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Autore: Vago    16/12/2016    2 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Hile continuò a guardare l’assassino che, davanti a lui, rimaneva in silenzio con gli occhi nascosti dalla frangia scura.
Le dita della mano destra continuavano a rimbalzarsi il piccolo oggetto di legno, mentre la sinistra era nascosta dentro una delle tasche dell’abito, appoggiata al freddo acciaio del coltello che lì riposava.
Il Lupo non poteva credere a quello che aveva davanti. Se davvero Nirghe aveva intenzione di utilizzare quei capelli per un incantesimo, non gli avrebbe permesso di fare null’altro.
La porta era alle spalle della sedia su cui era seduto, le due spade le aveva affidate ad Aurea, in modo che il Gatto non avrebbe potuto in nessuna maniera prenderle per difendersi. Avesse provato a scappare, da quella distanza, non sarebbe riuscito a scendere dal letto senza ritrovarsi un pugnale conficcato nel cranio.
Il gatto nero continuava a gonfiare il suo pelo, restando ritto sulle quattro zampe sopra al letto.
- Nirghe, rispondimi. Per favore, dimostrami che mi sono sbagliato. –
Le labbra dello spadaccino si piegarono in un sorriso, mentre una risata contenuta cominciò a fargli sobbalzare il petto fasciato. Bastò un suo tentativo di sedersi meglio per far mettere in guardia l’assassino al suo fianco.
Una lacrima cadde sulla guancia del ragazzo fasciato.
- Perché stai ridendo? Cosa c’è di così tanto divertente? –
Nirghe sollevò il capo verso il soffitto, continuando a ridacchiare, quasi in maniera disperata.
- Stai tranquillo, lupetto. Quelli non li tenevo per fare un incantesimo, o meglio, non un incantesimo per come lo intendi tu. –
- Maledizione, Nirghe! Dimmi qualcosa di sensato! Davvero non capisci in che situazione ti trovi? – Hile non riuscì a trattenere l’urlo  che riempì le pareti della stanza.
- Hile, puoi anche calmarti. Ti dirò tutto, te lo prometto. –
Nirghe prese un lungo respiro, asciugandosi la lacrima che gli aveva rigato la guancia, mentre l’assassino alla sua destra tornava a sedersi composto sulla sua sedia.
- Quello che hai in mano è un cilindro in legno di tiglio. Alla setta, ad ogni nuovo Gatto viene affidato un mentore che gli insegni l’arte della spada, il mio me lo regalò quando gli dissi che sarei dovuto partire per una missione e, probabilmente, non sarei mai tornato. Quando me lo mise in mano, mi disse che l’aveva ricevuto da una sacerdotessa di Natura che aveva salvato durante una delle sue missioni, lei gli spiegò che il tiglio aveva proprietà magiche legate all’amore e che, se gli avesse legato qualcosa dell’amata intorno, il loro legame si sarebbe rafforzato. –
Hile alzò un sopracciglio. – Vuoi dirmi che ti eri innamorato del tuo mentore? –
- Diavolo, no! – esclamò disgustato il Gatto, facendo poi una smorfia a causa della fitta di dolore proveniente dalla spalla fasciata. – Io non ci ho mai creduto a quella roba, avanti, solo perché il tiglio ha le foglie a forma di cuore, dovrebbe avere il potere di far innamorare le persone? Però ho deciso comunque di tentare, tanto, male che poteva andare, non sarebbe successo nulla. –
- Quindi torno a credere che ti sia invaghito di Mea. –
- Quando eravamo sulla barca, diretti all’isola dei draghi, e avevamo appena superato il Gorgo del Leviatano, ero maledettamente in pensiero per lei, avevo paura che non ce la potesse fare. Lì mi sono reso conto di quanto tenessi a lei… -
- È tutto qui? – chiese sorpreso Hile – Seriamente? Abbiamo viaggiato per mezzo mondo assieme, visto gli dei, i draghi, i sei, io ho ritrovato mia sorella nonostante la probabilità minima di incontrarla e tu ti fai mettere con le spalle al muro dopo che ti ho salvato la pellaccia solo perché non volevi dirmi di esserti innamorato di quella maledetta maga? –
- Si. – fu la risposta gelida di Nirghe, che abbassò nuovamente il capo.
Il Lupo lanciò il cilindro di legno in direzione del letto. – Per me non funziona. – disse solamente, prima di alzarsi per uscire dalla camera da letto e raggiungere Aurea nel salone, che aspettava preoccupata la fine della discussione.
- Lo credo anch’io… - fu la risposta sommessa dello spadaccino, mentre stringeva con forza il cilindretto nel palmo della mano.

Le ferite che si erano aperte sulla spalla e sulla gamba dello spadaccino impiegarono tre giorni per smettere di sanguinare e permettergli di scendere dal letto sul quale era stato segregato dall’operazione.
Hile aveva passato le sue ore di veglia a raccontare alla sorella cosa era diventata la sua vita dal giorno in cui lo avevano portato via da quella casa, sorvolando sul motivo della loro missione e sulle vite che aveva strappato durante il suo viaggio con quelle stesse mani. Non voleva congedarsi da lei lasciandole un’immagine così cruda del fratello appena ritrovato.
I due assassini ripartirono dalle passerelle di Gerala non appena il sole mattutino riuscì a penetrare nella fitta coltre di foglie che li sovrastava.
Fu difficile, per il Lupo, salutare la sorella, l’unica parente che, aveva scoperto, gli era rimasta. Un abbraccio saldo fu la risposta di Aurea, che lo strinse al petto cingendolo con le braccia.
- Tornerai farci visita? Ho ancora così tanto da chiederti. – chiese la donna, sciogliendo la sua stretta.
- Non lo so. Non credo. – Fu la risposta del Lupo. – Comunque, abbi cura di te. È stato bello poterti rivedere ancora una volta.
Il lanciatore di coltelli si voltò, allontanandosi dalla sorella e dal medico che, sull’uscio di casa, osservava la scena con uno sguardo imperturbabile.
Non appena raggiunsero nuovamente il terreno, Hile guardò il suo compagno di viaggio.
- Com’è messa quella gamba? –
- Posso camminare. –
- Per ora Buio ti porterà sulla groppa, saremo rallentati, ma almeno non rischi di nuovo di morire. – Il Lupo di preparò a ripartire verso est, ma la mano del Gatto sulla spalla lo trattenne.
- Quello che è successo su… che rimanga tra noi. –
- Finché non interferirà con quello che dobbiamo fare, io non me ne interesserò più. –
Il lanciatore di coltelli scattò in avanti, cominciando la sua corsa verso la Terra degli Eroi, costeggiando i giovani alberi che costituivano il confine tra la Grande Vivente e la Piana Umana che si allungava verso Sud fino al lontano mare.
Sulla sua spalla, il gatto nero si teneva saldamente con le unghie alla casacca di grigia pelliccia alchemica, combattendo contro gli scrolloni che riceveva per non cadere e continuare a farsi trasportare verso la meta di quel gruppo. 

   
 
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