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Autore: DarkYuna    14/12/2016    1 recensioni
"Inarca le sopracciglia, livida in viso, sta per dare sfogo alla furia e il malcapitato è il sottoscritto. Se è in fase premestruale posso iniziare a scrivere il mio necrologio. Migé avrebbe potuto cantare al funerale o magari Linde, un’Ave Maria Heavy Metal, con chitarre distorte e voci roboanti."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10.
*In una notte può cambiare tutto*









 
Non ho dormito.
In realtà non è più  al singolare, bensì al plurale, quindi mi correggo: non abbiamo dormito.
Dividere la notte con un’altra persona, non per farci l’amore, ma per parlare, parlare di tutto, di episodi passati, di speranze future, progetti presenti, ricordi che credevo cancellati, di stupidaggini, sorrisi velati, risate aperte.
Gli altri si svegliano, noi dobbiamo andare ancora a dormire.
 
 
Il cuore caldo, sono stanco, però sereno e non mi sembra di esserlo mai stato prima di adesso. Devo avere l’aria sbattuta, la faccia inguardabile, il colorito di un cadavere, non credo che importi… importa più con chi sono.
 
 
Amelia siede dall’altra parte del tavolino, tuffa il cucchiaino nel caffèlatte, raggi pallidi di un sole timido le rischiarano una parte del volto.
Non è così che la immaginavo, tuttavia sono ben felice di essermi sbagliato. Non è più la bambina che credevo, è una donna nel corpo di una ragazza.
Ci sono troppe cose che dovrebbero preoccuparmi e nessuna di queste pare sfiorarmi adesso.
 
 
<< Ho superato il test? >>, chiede ad un certo punto. << Oppure sei ancora convinto che possa ripensarci? >>. Puntella i gomiti sul tavolo, intreccia le dita tra di loro e vi poggia sopra il mento.
 
 
Zucchero il caffè, accavallo le gambe e soffoco uno sbadiglio.
<< La vita non è un test. >>, dico saccente, lei è troppo allegra per scorgere il pizzico di paura che celo tra le parole.
Si sporge in avanti, poggia la sua mano sulla mia, in un gesto naturale e semplice, ma è come se l’avesse fatto ogni giorno negli ultimi dieci anni.
 
 
<< Fidati Ville, lo so meglio di chiunque altro. >>, chiude il discorso, ma voglio saperne di più.
 
 
Temporeggio, formo al meglio il discorso, poi le parole si inceppano ed esce un calderone di vocaboli messi alla cavolo.
<< Ci sono un paio di cose che dovremmo chiarire. >>.
 
 
Un misto di stupore e perplessità le transita sul viso, riesce a riprendere subito il controllo dell’espressione.
<< Spara, Valo. >>. Non teme le domande, mi affronta sempre e comunque.
 
 
<< La sera che ci siamo incontrati al Corona Bar, ricordi? >>.
 
 
Soffoca una risata briosa, morde la brioche al cioccolato e sta attenta a non sporcarsi.
<< Ricordo poco e niente: ero un po’ brilla. >>, ammette con un sorriso malizioso. Crede che voglia tornare sull’argomento sesso.  
 
 
Lascio perdere la battuta, sorvolo la frase e miro al punto.
<< Hai detto qualcosa a proposito di tuo padre. >>, la butto alla leggera, non so che reazione possa avere, lei riesce a spiazzarmi.
 
 
Allontana lo sguardo e si allontana anche da me, stringe le labbra, deglutisce e raddrizza le spalle guardinga. Sembra sul punto di scendere in battaglia e mi dispiace aver rotto la situazione pacifica.
<< Beh… >>, la bocca si piega in amaro ghigno, <<… sono la prova che non si dovrebbe mai perdere il controllo, davanti a qualcuno che ti piace. >>.
 
 
Mi sbilancio. Allungo una mano e la poggio sulla sua, la pelle è improvvisamente fredda.
<< Non ci vedo niente di male a perdere il controllo davanti a qualcuno che ti piace. >>, dico, ma non lo penso davvero, non vorrei mai che Amelia mi vedesse ubriaco fradicio, riverso sul mio vomito o su qualcosa di peggio. Ci tengo ad essere meglio di ciò che sono davvero.
 
 
È indecisa se rendermi partecipe delle ombre che le incupiscono i lineamenti, oppure restare chiusa nel guscio. Fissa le nostre mani congiunte, le dita si intrecciano tra di loro e stringe.
<< Se alla fine te ne esci con qualcosa tipo il Complesso di Elettra, perché sto frequentando un uomo più grande di me, giuro che ti arriva un calcio tu sai dove! >>.
 
 
Mano sul cuore.
<< Giuro! >>. Che è strana è palese, non che io sia un esempio di normalità, però è bella vestita di eccentricità e mistero. È capace davvero di farmi diventare un soprano con un calcio!
 
 
<< Non ho mai avuto un buon rapporto con lui. Da due caratteri forti ed opposti, non c’è molta speranza che ne esca qualcosa… è per questo che alla fine me ne sono andata di casa: voglio vivere come meglio credo. >>, il tono è basso, dolce, a tratti triste, negli occhi il film della vita che scorre rapido, come una cascata.
 
 
<< Trasferendoti dall’altra parte dell’Europa, in una casa con un mare di gente… un po’ estremo, non ti pare? >>. Per una persona amante della solitudine come me, è impensabile quel tipo di scelta.
 
 
<< Loro sono la famiglia che mi sono scelta. È un “mare di gente” che mi travolge, mi fa sentire viva e felice. Ognuno rispetta lo spazio dell’altro, è meglio di quanto tu creda. È difficile da spiegare, ma si sono trasferiti qui per me. >>.
 
 
Non conosco nessuno a questo mondo che sarebbe in grado di fare lo stesso per il sottoscritto, però lei ne sarebbe capace, non ne sono certo al cento per cento, ma se le cose si approfondiranno, potrebbe essere un’opzione concreta.
<< È un bel gesto. >>, giudico sincero. << Dal modo in cui la tua amica mi ha trattato, capisco che sei una persona molto importante. >>. Solo qualcuno di davvero speciale, è amata in questo modo. Sono irrimediabilmente attratto.
 
 
Increspa le sopracciglia scure, la faccia è sorpresa, non ne sa niente.
<< Francesca? >>. È sbiancata.
 
 
<< Era al Corona Bar con te. >>, le espongo, per farle capire a chi mi sto riferendo.
 
 
Non si spiega cosa abbia potuto spingere la sua amica a venire a parlarmi, che poi, più che parlarmi, mi ha praticamente inondato di frasi concitate, che mi hanno confuso maggiormente.
<< Mi sa che devo incazzarmi! >>, inizia, come se volesse prendere le distanze da ciò che mi è stato detto.
 
 
<< Voleva solo cavarmi gli occhi via dalle orbite, però ero piuttosto risentito e le ho risposto per le rime. Non so cosa tu le abbia detto, ma sarebbe stata capace di evirarmi. >>, scherzo, non me la sono davvero presa per l’accaduto. Trovo amorevole che la ragazza l’abbia difesa in quel modo vigoroso.
 
 
<< Francesca è molto… come dire… >>.
 
 
<< Materna? >>, suggerisco. Assomigliava ad una madre che combatteva per i propri cuccioli.
 
 
<< In un certo senso, se non consideriamo il fatto che è più giovane di me. È un rapporto reciproco, ci siamo incontrate in un periodo difficile delle nostre vite e abbiamo legato subito. >>.
 
 
Piego le spalle, accavallo le gambe e mi sporgo verso di lei.
<< C’è tanta gente che ti vuole bene. >>, noto. Non sono sorpreso, Amelia è una ragazza speciale e l’ho capito dal primo incontro, comprendo che dietro la corazza che ostenta con orgoglio, c’è una fragilità pura, delle debolezze che la rendono di una bellezza malinconica, le iridi sono un oceano d’oro costellato di dolori inenarrabili. Non sono affascinato da lei solo per la bellezza o il modo di tenermi testa, avverto un’anima affine alla mia, come due dannati che si incrociano all’inferno.
 
 
<< Ce ne è tanta che ne vuole anche a te. >>, ribatte certa.
Sì, è vero, ce n’è tanta che ne vuole anche a me, allora perché, solo dopo averla conosciuta, ho smesso di sentirmi abbandonato?
Abbatto ogni vergogna e faccio lo schietto, come fa lei. Ben presto scopro che è liberatorio confessarle tutto.
 
 
<< E tu me ne vuoi? >>.
 
 
Morde il labbro inferiore, non vuole ridere, sarebbe un largo vantaggio, però la bocca la tradisce. Basta questo.
Ha l’aria di una bambina, con le gote rosa, gli occhi deliziosi e una dolcezza che intenerisce il cuore.
 
 
<< Se intendi in senso affettuoso del termine, come un fratello… beh non direi. >>.
 
 
Metto i gomiti sul tavolo e l’atmosfera allegra, mi contagia.
<< E allora, come? >>, insisto deliziato. Non voglio metterla in difficoltà, ma adoro il rapporto di pura lealtà che si è instaurato tra di noi. C’è qualcosa in lei che mi fa bene dentro.
 
 
Le iridi si tramutano in fuoco incandescente, le fiamme mi avvolgono e ardono vivo. Ciò che cerco è in quegli occhi infernali, capaci di stregarmi senza proferir parola.
<< Come qualcuno che vorrei avere accanto domani mattina quando mi sveglio, ed ogni giorno d’ora e in avanti. >>, svela onesta. Dietro l’ammissione, c’è una richiesta sottintesa, che ho intenzione di assecondare… non vorrei che fosse programmato, vorrei che avvenisse naturalmente, ma la spontaneità con cui l’ha detto l’ha reso meglio delle mie aspettative.
 
 
E con l’identica autenticità, vedo il mio riflesso specchiarsi negli occhi di grano, è il volto di un uomo innamorato… e Dio! Sono innamorato di lei, e non so quando è accaduto di preciso, è stato indolore e semplice, come la carezza di un’onda sulla rena umida, dove una luna piena si riflette sulle acque limpide, che hanno dimenticato di essere inquinate dalla vita.
Nonostante la spontaneità, non ce lo saremmo mai detto, eppure è nei nostri occhi la verità, abbiamo passato tutta la vita ad aspettarci, a cercarci nella folla, a volerci e adesso siamo disposti a prenderci.
Non dico niente, le parole si sono bloccate in gola, non riesco ad essere romantico come vorrei, è probabile che le frasi che lei vorrebbe sentirsi dire arriveranno più tardi, quando sarà troppo tardi per dirle. Eppure sono tutte qui, che si dibattono nel cuore, desiderose di uscire.
Prendo un tovagliolo, rovisto nella tasca interna del cappotto e con la penna nera, scrivo sul pezzo di carta.
 
 
Bury Me Deep Inside Your Heart.     
            
          
La calligrafia è rabberciata, spero che capisca, se glielo leggessi a voce toglierebbe il pathos del momento. Sarebbe un peccato.
 
 
Legge una volta sola, non sa che è una canzone, s’illumina dei miei colori preferiti, il sorriso è pieno sul volto sereno.
Quando mi scruta, ha un calore che penetra sotto la pelle, scivola nei muscoli, tra le ossa e arriva al sangue. 
 
 
<< Che significa? >>.
 
 
<< Vorrei che l’ascoltassi. >>. Gradirei che non mi prendesse per un coglione e fortunatamente non è quella la reazione.
 
 
<< È una tua canzone? >>. 
 
 
Annuisco, bagno le labbra e le spiego il perché spero che l’ascolti.
<< Non sono capace di ricambiare a parole: tu sei più brava di me. Magari se l’ascolti, capisci. >>.
 
 
<< E non vuoi cantarmela tu? >>.
 
 
Non ho bisogno di pensarci, replico di getto.
<< No. >>.
 
 
Ci resta male, nasconde bene le emozioni, specialmente la delusione.
<< Perché? >>.
 
 
<< Perché poi vorrei fare l’amore con te. E non una volta sola, ma più volte, non riuscirei a saziarmi. >>, spiego e vengo travolto dalla veridicità delle mie stesse parole. Se abbatto anche l’ultima barriera e lascio che la brama divenga realtà, non potrò più tornare indietro.
 
 
È stupefatta, mi scruta come se l’avessi appena ferita a morte e non per quello che ho detto, ma per come l’ho detto.
<< È come se non volessi. >>, la voce è un sussurro afflitto.
 
 
<< Lo voglio con ogni fibra del mio essere. >>.
 
 
E lei capisce. Sono un libro aperto, che legge sapientemente, forse siamo lo stesso tipo di libro, ecco perché sa, senza che io debba spiegarmi.
 
 
<< Se hai paura, chiudi gli occhi. >>, mormora sibillina e cerca nuovamente la mia mano. Non intuisco cosa voglia intendere, per questo prosegue nella spiegazione. << Chiudi gli occhi, Ville, fa’ come ti dico. >>. È illecito il modo in cui pronuncia il mio nome, è un suono dolce e al contempo peccaminoso sulla lingua.
 
 
Abbasso le palpebre, il buio mi avvolge e non la vedo più.
 
 
<< Senti questo? >>. Stringe la presa sulla mano. << Nell’oscurità della vita, nel dolore, nella paura, in qualsiasi cosa di negativo tu possa pensare in questo momento e che credi io non sia pronta ad affrontarla con te. La mia mano sarà sempre nella tua e mai ti abbandonerà. >>. Bacia le nocche in un gesto del tutto imprevedibile, che trasmette una sensazione strana alla bocca dello stomaco, un nodo in gola che soffoca, delle spine che perforano il cuore e lo fanno sanguinare copiosamente.
 
 
Com’è possibile? Come riesce a farmi sentire in paradiso e all’inferno nell’identico istante?
È come se mi somigliasse, come se comprendesse il linguaggio indecifrabile dei miei pensieri e riuscisse ad entrare nella parte più segreta ed oscura di me.
 
 
<< Avresti potuto aspirare a di meglio. >>, sussurro sconvolto, dalla violenta tempesta che si è scatenata in me.
 
 
Curva le spalle all’ingiù.
<< Beh, anche tu. Hai detto di essere un cantante, no? Magari una stangona chilometrica, secca, bionda, con tanto di occhi azzurri. >>. La perfetta descrizione di Irina. << Eppure sei qui, con me che sono una persona qualunque, a fare colazione, a parlare e a ridere. >>.
 
 
Sto per dirle che non è una persona qualunque… per me, ma vengo interrotto da una canzone in finlandese che passa la radio.
 
 
Alza l’indice, s’illumina e il sorriso risplende.
<< Mi piace questa canzone! >>.
Eccola di nuovo la ragazzina, so che non è solo questo, che in lei vivono molteplici sfumature e desidero conoscerle tutte.
 
 
Yhtenä iltana, dei Sara, una band alternative rock/metal di Kaskinen, ovest Finlandia.   
 
 
<< Sai di cosa parla? >>. La sua passione di ascoltare canzoni, senza capirne le parole è un aspetto di lei, che mi diverte.
 
 
<< Qualcosa mi dice che stai per svelarmelo. >>.
 
 
Sorrido paziente, tendo l’orecchio e traduco qualche parola.
<< Parla di ciò che può accadere durante una sera… >>. Resta in silenzio, contempla estasiata, ha l’aria di una giovane al primo amore e temo di essere io l’artefice del suo primo dolore in campo sentimentale. Non me lo perdonerei. << Durante una sera si farebbe voto di amare. Durante una sera il mondo potrebbe essere giusto. Durante una sera gli adulti potrebbero tornare di nuovo bambini. Il mondo potrebbe essere ancora cantare e suonare... >>.
 
 
<< E per te, cosa potrebbe accadere durante una sera? >>.
 
 
Mi sono innamorato, durante una sera.
<< Ho incontrato te. >>, limito a dire, faccio fatica ad avere la stessa spigliatezza nel dire ciò che provo. Ogni volta che l’ho fatto, hanno piantato un pugnale al centro del cuore.
 
 
Rigira il tovagliolo tra le mani.
<< Cosa accadrà, una volta che ho sentito questa canzone? >>.
 
 
<< Cosa vorresti che accadesse? >>.
 
 
Socchiude la bocca morbida, ha l’aria di chi ci sta pensando, ma la risposta è già pronta per essere esternata.
<< Che ti fidassi di me. >>.
 
 
<< Perché credi che non mi fidi di te? >>.
 
 
<< Quando ti dico ciò che sento, fai una strana smorfia, come se pensassi che ti prenda in giro. >>.
 
 
Non me ne sono mai accorto, sono spiazzato.
<< È così? Mi stai prendendo in giro? >>.
 
 
Per la prima volta scorgo la mimica più seria, profonda ed intensa che abbia mai visto in lei.
<< Non potrei. Non si gioca sui sentimenti… non si gioca con un cuore che soffre. >>.
 
 
Sono sulla difensiva.
<< Chi ti dice che sto soffrendo? >>.
 
 
<< Hai promesso di essere sincero, Ville. Il dolore è parte di te, ce l’hai scritto negli occhi, è ricamato nella tua voce, nei sorrisi sbiaditi, nelle parole che usi. >>. Deve essere stata più attenta, di quel che credessi.
 
 
Non me la sento di discutere di questo, è stata una nottata bellissima e una mattina che vorrei non finisse mai.
<< E tu? Tu ti fidi di me? >>.
 
 
<< Perché non dovrei? Hai lasciato il certo per l’incerto. Hai lasciato l’altra per me, hai lasciato qualcuno che ti stava dando tutto, per me, che ancora non ti sto dando niente. >>. La semplice spiegazione è disarmante.
 
 
<< Non hai paura che ti faccia soffrire? >>.
 
 
<< Io vivo come se non dovessi mai soffrire, Ville. Vivo come se non dovessi morire mai o come se dovessi morire domani, per questo non ci tengo a perdere tempo in stupide futilità. Voglio qualcosa? Me la compro. Ho fame? Mangio. Mi piace qualcuno? Glielo dico e accetto le conseguenze del mio gesto. >>.
 
 
Sarebbe magnifico avere questa visione facile della vita, la smetterei di aver bisogno di morire e godrei ogni giorno, gustandolo appieno. Ho così tanto da imparare da lei.
 
 
<< Hai troppe perplessità. >>, prosegue, notando la reazione sbigottita alle sue affermazioni. << Cos’è che vuoi davvero? Cosa credi ti farebbe stare bene? Cosa potrebbe darti pace? >>.
Sembra disposta ad arrivare in capo al mondo, solo per farmi felice.
 
 
<< È sorprendente come le tre domande, abbiano la medesima risposta. >>.
 
 
<< Cioè? >>.
 
 
<< Tu. >>.










Note: 
Non volevo lasciarvi a Natale senza un regalino, quindi ecco il capitoletto di Dicembre, giusto in tempo per augurarvi Buon Natale. 

Beh, le cose iniziano a farsi sempre più serie. Credo che questo sia uno dei miei capitoli preferiti in questa storia, sia perché sono riuscita a scriverlo con una semplicità incredibile, sia perché sia Ville ed Amelia sono senza maschere, sinceri, ancora qualche dubbio, ma dopo aver affrontato la notte insieme, alla luce del giorno sono ancora più certi di voler stare insieme. 

La canzone all'interno del capitolo è: Yhtenä iltana, dei Sara. Mi è stata fatta ascoltare da un buon amico e l'ho amata sin da subito. Se potete, ascoltatela mentre leggete, perché era la stessa che ascoltavo io mentre scrivevo. Non ho trovato traduzioni in italiano o in inglese, quindi mi sono arrangiata a tradurmela da sola e, visto che non sono un portento in finlandese, anche se mi ci impegno da anni, spero che, come traduzione sia accettabile. 

Detto questo, ringrazio come sempre chi commenta e chi mi segue in silenzio. 
Buon Natale a tutti e felice anno nuovo. 


La storia può presentare errori ortografici.

Un abbraccio.
DarkYuna   
 
  
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