La differenza, sostanzialmente, era come quella che intercorre tra ghiaccio e fuoco.
Regulus era questo. Ghiaccio. Freddo, granitico, duro. Ma sin troppo malleabile nelle mani sbagliate.
Il figlio perfetto.

Ricordo bene quando lo sguardo di Walburga – si, rifiuto di considerare quella donna mia madre – si posava sulla figura esile del figlio minore. Orgoglio. Dedizione. Decisione.
Su di me, invece, esprimeva soltanto disgusto e fastidio. Io ero il figlio difficile, quello che pensava con la sua testa. Pericoloso.
Quello che portava vergogna sulla “grande ed onorevole famiglia Black”. Onorevole un corno. Se l’onore fosse soltanto sangue e pregiudizio però, allora si che sarebbero i migliori.
Gli volevo bene però.

Ricordo quando eravamo piccoli. Non possedevo ancora la bacchetta, e Regulus era la mia ombra.
Ovunque andassi lui era lì. Silenzioso, mingherlino. A fissarmi con i suoi occhi freddi, che sembravano però splendere d’ammirazione.
Il suo eroe. Come quando rubai la bacchetta a nostro padre, per riparare il soldatino di legno preferito da mio fratello. S’era rotto, cadendo dalle scale, e non voleva chiedere a Walburga. A quei tempi, vedeva nostra madre soltanto come una genitrice rigida, pronta al rimprovero. Ma io invece ero un altra storia. Non riuscii a ripararlo. Ma non fu importante per lui. Importava solo che avessi rischiato le frustate per lui. Era compito mio proteggerlo.
Ed era il mio compagno di giochi. Il mio migliore amico silenzioso.

Ma poi… Poi iniziò il mio primo anno ad Hogwarts. Io conobbi James, Remus… il piccolo Peter. Io finivo in punizione con James - il mio nuovo fratello – per aver picchiato dei Serpeverde.
E lui invece rimase a casa. A farsi farcire la testa dalle folli parole di Walburga. A sopportare da solo il gelo provocato dalla sola presenza di nostro padre.
E cambiò.
Me ne resi conto subito. Da quando tornai per Natale. Lui era diverso. Era più freddo. Più rigido. Soprattutto con me.
Forse pensava che l’avessi abbandonato, non lo so. Regulus non era un bravo oratore, ed io non sono mai stato un bravo ascoltatore.
Ma cominciò a cambiare.
Le idee puriste della nostra famiglia si radicarono maggiormente nella sua mente di bambino. E mentre io, crescendo, capivo ch’esse non fossero altro che stupidi pregiudizi… lui diventava come loro. Come i Black.
E poi anche lui venne al castello. Serpeverde, il vero orgoglio della famiglia.
E lì capii di averlo perso davvero.
Cattive compagnie a casa. Cattive compagnie a scuola. Ed io non ero altro che uno stupido bulletto arrogante. E mi allontanai. Iniziai ad odiarlo. A litigare con Remus quando tentava di farmi notare che forse dietro le sue parole si nascondeva qualcosa. Non ci credevo. Per me lui non era nient’altro che uno stupido Serpeverde, dalle folli idee.

Non so cosa successe. Non ricordo bene quegli anni, se non la rabbia feroce che sentivo bollire nel petto ogni volta che il mio sguardo incontrava il suo. Poi scappai da casa. Mi diplomai, e smisi di pensare a lui. E lui, quel piccolo idiota, si unì ai mangiamorte. Walburga ne era fiera, ne sono sicuro. Il suo piccolo perfetto eroe, il suo unico figlio degno divenuto tale, aveva fatto quella scelta piena di onore.
E poi fu ucciso. Ed io sono qui, adesso, a guardare il suo viso dipinto su un’arazzo che odio. In una casa che odio. Ad osservare quel suo stupido nome, chiedendomi se avrei potuto fare qualcosa per fermarlo. Forse se non lo avessi abbandonato non sarebbe successo. Forse sarebbe qui con noi… ma adesso è tardi, Harry. Corri a letto, prima che arrivi Molly a rimproverarmi sull’essere un padrino degenere.