dello strumento precedente, che di solito richiedeva circa 3
ore per
produrre il burro, questo era infinitamente più veloce e
anche più semplice.
"Stavo
pensando, sorella," disse
Alice entusiasta mentre sua sorella cominciò a girare la
morbida sostanza
bianca, "che dovremmo aggiungere degli aromi al nostro burro, come si
fa
in Inghilterra."
Con
un soffio, Cora si tolse dagli occhi una
ciocca di capelli ricci, scuri e poi fece spallucce.
"Abbiamo
già aggiunto un pizzico di sale,
Alice."
"lo
so, Cora, ma dovremmo aggiungere un
pochino di cannella o miele per dargli un po' più di sapore."
"Miele?"
chiese la sorella maggiore,
aggrottando delicatamente le ciglia.
Alice
evitò di girare gli occhi dinanzi
all'espressione cortesemente incredula di sua sorella, ma decise di
perorare la
sua causa.
"Cora,"
disse pazientemente,
asciugandosi le mani sull’ abito blu. "Molte famiglie
aggiungono aromi al
loro burro. Salarlo è solo l'inizio. Il sale non
è prontamente disponibile come
molti aromi che abbiamo intorno in abbondanza."
"Quali?"
Alice
strizzò gli occhi in alto, verso la luce
del sole accecante. Poi si riparò gli occhi con una mano,
sospirando per il
bagliore.
"Bene..."
disse lentamente. "Ho
sentito parlare di persone in alcune parti d'Europa che usano erbe
aromatiche e
spezie. Forse non spezie, ma
abbiamo
abbondanza di erbe aromatiche, come rosmarino, timo, basilico..."
"Hmm...
sì, credo di sì." Cora annuì
e la sua espressione si trasformò, da quella precedentemente
perplessa e
divertita a quella vivace e pronta. "La cosa suona piuttosto
interessante.
Potremmo mettere sia il sale che le erbe aromatiche nel burro, quando
mangiamo
i biscotti con il thè."
Alice
era contenta di se stessa.
"Davvero, sorella, e il burro aromatizzato al miele è
allettante con il
pane di mais e le frittelle. Non sei d'accordo?"
Il
sorriso di Cora era gentile e allo stesso
tempo accattivante. "Certo che sono d'accordo con te, Alice.
Cominceremo
il più presto possibile. Annabel e James possono procurarci
le erbe aromatiche
necessarie, e possiamo rivolgerci a Nathaniel per il miele."
"Sì
- ma ricordati, è stata una mia
idea." Alice si gettò i capelli all'indietro e rise
scherzosamente.
"Tocca
a te," Cora mormorò mentre
Alice prese posto presso il barile del burro.
Cora
sussultò mentre si strofinò le mani doloranti
e se le pulì sulla gonna. Guardando in basso, in direzione
del suo abito, si
ricordò improvvisamente di una precedente conversazione con
Nathaniel.
"Alice,
mi ero completamente
dimenticata!"
"Di
cosa, sorella?"
Gli
occhi di Cora scintillarono.
"Nathaniel e James sono riusciti a ottenere un buon importo di scellini
con il commercio a monte. Andranno in città domani -"
"Pensi
che io possa andare?" chiese
Alice , con gli occhi spalancati. Cora scosse la testa.
"Non
credo, poiché non è un viaggio che
stanno facendo per il loro piacere. Piuttosto, ora che gli uomini hanno
cominciato a costruire le nostre case, avranno bisogno di comprare
vasellame,
pentole e cose varie."
"Cora,
è una notizia meravigliosa!"
Alice la irradiò con la sua espressione e si
domandò perché Uncas non si fosse
unito a suo fratello, comprendendo tardivamente che lui avrebbe causato
molto
probabilmente congetture e sospetti tra le masse dei Bianchi.
"Ma
questa non è la notizia più bella che
mi ha dato... loro stanno comprando rotoli di tessuti per farci dei
vestiti!"
Alice
ansimò e si coprì la bocca, per la gioia
così opprimente. "Cora, è fantastico! Quanti
vestiti farà la sarta per noi
e Annabel?"
La
sua sorella maggiore la guardò sbattendo le
palpebre, poi gettò la testa all'indietro con una vigorosa
risata.
"S...Sarta?" Lei ridacchiò. "Come al negozio di una modista?
E,
di grazia, come adatterebbero gli abiti se noi non siamo presenti,
Alice?"
Cora scosse la testa, ancora ridacchiando. "No, Alice, loro porteranno
qui
i rotoli e noi signore misureremo il tessuto per realizzare gli abiti."
Alice
se ne stava in piedi con la faccia
rossa, consapevole dell'idiozia delle sue precedenti parole. Sarta,
veramente.
Guardò in basso e si trascinò a stento,
ricordandosi impetuosamente che non era
più a Londra, dove il mondo dei costosi sarti e cappellai
era stato ai suoi
piedi.
Cora
guardò Alice con senso di colpa, notando
la sua faccia arrossata e il suo silenzio.
"Alice,
stavo soltanto scherzando.
Annabel taglierà il tessuto e lo modellerà. Noi
possiamo cucire. Una volta che
avrai 2 o 3 nuovi abiti carini, ti sentirai molto meglio."
"Tessuto
e stoffa sono costosi..."
disse Alice timidamente, alzando lo sguardo verso Cora.
"Sì,
ma non affliggerti troppo. Uncas ha
fatto i suoi guadagni con il commercio delle pelli e..." Cora
guardò
furtivamente sua sorella per essere sicura che stesse ascoltando. "...
e
ha dato una somma considerevole a mio marito, con istruzioni di
comprare rotoli
di tessuti per te in particolare, come anche qualsiasi cosa tu voglia
per la
tua casa."
Alice
arrossì e sospirò; non sapeva cosa dire.
Uncas era così generoso con lei. Non era mai stato incline a
parlare molto, ma
era attento e gentile. C'era un'aria di imbarazzo in lui ogni volta che
Alice
lo ringraziava per un dono o un gioiello, come se veramente Uncas
considerasse
una manifestazione di gratitudine e cortesia come inutile e
inappropriata.
"Ci
incontreremo con i ragazzi più tardi,
dato che avranno bisogno di un elenco di necessità per le
nostre case,"
proseguì Cora mentre si spostava per fare cambio turno al
barile del burro.
"Pentole di ghisa, cucchiai, taglieri... Nathaniel dice che lui e Uncas
possono realizzare molte cose da sé. Oltre alla casa,
costruiranno le staccionate,
tavoli, letti... Non lo direi mai a Nathaniel, per non disprezzare la
nostra
vita, ma..." Cora sospirò pesantemente. "Vorrei tanto un
materasso di
piume."
Alice
rise e scosse la testa. Uncas le aveva
detto che il suo popolo usava le più soffici tra le loro
pelli di animali per
dormire e che ne avrebbero avute in abbondanza nella loro casa, ma...
Alice era
tacitamente d'accordo con sua sorella, che un materasso di piume
sarebbe stato divino.
Guardando
il sentiero, lei si raddrizzò quando
notò 2 donne avanzare lentamente verso di loro.
Erano
Anne Clayton ed Emma Fitzgerald,
quest'ultima sposata con un Irlandese. Le due donne si fermarono a
breve
distanza, di fronte alle sorelle, e le osservarono in modo serio.
Alice
sorrise disinvolta a questo benvenuto
diversivo. Forse avrebbe potuto chiedere alle donne dei consigli su
cosa
comprare per la sua futura casa.
"Buongiorno
a voi, signora Clayton e
signora Fitzgerald." Entrambe le ragazze salutarono le donne con cenni
educati.
Tuttavia,
Alice dimenticò presto le sue parole
di benvenuto, quando la signora Clayton diede una gomitata alla sua
amica e
sussurrò a voce alta, "E' lei. E' quella di cui ti stavo
parlando."
Alice
era completamente sconcertata e imbarazzata,
guardando la coppia di donne con diffidenza. Evidentemente Anne Clayton
non
aveva tardato a diffondere la notizia di aver trovato Alice nel bosco,
abbracciata al suo amante indiano.
"Salve,
signore," disse lei
debolmente. "Posso invitarvi a bere un thè?"
Gli
abitanti bevevano molto raramente il thè,
poiché non avevano molte foglie di thè alla
menta, ma Alice era determinata a
rivelare alle donne la verità riguardo a Uncas e sperava di
riuscire a chiarire
delle idee sbagliate e giudizi erronei.
Emma
guardò le ragazze con tale aberrante
disprezzo che Alice si sentì
attorcigliare
le budella.
"No,
grazie," replicò Anne
freddamente. "Stavamo cercando la signora Stewart."
Cora
aggrottò le ciglia accanto a sua sorella,
non essendole piaciuto il tono rude e prepotente della donna.
"Non
è a casa," Alice replicò
delicatamente. "Ma vi prego di -"
"Allora
ci congediamo, con permesso,
signorina." Il tono di Emma era scandalosamente rude e la coppia
girò i
tacchi e si incamminò a grandi passi verso la radura,
rapidamente.
Alice
poteva soltanto guardare. Era sempre
andata piuttosto d'accordo con Anne Clayton nelle rare occasioni in cui
si
erano incontrate. Una volta aveva persino consolato la donna che
piangeva,
poiché stava avendo problemi con suo marito. Suo marito era
uno zotico
ubriacone con un carattere violento.
"Sciocche
creature," borbottò Cora
aspramente mentre guardava le donne sparire dalla vista. "Alice, non le
accogliere più a casa. Non mi importava niente della loro
tendenza
maleducata."
Cora
ritornò al processo di produzione del
burro, ma cuoceva ancora a
fuoco lento
mentre lei lavorava il manico in legno. "Se quell'ubriacone di suo
marito
la picchia di nuovo, è meglio che non venga qui con le sue
lacrime e le sue
sceneggiate teatrali."
Alice
ascoltò a stento la filippica di sua
sorella, mentre se ne stava lì impalata, sbigottita per
quello che era appena
successo. Sopra ogni altra cosa, giunse la fastidiosa percezione che
questo
tipo di comportamento da parte dei suoi vicini non sarebbe stato
insolito.
Alice sapeva che ci si sarebbe dovuta abituare.
Evidentemente
dagli esclusivi salotti di Londra alla frontiera selvaggia, i
pettegolezzi
saranno sempre prevalenti,
pensò
Alice cupamente.
Alice
sapeva che non sarebbe stato facile sopportare
l'antipatia di alcuni dei suoi vicini. Non avrebbe illuso se stessa nel
pensare
che ciò non l'avesse ferita - un'altra donna che la
disprezzava. Ma... forse
questa sarebbe la sua croce da sopportare.
Sua
sorella le aveva sempre detto che l'amore
era la ragione sufficiente per costruire una vita con uno sposo... E se non fosse vero? Alice scosse la
testa rapidamente, ma non riuscì a scacciare la
preoccupazione dalla sua mente.
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"Vieni,
Lucy... stai attenta a non
inciampare..." Stephen sollecitò delicatamente la sua
sorellina Lucinda,
tenendole la manina stretta nella sua, mentre si incamminarono verso la
riva
del fiume.
L'ora
precedente sua madre era andata con il
signor Newsom dai Lancaster per alcune ore e lo aveva incaricato di
guardare
sua sorella di 7 anni. Stephen aveva accettato ma, non appena sua madre
era uscita
con l'uomo anziano, il ragazzo aveva frettolosamente messo le scarpine
a
Lucinda e le aveva avvolto uno scialle intorno.
"Voglio
farti incontrare qualcuno,
Lucy!" disse lui e Lucinda rimbalzò sulla sedia, emozionata.
Avrebbe
dovuto incontrare di nuovo Tankawun nei pressi del fiume e voleva che
Lucy la
incontrasse. Poi se ne sarebbero andati via.
"Posso
indossare il tuo cappello,
Stephen?" Lucy chiese felicemente, saltando sopra la radice sollevata
di
un albero e sorridendo a suo fratello.
"Certo
che puoi," replicò Stephen
cordialmente, facendo balzare il vecchio cappello di suo padre dalla
propria
testa e poggiandolo sulla morbida testa di sua sorella. A differenza di
Stephen, con i suoi capelli rossi e le lentiggini, Lucinda aveva i
capelli
ricci, color biondo scuro della loro mamma, e gli occhi scuri.
Camminarono
ancora per qualche minuto, Stephen
che canticchiava una canzone per bambini per sua sorella, mentre lei
cercava di
cantare insieme a lui.
"Ricordati
quello che ho detto, mia Lucy,
non dire niente di questo a mamma," Stephen ricordò a Lucy
la cosa per la
terza volta. Lucy annuì enfaticamente.
"Non
lo dirò a mamma, Stephen,"
replicò Lucinda, poi fece un'espressione spiegazzata con
aria confusa. "Ma
questo non è mentire? Non è una cosa brutta?"
Stephen
sospirò, sentendosi a disagio.
"Lucy, mentire a mamma e papà è una cosa brutta.
La Bibbia lo dice. Ma
credo che noi non stiamo mentendo, perché
è solo un segreto. Se è un segreto, mamma non lo
chiederà. Capito?"
Lui
la guardò per capire se stesse seguendo
questo flusso di pensieri. Lucinda ci pensò molto su e alla
fine annuì,
ridacchiando da diavoletta a suo fratello. Il cappello
scivolò improvvisamente
sui suoi occhi e Stephen ridacchiò, tirandoglielo di nuovo
su.
"E
se mamma mi chiede dove stavi andando?
Che cosa le dico, Stephen?" lei guardò suo fratello con aria
d'attesa.
Hmm...
bella domanda...
Stephen
ci pensò, poi diede l'unica risposta che poté
dare.
"In
tal caso, Lucy, dirai la
verità."
"Va
bene, Stephen."
Girarono
una curva tempestata di rocce nei
pressi dell'acqua corrente e individuarono la figura solitaria di
Tankawun,
seduta su una grande roccia, assorta con qualcosa in mano.
Il
cuore di Stephen accelerò.
"Tankawun!" chiamò, agitando la mano.
Tankawun
lo guardò obliquamente, poi la sua
faccia scoppiò in un sorriso. Alzatasi in piedi,
camminò vivacemente verso
Stephen, la sua faccia animata mentre osservava Lucinda.
"Awen
hech nan?" Tankawun canticchiava alla bambina, osservando
ammirata i
suoi capelli biondi. Lei aveva sempre ammirato le donne bianche con i
loro
capelli di Luna.
"Questa
è mia sorella, Lucinda,"
Stephen disse orgoglioso, avvolgendole un braccio intorno. Tankawun si
accovacciò al livello degli occhi della piccolina,
mormorando delle parole.
"Puoi
chiamarmi Lucy," spiegò la
bimba, poi alzò velocemente lo sguardo verso suo fratello.
"E'
una ragazza indiana!"
"Lo
so. Questa è Tankawun."
"Perché
le sue gambe sono nude? Riesco a
vedere le sue caviglie e le ginocchia."
"Perché
fuori è caldo," ridacchiò
Stephen, scambiandosi un sorriso con Tankawun.
"Oh..."
Lucy sembrava soddisfatta di
questa semplice risposta. "Ciao."
Mentre
Lucinda giocava vicino al fiume e
gettava i ciottoli in acqua, Tankawun e Stephen si misero a sedere
sulla grande
roccia a parlare.
"E'
bello rivederti, Tankawun,"
disse Stephen gentilmente, osservando i suoi bei lineamenti. Lei
arrossì e
annuì, raccogliendo qualcosa che aveva fatto cadere sulla
roccia quando i Bianchi
si erano avvicinati.
Era
una collana fatta di alcune perle bianche,
accuratamente infilate e legate con uno spago. Tankawun la
offrì con entusiasmo
a Stephen.
"L'hai
fatta per me?" chiese lui,
sbalordito. Tankawun annuì.
"Wampum,"
disse lei semplicemente a
Stephen, la sua voce delicata, piacevole e leggera come l'aria.
Gli
fece cenno con le mani di voltarsi e gli
allacciò la collana intorno al collo; le sue nocche gli
fecero accelerare la
circolazione sanguigna.
"Anch'io
ho qualcosa per te!" lui si
entusiasmò, eccitato e nervoso.
Tirò
fuori da una delle sue tasche un nastro
verde che era appartenuto a Lucy, sul quale Stephen aveva fissato una
pietra
verde con della colla (era caduta dalla spilla di sua madre e lui
gliel'aveva chiesta).
Stephen pensava che fosse graziosa come collana.
Tankawun
sorrise felice, tenendo sollevato il
nastro decorato.
"Wanishi,"
lei mormorò grazie prima di avvolgersi il nastro intorno al
polso, invece di
essere indossato come un braccialetto. Stephen legò
rapidamente le estremità.
La pietra non era di qualche reale valore. Non era uno smeraldo,
né un
diamante, ma ciò nonostante luccicava sotto la luce del
sole. Tankawun
ispezionava il suo nuovo ornamento con diletto.
Un
po' più tardi, la giovane coppia era ancora
seduta sulla roccia, crogiolata sotto la luce del sole, ma Lucy
guizzò tra
loro.
Tankawun
prese in braccio la bimba
sghignazzante, facendola sedere sul suo grembo e rimise il cappello
sulla testa
di Stephen. Cominciò a intrecciare gentilmente i capelli
della bambina in due
morbide trecce che le ricadevano libere fino a circa metà
del petto.
La
ragazza Lenape mormorava mentre ammirava il
suo lavoro manuale, con il suo sguardo gentile, e Stephen non riusciva
a
staccarle gli occhi di dosso. Si era sempre sentito in leggera
soggezione nei
suoi confronti, da quando si erano incontrati per la prima volta mesi
prima,
nell'accampamento Delaware.
Non
erano così distanti per l'età, pensò
Stephen, osservando come Lucy ridacchiava e cercava di intrecciare i
capelli di
Tankawun. Lui aveva appena compiuto 15 anni e sapeva che lei aveva
all'incirca
16 o 17 anni; aveva casualmente spillato l'informazione da Uncas, dato
che
Nathaniel sarebbe diventato subito sospettoso e lo avrebbe tormentato.
Stephen
si concesse di fantasticare su un
mondo perfetto in cui poteva...non ne era troppo sicuro... Sapeva di
voler
essere l'unico a far sì che spuntasse un sorriso con le
fossette sulla faccia
di Tankawun, inondarla di doni che lui le avrebbe fatto; voleva essere
l'unico
a intrecciarle i capelli e cantarle canzoni e vivere nella confusione
del suo
profumo. Lei profumava di bosco e di brezza della valle, di erbe, gigli
e
lavanda.
Ma
più di tutto, lui voleva che questi giorni
delicati, illuminati dal sole non finissero mai.
Improvvisamente
capì che Tankawun lo stava
guardando in modo strano, con un'espressione interrogativa sulla sua
faccia.
Doveva essere rimasto fisso a guardarla, perso nei suoi pensieri.
Stephen
inghiottì e sorrise, guardando l'acqua che scorreva.
"Le
alose stanno nuotando veloci,
Tankawun..." mormorò lui, indicando il piccolo pesce che
nuotava
vivacemente, appena sotto la superficie dell'acqua.
Tankawun
annuì e i tre si misero a sedere
tranquilli per parecchi minuti. Persino Lucy sembrava insolitamente
calma,
mentre si era immersa nel momento.
La
ragazza mormorò che doveva tornare a casa.
Da adesso Stephen capiva le parole. Fece un piccolo sospiro, e nessuno
sembrava
propenso a volersi spostare dalla propria pacifica solitudine.
Tutti
loro si alzarono in piedi
collettivamente e Stephen analizzò la faccia di lei,
guardandola mentre si
scansò dagli occhi una ciocca di capelli neri smarrita.
"Due
giorni?" Stephen annunciò
lentamente, ora che la ragazza riusciva ad afferrare rapidamente
piccole frasi
in inglese. "A quest'ora?"
Tankawun
annuì delicatamente, abbracciò la
bimba e tutti si dissero addio reciprocamente.
Lucinda
e Stephen guardarono la schiena di
Tankawun sparire nel bosco, Stephen la guardò obliquamente
per molto tempo dopo
che lei era svanita. Lo stomaco sembrava fargli male ogni volta che lei
se ne
andava.
"Lucy,
i Delaware parlano una lingua
diversa, ma i significati dei loro nomi sono molto carini,"
parlò
tranquillamente con sua sorella durante la loro scarpinata verso la
fattoria,
tenendosi stretti per mano.
Lui
continuò, "Sai che cosa significa il
nome di Tankawun?"
"Cosa,
Stephen?"
"Piccola
Nuvola..." replicò.
"Nome carino, eh?"
Lucy
annuì e disse con interesse infantile,
"E' molto carina, Stephen."
"Lo
so, mia Lucy." Stephen annuì.
"Quello dovrebbe essere il suo nome. Fiore carino. Il fiore
più carino
della valle."
Improvvisamente
lui fece uno sguardo severo.
"Ricordati, Lucy, non dire niente a mamma. A meno che lei non lo
chieda."
"Lo
so. Mi ricordo. Io sono carina come
la tua amica?"
"Tu
sei il fiore più bello del
mondo."
...................................................................................................................
Hopocan
si accovacciò nel centro
dell'accampamento vicino al suo amico Chingachgook, entrambi
condividendo lo
stufato di cervo che sua moglie aveva preparato per gli uomini.
Osservando
l'accampamento intorno, Hopocan
pigramente notò le ragazze che lavoravano sodo per le loro
faccende, i bambini
che giocavano accanto alle loro mamme, i ragazzi in piedi che
appuntivano le
frecce e affilavano altre armi destinate alla caccia dell' orso,
prevista per
il giorno seguente.
"Chingachgook,
amico, questa calda
stagione sarà un anno intero che tu sei stato con noi,"
Hopocan disse
questo in Lenape. Chingachgook annuì, inghiottendo un
boccone di stufato.
"Il
tuo figlio maggiore ha una moglie.
Uncas ora si può considerare sposato. Dimmi, penserai di
considerare
l'accampamento come la tua casa permanente?"
Chingachgook
guardò il suo amico e ci pensò
su.
"Ci
ho fatto qualche pensierino,"
replicò lui, poi fece una pausa. "Che ne pensi, amico?"
Hopocan
era pronto con la sua risposta.
Muovendosi, le sue parole vennero fuori lentamente e significativamente.
"Hai
dedicato la tua vita a crescere i
ragazzi. Adesso sono uomini, e ognuno di loro ha scelto una donna e il
proprio
sentiero. I figli ci appartengono solo per breve tempo. Tutti noi lo
sappiamo.
Quella parte della tua vita è passata, come lo è
la mia. Beh, parlo della mia
vita accanto ad Anicus, certamente. Non ho idea di quando lui
lascerà il mio
wigwam, ma spero che accada presto, poiché sto cominciando a
stancarmi delle
sue chiacchiere.
Entrambi
gli uomini ridacchiarono, osservando
attraverso l'accampamento il ragazzo in questione, che sorrise a loro
con aria
imbarazzata.
"Troviamogli
una moglie presto, così può
parlarle fino allo sfinimento. Che sia lei a sopportarlo," Hopocan
borbottò, ma il suo sguardo era affettuoso.
"Come
stavo dicendo, amico," Hopocan
riprese il filo della precedente conversazione. "Visto che entrambi i
ragazzi sono andati, penso che sia meglio se tu resti con noi. Da
quello che mi
ha detto quel pettegolo spudorato di Wagion, entrambi i tuoi figli
desiderano
stare nelle vicinanze. Il nostro accampamento sarà sempre
nei dintorni. Ha un
senso. So che loro vogliono stare vicino a te."
Chingachgook
annuì lentamente, riflettendo
sulle parole del suo amico e riconoscendo in esse la saggezza.
"Come
sta la ragazza bianca? Di nuovo,
qual è il suo nome?" chiese Hopocan improvvisamente.
"Alice,"
Chingachgook disse, facendo
spallucce. "Sta bene. Ho sentito che trascorrono una grande
quantità di
tempo insieme. La metà del tempo che io vado a fare visita
ai miei figli alla
fattoria degli Yengeese, loro sono lontani nel bosco, da soli."
Quella
era un'osservazione piuttosto azzeccata
da parte dell'uomo Mohicano, pensò Hopocan, incuriosito.
"Non
approvi la cosa?" chiese
Hopocan spensieratamente. Il Mohicano lo guardò aridamente.
"Le
azioni hanno delle conseguenze.
Farebbe meglio a costruire una casa per la ragazza, e presto. Non
tollererò che
lui manchi di rispetto alla casa di quegli Yengeese. Al momento, la
ragazza è
sotto la loro custodia. Non sotto la sua."
Hopocan
prelevò la sua pipa d'argilla dalle
pieghe dei suoi pantaloni di pelle di camoscio. Gli uomini rimasero in
silenzio
per vari istanti, mentre accesero la pipa dalla brace del fuoco di
cottura.
Hopocan la offrì a Chingachgook, che cominciò a
tirare il fumo.
Hopocan
si appoggiò all'indietro e guardò il
suo amico, sentendosi divertito.
"Chingachgook,
amico mio. Ti comporti
come se questo tipo di comportamento fosse insolito. Guarda Wagion
laggiù
-" Indicò furtivamente il ragazzo. "Si ritiene
così intelligente, ma
sai con chi si vede segretamente?"
"Dimmi,
Hopocan," Chingachgook stava
chiaramente assecondando il suo amico, mentre a lui effettivamente non
importava. "Con chi si incontra Wagion?"
"Lei."
Hopocan indicò con il dito un
gruppo di donne.
Chingachgook
inclinò la testa da un lato.
"Quella grossa ragazza accigliata che lo sta sempre picchiando per un
motivo o per l'altro?"
Hopocan
annuì felice. "Sì. Lei. Scommetto
che nemmeno i tuoi figli lo sanno."
L'uomo
Lenape prese il suo turno per la pipa.
"Mi diverte," lui sospirò.
I
suoi occhi balzarono velocemente sulla
sinistra e si strinsero. Chingachgook si voltò per vedere
Tankawun affrettarsi
lungo il sentiero della foresta che conduceva all'accampamento.
"Tankawun
si sta comportando in modo
strano..." borbottò Hopocan.
Chingachgook
prese la pipa cautamente e annuì.
"L'ho notato."
La
faccia di Hopocan era astuta e maliziosa.
"Chemames sta facendo funzionare quella sua
bocca fastidiosa ... come al solito...
lagnandosi davanti al mondo di come Tankawun non abbia finito di
svolgere in
modo decente le sue faccende, di come sia sempre distratta e di come
corra di
qua e di là, standosene nel bosco tutto il giorno."
"Anche
tu dovresti saperlo," disse
Hopocan serio. "Chemames incolpa Uncas, dicendo a tutti che tuo figlio
ha
spezzato il cuore di sua figlia. La maggior parte della gente non
prende le sue
chiacchiere troppo sul serio."
Chingachgook
fece spallucce, poi ammise,
"E' stato un peccato che Tankawun sia stata ferita in questa dura
prova,
ma Uncas ha scelto la ragazza Yengeese. Non ci si può fare
niente."
"Immagino
che adesso tu la conosca molto
meglio."
"Certo,"
riconobbe il Mohicano.
"Cosa
ne pensi?"
Chingachgook
rigirò la pipa d'argilla nelle
sue mani consumate. "Non posso negare il forte legame che
c'è tra mio
figlio e lei. Ma lei sembra intimorita da me."
Hopocan
fece spallucce. "Non è una cosa
insolita, considerando quello che è successo quando giunse
all'accampamento."
Improvvisamente
Tankawun si avvicinò, con lo
sguardo distratto e pigro; tale che non si era accorta di sua madre,
che la
stava quasi per calpestare.
"Tankawun!
Dove sei stata?" la donna
urlò arrabbiata in Delaware, guardando sua figlia con aria
di disapprovazione.
"A...alla
foresta, madre." La
replica di Tankawun fu delicata.
Sua
madre girò gli occhi. "Bene, non c'è
bisogno di dirlo, figlia! La foresta! Suppongo che adesso immagini di
essere un
guerriero. Farai la lotta contro gli orsi e li porterai
all'accampamento per
sfamarci?"
"No..."
"Tankawun,
non hai finito le tue
faccende," la donna rimproverò sua figlia in modo
penetrante. "Da ora
in poi starai all'accampamento e la pianterai di comportarti come una
pigra
vagabonda. Hai capito?"
Tankawun
non sembrò ascoltare. Si fece
scorrere le mani lungo la gonna e guardò fisso a terra.
Gli
occhi di Chemames si strinsero. "Ho detto,
hai capito? Scendi da
qualsiasi nuvola tu venga, figlia!"
"Sì,
sì - Capito, madre."
"Bene".
Sua madre annuì brevemente e
si allontanò.
Hopocan
e Chingachgook continuarono a
osservare curiosamente la ragazza, e Chingachgook notò il
nastro ingioiellato
avvolto intorno al polso della giovane. Sicuramente non era di
fabbricazione
indiana. Era un ornamento Yengeese. Le ragazze bianche usavano quei
frivoli
nastri per abbellire i loro capelli.
Gli
amici osservarono mentre Tankawun faceva
scorrere delicatamente le dita sul braccialetto, mentre si affrettava
verso il
wigwam della sua famiglia.
Chingachgook
guardò Hopocan, che stava
cominciando a capire tutto, dall'astuto barlume dei suoi occhi. Ma, in
nome del
reciproco affetto per la ragazza, entrambi tennero la bocca chiusa, per
paura
che a qualche lingua maliziosa potesse capitare di ascoltare la loro
rivelazione.
"Mannitto
aiuti questo
accampamento," borbottò Hopocan. "Un' intera generazione di
giovani
sfrenati."
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Gli
abitanti della fattoria degli Stewart
erano seduti all'aperto con Uncas e Nathaniel, osservando in silenzio
un falò
vacillante. Avevano tutti appena gustato una gran bella cena a base di
carne di
cervo che i fratelli avevano fornito, come anche uno stufato di patate
e
fagioli preparato da Alice. Annabel aveva aggiunto la patata dolce al
loro
cibo.
Cora
sorrise a suo marito, la luce del fuoco
che le danzava riflessa negli occhi.
"In
Inghilterra soltanto la nobiltà può
mangiare la carne di cervo, Nathaniel, poiché solo
all’aristocrazia è permesso
cacciare cervi."
Gli
uomini risero per questo concetto, poi si
lanciarono in una discussione sugli incavi che dovevano essere
ritagliati nei
tronchi per costruire case robuste. Alice non era molto interessata a
questa
conversazione, mentre si sedette tranquillamente vicino a Uncas.
"Parlami
della danza," chiese
improvvisamente a Uncas.
"Quale
danza?"
"Quella
che i Lenape avevano svolto
l'altra notte. Non ne hai parlato di nuovo. Con la bambola."
"La
danza della bambola?" chiese
Uncas e Alice annuì, scrutandolo.
Uncas
fece spallucce. Ciò che era considerato
banale da alcuni, era visto come eccitante da altri.
"E'
una danza tradizionale che i Delaware
hanno svolto per molto tempo. Non teniamo un'annotazione scritta,
quindi non so
dirti per quanto. Ma danziamo in onore di una vecchia storia."
Alice
stette seduta diritta, avidamente.
"Ti prego, ti prego, raccontami la storia!"
Nathaniel
sogghignò. "Racconta la storia
alle ragazze, Uncas." Tutte le donne espressero il desiderio di
ascoltarla; soprattutto Alice.
Uncas
la fissò; non era mai stato abile come
narratore. Ma lei lo supplicò finché lui
acconsentì, e così cominciò a
raccontare la storia in modo piuttosto zoppicante, a scatti.
"Molto
tempo fa... presso le rive del
Fiume Mohicano che oggi è conosciuto come Fiume Hudson, un
gruppo di bambini
Delaware si imbatté in bambole con le facce vuote, che
stavano per terra."
Alice
annuì, appoggiandosi ad Annabel che
stava dall'altro lato. Uncas continuò, cercando di ricordare
esattamente come
si era svolta la vicenda.
"Così
i bambini scolpirono delle facce
sulle bambole, le bambole presero vita e danzarono con loro. I genitori
dei
bambini si imbatterono in loro, gettarono via le bambole e i bambini
andarono a
casa."
Uncas
fece una pausa con aria imbarazzata e
guardò Alice, che gli sorrideva per incoraggiarlo. "Vai
avanti, dai. Che
cos'è successo con i bambini?"
"Uno
dei bambini, una femminuccia,
rivoleva indietro a tutti i costi la sua bambola e continuò
a sognarla. Quando
lo disse ai suoi genitori, loro si pentirono di averla buttata via. Una
notte,
la bambola venne in sogno alla bambina e le disse che doveva trovare la
bambola
e tenerla, e ogni anno danzare in suo onore. Se questo fosse stato
fatto, i
Delaware avrebbero prosperato sempre e sarebbero stati felici."
"E
i genitori hanno trovato la
bambola?" chiese Alice.
Uncas
ridacchiò per la sua avidità di sapere.
"Sì, Alice. Hanno trovato la bambola e diedero una festa per
lei, una
tradizione che continua fino ad oggi, quando eseguiamo la danza della
bambola.
I Delaware sono cresciuti di numero e si sono affermate parecchie
diverse
tribù, inclusa quella dei Mohicani. Il nostro popolo
continuò a prosperare,
finché -"
Finché
i
Bianchi giunsero sulle nostre spiagge,
pensò lui piuttosto tetro, ma non avrebbe mai detto questo a
voce alta ad
Alice, la sua futura moglie...che, dopo tutto, era una bianca.
"Decorate
la bambola?" chiese
Annabel, sorridendo felice per la conclusione della storia.
"Sì,
mettiamo la bambola su un
bastoncino, al centro del complesso di abitazioni e dipingiamo la sua
faccia e
la decoriamo. Ognuno parla con la bambola rispettando il proprio turno.
I
Delaware eseguono molte danze durante tutto l'anno; danze in onore
della caccia,
delle stagioni. Hanno anche la danza dell' orso."
James
e Nathaniel ridacchiarono
sufficientemente alla fine della storia, abbastanza da far strisciare
un
sorriso impotente sulla faccia di Uncas, ma le donne ringraziarono
infinitamente il loro narratore.
Annabel
si sfregò la pancia gonfia e parlò.
"Mi è piaciuta molto la tua storia, Uncas. La mia parte
preferita era
quando la ragazza -"
"Sono
annoiato," James la interruppe
ad alta voce, grattandosi il mento e guardandosi intorno. "Ho una tale
voglia
di qualcosa di dolce."
Annabel
strinse gli occhi, irritata dalle sue
parole, unito al fatto che lui si era duramente intromesso quando lei
stava
parlando.
"Non
c'è mai nulla per farti divertire,
James Stewart, e noi non abbiamo dolci."
James
si trovò a disagio, poiché cercò di
non
guardare Alice; sapeva che lei aveva portato una sorpresa speciale da
casa dei
Lancaster, una gentilezza di Meg.
"Qualcuno
ha qualcosa di dolce? Hmm?
Forse le ragazze?" chiese lui in tono lamentoso, voltando la sua faccia
verso
la ragazza bionda.
Alice
sorrise amabilmente, ricordandosi della
confettura di frutta che Meg aveva fatto in più e che le
aveva donato.
"Margaret
Lancaster mi ha dato delle
marmellate alla frutta..."
"Che
gusti?" chiese James
avidamente.
"Ancora
non le ho assaggiate. Credo
albicocca o pesca. Forse uva spina," Alice si alzò,
lisciandosi la gonna.
"Le prenderò."
Camminando
nella casa oscurata, Alice si
strofinò le braccia vivacemente per la temperatura
leggermente tiepida
all'interno, e frugò in ogni angolo e anfratto, avendo
dimenticato dove aveva
messo i suoi dolci.
Alla
fine, dopo parecchi minuti, trovò la
scatola di latta piena di marmellata che stava semplicemente sul tavolo
di
legno - tra tanti posti! - e uscì velocemente fuori nella
notte, con i dolci in
mano.
La
voce alta di James la fermò nei suoi passi-
"-
Così ho detto a quel maledetto
imbecille di Clayton e quella ficcanaso di sua moglie, ho detto loro di
non
farsi più vedere nella mia fattoria, che non sono
più i benvenuti qui per le
loro cattive maniere nei confronti della nostra Alice. Lo stesso vale
per
quella testona di Emma Fitzgerald, che è sposata con
l'Irlandese. Ma chi
diavolo è lei per criticare Alice? Lei -"
Annabel
notò che Alice se ne stava lì in piedi
muta, sembrando intimorita e imbarazzata e Annabel cercò di
interrompere
urgentemente suo marito, "James, caro, modera il tuo linguaggio, ci
sono
delle signorine presenti -"
James
non ascoltò la supplica di sua moglie,
in verità non aveva nemmeno messo in pausa il suo
sproloquio. "Non ci
dimentichiamo che Anne ha sposato quell'ubriacone... beh, non
è poi così male,
tranne che tutti sanno come lui batte lei e i piccoli!"
"James..."
disse Cora debolmente,
posando lo sguardo prima sul viso cinereo di sua sorella, poi sul
signor
Stewart.
"Non
avere paura, Cora," James
aggiunse allegramente. "Robert e io saremo qui a regolare i conti, se
una
di quelle donnicciole insulta di nuovo tua sorella o nomina Uncas. I
loro
mariti dovranno rispondere a me."
Nathaniel
guardò Alice, che sembrava congelata
sul posto e si alzò, preoccupato.
Alice
uscì fuori dal suo incanto e si affrettò
verso il gruppo, con un triste sorriso sulla faccia. Non aveva voluto
far
sapere a Uncas dei suoi recenti problemi con i vicini, ma evidentemente
Cora lo
aveva detto ad Annabel che poi, a sua volta, ne aveva parlato con suo
marito e
James ora si stava assicurando che tutti nella valle fossero a
conoscenza della
cosa.
Uncas
guardò acutamente Alice mentre lei era
seduta. Alice era concentrata sulla scatola di latta prima di allungare
una
mano, offrendo i dolci a James.
"Grazie,
ragazza," ridacchiò James
mentre passava la scatola a tutti, non notando l'improvviso silenzio
penetrante.
Uncas
guardò Alice, inespressivo. Non era a
conoscenza della situazione che coinvolgeva i vicini e non era sicuro
di come
si sentiva. Gli Inglesi erano così dannatamente particolari
riguardo alla loro
"reputazione" e a cosa gli altri avessero da dire... Uncas sapeva che
ciò avrebbe causato ad Alice disagio e lei sembrava molto
agitata al momento.
In
una parola, Alice si sentiva messa alle
strette. James era sempre
stato enormemente ignaro e adesso non era diverso, ma gli altri erano
tesi e
calmi, evitando il contatto visivo. Erano passati diversi giorni
dall'incontro
con Anne ed Emma, ma i pettegolezzi avevano cominciato a raggiungere la
fattoria degli Stewart sotto forma di sussurri. Evidentemente James
alla fine
ne aveva avuto abbastanza. Era tutto così fastidioso e
frustrante.
Tuttavia,
non tutti i vicini si comportavano
in questa maniera indecorosa. I Lancaster trattavano Alice come avevano
sempre
fatto, anche se sapeva che Meg era confusa; Robert non se ne curava
troppo.
Elizabeth
Mason aveva commentato gentilmente
che le persone cercavano qualsiasi ragione per diffondere i
pettegolezzi, che
Stephen le aveva detto che bel ragazzo fosse Uncas, e ordinò
ad Alice di non
prendere a cuore qualsiasi battuta tagliente, crudele detta dai loro
vicini. Il
signor Newsom acconsentì nella sua quieta maniera. Dalla
morte di sua moglie,
l'uomo dai modi miti aveva trascorso piuttosto un bel po' di tempo con
la
signora Mason.
"Non
prestare alcuna attenzione a quelle
lingue scodinzolanti, mia cara ragazza," consigliò
gentilmente Gregory
Newsom, sorseggiando il thè aromatico che Alice gli aveva
preparato durante una
visita dai Mason. "Dio ha un piano per tutti noi. Molte persone non la
vedono in questo modo. Uncas è un brav' uomo."
"Uncas,
camminiamo," disse Alice
improvvisamente, sentendosi al momento leggermente claustrofobica,
persino
fuori all'aperto, volendo stare un momento da sola con Uncas.
Uncas
annuì e si alzò, porgendole la mano
scura. Alice mormorò agli altri che sarebbe tornata a breve
e afferrò stretta
la mano di Uncas, mentre cominciarono a incamminarsi verso il bosco. La
notte
si stava avvicinando rapidamente.
"Andare
a fare una passeggiata," disse
James con sarcasmo, scuotendo la testa e
sorridendo.
"Non
insinuare nulla, James
Stewart," Annabel rimproverò suo marito. "Alice è
libera di camminare
con Uncas ogni volta che le pare e stanno facendo solo quello.
Camminare.
Niente di più."
"Vedremo,"
farfugliò James e gli
occhi di Annabel guizzarono nella sua direzione. James era contento.
Segretamente, lui si divertiva a far irritare sua moglie.